Anime & Manga > Dragon Ball
Ricorda la storia  |      
Autore: Moriko_    08/09/2018    2 recensioni
«Ci ho riflettuto molto prima di oggi; non è una decisione che ho preso all’ultimo secondo. Nelle settimane scorse ho pensato di più al futuro che ci aspetta… e così ho aspettato il momento giusto per fare la mia scelta.
Ora… penso che ciò che è accaduto oggi non sia stato un caso.»

Nella vita ad ogni fine corrisponde un nuovo inizio, anche per le divinità.
[What if?]
[Song-fic scritta sulle note di "L’eternità (Il mio quartiere)" di Fabrizio Moro e Ultimo]
Genere: Angst, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Gowasu, Zamasu
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
A/N:Salve a tutti.
Prima di procedere con la lettura della storia di oggi, è doveroso fare qualche precisazione.
Avvertimenti: la ff che state per leggere è una “What if?” che avevo in cantiere da tanto tempo… e riguarda un argomento sul quale io ho sempre pensato di dover scrivere un giorno. Conoscendo il mio amore per il conflittuale rapporto maestro-allievo simboleggiato da Gowasu e Zamasu e dal modo in cui io, insieme a qualcun’altro, avrei voluto che la loro storia si sarebbe conclusa, era inevitabile che prima o poi sarei giunta ad un testo del genere.
Una (ormai “What if?”, appunto) nella quale quel “buontempone” di Zamasu sarebbe diventato il successore di Gowasu in maniera assolutamente legale e non sanguinosa.
All’inizio questa storia doveva rientrare nella raccolta di long-fic "Their everyday life in Universe 10"... tuttavia alla fine, per una serie di ragioni (indipendenti o meno dalla mia volontà) è stata scritta e pubblicata come fanfiction a parte. Diciamo che nel corso del tempo sono intervenuti una serie di fattori che poi hanno portato a questa decisione…
Esistono due motivi ben precisi per i quali, questa volta, dedico questa fanfiction a stellaskia. Non spiegherò il primo perché è abbastanza delicato e riguarda la sua storia personale (che ha in parte “contribuito” e “influenzato” la scrittura di questa storia); invece il secondo è che, dopo tutte le grafiche che ha creato per le mie fanfiction nel corso dell’ultimo anno… prima o poi si doveva aspettare una dedica in qualche mio futuro scritto. Perciò… allo stesso tempo è una sorta di ringraziamento nei suoi confronti. ^^
Per tutti voi lettori, qualche avvertenza prima di proseguire:
- Zamasu sarà OOC, non posso negarlo. Primo perché questa storia è una “What if?” dove lui non compie quello che ha poi fatto nella serie canonica e, per questo, riesce a diventare Kaiōshin senza assassinare il suo anziano maestro; secondo perché (un po’ come conseguenza della prima ragione) l’apprendista Kaiōshin è molto più dolce, disponibile e dal cuore più aperto rispetto alla sua controparte canonica;
- La canzone citata a fine storia è “L’eternità (Il mio quartiere)” di Fabrizio Moro e Ultimo. Questa scelta non è stata una casualità: è una delle mie preferite - e, allo stesso tempo, per stellaskia ha un significato ben preciso per via di alcune sue vicende personali.
Dovete sapere che, fin dal concepimento di questa storia, era mia intenzione far ruotare quest'ultima intorno al significato di una canzone, ma all’inizio non sapevo ancora quale delle tante che avevo messo in lista sarebbe stata scelta per quest'occasione. Poi è arrivata “L’eternità (Il mio quartiere)” e… insomma, eccola qui;
- Di solito sottopongo le mie storie all’attenzione della solita stellaskia, che ogni tanto trova delle sviste o ripetizioni qua e là. Questo perché lei è molto più brava di me nella scrittura e ogni volta riesce a darmi qualche consiglio in più.
Per ovvie ragioni, questa volta non ha controllato il seguente testo… perciò, in questa sede vi chiedo doppiamente scusa per eventuali errori presenti nel testo.
Chiusa questa lunga parentesi, posso finalmente augurarvi buona lettura.



Dedicata a stellaskia,
giovane e talentuosa scrittrice alla quale auguro di avere successo nel presente e nel futuro.



Fino all’infinito.



“Tra vita e morte – un orizzonte.”
(Grażyna Miller)



Sul lontano pianeta dei Kaiōshin del Decimo Universo, due persone stavano compiendo la loro passeggiata mattutina. Un saggio anziano, dalla carnagione gialla, era seguito dal suo giovane apprendista, con il quale stava discutendo della bellezza del creato.
Gowasu - questo il nome del vegliardo - da qualche anno aveva pensato di ritirarsi a vita privata per nominare come suo successore il suo discepolo Zamasu, nonché ex Kaiō del Nord di quell’Universo. In passato loro avevano affrontato dei momenti burrascosi, colmi di dubbi e perplessità da parte del più giovane; nonostante ciò, costui con l’aiuto del suo maestro era sempre riuscito a superare questi ostacoli ed a conciliare le sue idee con il ruolo al quale era stato chiamato a ricoprire.
Da allora, il Kaiōshin e il suo apprendista avevano rafforzato sempre più il loro rapporto, ritagliandosi quanti più spazi possibili nell’arco della giornata. D’altro canto, i due avevano iniziato a pensare all’altro nell’ambito di un rapporto più profondo… come quello che intercorre tra un padre e un figlio.
La loro vita stava scorrendo tranquilla, fino a quel giorno.

«Maestro.»
«Dimmi, Zamasu.»
«La ringrazio per la sua gentilezza. Da quando sono qui… mi sono sempre sentito come sul nostro lontano pianeta natale.»
Il giovane allievo sorrise mentre, assieme al suo maestro, sorseggiò del tè dalla sua tazza di porcellana sotto quel grande albero che si trovava al centro del pianeta dei Kaiōshin. Gowasu lo osservò, e rimase compiaciuto dall’atteggiamento del suo discepolo. Ne era certo: ormai in Zamasu non c’era più traccia dell’odio che un tempo aveva covato nei confronti dei mortali, ai quali loro dovevano fare da supervisori ogni giorno.
«Non devi ringraziarmi. È nella nostra natura essere gentili e cordiali… e sono contento di vedere che anche tu, sotto sotto, stai diventando la mia fotocopia…»
Zamasu stette quasi per sputare dalla tazza.
Si era appena immaginato in versione anziana, con delle profonde rughe che solcavano il suo volto, mentre allegramente faceva delle battute e chiedeva in continuazione del tè ad una sua versione più giovane. Di fronte a quel pensiero scoppiò a ridere imbarazzato.
«Ahahah, credo proprio di non riuscire a giungere al suo livello, sommo Gowasu!» O, meglio, vorrei arrivare al suo livello… ma evitando di ereditare anche il suo carattere! - aggiunse in pensiero.
«Non essere umile, Zamasu. Sono certo che riuscirai ad essere come me… ed a superarmi.»
L’anziano Kaiōshin sorrise mentre prese in mano la sua tazza, bevendone poi il contenuto. Un tè così cristallino… piacevole… e---

Zamasu smise di ridere di fronte a quella scena.

Per un attimo l’apprendista pensò di essere stato responsabile, seppur involontariamente, di un possibile avvelenamento del tè che aveva versato al suo maestro.
In pochi secondi aveva visto la tazza scivolare dalla mano del suo maestro per poi frantumarsi sul tavolo, Gowasu portarsi le mani al petto e iniziare a respirare a fatica. Il giovane si precipitò al suo cospetto, mentre nello stesso tempo allontanò il tavolo con grande furia e prese tra le braccia il Kaiōshin per poi adagiarlo a terra, con le spalle contro il tronco dell’albero.
Qualsiasi tecnica di guarigione che Zamasu stava utilizzando per aiutare il suo maestro si rivelò inefficace: apparentemente non c’erano segni di miglioramento.
In quel momento disperato, l’apprendista rivolse lo sguardo verso il cielo e urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni, nella speranza che al più presto sarebbe giunto un provvidenziale soccorso.

«… Per favore, qualcuno mi aiuti!»



***


“La temperanza ed il coraggio, virtù senza le quali la vita è solo un vergognoso delirio.”
(Simone Weil)




L’anziano Kaiōshin riaprì lentamente gli occhi. Di fronte a lui vi era il suo discepolo che gli stava reggendo la mano e, dall’altro lato del letto dove si trovava, le altre due divinità del Decimo Universo, l’angelo Cus e il suo Hakaishin Rumsshi.
Non appena si ridestò, gli altri sorrisero di gioia e tirarono un sospiro di sollievo. Gowasu chiese con un filo di voce: «Sono… vivo?»
«Credo di sì,» rispose Zamasu. «Ci ha fatto prendere un brutto spavento: non riusciva a riprendersi in alcun modo, nonostante tutte le cure che le stavo praticando. Per fortuna che, subito dopo, sono arrivati Lady Cus e Lord Rumsshi… ed è soprattutto grazie a loro se è ancora vivo.»
Con l’aiuto del suo scettro Cus alzò lo schienale del letto e porse un bicchiere d’acqua al vegliardo, aiutandolo a dissetarsi. «Questa le sarà d’aiuto.»
«La ringrazio, Lady Cus.»
Per qualche minuto iI quattro non si scambiarono una sola parola, finché non fu proprio Gowasu a riprendere il discorso: «Devo chiedervi un favore: Lady Cus, Lord Rumsshi… e soprattutto tu, Zamasu.»
Mentre i tre interpellati, incuriositi da ciò che il Kaiōshin voleva comunicare loro, continuarono a restare in silenzio, il vegliardo aprì il cassetto del comodino che aveva di fianco e ne prese un rotolo, che poi porse all’angioletta.
«Dovete recarvi al palazzo del sommo Zen’ō con una certa urgenza. Al vostro arrivo lei, Lady Cus, dovrà consegnare al Gran Sacerdote questo rotolo e, mentre lui ne visionerà il contenuto, accompagnerete Zamasu e Lord Rumsshi nella sala d’attesa. Nel frattempo che loro aspetteranno il suo ritorno, lei tornerà dal Gran Sacerdote e, solo dopo aver ricevuto tutte le istruzioni, andrai nuovamente da loro per poi accompagnarli al cospetto del sommo Zen’ō. Una volta lì… gli darai questo
Il Kaiōshin aspettò qualche secondo prima di porgere loro l’oggetto ancora misterioso che aveva appena indicato a Cus. Rivolse lo sguardo verso Zamasu, inizialmente senza dire una parola. Poi aggiunse:
«Ci ho riflettuto molto prima di oggi; non è una decisione che ho preso all’ultimo secondo. Nelle settimane scorse ho pensato di più al futuro che ci aspetta… e così ho aspettato il momento giusto per fare la mia scelta.
Ora… penso che ciò che è accaduto oggi non sia stato un caso.»
«Ciò che è accaduto oggi?» chiese Zamasu. «Cosa significa, sommo Gowasu?»
L’anziano saggio sorrise, per poi avvicinare le mani ai lobi delle orecchie e sfilarsi delicatamente gli orecchini che ogni giorno indossava.
«Io credo… che sia giunto il momento di donarti questi, Zamasu.»
Il giovane fu colto di sorpresa. Deglutì rumorosamente e fece un passo indietro rispetto alla sua posizione, iniziando a ridere con nervosismo. «È uno scherzo… vero? Anche lei sa benissimo che non sono ancora pronto: mi servono ancora altri decenni per diventare a tutti gli effetti il suo successore… Inoltre, lei vivrà ancora per diversi anni: vedrà che si riprenderà presto come al solito e---»
«Zamasu
Gowasu riuscì a interrompere il discorso del suo discepolo con una sola parola, richiamandolo per nome. Spesso, nel corso dei millenni durante i quali erano stati insieme, quel richiamo aveva sempre avuto un formidabile impatto sul giovane, riportandolo sempre nella direzione giusta nei suoi momenti di smarrimento. Bastava qualche secondo, e ogni cosa sembrava tornare al suo posto: una situazione imbarazzante di fronte al suo maestro, il discorso sui mortali e il loro rapporto con il bene e il male, e anche il più piccolo sbaglio nella preparazione del cibo. Era sempre stato il suo nome, pronunciato con rimprovero o con dolcezza, a fargli comprendere ciò che non andava nel suo pensiero.
E, anche questa volta, quel dolce richiamo aveva avuto lo stesso effetto su di lui. Solo allora l’apprendista si avvicinò nuovamente al letto e, inginocchiandosi accanto, abbassò il capo.
«Non può essere. È… È impossibile: non ditemi che…»
Capendo ciò a cui stava puntando l’anziano Kaiōshin, Cus materializzò il suo scettro e, osservando - apparentemente senza battere ciglio - la punta che si era illuminata di un brillante azzurro con delle scritte all’interno, confermò ciò che in quel momento aveva iniziato a sospettare il giovane.
«Punto di arrivo dell’invecchiamento fisiologico. Fase finale di senilizzazione, massima durata della vita raggiunta: seguiranno un lento deterioramento delle cellule, abbassamento della soglia letale e della temperatura corporea, riduzione dello stato di coscienza e aumento della sonnolenza.»
Poi l’angioletta abbassò la testa, anche lei quasi sconvolta per l’evidenza. «Lord Rumsshi… forse sarebbe davvero il caso di sbrigarci. Io…»
Nel frattempo l’Hakaishin non aveva ancora detto una parola. Era rimasto quasi immobile osservando come Gowasu, nonostante fosse stato il primo a rendersi conto della grave situazione nella quale era coinvolto, stesse reagendo senza avere un crollo emotivo.
Due erano le possibilità: o in quel momento il vegliardo non voleva ferire i suoi compagni e stava cercando di nascondere tutto… oppure era davvero una persona forte e stava prendendo tutto come se fosse solo una fase di passaggio.
Rumsshi strinse i pugni, rendendosi conto di essere impotente di fronte ad una fine del genere. Anche lui, come i suoi compagni, avrebbe voluto trascorrere più tempo insieme al Kaiōshin e proprio per questo motivo iniziò a pensare che, se avesse pensato di poltrire di meno durante gli ultimi millenni, forse a quest’ora avrebbe avuto molti più gioiosi ricordi anche con Gowasu.
Strinse i pugni, fino a farli sanguinare.
Li strinse più che poteva, mentre dentro di lui la rabbia stava crescendo sempre più.

… Sei proprio un inguaribile imbecille… Gowasu…



***


“Lo spirito, l'idea e l'amore non si possono distruggere. Possiamo cancellare i confini dentro i quali erano racchiusi. Ma essi rimarranno sempre con noi.”
(Albert Einstein)




Dopo qualche ora dalla sua partenza alla volta del palazzo del sommo Zen’ō, Zamasu fece ritorno sul pianeta dei Kaiōshin e, insieme alle altre due divinità, non ci pensò due volte nel recarsi nella stanza dove stava riposando Gowasu. Aveva capito che non c’era tempo da perdere: ogni minuto che stava passando poteva essere l’ultimo che sarebbe riuscito a trascorrere insieme al suo anziano maestro.
Quando i tre entrarono, il vegliardo era intento ad osservare dalla finestra l’ambiente circostante. Da quella stanza si riusciva a scorgere, in lontananza, il grande albero sotto il quale l’anziano trascorreva le giornate insieme al suo pupillo bevendo il tè e discutendo di vari argomenti.
Zamasu si tranquillizzò e, cercando di mantenere la calma, prese una sedia e si accomodò accanto al letto dell’anziano Kaiōshin. Solo allora quest’ultimo si voltò e, non appena notò la presenza di quelli che un tempo erano i suoi orecchini sui lobi del suo discepolo, se ne rincuorò.
Gowasu chiuse gli occhi e sorrise. «Sinceramente… credevo di non riuscire ad arrivare a vedere questo giorno. Congratulazioni, Zamasu.»
Poi, con un cenno della mano, il saggio gli indicò Cus e Rumsshi che nel frattempo si erano avvicinati al suo capezzale. «So che ormai li conosci già, ma da oggi in poi il vostro legame sarà sempre più forte. Mi raccomando, cercate di lavorare sempre insieme e di restare uniti, qualunque cosa accada…»
Zamasu annuì, mentre Rumsshi guardò Gowasu con un po’ di incertezza. «Hai detto bene: “cercate”,» sentenziò il Distruttore, sottolineando quell’ultima parola con poco entusiasmo. Non era mai stato convinto della scelta del vegliardo di prendere quel giovane e allevarlo come suo successore; nonostante ciò, aveva sempre rispettato le sue volontà e, anche in quel momento, si sforzò di farlo.
Il saggio annuì e gli rispose: «Sono certo che voi due andrete d’accordo. Sarete entrambi delle ottime divinità, ne sono convinto. Anche se, forse, non vivrò ancora a lungo per vedere con questi occhi il vostro primo lavoro insieme…»
«Non dire così, Gowasu,» replicò l’Hakaishin.
«Lord Rumsshi ha ragione,» aggiunse Cus con molta tristezza. Sebbene era stata lei stessa, qualche ora prima, ad aver letto quella che le stava sembrando sempre più solo un’ingiusta sentenza della vita, ora stava solo sperando in un piccolo miracolo che poteva migliorare la situazione. «Non dica così: le auguro di riprendersi presto e di continuare a dare consigli a Za---»
Ma l’angioletta si bloccò. Stava per dire “Zamasu”, ma non ci riuscì: in quel momento le sembrava così strano chiamare il discepolo del Kaiōshin con i giusti appellativi che ora gli spettavano di diritto. Per lei, quel giovane era come se fosse stato un figlio… ma, da quel giorno in poi, doveva iniziare a farci l’abitudine e chiamarlo con il titolo di Kaiōshin. Si voltò verso Zamasu e, imbarazzata, curvò leggermente la schiena in segno di rispetto nei suoi confronti.
«… Sommo… Zamasu. Le chiedo scusa: io…»
Nell’udire quelle parole Zamasu si agitò. In quel momento anche per lui sembrava così strano l’essere diventato Kaiōshin; per questo motivo non voleva mettere nessuno a disagio.
«Non si preoccupi, Lady Cus: può tranquillamente continuare a chiamarmi solo con il mio nome! In fondo sono solo un suo subordinato: dovrei essere io a portarle rispetto, non lei a me!»
Gowasu sorrise di fronte a quella scena. Gli sembrava di essere tornato indietro nel tempo quando, da giovane Kaiōshin, egli stesso si sentiva a disagio ogniqualvolta che Cus e le altre divinità rispettavano le formalità anche nei suoi confronti. Ed erano trascorsi diversi millenni da allora…
Quanto tempo… Tanto, forse troppo…
All’improvviso l’anziano iniziò a tossire, cosa che mise in allarme le tre divinità. Portò la mano sulla bocca e iniziò a curvarsi, mentre tempestivamente l’angioletta gli diede subito da bere; dopo aver preso qualche sorso d’acqua, la tosse sembrò essersi placata e il saggio tornò a sorridere.
«Zamasu, per favore puoi allontanarti un momento? Ho bisogno di parlare con Lady Cus e Lord Rumsshi, ma in privato.»
Il giovane, seppur preoccupato per le condizioni del suo maestro, eseguì l’ordine che gli era stato appena impartito e, dopo aver dato un inchino, uscì dalla stanza.

Rimasti soli, Gowasu afferrò le mani di Cus e Rumsshi, per poi stringerle nelle sue.
«Per favore, anche se so già che lo farete… vi chiedo di prendervi cura del mio discepolo. Non sembra, ma è una persona molto sensibile e fragile: tenetelo d’occhio…»
«Sicuramente,» disse l’Hakaishin con un tono quasi glaciale. «Anzi, da un lato sono sollevato per il fatto che finora non abbia combinato casini…»
L’angioletta lo rimproverò chiamandolo per nome, ma ricevendo come risposta un pesante sbuffo da parte della divinità.
«Cus, ormai anche Gowasu sa quanto a me non piaccia Zamasu: non c’è bisogno di nasconderlo!»
«Però, Lord Rumsshi, devo ricordarle che adesso è lui il Kaiōshin di questo Universo: dovrebbe iniziare a sforzarsi di sopportarlo di più…»
«Solo se mi porterà rispetto e si comporterà bene nei miei confronti, chiaro?»
La piccola fanciulla si portò la mano libera sulla fronte, arrendendosi all’evidenza. «Lo perdoni, sommo Gowasu: le prometto che andrà tutto bene tra loro due.»
Il vegliardo annuì e le strinse di più la mano, dandole ulteriore fiducia. «Lo so, Lady Cus… So che nessuno di voi mi deluderà. Ed è per questo che, anche a voi, volevo fare un piccolo regalo di addio.»
Le due divinità restarono in silenzio, mentre Gowasu prese dal comodino che era di fianco al letto una coppia di sottili braccialetti, con delle piccole perline che li adornavano.
«Questi sono i vostri. Spero che, in questo modo, riusciremo a restare uniti anche se non ci vedremo più.»
Di fronte a quelle parole, Cus non riuscì più a trattenersi. Iniziò a versare lacrime, mentre il suo Hakaishin la strinse a sé con la sua proboscide, dicendo allo stesso tempo: «Sarà così… Gowasu. Non ti dimenticheremo mai.»
«E nemmeno io lo farò,» rispose l’anziano. «Ho trascorso dei bei momenti insieme a voi… e sono felice che la ruota della fortuna ci abbia scelti come divinità di questo Universo. Non potevo chiedere di meglio dalla vita.»
Rumsshi sorrise, mentre - inaspettatamente per lui - qualche lacrima scese anche sul suo volto. «Nemmeno noi potevamo chiedere di più… Gowasu. Abbi cura di te quando sarai dall’altra parte.»


Intanto Zamasu, dalla stanza accanto, non aveva mai smesso di camminare in preda alla preoccupazione. Più volte, in quei minuti che sembravano interminabili, aveva avuto la tentazione di spalancare la porta della camera del suo maestro e entrarvici con irruenza, pregando che Gowasu non fosse già passato a miglior vita.
Prima di lasciarlo da solo con i suoi compagni, l’ormai ex apprendista lo aveva notato. Il respiro del suo maestro stava diventando più pesante di minuto in minuto, anche se gli era evidente che lo stesse nascondendo di fronte a tutti.
Che pessimo attore... È consapevole di morire, ma continua a fingere di non esserlo… - aveva pensato.
E proprio mentre si era avvicinato - per l’ennesima volta - a quella porta che lo stava dividendo dagli altri con l’intenzione di aprirla, violando di fatto l’ordine impartitogli dal suo maestro… proprio quella porta si spalancò. Cus e Rumsshi erano usciti dalla stanza e non appena notarono Zamasu, il quale si era trovato esattamente di fronte a loro, lo invitarono ad entrare da solo.
«Il sommo Gowasu vuole rivederla,» disse l’angioletta, «ma…»
«Ma…?» ripeté il giovane, con una sempre più crescente preoccupazione.
Cus rivolse lo sguardo verso il basso, per poi appoggiare una mano sulla spalla di Zamasu: anche lei sembrava essere distrutta dal dolore.
«… Non aspettarti un improvviso ribaltamento della situazione. Credo che il sommo Gowasu si stia sforzando di resistere giusto per vederla per un’ultima volta. Il suo corpo si sta indebolendo sempre più: non penso che vivrà ancora a lungo.»
Detto ciò si allontanò insieme al suo Hakaishin, lasciandosi cadere su una delle sedie che si trovavano dall’altra parte della stanza. Rumsshi si sedette accanto a lei e posò una mano sulle sue ginocchia.
La giovane si era arresa. Non aveva più forze per fare qualsiasi cosa.

Quando Zamasu entrò nella camera del vegliardo, vide quest’ultimo in posizione supina, ancora una volta con la testa rivolta verso la finestra. Un leggero vento stava dolcemente muovendo le tende, facendo entrare nell’ambiente una piacevole aria dal sapore primaverile.
Il neo Kaiōshin, ancora una volta, si sedette accanto al suo anziano maestro che, nel frattempo, aveva rivolto lo sguardo verso di lui. I loro occhi si incrociarono in silenzio, quasi nel tentativo di leggersi nel pensiero; tuttavia, anche se entrambi erano in grado di farlo… in quel momento decisero di non sfruttare questo potere.
Cercando di trattenere le lacrime il più a lungo possibile, il giovane sussurrò: «Mi dispiace… non poterle essere d’aiuto… Mi creda, vorrei tanto fare qualcosa per prolungare la sua vita… anche sacrificarmi, se sarà necessario!»
«Non puoi farci nulla… Questo è il nostro ciclo vitale: un giorno, se tutto andrà bene, anche tu arriverai a questo momento… e allora, proprio come sto facendo io, potrai sorridere senza avere rimpianti, pensando serenamente che hai dato il tuo contributo in questo Universo.»
Terminata la frase, l’anziano iniziò a boccheggiare; Zamasu, cercando di non perdere la calma, alzò delicatamente lo schienale per porre il suo maestro in una posizione più confortevole. Dopo qualche minuto, il respiro di Gowasu si fece più regolare ed egli stesso, per dimostrare al suo ex discepolo di stare meglio chiuse gli occhi e sorrise, come era sua abitudine fare quando stava bene.
Il pericolo sembrava essere scampato… Per ora.
«La prego, cerchi di non sprecare il fiato…» disse il giovane. «Non voglio che la situazione si complichi ulteriormente… Lei deve vivere il più a lungo possibile.»
Il vegliardo annuì. «Hai ragione… anzi, credo che il modo migliore di dirti qualcosa in questo momento… sia l’ascoltare una bella canzone.»
«Ascoltare… una canzone?»
In silenzio, Gowasu prese un piccolo lettore di musica da sotto le coperte e porse una delle cuffie a Zamasu. Allo stesso tempo mise l’altra al suo orecchio e, quando il suo ex discepolo fece lo stesso, disse:
«Per favore… premi il tasto “Play” e ascolta. Questo… in un certo senso è il mio testamento
Il giovane eseguì il comando impartitogli dal maestro, e la prima cosa che udì fu il rumore delle onde del mare. Dopodiché sentì le prime parole della canzone: quei pochi secondi catturarono ulteriormente la sua attenzione.


“È eterno il sorriso ingenuo di un bambino
Sono eterne le mie parole in un bicchiere di vino
È eterna la radice di un albero che ha visto la storia
Un pensiero contaminato dalla memoria”



«Un po’ roca come voce. Quasi graffiante…» fu quel poco che riuscì a commentare Zamasu, per poi restare in silenzio e continuare con l’ascolto.
Anche se non lo avrebbe mai ammesso, le parole di quella canzone lo stavano colpendo molto. Gli stavano rievocando piacevoli ricordi dal passato, dai suoi primi anni di vita su Kaishin fino ai secoli trascorsi con l’anziano Kaiōshin sul loro pianeta.


“È eterno chi ha scelto di vivere a suo modo
La mia voglia, la pace, la guerra fra il gatto ed il topo
È eterno un soffio di vento mentre chiudi i tuoi occhi
E ogni cosa che ti dà un’emozione quando la tocchi


Aspetta qui per un minuto
E stringi le mie mani fino all’infinito
Che se ti guardo io non ci credo
Che da domani sarà tutto cambiato
E non ci vedremo più
Quando in fondo l’eternità per me sei tu”



Una leggera risata colorò le gote del giovane, mentre la musica continuò a proseguire. «Sa cosa le dico, maestro? Lo ammetto: questa canzone non è affatto male, in fondo…»
Dopodiché prese la mano dell’anziano Kaiōshin e, con dolcezza, la strinse nella sua.
«Mi prometta una cosa, sommo Gowasu.»
«Dimmi.»
«Mi prometta… che da domani torneremo entrambi alla nostra vita quotidiana, insieme… come è sempre stato finora.»
Gowasu scosse la testa, ma l’altro non si curò di quel gesto, e proseguì: «Sa, ho sempre sognato di indossare questi orecchini… ma, nonostante ciò, tutto ciò che è accaduto oggi non cambierà nulla tra noi… Continuerò a seguire i suoi consigli e a servirle dell’ottimo tè, e…»
Ma non riuscì a finire la frase. Si slanciò in avanti abbracciando il vegliardo che subito ricambiò con un sorriso, affondando il suo volto ormai grondo di lacrime nel petto del suo maestro.
Anche se la coscienza di Zamasu continuava a rifiutare quella che sembrava ormai essere un’amara verità, i cuori di entrambi già sapevano che era giunto il momento di dirsi addio.


“È eterna la strada che porta dentro ai nostri discorsi
L’abbraccio di un figlio al padre per tutti i suoi sforzi
È eterna la vita se riesci a capirla
Non ti chiedo di amarla ma di riuscire a sentirla
È eterno un ragazzo che sogna con gli occhi bagnati
La tua voce al mattino che azzera gli incubi e gli anni passati
È eterno tutto questo se tu riesci a dargli un senso”



«La scongiuro, non vada via!»



Fu una semplice coincidenza: quell’ultima frase venne pronunciata nell’esatto momento nel quale, dalle cuffie, si riuscirono ad udire le parole “Ti prego, adesso aspetta”.

Tutto accadde nel giro di un attimo.

Non appena Zamasu si accorse che il corpo che stava stringendo a sé si era illuminato all’improvviso, d’istinto lui rafforzò la presa e iniziò ad urlare.
«Non voglio che lei vada via! Ho ancora bisogno della sua presenza!»
Ma l’altro rimase in silenzio, continuando a sorridere mentre delle scie luminose partirono da lui per librarsi verso il cielo. Era stranamente felice di quella situazione, vedendo che il suo discepolo, che di solito non era avvezzo a gesti apertamente affettuosi, stava esprimendo l’affetto che provava per lui proprio in quel modo.
Con quel poco di forza che gli restava, Gowasu riuscì ad accarezzare i capelli del giovane ed a lasciarvi un tenero bacio.
«Tu… non sarai mai solo. Dovunque tu andrai, ovunque tu sarai… io continuerò a vegliare su di te, come ho sempre fatto…»
«Ma…»
«Sii forte… Tu sei molto abile e valoroso, sono certo che te la caverai…»
Sfiorando gli orecchini verdi, a poco a poco la figura dell’anziano Kaiōshin svanì nell’aria mentre, senza avere più qualcuno al quale aggrapparsi, Zamasu cadde con il volto su quel letto ormai vuoto.
Il giovane strinse tra le proprie mani quelle candide lenzuola, senza smettere di piangere.


In quello stesso momento, nella stanza accanto, Rumsshi avvertì un improvviso senso di vuoto alla bocca dello stomaco.
«Cus…» mormorò. «Gowasu è…»
L’angioletta non disse nulla, mentre una lacrima stava lentamente scendendo sul suo viso. Strinse il suo scettro, pensando a quanto era appena accaduto.
Anche loro, poco prima, avevano avvertito le urla di disperazione di Zamasu… ma entrambi avevano deciso di rispettare le ultime volontà del vegliardo e non precipitarsi da maestro e allievo, seppur contro il loro stesso volere.
Ma… forse è stato un bene essersi detti addio senza vederlo nei suoi ultimi istanti di vita, pensò. Conoscendomi, al posto di Zamasu nemmeno io sarei rimasta impassibile…
In silenzio, a lenti passi fece ritorno nella stanza dove si trovava il neo Kaiōshin, seguita dalla divinità elefantiaca. Vide il giovane chino sul letto, con la testa tra le lenzuola, che singhiozzava sommessamente.
Cus si avvicinò a lui e gli pose una mano sulla spalla. A quel gesto, Zamasu alzò il capo e guardò l’angioletta cercando di trattenere le ultime lacrime che gli erano rimaste da versare.
«Mi dispiace… Io…»
«Non deve più preoccuparsi,» disse la fanciulla con un tono di tristezza. «So che in questo momento ti sarà difficile da credere, ma sono convinta che il sommo Gowasu sia ancora qui tra noi…»
Il giovane continuò ad essere incredulo di fronte a quelle parole. Era ciò che gli era stato detto anche dal suo stesso maestro… ma forse si trattava di qualcosa che un Angelo come lei, che aveva vissuto più a lungo di loro, poteva sapere.
«Come… fa ad esserne certa? Lei ha forse… qualche prova di ciò?»
In un primo momento Cus non sapeva cosa rispondergli.
Cosa dire a una persona che all’improvviso si ritrova senza una persona alla quale ha voluto molto bene? Quali parole sarebbero quelle giuste per consolarla di una così grave perdita? Qualsiasi frase le sembrava così scontata e banale, così l’angioletta cercò di dire qualcosa facendo riferimento a ciò che entrambi avevano visto e studiato quando erano ancora fanciulli.
Si ricordò del bracciale che Gowasu le aveva regalato e, prendendolo in mano, lo strinse.

La prego, sommo Gowasu… Mi dia la forza per dargli un po’ di sollievo.

«Anche se il corpo scompare e diventa cenere, l’anima, che ai nostri occhi è ancora invisibile, resta immortale e può restarci accanto senza farsi notare. È ciò che ti hanno insegnato sul tuo pianeta di origine, giusto?»
Zamasu annuì ma, subito dopo, scosse leggermente la testa. «Ma… se invece fosse solo frutto della nostra immaginazione? In fondo… noi non abbiamo mai incontrato i nostri antenati che erano morti in passato.»
«Sta a te decidere se tutto ciò che sappiamo sia solo frutto di racconti fantastici… oppure se ciò in cui crediamo sia vero. In questo possono esserti d’aiuto gli oggetti che le persone a noi care ci hanno lasciato come dono. Nessuno, oltre te, sarà in grado di dirti se tutto ciò sia giusto o sbagliato… Devi solo ascoltare il tuo cuore.»
Cus sorrise e, chinandosi su Zamasu, sfiorò uno dei suoi orecchini. «Con il tempo riuscirai a trovare una risposta… e capirai che il sommo Gowasu, in realtà, ti è sempre stato accanto e lo sarà per sempre, da oggi all’eternità.»
Il giovane si sorprese di quel gesto così semplice e spontaneo della fanciulla. Quegli orecchini che stava indossando erano il regalo più grande che il suo maestro gli avesse mai fatto: erano il simbolo del suo potere, dell’essere una divinità della Creazione… ma, allo stesso tempo, erano un oggetto che da sempre erano appartenuti al vegliardo: li indossava tutti i giorni, e ne andava orgoglioso.
Ora era lui, quel ragazzo, a sfiorarli. Si ricordò di quella volta che li avevi visti per la prima volta, di quella volta che i due si erano incontrati sul lontano pianeta del Kaiō del Nord, di quando, ogni volta, il suo maestro li sfiorava per indicare il suo ruolo e, infine, di quella volta che il giovane ne ebbe il privilegio di stringerne uno tra le proprie mani.
Lo stesso che, ora, stava indossando sul lobo sinistro.
Lo tolse, tenendolo tra le mani chiuse l’una con l’altra e portandolo sulla propria fronte. In quel momento gli tornò alla mente la figura dell’anziano Kaiōshin che gli sorrideva, e di quelle parole che gli aveva detto prima che il suo corpo svanisse per sempre dall’esistenza.

«Io continuerò a vegliare su di te, come ho sempre fatto.»

Zamasu si sforzò di rasserenarsi, traendo forza da quell’immagine che i suoi occhi avevano appena rievocato.
Forse hanno ragione che, anche dopo la morte, si vive nel cuore di chi ti vuole bene…
Forse, nel suo caso, esisteva la possibilità che tutto ciò poteva essere vero: nonostante l’assenza fisica del suo maestro, in quel momento avrebbe giurato di sentire ancora la sua voce… la stessa che lo aveva sempre esortato ad agire nel giusto e nel rispetto delle loro regole.

«Già… Fino all’infinito




A/N [Ovvero: angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]
Questa volta non ho molto da aggiungere nelle note finali. Come avete avuto modo di leggere, in questa storia i vari personaggi sono stati inseriti in una cornice diversa dal solito e, forse, per questo vi saranno sembrati OOC… ma di fronte ad un dolore così grande che li ha colpiti, ho provato ad immaginare i loro sentimenti ed a trascriverli nero su bianco.
In un certo senso, l’obiettivo di noi scrittori è quello di raccontare storie, all’interno delle quali - di solito - i personaggi agiscono e si comportano come esseri umani, e un po’ lo facciamo anche per far entrare i lettori in empatia con loro. Ora… questa è solo una “What if?” dove ho cercato di ipotizzare cosa sarebbe successo se Zamasu non avesse compiuto la sua ribellione e avesse perseguito il “corretto” ideale di giustizia dei Kaiōshin: non so se le cose sarebbero andate proprio in quel modo che vi ho appena raccontato ma sicuramente non ci sarebbero stati Fabrizio Moro e Ultimo XD, però credo che i sentimenti di tristezza dei vari personaggi sarebbero stati quelli.
Zamasu era molto legato al suo maestro prima della sua ribellione - e questo penso che sia innegabile, Cus ha dimostrato nella storia canonica di essere molto affezionata al suo Universo (e immagino che tali sentimenti li aveva dedicati anche a Gowasu), e Rumsshi è… beh, il classico burbero dal cuore d’oro - e quindi anche nel suo caso mi riesce facile immaginare che, anche se non riesce ad esternare ciò che prova nei confronti degli altri a causa del suo carattere da duro, anche lui si sarà affezionato all’anziano Kaiōshin.
Perciò, spero di essere riuscita a descrivere il loro dolore di fronte alla scomparsa del loro compagno.
Giunti a questo punto, ringrazio tutti coloro che sono arrivati fino a qui, e alla prossima!
--- Moriko
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: Moriko_