Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: Bellatrixdulac    10/09/2018    0 recensioni
Dopo un anno ricco di cambiamenti per i ragazzi del Campo Mezzosangue Alexander, Cassandra e tutti i semidei del Campo dovranno affrontare una nuova sfida: collaborare con il Campo Giove. Nuovi amici e nemici faranno il loro ingresso nell'apparente lotta contro i nemici degli dei in un'avventura che porterà Alexander e Cassandra a chiedersi quali di loro siano veramente dalla loro parte.
!Secondo capitolo della serie "Cassandra & Alexander e gli dei dell'Olimpo" Potete trovare la prima storia della serie sul mio profilo!
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hazel Levesque, Jason Grace, Luke Castellan, Nuova generazione di Semidei, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Cassandra & Alexander e gli dei dell'Olimpo'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Appoggio le chiavi sul tavolino della sala e lancio lo zaino sul divano. Mi siedo con la schiena contro la poltrona e controllo i messaggi del gruppo WhatsApp della mia classe.
Domani ci sarà il primo incontro di calcio del torneo, nessuno ha capito la lezione di Inglese, ma domani portiamo storia o geografia? Perché devono darci lezione per l’ultimo giorno… le solite cavolate.
Non so perché, ma a me le solite cavolate piacciono. Mi sembra come se qualcuno me le avesse strappate via qualche tempo fa e ora me le avesse ridate indietro. Cosa assurda, visto che sono un normale studente quattordicenne che, finalmente, può frequentare il liceo.
-È pronto il pranzo, tesoro! - grida mia madre dalla cucina.
Mia madre ama cucinare, peccato che i piatti che cucina siano troppo sofisticati per me. Li mangio solo per farla contenta.
I sentimenti che provo verso mia madre sono molto contrastanti, comunque. Mi ricordo che fino ad un anno fa non facevamo altro che litigare, discutere anche sulle cose più futili, poi, a metà dell’estate scorsa, niente. So che lei era a casa con me, ma si è comportata come un’ombra per tutto questo tempo. Certo, andava ai colloqui con gli insegnanti, ma quando tornava a casa non urlava come ha fatto dalla prima elementare (io me la cavo quasi sempre con la media del sei, a volte strappo dei sette, tipo a ginnastica…), mi ripuliva la stanza, ma non dava di matto se vedeva i miei panni per terra… ma da due settimane sembra la madre perfetta. Mi vuole bene, non mi sgrida mai, mi riempie di regali e complimenti. Non capisco ancora la sua evoluzione, ma mi piace.
E poi la sento come “le solite cavolate”. Come se me l’avessero strappata via e ora, finalmente, l’avessi di nuovo.
Ho quasi guadagnato la cucina quando inciampo sul mio gatto.
–Chan!- esclamo io.
Il mio gatto si chiama Chan, tipico nome cinese, sì. Io non sono cinese. Sono il massimo dell’americano. La mia carnagione è pallida, anche se non sembra malata, solo simile a un norvegese o qualcuno del nord, ho i capelli marroni chiari, color del cioccolato al latte, costantemente pieni di nodi anche dopo averli pettinati. Gli occhi sono particolari. Neri. Profondamente neri. Mi ricordo che quando ero piccolo inquietavo i miei compagni di classe con il mio sguardo, ora non più. Forse perché ho imparato a nasconderli con un sorriso convincente.
Comunque il mio gatto lo abbiamo chiamato Chan perché, secondo mia madre, somiglia ad uno di quei gatti cinesi che ti salutano con la zampa. Dicono che portino fortuna, ma per ora il mio gatto ha solo cercato di farmi rompere l’osso del collo.
Chan si avvicina e mi lecca la mano, come per scusarsi.
–Sì, certo. Sei pentito, come no…-borbotto io alzandomi.
Lo abbiamo comprato solo la settimana scorsa, ma sembra già essersi affezionato a me e alla mamma.
Mia madre ha i miei stessi capelli ma ha la carnagione un po’ più scura e anche i suoi occhi sono diversi, marroni.
Mi metto seduto di fronte a lei poggiando l’IPhone ultimo modello, nuovo fiammante (mia madre lo ha comprato due giorni fa come premio per non essere ancora matematicamente rimandato), accanto al piatto e infilo la forchetta in quello che sembra pesce contornato da cibo strano, un qualche specie di cibo verde.
Saluto la mamma velocemente e mi volto verso la TV.
–Puoi togliere questo film?- sbotto –Lo sai che gli horror non li sopporto-
È vero. Odio i film di paura. Non sopporto la vista dei fantasmi, non so perché. Mi inorridisce pensare che delle persone morte possano tornare dal regno dei morti solo per perseguitare dei poveri sfortunati. E che non si possa fare niente per impedirlo. Per me c’è sempre un modo per impedire qualcosa, non credo nel destino. Tipo: domani c’è il compito di matematica e io non ho studiato, bene, scaldo il termometro affinché mia madre non mi mandi a scuola. Be’, poi mia madre mi mette una mano sulla fronte e sente che sono più freddo del ghiaccio e mi toglie il cellulare per una settimana, ma quella è sfiga, non destino.
-Come vuoi-sospira mia madre, mettendo sul telegiornale.
-Continuano le proteste dei lavoratori della fabbrica di auto di…- mia madre, chiaramente disinteressata agli operai di auto, interrompe la voce della reporter.
-Com’è andata oggi?-chiede.
-Bene-addento un altro po’ di pesce. Magari non gradisco il cibo complicato, ma quando hai tolto il contorno il pesce è solo pesce, e io, come al solito, ho un sacco di fame –La prof di inglese ci ha riempito di compiti anche oggi…-
-Ma domani è l’ultimo giorno, non può!- esclama indignata mia madre.
Io annuisco con foga –Già! Quello che sostenevo anche io! E poi, oggi mi dovevo incontrare con Phi…-
Mia madre annuisce comprensiva –Capisco. Tu vai da Phi e non fare i compiti che con la professoressa, se mai, ci parlo io-
E vai! Mi piace proprio questa nuova mamma.
-Ultime notizie- dice la voce della giornalista e io e mia mamma ci giriamo a guardarla –Sembra che sia stato appena ritrovato il relitto della Principessa Andromeda II. La nave, come ricorderete, è naufragata appena un anno fa per motivi ancora incerti. Si troverebbe appena al largo delle coste di Manhattan, vicino a Liberty Island-
Sento un brivido salirmi sulla schiena. L’estate scorsa New York è stata colpita da due incredibili sciagure. Quindici giorni prima era affondata una nave da crociera, portando a fondo con sé quattromila passeggeri più equipaggio. Il relitto della Principessa Andromeda II non era ancora stato trovato, fino ad oggi.
La compagnia che era proprietaria della nave ha annunciato che non battezzerà più alcuna imbarcazione con il nome della fortunata principessa greca, visto che, la prima nave a portare quel nome, era scomparsa per mesi per poi essere trovata affondata anni dopo. Proprio come la seconda.
Dopo il naufragio della nave una cellula terroristica aveva fatto esplodere il simbolo dell’America nel mondo, la Statua della Libertà. Fortunatamente non vi erano molti turisti nel monumento quel giorno e, alla fine, sono stati ritrovati solo tre corpi carbonizzati, forse quelli degli stessi attentatori.
-Poverini-scuote la testa mia madre –Deve essere terribile morire in un naufragio-
Io non trovo le parole per risponderle. A volte sogno di trovarmi su una nave che affonda, un mostro marino che attacca lo scafo e lo distrugge. Un uomo dai capelli neri e la pelle chiara come quella del mostro degli abissi (che credo essere io stesso, visto che abbiamo gli stesso occhi) mi indica ad un secondo uomo.
Il mostro mi afferra e mi trascina sotto l’acqua. Attorno a me sento la nave esplodere e i detriti spargersi per l’oceano, mentre i polmoni mi bruciano sempre di più, fino a quando non riesco più a trattenere il respiro e, involontariamente, il mio naso ispira, la mia bocca si apre, come per accogliere nei polmoni aria per riempire il mondo, ma entra solo acqua. Io la vorrei tossire, quel liquido salato che mi brucia la gola e il petto, che mi riempie la trachea e che mi soffoca, ma non ci riesco, ne entra solo altra, fino a quando non mi sento schiacciare anche dalla pressione, le mie gambe smettono di scalciare, le mie mani di cercare di graffiare il tentacolo e il buio dei fondali marini cattura anche me.
-Terribile- convengo io –Deve essere una delle morti peggiori-
Mia madre si volta e sorride debolmente –E adesso il dolce! Mi sembrava che ti piacesse la crema catalana, no?-
Io annuisco, cercando di cacciare le immagini della nave che affonda.
--
Mi sbottono il giacchetto leggero e lo infilo sotto il braccio. Oggi è veramente troppo caldo per tenerlo addosso, anche qui a Seattle.
Ci siamo dati appuntamento a Seattle Park e non è difficile individuare Phi. È un ragazzino magro e basso, avvolto in un giacchetto scuro, troppo pesante per questo clima. Si asciuga il naso con un fazzoletto e poi lo sventola in alto per farsi vedere.
-Ciao- mi saluta, io rispondo con un cenno del capo e un sorriso.
-Secondo me dovresti farti vedere da un medico, da quanto è che va avanti…-chiedo io indicando il naso rosso e gocciolante.
Lui starnutisce tanto forte che gli occhiali scuri quasi non gli cadono dal naso. Se li sistema e passa il fazzoletto sul viso per raccogliere il muco –Quattordici anni? Giorno più giorno meno?- sorride da dietro la carta bianca, che a forza di essere strofinata è diventata ruvida e credo che gli stia irritando il naso.
Comunque ha ragione, e io lo so per certo perché noi due siamo amici dai tempi delle scuole elementari, compagi di banco fin dal primo giorno. Sempre stati in classe insieme.
Si porta i capelli neri indietro con una mano, sono corti e decisamente meno ribelli dei miei, ma gli ricadono comunque dentro agli occhiali. Anche gli occhi sono scuri come i capelli, ma non neri come i mei. I suoi sembrano a volte marroni, a volte celeste scuro, a volte neri. Se mi ci fisso ci perdo la testa.
-Hai finito tutti i compiti? Ho sentito che gli altri sono ancora alle prese con Re Lear- chiedo io, anche se so già la risposta.
-Certo che sì- dice Phi con fierezza –Quel compito lo avevo già terminato tre giorni fa, ovviamente. Se lo vuoi ne ho una copia anche per te-
Un altro vantaggio di essere il suo migliore amico: non ho mai alzato penna per fare i compiti. Forse è per questo che nelle interrogazioni ho sempre peso insufficienze…credo che ci mediterò sopra.
Scuoto le spalle –Giustifica di mia madre. Credo che mi sia morto il gatto, oppure il dodicesimo nonno…-
Il sorriso di Phi si spegne e anche il mio. La cosa che ci ha legati fin da subito era l’assenza di uno dei genitori. Mio padre è morto quando ero piccolo, o ha abbandonato mia madre prima che nascessi, comunque non ricordo nulla di lui e mia madre non ne parla mai.
Nemmeno Phi ha mai conosciuto sua madre. Suo padre gestisce una libreria e forse è da lui che Phi ha preso l’amore per i libri e il sapere.
Mia madre, invece, lavora nel campo della cucina, ovviamente. Fa la cuoca in un famoso ristorante in centro. Quando doveva lavorare fino a tardi mi lasciva dormire da Phi. Io e lui ci nascondevamo sotto le coperte e leggevamo con una torcia elettrica e facevamo finta di star interpretando un testo antico che ci avrebbe portato ad un tesoro. A me piace pensare che quel tesoro fosse la nostra amicizia. Tranquilli, di solito sono meno profondo.
-Cosa ti va di fare?- chiedo io.
-Io devo andare a prendere il lucido per le selle- dice Phi.
-Philip Stevens- sbuffo io –Quanto deve andare avanti anche questa storia?-
Phi, in realtà, si chiama Philip. Fino alla seconda elementare lo chiamavo con il suo nome completo, come tutti, oppure Phil o Pip, ma quell’anno, a matematica, studiammo la sezione aurea. Lui era l’unico ragazzo di seconda elementare (e forse del mondo intero) a sapere che la lettera greca Phi si usava per indicare la sezione aurea. Da quel momento non ho ancora scoperto cosa diavolo sia la sezione aurea, ma ho rifilato questo soprannome al mio amico, ormai il suo nome o i soprannomi comuni per Philip non li usa più nessuno per lui, salvo gli insegnanti, e anche loro molto raramente.
-Al…-mormora lui implorante.
Phi ama i cavalli. Da sempre. Il suo sogno è quello di diventare un fantino. Peccato che suo padre, con il misero guadagno che ricava dalla libreria, non si può permettere delle lezioni di equitazione e tanto meno comprargli un cavallo. Ma lui non può fare a meno di andare al maneggio due o tre volte alla settimana e guardare gli altri che cavalcano, accarezzare dei cavalli.
Una nostra amica, Amanda Stefford, è la figlia del proprietario. In realtà non era nostra amica prima che iniziassimo a frequentare il maneggio e ci vediamo solo là o nei corridoi della scuola. Io la trovo un tantino snob, ma aiuta Phi. Gli ha anche fatto cavalcare un cavallo una volta.
Dovuta spiegazione. Ora vi starete chiedendo come la figlia di una campione di equitazione, il figlio di una chef di un ristornate a cinque stelle e…Phi possano frequentare la stessa scuola.
Io frequento una scuola come quella solo grazie alle amicizie che mia madre ha stretto a lavoro e, in ogni caso, la mia famiglia non se la passa male come soldi, non abbiamo una villa con campo da golf, ma abbiamo un appartamento con due stanze per gli ospiti e un enorme giardino sul retro.
Phi no. Suo padre arranca per pagare le bollette, una cosa che mi ha sempre fatto stare male. Quelli come Phi vanno alla scuola pubblica, si diplomano, al massimo, e poi vanno a lavorare. Per fortuna, o sfortuna, Phi è un genio. Ha vinto un sacco di borse di studio ed è arrivato in questa scuola di super snob solo grazie alla forza del proprio cervello e delle proprie capacità. Molti a scuola lo prendono in giro per questo, io invece lo rispetto. Credo che sia una delle persone più perseveranti che abbia mai conosciuto, anche se a vederlo così sembrerebbe insicuro e chiuso. Be’, lui è insicuro e chiuso. E a guardarlo così gli darei anche dodici anni, a essere gentili. Ma un libro non si giudica solo dalla copertina, e nel caso di Phi è un paragone particolarmente calzante.
-Andiamo- capitolo io.
Ci incamminiamo verso il negozio di animali più fornito di tutto il nord America, a parer mio. O forse sono solo io a non essere un esperto di animali e negozi dedicati, visto che prima di Chan non avevo nemmeno un pesce rosso.
Per forza, gli animali mi odiano. Soprattutto i cavalli, Amanda dice che sono una sciagura per gli affari di suo padre.
Apriamo la porta facendo suonare il campanello. Dentro fa più fresco che fuori, visto che il proprietario tiene accesa l’aria condizionata.
Phi starnutisce ancora e questa volta gli occhiali gli cadono a terra –Uffa…sono praticamente ceco senza occhiali…-mormora infastidito.
Mi chino e li raccolgo porgendoglieli, quando mi volto vedo un gatto arancione quasi d’orato sulla porta.
Mi avvicino cautamente –Chan? Che ci fai qui?- che stupido, parlo con un gatto! Comunque sembra proprio lui. Ha la stessa macchia sulla coda e, ora che mi avvicino per guardarlo meglio, vedo anche la sua targhetta.
-Quello non è il tuo gatto- dice la voce di una donna. Mi volto.
È solo la padrona del negozio, con il suo immancabile cagnolino nella borsa.
-Però sembrerebbe- interviene Phi –Ha anche la targhetta con scritto Chan-
-Forse dovrei chiamare mia madre e chiederle se vede il gatto in casa…- propongo.
La padrona del negozio ride –Non ho detto che non sia il gatto che tieni in casa- è grassa ed è vestita con una tuta tempestata di perle sgargianti in vetro colorato–Dico che quello non è un gatto-
Io rido e anche Phi –Coda, baffi, pelo…tutto direbbe il contrario- dice il mio amico.
La donna sogghigna –Io non credo, piccoli eroi-
-Eroi? Siamo solo venuti a comprare del lucido per selle- dico confuso, indietreggiando verso l’uscita.
-Ha ragione, io non sono un gatto e non mi chiamo Chan- dice la voce di un uomo alle mie spalle.
Sobbalzo. Avrà circa trent’anni, di origini asiatiche. Incocca una freccia in un arco e lo punta verso la donna.
-Che fai, Chan?- esclamo, troppo confuso per dire altro.
La donna ride e il suo corpo inizia a deformarsi.
-Non è una donna- spiega Chan.
-E ora vorrai dirmi che anche il cane non è un cane- ride Phi, anche se guarda terrorizzato la donna.
-No, il cane non è affatto un cane- conviene Chan –Spero che ne abbiate sentito parlare, il cane si chiama Chimera-




Angolo Autrice:
Ciao a tutti! Ho pubblicato la prima parte di questa serie più di un anno fa e sinceramente non credo che i lettori di quella storia siano ancora su EFP o nel fandom di Percy Jackson. Detto questo, ci tenevo comunque a concludere questa serie anche sono per mettere un punto ad una storia che mi ha tenuto compagnia per più di cinque anni. Se siete interessati a leggere questa storia, comunque, vi consiglio di passare dal mio account e dare un'occhiata alla precedente, dal momento che si tratta di una "Nuova generazione" e i protagonisti sono, ovviamente, gli OC che hanno portato avanti la parte precedente. Grazie per aver aperto questo capitolo e, se volete, lasciate una recensione!
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: Bellatrixdulac