★ Questa storia partecipa al
“Back to Office” organizzato da Fanwriter.it!
★ Prompt: 1. “Non
voglio tornare al lavoro.”
★ Parole: 761
“Non
voglio...” borbottò.
“Non voglio...” - le
labbra si aprirono pigramente a ogni parola. - “tornare a
lavoro.” Scivolarono come seta sulla morbida carne.
Erano calde. Capricciose. Provocavano il
solletico. Forse era dovuto a quel lungo, lento e delicato formicolio
che carezzava la pelle. La coccolava come un gatto viziato. Nel
torpore, la desiderava. La bramava. E quel gatto si stava mordendo il
labbro - perché sapeva che se ne sarebbe pentita.
“Devi.”
Una risposta dal tono smorzato, un
po’ doloroso. Si sciolse in singole lettere.
Diventò mugolio. Un delizioso concerto che affondava le sue
radici nelle dita che giocherellavano col suo ombelico. E scendevano
sempre più in basso, infilandosi tra le gambe.
“Oh, quanto ti detesto quando fai così,
Yayoi!”
Scalciò, letteralmente.
Scalciò via quel dolce brivido e, a malavoglia, prese in
mano la situazione. La forza non le mancava. Le prese la mano, gliela
bloccò sopra la testa e la rigirò a forza, tra
risatine e deboli lamentele. Si rotolarono come un’onda,
immerse nelle lenzuola azzurre.
“Basta,
Sanae!” Lasciò un bacio sulla clavicola e
salì. Salì fino a far morire dalle risate la
partner. “Ho detto bast-ahaha!”
“E io ti ho detto che
devi...” il suo dito bacchettava severo sopra la sua testa.
“Andare...” puntò al naso
“a...” e iniziò a picchiettare
“la-vo-ro!”
Un attimo di silenzio. La sua leggera
punizione non servì quasi a nulla.
Sospirò. In un balzo, Sanae
scese dal letto. Abbandonò Yayoi sul bordo del materasso, a
osservare il mondo alla rovescia. Tanto valeva lasciarla lì,
a guardarla sgattaiolare via. Forse avrebbe smesso di ridere.
“Ma dove vai?!”
“A prepararti dei
panini!” strillò, saltellando da un piede
all’altro. Stava cercando di rimettersi addosso almeno le
mutande. Di certo, la partner non si lamentava dello spettacolo.
“Oh sì!
Grazie!” esultò Yayoi.
Si stiracchiò e
rotolò giù dal letto. Un nido in testa, un manto
celeste l’avvolgeva dalla testa ai piedi - uno scenario
mattiniero al tramonto era diventata la normalità.
Ignorò quel riflesso sciatto.
Raccattò il suo intimo.
Pettinò i capelli. Controllò il viso: non le
mancavano le occhiaie e gli occhi erano leggermente arrossati. Forse
passare le sue ore libere a fare ‘attività
fisiche’ con la compagna non era stata la migliore delle
idee. Un velo di trucco da stendere con una baraonda in sottofondo.
“Sicura di star preparando
solo dei panini?”
“... Tanto ci metti trequarti
d’ora a preparti!”
“Orgogliosa.”
“Guarda che ti ho sentita...
Lumaca!”
Sbuffò. Fece scorrere
l’anta della sua metà dell’armadio. Il
suo piede dondolava, oltrepassando più e più
volte un limite pericoloso. Doveva solo scegliere la maglietta per la
serata. La scelta più difficile. L’unico
abbinamento che in dieci ore non l’avrebbe fatta diventare di
nuovo quel riflesso stanco e bistrattato. Non che l’abito
avesse molta importanza; il suo lavoro lo faceva con una divisa bianca
e delle scarpe orribili, ma terribilmente comode, addosso.
Finalmente volteggiò fuori
dalla stanza. Sgranò gli occhi. Un delizioso bento e dei
panini la stavano aspettando sul tavolo.
“Perché mi guardi
in quel modo?” le chiese Sanae, sorseggiando un po’
di tè.
“Ti adoro!”
Le stampò un bacio sulla
guancia, mentre sgraffignò un panino. Lo mangiò
al volo, mentre riorganizzava la borsa per farci entrare la sua cena -
o colazione.
“Tsubasa aveva ragione: beata
chi ti sposa!” decretò appena finito di mangiare.
“È assurdo che tu
sia così carina pure quando ti ingozzi.” - Sanae
le pulì le due briciole rimaste all’angolo della
bocca. “Ma sappi che tra noi due, sei tu quella che sa come
salvare qualcuno dal soffocamento, non io.”
“Forse saresti più
fortunata ad avere un vero dottore in casa...”
“Sì, ma le
infermiere sono più sexy.”
Le due rimasero a guardarsi in silenzio.
Sui loro volti comparvero dei sorrisi amari. Nessun tipo di battuta
poteva sdramattizare la loro situazione. Sanae si dondolò
sullo sgabello. Rigirò la tazza.
“Quando glielo
diremo?”
“Aspettiamo ancora un
po’, eh?”
Avevano buttato via anni di relazioni
sicure, per vivere felici. Insieme.
“Vai a
lavoro.”
Yayoi le sorrise. Deliziosamente
delicata; le lasciò un ultimo bacio prima di scappare in
ospedale.
“Buonanotte, tesoro.”
N.A.:
Quiiiindi... questa minuscolezza demente è il mio piccolo
contributo al Back to Office organizzato da fanwriter.it! Yeeeey! Danno
sempre prompt bellissimi ♥ E la Sanae/Yayoi è una
mia piccola guilty pleasure.