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Autore: Ksyl    11/09/2018    1 recensioni
Dopo gli spari della 8x22
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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11.

"Che cosa ci fai ancora qui? Tuo padre ti ha ordinato di metterti a letto".
Se ne erano andati tutti, finalmente. Non si era sentita nemmeno un po' colpevole quando aveva chiuso la porta con sollievo, dopo il lungo commiato fatto di raccomandazioni, reiterate congratulazioni e offerte di aiuto, per qualsiasi cosa avesse bisogno.
Aveva solo bisogno che se ne andassero.

Il silenzio e la solitudine erano scesi come un balsamo sull'intera casa.
Castle si era dato da fare per ripristinare una parvenza di ordine, raccogliendo piatti, bicchieri e pezzi di carta da regalo colorata finita in qualche angolo, senza accorgersi che lei si era acciambellata sul divano, la testa abbandonata contro i cuscini, nel primo momento di relax che si era potuta concedere. Kate aveva pigramente assistito al suo indaffarato andirivieni, così assorto nei suoi pensieri da non far caso a lei. Fino a quando si era imbattuto nei suoi occhi che lo osservavano attenti.

"Ha detto che dovevo riposarmi, non che dovessi stare a letto. Mio padre non direbbe mai la parola lettodavanti a te, soprattutto dopo lo spettacolo di Martha".
Castle fece una smorfia di esagerata esasperazione al ricordo delle ultime intemperanze materne, mentre prendeva posto accanto a lei, sospirando di fatica e sfinimento.
Gli diede dei piccoli colpetti affettuosi sulla gamba. "Sei stanco anche tu". Non era una domanda, solo una constatazione dovuta al volto scavato e agli occhi arrossati; forse sfregandoseli aveva rotto qualche capillare.
Gli fece appoggiare la testa sulla propria spalla. Tra i due era lei quella con qualche riserva di energia ancora intatta, visto che lui si era occupato di lei, della casa e degli ospiti, senza concedersi un istante di tregua fin dal mattino. Giocherellò con i peli corti sulla nuca, passando le dita lievi sull'attaccatura dei capelli, per poi scendere leggera a sfiorargli il collo e facendogli il solletico.
Castle mugolò di piacere. "Potrei addormentarmi da un momento all'altro", ammise.
Kate scoppiò a ridere. "Sei tu che hai bisogno di un letto. Non io".
Non giunse nessun commento. Forse si era già arreso al sonno.
Kate allungò l'altro braccio, quello libero, per raggiungere la coperta che doveva essere appoggiata da qualche parte alle sue spalle, attenta a non muoversi troppo, per non disturbarlo. Castle sussultò e spalancò gli occhi. Non era stata abbastanza delicata. E lui si era addormentato sul serio nel giro di qualche secondo.
"Che cosa stai facendo?", le domandò confuso.
"Ci sto preparando il giaciglio per la notte", gli spiegò con voce paziente, drappeggiando la coperta intorno ai loro corpi allacciati.
"Non possiamo dormire qui. Non è nemmeno sera".
Kate si fermò con il braccio a mezz'aria.
"Stavi per mandarmi a letto cinque minuti fa!".
"Perché sei tu che hai bisogno di stenderti. Io devo occuparmi di te. Prepararti la cena...".
Gli prese il volto tra le mani. "E chi si occuperà di te, Rick?".
Castle gliele staccò e se le tenne in grembo. Significava che avrebbe messo in atto qualche gesto diversivo per distogliere l'attenzione dalle sue necessità.
Baciò un palmo e poi l'altro, prima di guardarla negli occhi. "A me basta che tu sia a casa".
Il tono con cui glielo confessò, così poco controllato, le fece intravedere barlumi della tristezza, forse perfino disperazione, che doveva aver provato ogni giorno passato lontano da lei, preoccupato per le sue condizioni.
Provò un moto di amore e pena così totalizzante da rischiare di sommergerla.
"Perché non abbandoni le tue incombenze casalinghe e vieni di là con me? Alla cena penseremo più tardi. Oppure possiamo ordinare qualcosa".
Si morse subito la lingua, quando si rese conto che quel dialogo era orribilmente simile a quello che si erano scambiati proprio lì, appena prima che la tragedia si abbattesse su di loro. Sperò che lui fosse troppo stanco per notare la similitudine agghiacciante, ma sapeva che era una vana speranza.
Castle accettò senza aggiungere una parola, alzandosi per seguirla, il volto scuro come il cielo appena prima di un temporale.

Decise di farsi una doccia per togliersi i segni del soggiorno ospedaliero, prima di concedersi l'estremo lusso di stendersi tra lenzuola morbide, così diverse da quelle rigide perché lavate e disinfettate troppe volte, a cui era stata suo malgrado costretta ad abituarsi. Lenzuola che aveva scelto lei stessa, insieme a molti altri oggetti familiari che la circondavano.
Non si era mai resa conto quanto le fosse mancata la sua casa. Soffermarsi su quei pensieri avrebbe reso la permanenza altrove ancora meno sopportabile.
Castle insistette per accompagnarla, ma non si offrì di entrare con lei, come avrebbe fatto fino a qualche tempo prima. Anzi, non glielo avrebbe proposto, avrebbe fatto irruzione e basta, senza dar retta alle sue proteste. Rimase a fare la guardia al di là del vetro appannato, seduto su uno sgabello basso che aveva scovato chissà dove e che doveva essere molto scomodo. Kate preferì non commentare la sua scelta. Era necessario che Castle diminuisse il livello di allarme per la sua incolumità fisica, ma non era il caso di iniziare una lunga discussione in un momento in cui erano entrambi stravolti. Si godette la doccia bollente, limitandosi a chiacchierare del più e del meno, per quanto fosse possibile con il rumore dello scroscio dell'acqua a rendere difficoltosa la comunicazione.

Stendersi sul proprio letto fu un'esperienza voluttuosa, Kate si lasciò sfuggire un gemito soddisfatto. Non ricordava che il suo corpo fosse mai stato accolto da qualcosa di altrettanto comodo e avvolgente. Allargò gambe e braccia per coprire più spazio possibile.
Scivolò presto in uno stato di tale beatitudine da impedirle di attendere sveglia che Castle la raggiungesse. Si ripromise di chiudere gli occhi solo cinque minuti, ma di sforzarsi di rimanere vigile. Si addormentò prima ancora di abbassare le palpebre.
Si svegliò quando sentì le labbra di Castle tempestarle il viso di baci leggeri.
"Dovrei lasciarti dormire", si rammaricò, senza mostrarsi troppo pentito. "Ma non riesco a farlo".
"Sì, dovresti, ma non smettere", mormorò affondando il viso contro il suo collo, aspirando il profumo del sapone misto all'inconfondibile nota personale, che avrebbe riconosciuto ovunque.
Tirò le coperte sopra le loro teste, avvinghiandosi intorno al suo corpo come un rampicante bisognoso di luce e nutrimento.
Erano ridicoli e stucchevoli, ma avevano ogni diritto di esserlo. Certe cose passano in secondo piano, quando si è vista la morte in faccia.

Voleva rimanere così per sempre. Sotto le coperte con Castle, senza nessuno intorno e senza nessuna vita da vivere, al di fuori di loro due. Aveva già tutto quello che voleva, si trattava solo di convincere suo marito, che avrebbe cominciato a insistere perché si dedicasse a qualche attività salutare, che lei non aveva voglia di intraprendere.
Forse doveva provare con un colpo in testa e farlo passare per legittima difesa.
"Kate".
Lo sapeva che non sarebbe riuscito a resistere per più di qualche minuto nel riparo buio e sicuro che aveva costruito per loro, il corpo dell'altro come mera estensione del proprio. Avrebbe usato la scusa che non c'era abbastanza ossigeno lì sotto.
"Non riesco a respirare". Proprio come aveva previsto.
"Ti stai solo fissando. Concentrati sulla tua mente".
Lo sentì ridere da qualche parte contro la sua pelle, il respiro caldo a farle venire qualche piccolo brivido.
Sprofondò ancora di più nel caldo asfissiante del loro abbraccio.
"Posso tirar fuori la testa per qualche minuto?", le mormorò a bassa voce all'orecchio. Gli chiuse le labbra con un lungo bacio lento, forse così avrebbe smesso finalmente di essere tanto fastidioso. Non si tirò indietro, ma non mollò la presa.
"Non possiamo rimanere qui sotto per sempre".
Era diventato la voce della ragione, in sua assenza?
"Possiamo, invece", replicò testarda. Stava iniziando a soffocare anche lei.
Castle mosse il lenzuolo, lasciando entrare un po' di aria fresca e la luce. L'incanto si stava già rompendo. "Che cosa ne pensi di andarcene da qui?". E fu così che lo ruppe del tutto.

   
 
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