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Autore: Sospiri_amore    07/09/2018    0 recensioni
Da quando Elisabetta ė piccola scrive su un diario tutto quello che le passa per la testa.
Nei suoi quattordici anni ha collezionato una serie di quaderni su cui ha scritto e raccontato i momenti più importanti della sua vita, soprattutto quelli passati insieme alla sua migliore amica Regina.
Una vita leggera fatta di giochi, risate e serenità.
Le sue emozioni e i suoi sogni, scritti sul diario, sono come lettere destinate a un generico lettore, senza forma e senza identità: "Caro Chiunque tu sia", a cui affida i suoi più intimi segreti.
Dallo scoccare del suo quindicesimo compleanno Elisabetta dovrà affrontare molti cambiamenti e conoscere un mondo dove non si è più solo bambini, protetti e coccolati in una bolla di vetro, ma una vita più adulta che la farà scontrare e conoscere nuove parti di se stessa.
Famiglia.
Amore.
Amicizia.
Scuola.
Tutto verrà messo in discussione e un diario smarrito complicherà ulteriormente le cose.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Caro Chiunque tu sia, 

benarrivato!

Tu sei il mio undicesimo diario.

Non ti preoccupare ti troverai in buona compagnia, i tuoi predecessori non mi hanno mai delusa e sono certa non lo farai nemmeno tu.

Per prima cosa mi presento: sono Elisabetta, ma tutti mi chiamano Eli. Lo so non è molto originale, ma sempre meglio di Betta che non sopporto proprio.

Che altro dirti... sono una ragazza come tante. 

Non ho sogni particolari o talenti fuori dalla norma. 

Certo, sono in grado di fare dei palloni enormi con la gomma da masticare (da piccola ho vinto pure un premio), posso fare un aeroplano di carta con i piedi (che tra l'altro vola benissimo), riesco a trovare il bagno di notte anche se è completamente buio (ho un infallibile senso dell'orientamento). 

A parte queste inezie, no, non sono nulla di eccezionale.

Del resto non ci sono neanche molte cose che io mi aspetti dalla mia vita a parte il nuovo album degli OMGLOVE (Il cantante Simon è il massimo - LO AMO), l'abbuffata annuale alla casa del gamberetto (lo so il bavaglino di plastica che ti danno da legare al collo non è elegante, ma è utilissimo per non sporcarsi) e il giorno del mio compleanno che è oggi.

Oggi 1 Marzo compio quindici anni e ho in programma una festa davvero speciale verranno i miei amici più cari e la mia famiglia ha organizzato tutto. 

Palloncini. Pizza. Dolci. Giochi.

Meraviglioso!

Tu sei la cosa che ho aspettato di più al mondo negli ultimi 365 giorni, ovvero il regalo che Regina, la mia migliore amica, mi fa da unici anni a questa parte. 

Un diario.

IL diario.

Tu!

Ho undici diari, uno diverso dall'altro, li tengo tutti come fossero la cosa più preziosa che io possieda. Quest'anno sei arrivato tu e sei favoloso: hai molte pagine, centinaia di adesivi da appiccicare, copertina rigida super resistente. Non potevo chiedere di meglio. 

Come sempre Regina si è superata.

Io adoro quella ragazza. Non vedo l'ora di vedere cosa ha organizzato per la mia festa, lei è un asso in queste cose ha sempre idee super originali e...

 

«Eli! È arrivata la zia, vieni a salutarla». La voce di mamma arriva flebile soffocata dalle canzoni sparate ad alto volume da papà che sta programmando una playlist dal computer in salotto. Ovviamente quelle degli OMGLOVE l'unico gruppo che io ascolti. Anche l'unico decente in giro e l'unico che io voglia per la mia festa.

 

Tentenno un attimo.

 

Con il retro della penna nuova stretto tra i denti, color corallo e turchese, osservo il diario che Regina mi ha regalato ieri, come da tradizione, il giorno prima del mio compleanno. 

Questa è la regola numero 2 tra la mia amica e me: consegnare il diario alla propria amica il giorno prima della festa.

 

No, non è strano.

Io e Regina abbiamo fatto sempre così e così continueremo a fare.

Regole precise che seguiamo ad ogni nostro compleanno.

Regina dice che per fare bene le cose bastino dieci regole per tutto.

Regole per il compleanno perfetto.

Regole per il trucco perfetto.

Regole per la festa perfetta.

Regole per tutto.

Fino ad oggi mi hanno sempre aiutata.

Se le cose funzionano perché cambiarle?

 

La regola numero 3 dice che la prima cosa da fare alla mattina, appena svegli, è compilare le parti iniziali del diario con nome, cognome e tutte le informazioni utili. 

 

Regola 4: Si deve usare per forza una penna nuova (di solito allegata al regalo). 

 

L'ideale sarebbe farlo prima della colazione, ma devo ammettere che un paio di volte in passato, da piccola, l'ho fatto dopo.

Non so resistere se il mio stomaco brontola, soprattutto al mattino.

 

«Elisabetta Cristalli. Vieni subito a salutare tua zia». Mamma irrompe nella mia camera come una furia. L'odore del profumo floreale che utilizza solo nelle grandi occasioni riempie la stanza.

 

Detesto quel profumo.

 

«Mamma», le dico lanciando occhiatacce a lei e al diario ben aperto sulla mia scrivania. «Ho da fare».

 

«Se non ti alzi subito da lì ti vengo a prendere io e non sarò per niente delicata. Non mi importa se hai quindici anni, resti sempre mia figlia e in quanto tale non azzardarti a rispondermi con quel tono. Di la c'è tua zia che ti aspetta, sbrigati. Quando ci saranno i tuoi amici non riuscirai a stare molto tempo con lei», mi dice sbattendo la porta della cameretta e andandosene.

 

Alzo gli occhi al cielo sbuffando.

Se Regina viene a scoprire che non ho finito di scrivere sul diario prima della festa mi massacra. Regola numero 5: annotare aspettative e desideri prima del festeggiamento (minimo tre pagine). Lo scopo è quello di vedere quanti di questi punti si realizzino, quanti regali indoviniamo e se restiamo deluse.

 

È una regola. 

Le regole di Regina vanno sempre rispettate.

 

Mi butto sul diario, ma non faccio in tempo a scrivere nemmeno una lettera che la porta si apre di scatto facendomi sobbalzare.

 

Mamma mi fissa.

È furente.

«Smettila di alzare gli occhi al cielo, signorina. Alza il sedere e vieni in soggiorno». 

 

Mamma è arrabbiata e di solito non lo è mai, non è certo il tipo.

Lei è sempre con il sorriso stampato in faccia, modi carini e pronta alla battuta.

A dire il vero ride sempre anche per un nonnulla, è nella sua natura essere felice.

Adesso no.

Meglio non contraddirla, non ho idea in cosa potrebbe trasformarsi e non voglio di certo scoprirlo. L'ultima volta che l'ho vista così è quando da piccola le ho frantumato gli occhiali da vista, che aveva appena comprato, perché volevo capire se la testa della mia bambola fosse resistente o meno. Avevo in mente di lanciare la bambola dal balcone con un paracadute fatto con fazzoletti di carta. 

Esperimento riuscito: la bambola ha resistito all'impatto anche se il paracadute si è sfaldato in pochi secondi.

Mamma era così adirata che mi ha sgridata per tanto di quel tempo che non ricordo. 

Non ho ben chiaro se per gli occhiali o per il mio esperimento.

In qualsiasi caso è stata un'esperienza terribile.

 

Con delicatezza appoggio la penna sulla copertina del diario. 

«Arrivo», le rispondo con estrema calma.

 

Le dita di mamma tamburellano sulla porta.

Irritazione livello massimo.

 

Tic.

Tac.

Tic.

Tac.

 

Meglio filare.

Mi alzo di scatto.

Raggiungo la porta sgattaiolando fuori dalla cameretta.

Evito lo sguardo severo di mamma.

Attraverso il breve corridoio.

Entro nel salotto rivoluzionato in occasione della mia festa.

 

Il divano è stato appiccicato alla grande vetrinetta, il tavolo da pranzo è allungato e posto sotto la finestra, una tovaglia color azzurro pallido ricopre il piano. Deliziosi calici in vetro sono affiancati l'uno all'altro. Bottiglie d'acqua e di succo alla frutta ghiacciati sono ben ordinati. Un cabaret con bignè al cioccolato e alla crema sono di fianco a decine di pizzette coperte da mozzarella filante. Patatine e piccoli panini con cioccolato e marmellata svettano golosi.

Una ghirlanda di carta multicolore è appesa sul cassone della tapparella agghindata da palloncini. 

Dice: Buon Compleanno.

 

Per un attimo mi distraggo pensando a tutte quelle cose buone da mangiare, pregusto in bocca il sapido e la cremosità del cibo dolce, poi mi accorgo di una presenza discreta e quasi invisibile seduta con grazia sulla poltrona preferita di papà.

 

Zia Adele.

 

La donna mi guarda con occhi acquosi, un timido sorriso stampato sulle labbra. Composta e silenziosa, come una statuina di porcellana dai corti ricci arroccati sul capo, mi osserva tenendo un pacco regalo ben saldo sulle gambe.

 

«Tanti auguri Elisabetta». Dice zia con la voce più morbida e avvolgente possibile.

Con le sottili braccia mi allunga il regalo.

 

Zia Adele mi ha dato sempre l'idea di essere fatta di cristallo, di sbriciolarsi se stretta toppo. I ricordi delle sere passate a raccontarci storie, leggere libri o sfogliare vecchie riviste mi scaldano il cuore. La tristezza e dolcezza impressa nel suo volto me l'hanno resa sempre più simile a un cucciolo, un tenero animaletto da proteggere.

Anche se è la sorella maggiore di mamma sembra una ragazzina, sarà per l'abbigliamento sportivo, sempre troppo grande per la sua struttura minuta, per il fatto che è sempre informatissima su tutto ciò che mi è sempre più interessato: giochi, musica e cartoni animati. Lei è sempre stata un passo avanti.

 

Mi sciolgo in un suo abbraccio.

 

Come può essere così forte da stringermi con tanta energia e sembrare sul punto di spezzarsi?

Ma soprattutto, come ho potuto pensare che fosse più importante scrivere sul mio diario piuttosto che passare un po' di tempo con lei? 

Sono proprio una sciocca.

Regina mi perdonerà questo sgarro alle nostre regole.

Almeno lo spero.

 

«Auguri. Auguri. Auguri, piccola mia», mi sussurra.

«Zietta. Grazie per essere venuta». La mia voce prende un'inflessione più acuta, come fossi davvero una bimba.

«Apri il tuo regalo. Anche se sai già di cosa si tratta, voglio vedere come ti stanno».

 

Scarto con energia il pacco.

Delle enormi pantofole verdi a forma di ranocchio spuntano da una grossa scatola. Sono gigantesche, soffici e esageratamente buffe. Mi sfilo le scarpe da ginnastica e indosso quelle strane calzature che mi rendono i piedi esageratamente grossi. Passeggio in modo goffo per la stanza saltellando e ondeggiando i piedi ostentando le espressioni facciali come fossi un mostro delle paludi decisamente poco credibile.

 

Zia ride in modo composto eppure sinceramente divertito solo come lei riesce a fare.

 

Adoro le mie ciabbattone extralarge, pure Regina ne ha un paio uguale. Le disideravo da diverso tempo e come sempre zia è stata brava a captare i segnali.

 

«Grazie. Anche se siamo andate a comprarle insieme tu riesci sempre a capirmi», le dico senza smettere di ammirare i miei piedi imbottiti a forma di rana.

«Forse perché sono un po' bambina anche io. Sono stata tentata di comprarle, ma ho avuto paura che Gatto sarebbe stato geloso. Senza contare gli attacchi ai miei polpacci, con quelle robe ai piedi moltiplicherebbero a dismisura». Zia accartoccia la carta pacchi con cura riducendola a una palla informe.

«Quel gatto è troppo scontroso, te lo dico sempre che dovresti mandarlo in cura da uno psicologo per animali. Ha un carateraccio». Ripenso a tutte le volte che quella palla di pelo, battezzato Gatto da me quando avevo due o tre anni, mi ha fatto agguati, dato zampate e cercato di rubarmi cibo. «Inoltre dovresti metterlo a dieta, tra poco esplode».

 

Zia mi accarezza con calma osservandomi come se mi vedesse per la prima volta.

 

«Hai ragione, ma a me piace così: cicciotto e burbero». Zia sorride. «Adesso vado, tra poco arriveranno i tuoi amici. Devo andare a casa a sbrigare delle faccende, mi raccomando divertiti».

 

Il campanello di casa suona.

Mi rizzo sul divano.

È Regina, ne sono certa.

 

«Visto? Sono già qui», mi dice zia mentre si infila la giacca e avvolge la sciarpa intorno al collo.

«Sì. C-Cioè. Ok. No, a-aspetta», balbetto.

 

Sono combattuta e con i piedi ancorati al terreno ondeggio di qua e di là. Quelle enormi pantofole a forma di rana sembrano pesare un quintale l'una. Da un lato vorrei essere coccolata da zia, mentre dall'altro non vedo l'ora di vedere Regina.

 

«Vai dalla tua amica, ti aspetta. Avete una festa da finire di organizzare». Zia mi bacia infilandosi la borsa sulla spalla.

 

Non faccio in tempo a risponderle quando vedo Regina entrare a lunghi passi nel salotto. Tiene in mano due grandi borse ricolme di ogni genere di oggetto possibile e immaginabile: fogli, cappelli, bacchette cinesi, un sacchetto di palloncini, una racchetta da tennis, delle parrucche e infinite altre cose non ben identificate.

Ha l'aria concentrata, ma anche estremamente infastidita.

Non promettono nulla di buono le rughette tra le sopracciglia, che sembrano scavate con un coltello, e gli occhi stretti a fessura.

 

«Quell'idiota ha rovinato tutto. Ci sono delle regole. Voglio dire, abbiamo sempre fatto così, adesso lui decide che non è il caso di venire», borbotta.

 

Regina estrae da una borsa due lunghi striscioni arrotolati che piazza in mano a mio padre che sornione se ne sta in un angolo a programmare la musica.

 

«Devo sistemare la chitarra, mi ha detto con l'aria da intellettualoide. Idiota. Che poi sapesse almeno fare buona musica. Lo sa che Eli compie gli anni e lui serve qui», grugnisce.

 

Legandosi i capelli in uno chignon alto Regina inizia a gonfiare palloncini a forma di cuore color celeste a velocità della luce. Li sparge per casa con calci degni di un calciatore professionista. Muove le mani e le gambe così veloce che quasi non le vedo.

 

Non ho il coraggio di interromperla.

Trattengo il fiato.

Non mi è mai piaciuto impormi troppo soprattutto in faccende che non mi riguardano, non direttamente almeno. Regina è arrabbiata e nessuno può calmarla in questo momento. Sebbene la mia amica stia farneticando so benissimo a chi si sta riferendo.

 

Regina è arrabbiata con Alessandro.

Alessandro, suo fratello.

Suo fratello maggiore.

 

Regola numero 6: durante il compleanno, mio o di Regina, Ale deve essere a disposizione della festeggiata e accontentarla in ogni suo capriccio e desiderio.

 

Alessandro oggi non è qui, per questo Regina è infuriata.

Non era mai successo prima e questo la manda in confusione. 

 

A me fa un po' strano soprattutto se di considera il fatto che sono cresciuta letteralmente con loro due e, sempre con loro, ho vissuto i momenti più importanti della mia vita. 

Con loro ho fatto tutto.

Quando dico tutto, intendo proprio tutto.

 

Primi passi.

Prime gite in campagna.

Prima abbuffata di gamberetti.

Prima vacanza al mare.

Prima caduta in bicicletta.

Primi giorni di scuola.

Primi film dell'orrore.

Primo shopping senza adulti.

Prima serata in discoteca.

 

Insomma, primo di tutto.

 

Dire che noi tre siamo cresciuti insieme è dir poco.

 

Mamma lavora come commessa part-time in un supermercato del nostro quartiere. Si alza molto presto la mattina, ma ha sempre avuto il pomeriggio libero per potersi occupare di me, Regina ed Alessandro.

Lara e Ruggero, i genitori dei miei amici, hanno un negozio d'abbigliamento molto importante in centro città. Ovviamente hanno sempre avuto orari impossibili, per questo Ale e Regina stavano sempre a casa nostra.

 

Lara e mia mamma Francesca, sono migliori amiche da sempre.

Anche se molto diverse si amano alla follia.

Per questo mia madre si è sempre occupata di Regina ed Ale come fossero figli suoi, per amore dell'amica.

 

Mamma ci prendeva da scuola, ci preparava il pranzo, ci aiutava con i compiti e ci dava la merenda. Senza contare le volte che ci ha curato la febbre, messo cerotti e riempito di coccole.

Per questo io e Regina siamo migliori amiche, siamo cresciute come sorelle.

Credo che si possa dire che siamo sorelle.

Siamo sorelle come lo sono le nostre madri, Lara e Francesca.

Una tradizione che portiamo avanti con gioia.

Le tradizioni, se funzionano, è un dovere continuarle.

 

Lo stesso vale per Ale.

Lo conosco come le mie tasche, non è un cattivo ragazzo è solo un adolescente idiota che adora la sua chitarra e che ha una fissa per ragazze oche e svampite. A parte questo non è male, a parte l'odioso senso dell'umorismo e la peluria incolta sul viso che cura quasi quanto le corde che si diverte a strimpellare.

Non è mai stato particolarmente gentile e nemmeno troppo antipatico, mi ha sempre sopportata a fatica come mal sopporta la sorella, a suo dire, troppo chiassosa ed egocentrica.

Non dico che la sua presenza nella mia vita sia stata fondamentale come il carisma e l'energia di Regina, ma a volte è stato piacevole stare in sua compagnia.

 

Le regole di Regina vanno sempre rispettate.

È una tradizione e le tradizioni vanno sempre rispettate.

Ma oggi non è così.

 

«Eli. Eli».

 

Mi sento scrollare.

 

«Stanno arrivando gli ospiti. I tuoi compagni di scuola hanno appena citofonato». Papà mi sta sussurrando all'orecchio con garbo cercando di smuovermi dai miei pensieri che spesso mi catapultano in mondi paralleli fatti di ricordi facendomi assumere l'aria da pesce lesso spiaggiato.

 

Sono con bocca aperta, corpo rigido e occhi sbarrati a fissare un punto indefinito.

Manca la bava alla bocca e il quadro è completo: idiota totale.

 

«Va bene, grazie papi». Mi riprendo cercando di darmi un contegno anche se con quelle pantofole a forma di rana ai piedi sono poco credibile.

 

Regina, veloce come un fulmine, sparge per il salotto maschere di cartone, cappelli di plastica, diverse parrucche e con un movimento rapido si scioglie i capelli e sfoggia un sorriso smagliante perfetto per la circostanza. Meravigliosa come sempre.

 

La porta si apre.

Una decina di ragazzi e ragazze entrano.

 

Con un gesto rapido mi sfilo le pantofole e con abilità le lancio per aria, sfioro il lampadario e le faccio atterrare tra le braccia di mio padre che, sorpreso da quell'insolito pacco aereo, rapido ne infila una nell'armadietto vicino a lui e l'altra sotto il maglione ritrovandosi improvvisamente con una pancia enorme.

 

Mio padre incinta di una pantofola.

Può esistere qualcosa di più patetico?

 

I miei compagni di classe entrano in salotto accolti dai modi cortesi ed eleganti di Regina. 

Mamma li saluta sfoggiando i suoi soliti sorrisi raggianti e invitandoli a raggiungermi.

Papà cerca di mascherare il rigonfiamento sotto il maglione camminando, a piccoli passi da granchio, con la faccia verso il muro per raggiungere le camere da letto e liberarsi della pantofola a forma di rana. 

 

Io con i calzini ai piedi sono impietrita.

Decine di palloncini azzurri a forma di cuore sono sparsi per la stanza e rimbalzano smossi dai movimenti composti degli ospiti.

Mi ritrovo immobile a pensare quanto sia bello che il giorno del mio compleanno sia finalmente arrivato, ma allo stesso tempo qualcosa non quadra.

Tra le facce sorridenti, i pacchi regalo e le risate sincere qualcosa mi manca.

 

Non capisco.

Sento un vuoto nel petto.

 

Regola numero 1: il giorno del proprio compleanno si deve essere felici.

 

Perché io non mi sento così?

 

 

 

 

...CONTINUA...

-----------------

 

Fatemi sapere cosa ne pensate.

 

Come già detto pubblico quando mi piace quello che scrivo.

Non preoccupatevi, non tarderò. 😘

🌙

   
 
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