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Autore: Sinden    09/09/2018    0 recensioni
Seguito di "Roswehn di Dale".
FF genere fantasy basata su film Lo Hobbit - La battaglia delle cinque armate.
Roswehn lascia il Reame Boscoso per andare incontro a un'avventura... ma una nuova vita é in arrivo, e i fantasmi del suo passato si ripresentano, per la sfida finale.
Estratto:
"Voi siete avvelenato dall'ambizione e dall'egocentrismo. L'anno scorso siete venuto a Dale e ci avete aiutato solo per recuperare una collana, me l'ha detto Bard. Le gemme di Lasgalen, i diamanti inestimabili che Thror vi negó secoli fa. Ma dove eravate, negli anni precedenti? In quale circostanza il reame di Eryn Galen ci ha mai offerto solidarietà, durante gli inverni rigidi e le estati torride, dopo le inondazioni dovute alle piogge, quando l'acqua del lago allagava le nostre case? Quando non avevamo cibo, né si poteva pescare, perché un'improvvisa frana aveva riempito il lago di fango? Nemmeno un elfo si vide da quelle parti, allora, tanta era l'amicizia che ci dimostravate." terminò Hannes, amaro.
Matching: Thranduil e nuovo personaggio.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Bilbo Baggins, Elrond, Legolas, Nuovo personaggio, Thranduil
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Thranduil aveva ragione.
Il valico fra le montagne nebbiose era quasi impraticabile, esisteva un sentiero che Feren aveva tracciato sulla sua mappa e che la ragazza avrebbe dovuto seguire, una stretta via piena di massi, sporgenze, e rifiuti di passati viaggiatori. Una volta giunta all'inizio del percorso, aveva spinto Elentàri, la cavalla che le avevano dato a Boscoverde, a tornare indietro perché sicuramente non ce l'avrebbe fatta con la sua mole ad attraversare quel cammino strettissimo e che si affacciava su uno strapiombo. Ma Eléntari non ne aveva voluto sapere, così la ragazza fu costretta a tenerla per le briglie, e a procedere davanti a lei.
"Se cadrai ti lasceró andare, sappilo. Non mi faró trascinare giù con te." le disse. "Feren me l'aveva detto, sei più testarda di un asino!"
Era già stata un'impresa attraversare il fiume Anduin, doveva ringraziare il suo amato per averle fatto trovare una barca con un Elfo soldato ad aspettarla, e che l'aveva trasportata da una riva all'altra. Anche in quel caso, la stazza del cavallo era stata un problema, l'imbarcazione aveva rischiato di rovesciarsi più volte nel tragitto. D'altro canto, così erano i destrieri degli elfi: si affezionavano morbosamente al loro padrone. Ora, doveva capire come far procedere l'animale su quella stradina che nemmeno uno stambecco avrebbe percorso agevolmente.

A metà giornata e dopo spaventi vari, le due erano comunque riuscite ad arrivare nel mezzo delle Montagne, dove la temperatura si abbassó decisamente. Luglio, con la sua calura, aveva fatto sciogliere i ghiacciai, ma la parte più interna della catena montuosa mostrava ancora qualche vetta imbiancata da quel poco di ostinata neve che rimaneva. Roswehn si mise un mantello.
"Mi ammaleró qui... se non finiró prima in quel burrone." D'un tratto, avvertì un suono. Come il verso dell'aquila, ma più lungo, e penetrante. Elentári si spaventó e arretró, tirando le briglie. "Buona, sta' buona. È solo un uccello." le disse per calmarla. Ma il cavallo non si calmó per niente. Inizió a nitrire, e a scuotere la testa per liberarsi dalla presa di Roswehn. "Ma che hai...daro, daro!" le disse in elfico. Daro significava fermati, l'aveva sentito spesso dire dagli Elfi, quando addestravano i puledri. Guardó sopra di lei, per capire da dove venisse quel verso acuto. Non vide niente, nè aquile, nè falchi. Nulla. Scrutó le pareti di roccia e vide una superficie irregolare, qualche grotta, e la fitta foschia che dava il nome alle Montagne Nebbiose. L'attenzione della donna venne attratta da una delle caverne dall'altra parte dello strapiombo: la sua entrata sembrava più ampia delle altre.

La fissó per qualche attimo e vide un movimento, o meglio, vide qualcosa. Qualcosa che la stava osservando. Da quella distanza, scorgeva una forma dai contorni indefiniti, ma ebbe la fortissima impressione che fosse un muso. Sentì un brivido, e si giró di nuovo verso Elentàri, che si agitava terrorizzata. "Cadrai giù, se non la smetti! Sta' buona, ti prego!" la imploró. La cavalla nitrì nuovamente, e Roswehn colse un avvertimento in quel grido. Stai attenta!
Sentì un nuovo rumore. Stavolta, era simile al battito di ali, ma ali gigantesche. Duró solo qualche secondo, Roswehn alzó subito gli occhi, ma in quello spazio non vide niente. Qualunque creatura avesse sorvolato il burrone, se n'era andata. Strattonó di nuovo le redini. "Adesso vedi di muoverti, capito? Non rimarró in questo gelido posto tutto il giorno..." Elentàri, peró, era inchiodata in quel punto e non cedette di un millimetro; continuava a sollevare la grossa testa come a indicarle qualcosa. Roswehn guardó in alto, proprio sopra di loro. La parete di roccia era grigia, con varie screziature azzurrognole dovute ai residui di ghiaccio.

Ma c'era come una macchia nel mezzo, una macchia bianca. La macchia si mosse. All'inizio lentamente, poi con maggior velocità si spostó verso di loro, scendendo in direzione del sentiero. Gli occhi di Roswehn si spalancarono e sentì il cuore perdere un battito. Cercó di guardare oltre la nebbiolina e notó come prima cosa degli artigli: erano delle specie di lunghe dita affusolate, ed erano attaccati a membrane bianche ed enormi. Le ricordarono immense ali di pipistrello. Dalla foschia apparvero due occhi rossi, con fessure sottili al posto delle pupille. Subito pensó agli occhi di un serpente. Vide anche due grandi narici nere, che si aprivano e si chiudevano per fiutare quelle due ospiti inattese. Per fiutare lei. Roswehn urló. L'istinto le disse subito di scappare a gambe levate, ma la logica le ricordó che si trovava su una mulattiera strettissima, dalla quale sarebbe bastato un niente per cadere. E poi, scappare da cosa? Pur avendola solo intravista, la donna ebbe la terribile sensazione che fosse una creatura da cui tentare di fuggire sarebbe stato inutile.
"Il passaggio è stretto, umana. Troppo stretto." sibiló l'essere candido, mentre si avvicinava ancora di più a lei. La ragazza era totalmente indifesa e disarmata. Si era portata appresso solo un piccolo pugnale, con il quale fare a pezzi il pane e la frutta e le vivande che aveva nel bagaglio. Non sapeva maneggiare armi: aveva provato a chiedere a Thranduil almeno di insegnarle a usare la spada, ma il re aveva risposto alla sua richiesta con una risata. "Finiresti per tagliarti un braccio da sola." Le aveva comunque promesso che sarebbe stata addestrata a combattere, prima o poi.
L'essere si riveló alla luce finalmente. Non è possibile, pensó subito lei, quando capì cos'era. Dovrebbero essere tutti estinti.

Un drago.
Un piccolo drago bianco come il latte, con le grandi ali ripiegate dietro il dorso pieno di escrescenze, una lunga coda che subito si attorciglió e che terminava con una punta che sembrava molto pericolosa. Vide nitidamente le scaglie su tutto il corpo, che si schiudevano ad ogni movimento della creatura. Poggió un'ala munita di artiglio sulla stradina, proprio davanti a Roswehn, per chiudere il passaggio. Elentàri s'impennó, spaventata, e le briglie sfuggirono di mano alla donna. Arretró di qualche centimetro, mentre le piccole rocce sull'orlo del burrone iniziarono a franare. "Fermati, ferma!" gridó. "Elentàri!"
La cavalla perse l'equilibrio e i sassi franarono del tutto sotto di lei. Cadde nel burrone lasciandosi dietro un lungo nitrito che si affievolì man mano che l'animale precipitava. Roswehn si tappó le orecchie per non sentire il tonfo, e poi urló di nuovo. "No!"
"Non disperarti. Non sarebbe mai riuscita ad attraversare questo passo. Peró che peccato, stavo quasi per avere carne di cavallo per cena stasera." disse il drago, che aveva allungato il collo flessuoso verso di lei nell'intento di osservarla meglio. "Mi dovró accontentare di carne umana." Aveva una voce suadente. Melodiosa, quasi. Non era la voce cavernosa che si era udita fra le fiamme di Pontelagolungo, quando Smaug aveva deciso di fare un'improvvisata ai pescatori.
Roswehn arretró di colpo e la sua schiena andró a sbattere contro la dura parete dietro di lei. Era atterrita. Il drago inclinó leggermente la testa irta di spine, allo stesso modo dei cani quando sono incuriositi da qualcosa. Poi la grande mandibola si contrasse lasciando scoperta la dentatura impressionante. Roswehn, con un brivido, comprese che l'essere stava ghignando. "Sto solo scherzando, non temere. Non mi piace il sapore degli Uomini. Anzi, diciamo pure che mi fate schifo." le disse, sollevando la testa. Roswehn gli vide come dei rigonfiamenti sotto il collo. Le sue ghiandole piene di combustibile pensó lei, che aveva letto tutto quello che c'era da leggere sui draghi, da cui scaturiscono le fiamme .
"Non uccidermi, ti scongiuro." riuscì solo a mormorare, mentre fissava le iridi rosate della creatura. Il drago aveva due piccole corna sulla sommità del capo, e quattro zampe, esattamente come aveva letto nei suoi libri. Sei, considerando le ali. L'essere spalancó le fauci, a quel punto, e Roswehn si preparó a morire. Come sarebbe stato farsi uccidere da un drago? Immaginó la sua carne strappata a brandelli, un intensissimo dolore e poi il buio. Addio a tutti: a te mamma, a te papà, che non mi hai voluto nemmeno salutare quando son partita, a te Edith, e alla tua linguaccia. Addio, amore mio, che invano mi aspetterai a Boscoverde seduto sul tuo trono. E addio creaturina dentro di me, maschio o femmina che sei, spedito nell'antro di Mandos prima ancora che mi sia concesso di vederti.

Il drago giró il muso verso un'altra parte e sputó un lunghissimo fiotto d'acqua, che subitó si dissolse, trasformandosi in una nube di nevischio. "Gli sputafuoco sono finiti. Siamo rimasti solo noi, ormai." Un drago del ghiaccio, pensò lei, che sentí crescere una timida speranza nel cuore. Erano molto meno aggressivi dei Serpenti del Nord, e molto più curiosi. Vivevano in zone solitarie, lontano dalla vita brulicante di Arda, e forse per questa solitudine, quelle rare volte in cui si imbattevano in un incauto viaggiatore che si trovava a passare per il loro territorio, lo catturavano e lo tormentavano con infinite domande. Uomo, Nano, Elfo o Orco che fosse. Poi, soddisfatti o meno dalle risposte, lo cacciavano via. Più spesso, lo facevano precipitare nei burroni attorno ai quali vivevano.
"Tremi, vedo. È solo il freddo? O ti faccio paura?" iniziò subito a domandare il drago. Roswehn doveva cercare il modo di annoiarlo: se il drago non l'avesse trovata interessante, forse c'era qualche possibilità che l'avrebbe lasciata andare.
"Ho conosciuto un altro della tua specie, prima di te. Uno sputafuoco. Smaug era il suo nome. Sono sopravvissuta per miracolo al suo inferno." si azzardó lei a dire. "Perciò sí, ho paura."
"Smaug!" ringhiò la bestia. "Vagamente offensivo definirlo della mia specie. Un selvaggio e avido assassino, ecco cos'era. Non commettere l'errore di considerare tutti noi allo stesso modo." L'essere guardò il sentiero che Roswehn stava percorrendo. "Questa via è pericolosa per una femmina della tua razza. Dove vai cosí sola?" indagò. "Sto andando a Gran Burrone." rispose lei, secca.
"E cosa c'é a Gran Burrone?" chiese il drago.
"Un grande burrone." rispose Roswehn, intenzionata a non rivelare nulla che potesse stuzzicare la curiosità della creatura.
"Ha! Vedo che hai familiarità con la mia specie. Credi che provare a prendermi in giro ti salverà?" chiese allora l'essere, alzando la testa come impermalosito. "Mi chiedo perché una donna indifesa sia giunta qui, e perché stia rischiando la sua vita, e quella piccola vita dentro di lei..." le disse, portando il muso appuntito all'altezza del suo ventre. "E a proposito... è un maschio."
Roswehn si sentì attraversata da un'emozione fortissima. Come aveva capito che era incinta? Che stupida. Era un Drago: come gli Elfi, anch'essi avevano poteri psichici. Quelli del ghiaccio, particolarmente. Un maschio.
Un piccolo principe, sissignori. Mi sa che dovrai fare i conti con un fratellastro, Legolas, pensò lei.
"Ma questa vita che sta crescendo in te ha qualche cosa di strano, lo avverto... non è figlio di un uomo, vero?" chiese il drago immacolato.
"No." rispose lei. "No. Suo padre è un Elfo."
"Un Elfo," ripetè il drago, mentre Roswehn cominciava a sentirsi ipnotizzata dai suoi occhi rossi. "E come c'é riuscito, un Elfo?" Roswehn tentó di rimanere fredda, almeno quanto la temperatura di quel luogo.
"Questi non sono affari che ti riguardino."
"E ora vai da quelli di Rivendell in cerca di consiglio?" Il drago continuava imperterrito con la sua inquisitoria, mentre Roswehn sbirciava attorno a lei per cercare una potenziale via di fuga. Che non c'era. "O forse, sei venuta qui in cerca di una soluzione." chiese la creatura. La donna non capì.
"Quale soluzione?"
"Faccio io le domande, umana." le sibiló il drago, digrignando i denti. "E credi forse di essere la prima? Credi che io non sappia cosa volete voi mortali, quando vi addentrate nei nostri territori?" Spiegó le enormi ali bianche e si alzó nell'aria. Alla ragazza sembró di essere travolta da una folata di vento improvvisa, si attaccó a una sporgenza per non perdere l'equilibrio. "Vuoi il mio sangue!" gridó la creatura, allontanandosi da lei in volo. Inizió a compiere grotteschi cerchi nell'aria. "Vuoi l'immortalità!" Roswehn osservava il drago librarsi e si ricordó allora dell'antichissima leggenda sul sangue di drago che dava la vita eterna a chi si azzardava a berlo. E anche, che un serpente alato poteva scegliere di donare metà del suo cuore a un'altra creatura, alla quale sarebbe rimasto legato da un vincolo perenne di amicizia e amore. Decise di non mettere alla prova quella leggenda.
"Voglio solo... ti chiedo solo... ti lasciarmi andare. E di lasciarmi viva!" implorò lei, urlando alla creatura in volo. "Non voglio niente da te."
"Lasciarti viva?" rispose il drago, torcendo il collo per guardarla. "Perché tu vada da Elrond e gli dica che uno di noi vive fra queste montagne? Perché mandi una sua legione qui con l'intento di stanarmi e uccidermi, e impossessarsi dei miei tesori?"
I tesori dei draghi consistevano in piccole pietre preziose, che quelle bestie usavano mettersi sotto le scaglie per rendere ancora più impenetrabile e dura la loro corazza. Smaug era entrato di prepotenza ad Erebor anche per quello, la moltitudine di pietre che Thror custodiva era stata un richiamo formidabile. Roswehn immaginó che la grande grotta che aveva visto qualche attimo prima fosse la tana di quel draghetto, ed era presumibile che fosse colma di gemme di ogni sorta. Se re Dàin Piediferro lo avesse saputo, avrebbe trascinato tutte le sue armate naniche fin lì, e in un baleno, per far razzía.
"No! Te lo prometto. Non diró che sei qui...a nessuno!" gridó di nuovo Roswehn."Facciamo un patto: se mi lasci andare, ti porteró dei diamanti! Vengo dal reame di Dale, abbiamo quintali di diamanti nella tesoreria." Provó a contrattare la sua vita. Aveva buona abilità nei mercanteggi. Almeno, con Thranduil le era riuscito. "Io mi chiamo Roswehn Monrose, te lo giuro sul mio nome." Il drago si abbassó in volo verso di lei, e si attaccó a una delle pareti, proprio come un pipistrello.
"Diamanti, ne ho fin troppi. Nome? Non ho alcun nome su cui io possa giurare. Ho invece una proposta per te, umana, su cui tu potrai riflettere: rispondi alle mie domande, e se ciò che dici mi soddisferà, ti lasceró andare. In caso contrario..." si levó di nuovo nell'aria "...potrai riunirti al tuo cavallo, laggiù, e tu e il tuo elfetto cavalcherete di nuovo insieme verso la vita eterna."
Ma perché ogni volta che mi metto in cammino per Rivendell mi capita sempre qualche grana della malora? si chiese la donna. Poi alzó lo sguardo verso il drago. "E va bene, accetto. Ma se avró la meglio, e mi lascerai andare, ti daró io un nome. E te lo terrai fino alla fine dei tuoi giorni." gli propose.
"Affare fatto." accettó il drago. "Allora, mortale ... prima domanda..."
   
 
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