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Autore: Lamy_    15/09/2018    0 recensioni
Nathaniel Hawthorne ha sostenuto che “il passato giace sul presente come il corpo morto di un gigante”, e Theo è ben consapevole del peso. Aranel era convinta che potessero ricominciare daccapo insieme ma i demoni del passato non si assopiscono mai, anzi si dimenano fino a liberarsi dalle catene che li tengono intrappolati negli abissi della coscienza. Quando tutto sembra andare per il verso giusto, quegli stessi demoni tornano in vita affamati di vendetta e pronti a tutto pur di vincere.
Tra vecchie conoscenze, ricordi dimenticati, amori e difficoltà, la vera sfida sarà quella di non abbandonarsi al male.
La luce di Aranel resisterà alle tenebre di Theo ancora una volta?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Theo Raeken
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1. INCONTRI INASPETTATI (E SOSPETTI).
 
-Ogni incontro è portatore di mistero.-
(Silvano Agosti)
 
 
Erano circa le sei del mattino quando Theo, dopo aver trascorso una nottata insonne, decise di lasciare il letto. Al suo fianco, rilassata e addormentata, c’era Aranel, e la coprì meglio prima di chiudersi la porta alle spalle. Erano rientrati dalla luna di miele da circa due settimane e la mancanza del paradisiaco borgo di Vernazza si avvertiva quando gli asettici profili dei grattaceli gettavano ombra sui marciapiedi. La macchina del caffè suonò, si versò il liquido scuro nella tazza e si diresse in terrazza. Sognava ancora sua sorella Tara negli scenari più svariati: sangue, urla, cuori strappati e unghia che strisciavano. Quando si metteva a letto, fingeva di dormire per non destare preoccupazioni in sua moglie ma sapeva di non poter nascondere la verità ancora per molto. Aveva deciso che glielo avrebbe detto non appena avesse capito di cosa si trattava. Posò la tazza vuota per terra, si tolse i pantaloni del pigiama e si tuffò in piscina nella speranza che una nuotata lo avrebbe aiutato a cambiare idea. Restò seduto sul fondo per circa un’ora, fino a quando attraverso la superficie distorta dell’acqua notò Aranel fissarlo con le mani sui fianchi. Tornò a galla tirandosi i capelli bagnati indietro. Sorrise, come aveva sempre fatto.
“Buongiorno, stellina.”
“Hai intenzione di trasformati in una aragosta? Hai forse scoperto questo altro lato da chimera?”
Aranel quasi si strozzò quando lui uscì dalla piscina e si distese sulla sdraio di fronte alla sua. I raggi del sole delineavano con accuratezza quasi artistica il suo fisico scolpito, i muscoli tonici del petto e dell’addome, e le goccioline d’acqua segnavano il suo corpo come fiumi che solcano il deserto; era uno spettacolo per gli occhi.
“Vuoi una foto e un autografo?”
“Ma che simpatico, Raeken! Stavo solo ammirando mio marito, non ci vedo nulla di male.”
Theo le rivolse un sorriso divertito e le rubò la tazza di mano per bere altro caffè. Storse le labbra per il gusto eccessivamente zuccherino.
“Bleah! Questo caffè è pessimo.”
“Ho bisogno di zuccheri oggi, è una giornata importante!”
Quella mattina Aranel e i candidati al premio Pulitzer avrebbero conosciuto il Presidente della commissione che avrebbe decretato il vincitore e avrebbero, poi, pubblicato i loro lavori perché la commissione li esaminasse.
“Stai tranquilla, sono sicuro che il Presidente apprezzerà il tuo articolo. Inoltre, il fatto che tu sia una scrittrice di successo e una pluripremiata giornalista influisce sulla votazione.”
“Lo spero. Beh, anche per te oggi è una giornata di novità. Avete idea di chi possa essere il nuovo proprietario della palestra?”
Nei mesi precedenti Theo aveva rischiato il licenziamento perché la palestra presso cui era personal trainer aveva dichiarato fallimento dopo che il figlio del proprietario aveva rubato tutti i soldi, ma fortunatamente un imprenditore inglese aveva acquistato lo stabile e il lavoro era salvo.
“Non abbiamo alcun indizio. Non sappiamo neanche se sia una donna o un uomo.”
“Secondo me è un uomo grosso, col triplo mento, la calvizie e cravatte orribili!”
Aranel balzò sulla sdraio quando la voce di Roxy piombò alle loro spalle senza preavviso. Al contrario, suo marito continuava a prendere il sole per nulla sorpreso. Era proprio vero che tra lupi ci si intendeva.
“Potresti bussare, per favore? Sai, è così che fanno le persone normali!”
Roxy fece spallucce ignorandola del tutto e andò in cucina per mangiare la torta che Aranel aveva comprato la sera prima.
“Non arrabbiarti più del dovuto, lo sai com’è fatta.” Le disse Theo, beatamente rilassato.
“Io vado a preparami, e tu non metterti in testa di fare la doccia con me! Resta a fare compagnia alla tua amica!”
“Sei perfida, stellina!”
La risata di Theo innervosì Aranel ancora di più, che si chiuse in bagno senza dar loro retta.
“Certo che stanotte devi aver fatto proprio cilecca altrimenti tutto quel nervosismo non si spiega.”
Roxy si stava ingozzando di torta alle noci mentre alternava un sorso di latte fresco. I suoi lunghi capelli turchesi erano in netto contrasto con gli abiti scuri e il rossetto nero, sembrava una bambola punk. Theo scosse la testa e ridacchiò.
“Io non faccio mai cilecca, amica mia. Offro sempre un servizio eccellente!”
“Farò finta di crederci. Allora, oggi arriva il nuovo boss, eh? Io già lo detesto.”
Theo affondò il dito nella panna e lo portò alla bocca, sperava che un pizzico di dolcezza ammorbidisse i suoi pensieri.
“Come fai a odiare qualcuno che non hai mai conosciuto?”
“Boh, so solo che è così.”
“Ho bisogno di un altro caffè, sì, decisamente.”
Roxy gli diede il piatto vuoto e si incamminò verso la cucina ridendo.
 
Aranel ripose nell’armadio l’ennesima giacca con un sospiro irato. Non sapeva cosa indossare per l’incontro col presidente e, per quanto l’abito non faccia il monaco, voleva rendersi presentabile per fare una bella impressione. Dopo una colazione abbondante, Theo tornò in camera per vestirsi e la vide con la faccia premuta contro il cuscino, ancora in accappatoio.
“Aranel?”
“Mmh.”
“Va tutto bene?”
“No. Io all’incontro non ci vado!”
Sembrava proprio una bambina con quel tono piagnucoloso e imbronciato, così lui le si sedette accanto e le accarezzò i capelli.
“Hai lavorato per un anno intero all’articolo e non puoi abbandonare tutto perché non sai cosa indossare. Non è da te.”
Aranel sollevò la testa e gli lanciò uno sguardo truce, poi si mise seduta e prese un respiro.
“Hai ragione, ma il fatto che il presidente sia stato nominato solo ora mi mette agitazione. Ci tengo davvero a questo progetto e vorrei guadagnare comunque un buon riscontro, a prescindere dalla vittoria o no.”
“Allora direi che serve la mia vasta conoscenza in questioni di moda.”
“Disse quello che indossa sempre jeans e maglie monocolore.”
Theo rise e scosse la testa, quella dona riusciva a incalzarlo sempre. Aprì l’armadio e passò in rassegna i vestiti, afferrò qua e là dei capi e li depose sul letto.
“Che te ne pare?”
Aveva scelto una semplice gonna bordeaux a tubino, una camicetta sbracciata bianca e un paio di sandali neri col tacco. Semplice ed elegante, proprio come lei.
“Vanno benissimo. Grazie.”
Aranel lo abbracciò e cercò di trarre da quel contatto tutto il coraggio necessario per affrontare quella giornata, sorrise quando si sentì baciare sulla fronte.
“Avanti, Aranel Jones, va e conquista il mondo!”
 
“'Cause if you liked it, then you should have put a ring on it. If you liked it, then you should have put a ring on it. Don't be mad once you see that he want it. If you liked it, then you should have put a ring on it. Oh, oh, oh!”
Aranel non ne poteva più di Roxy che cantava, stonando per di più, da quando erano entrati in macchina. Theo aveva insistito per accompagnarla al Plaza, dove si sarebbe tenuto l’incontro, ma al tempo stesso doveva dare un passaggio alla sua migliore amica poiché lavoravano insieme. Roxy scuoteva i capelli turchesi dai sedili posteriori mentre si muoveva in modo convulso nel tentativo di imitare Beyoncé in Single Lady.
“Ti prego, smettila. A momenti mi sanguinano le orecchie!”
“Avanti, principessina, divertiti. Mi sto preparando per stasera.”
Quella sera si sarebbero incontrati tutti a Le Bain, il locale notturno più in voga di New York, per il compleanno di Mason, ed era sicura che la lupa avrebbe dato il peggio di sé tra balli e drink. Theo, al suo fianco, picchiettava l’indice sullo sterzo a suon di musica e rideva della sua espressione infuriata.
“Abbiamo opinioni diverse sul divertimento, Roxy.”
“Ovvio, il mio divertimento include alcol, belle donne e nottate sfrenate, mentre il tuo include tisane rilassanti e libri noiosi. Il qui presente Theo Raeken muore di noia, ogni tanto dagli una botta!” Roxy schiaffeggiò amichevolmente il braccio di Aranel, la quale si irrigidì sul sedile e spostò lo sguardo verso il finestrino. Theo provò a toccarle il ginocchio ma le si tirò indietro.
“Roxy, adesso basta. Fa la brava.”
Theo rimproverò la sua amica con gli occhi attraverso lo specchietto e lei annuì, benché ridesse ancora. Il viaggio proseguì in silenzio fino a quando l’Hotel Plaza si parò dinanzi ai loro occhi. Non appena l’auto si fermò, Aranel prese la borsa e scese sbattendo lo sportello.
“Si è davvero arrabbiata, fratello.” Commentò Roxy, guardando Aranel camminare svelta verso l’edificio. Theo si slacciò la cintura e in fretta attraversò il marciapiede per rincorrerla. Le afferrò il braccio e la fece voltare.
“Aranel! Fermati!”
“Che vuoi?”
“Mi dispiace per Roxy, lo sai che parla a sproposito.”
“Sono stufa della gente che parla della nostra relazione senza saperne nulla, soprattutto una persona superficiale come lei. Ho sposato te, Theo, eppure mi sembra che di aver sposato anche lei.”
Theo si mise nei suoi panni e subito comprese il suo disagio. Come lui detestava che Stiles mettesse bocca nella loro storia, anche Aranel odiava l’invadenza di Roxy.
“Scusami per non aver capito quanto ti desse fastidio. Ci parlo io con Roxy e la metto in riga.”
“Va bene, mi fido. Adesso devo andare.”
Prima che si allontanasse di nuovo, si chinò a baciarla con una passione tale che lei dovette lasciarsi andare.
“Ce la puoi fare, stellina. Basta crederci.”
Aranel sorrise sulle sue labbra e gli diede un bacio a stampo.
“Basta crederci?”
“Basta crederci.”
 
Aranel ringraziò il cameriere che l’aveva accompagnata nella sala riunioni del Plaza ed entrò un attimo dopo.
“Aranel!”
Dall’altra parte della stanza, con indosso un abito verde mela e un fiocco enorme sulla testa, Nadia la stava salutando. Nadia Fields, venticinque anni in un metro e sessanta di altezza, era la nuova segretaria del direttore del The Post, il giornale presso cui lavorava Aranel. Si era trasferita a New York dalla fattoria di famiglia in Texas dopo aver saputo di un branco di lupi composto da Liam Dunbar e Theo Raeken. Era stata nominata pochi mesi prima emissario dopo la morte di sua nonna, ma non era affatto pratica del mondo sovrannaturale. Eccetto qualche informazione sporadica, erano Liam e Theo ad impartirle numerosi e utili insegnamenti. Nessuno, infatti, si meravigliò quando lei e Liam annunciarono di essere una coppia.
“Ciao, Nadia. Come vanno le cose qui?”
“I candidati sono tutti arrivati, aspettiamo il presidente e la Commissione. Accipicchia, che fermento!”
Nadia era una ragazza particolare, era solare, gentile, non diceva parolacce, indossava solo abiti dai colori accessi e grossi frontini che le ricoprivano la piccola testa bionda. All’improvviso si udì il suono di una campana e pian piano tutti presero posto perché iniziava la riunione. Aranel e Nadia si sedettero insieme al loro capo in seconda fila. Il direttore dell’Hotel fece accomodare i membri della Commissione sul piccolo palco allestito, dopodiché il membro più anziano si avvicinò al leggio.
“Buongiorno a tutti voi. L’incontro di oggi suggella la nomina del nuovo Presidente del Premio Pulitzer. Dopo un anno di colloqui e dopo un duro lavoro di ricerca, la Commissione ha espresso voto unanime riguardo alla figura di un personaggio importante per il mondo della scrittura in generale. Signori e signore, la Commissione è oggi lieta di presentarvi il Presidente: Octavius Wagner!”
“Ci avrei scommesso le bretelle.” Mormorò il signor Bennett, il capo, e Aranel annuì distrattamente. Quando Octavius comparve per salutare la folla, lei strabuzzò gli occhi. Non poteva crederci che l’uomo conosciuto in vacanza come il suo scrittore preferito era appena diventato l’artefice del suo destino lavorativo. Appostatosi al leggio, Octavius le fece un cenno del capo a mo’ di saluto.
“Ringrazio la Commissione per tale incarico e voi per la fiducia che spero riporrete in me. Siete stati candidati per un premio assai prestigioso e ciascuno di voi è qui perché possiede grandi doti che non sono passate inosservate alla Commissione. Un’ora fa le vostre opere sono state editate, stampate e pubblicate cosicché io e la Commissione potremo decretare un vincitore per ciascuna delle ventuno categorie. Nonostante il ritardo di questa edizione, il Premio sarà comunque assegnato a fine mese. Ora, senza perderci in chiacchiere, auguro buona fortuna a tutti. Godetevi il brunch gratis!”
I presenti risero e batterono le mani, mentre Octavius scendeva dal palco e riceveva pacche amichevoli e strette di mano.
“Aranel, vieni con me. Ti presento al presidente!”
Fu trascinata dal suo capo in direzione di Octavius che, vedendola arrivare, allargò le braccia e sorrise.
“Aranel Jones, quale onore fare la sua conoscenza!”
Aranel capì che era meglio tenere nascosta la loro cena insieme a Vernazza, quindi si limitò a ricambiare la stretta di mano e il sorriso.
“Signor Wagner, il piacere è mio. Congratulazioni per la sua nomina.”
“La ringrazio. Stamani ho letto il suo articolo e devo ammettere che sprizza femminismo e denuncia da tutte le parti.”
“Chi segue il mio lavoro sa che mi batto per le donne da quando ero all’Università. Questo articolo è solo l’inizio di una lunga inchiesta sulla figura della donna. Non mi fermo qui.”
“Lei deve sapere –intervenne Bennett – che Aranel è un’accesa sostenitrice del femminismo, della problematica infantile, dell’ambiente ed inoltre continua ad occuparsi di affari di guerra.”
“Conosco bene la carriera della signora Jones e sono un suo grande estimatore. Lei ha scritto un articolo sulla guerra in Mali tra l’esercito e i gruppi ribelli che mi ha lasciato senza parole, la crudezza e la veridicità delle descrizioni erano tanto eccezionali quanto tristi. Ha mai pensato di tornare a fare la reporter in quelle zone?”
Aranel fu orgogliosa di quei complimenti che elogiavano il duro lavoro che aveva compiuto in Africa, tra gli spari, i morti e le urla.
“Sarei voluta ripartire dopo essere tornata in città, ma il Times mi congedò dal servizio perché la guerra aveva assunto ormai proporzioni pericolose e fui assegnata alla cronaca giudiziaria e non potei più tornare in Africa. Vivere quella esperienza mi ha segnata nel profondo e vorrei proseguire con quel lavoro, ma adesso ho qualcuno che mi aspetta a casa e che non posso abbandonare.”
Octavius indirizzò lo sguardo azzurro verso il suo anello di fidanzamento e la fede e annuì.
“Certo, posso capire. Dico solo che giornalisti motivati e capaci come lei sono rari e ce ne vorrebbero di più. Adesso, se potete scusarmi, devo riunirmi con la Commissione per deliberare circa le regole del concorso.”
“Certo, signor Wagner. Ci vediamo.”
Octavius strinse la mano di Bennett e baciò quella di Aranel, poi si dileguò assieme ai membri del consiglio.
“Aranel, ragazza mia, quell’uomo stravede per te. E’ fatta!” disse Bennett con le mani in tasca e la pipa in bocca, le toccò la spalla e la salutò. Da lontano Nadia le faceva cenno di prendere qualcosa dal buffet ma Aranel doveva prima fare una chiamata importante.
 
 
“My mom doesn’t like you and she likes everyone!”
Theo spense la radio mentre Roxy cantava, e lei lo guardò come se le avesse tranciato un braccio. L’espressione irritata del suo amico l’annoiava e ricadde sul sedile in modo scomposto.
“Che c’è, Raeken? Ti è venuto il ciclo? Hai ingerito un cactus e non lo hai digerito? Aranel non te l’ha da…”
“Roxy!”
La ragazza rise per quel tono di voce ammonitore e gli diede un pugno sulla spalla, che di norma avrebbe rotto le ossa ad un essere umano.
“Qual è il problema?”
“Sei tu il problema. Sai che Aranel non apprezza determinate battute e tu puntualmente le fai. E’ un periodo intenso per lei e lo stress di certo non l’aiuta, perciò vorrei che almeno a casa si sentisse tranquilla.”
“Come fai a stare con una che pensa solo a realizzare se stessa e che non si prende mai un momento di pausa? Io darei di matto, amico.”
“Lei è ambiziosa e farà di tutto per raggiungere i suoi obiettivi, ed io devo sostenerla perché la amo. Al di là della tua opinione, Aranel è davvero una persona meravigliosa, ti basterebbe andare oltre quella sua corazza dura.”
“E tu come sei andato oltre? Sfilandole le mutande?”
Theo sospirò, era stanco e non aveva voglia di discutere. Non dormire per settimane lo stava facendo impazzire e inoltre doveva tenere a bada la sua migliore amica.
“Dico davvero, Roxy, smettila.”
Roxy lo ignorò del tutto, spostò lo specchietto nella sua direzione e si legò i capelli turchesi in una coda disordinata. Un isolato dopo la palestra si mostrò ai loro occhi, quadrata e grigia come suo solito. Mentre Theo recuperava dal bagagliaio la sua borsa, la ragazza si spogliava per indossare la tenuta da inserviente. Entrarono in anticipo di due minuti e si recarono nella sala centrale, dove di solito i clienti si radunavano per chiacchierare sui divanetti. Tutto il resto dello staff e dei dipendenti era lì. Max, il ragazzo della reception, andò da loro con un sorriso vagamente divertito.
“Buongiorno, neo-assunti dalla misteriosa azienda fantasma!”
“Tranquilli, da quella porta entrerà il cugino di Trump e si impanicherà mentre si presenterà come nuovo proprietario.” Fece Roxy con un’alzata di spalle. Al centro della sala si pose il vecchio proprietario Ben Russell e chiese a tutti di fare attenzione.
“Ho costruito questo posto con i risparmi della mia famiglia e sono felice che il mio pensionamento non causi la chiusura perché credo davvero che voi possiate continuare l’attività. Siete dei ragazzi fenomenali e mi siete stati di aiuto nei momenti di mala sorte, perciò ve ne sono grato infinitamente. Il nuovo proprietario sarà anche il nuovo direttore e questo vuol dire che il posto da segretario è aperto a tutti. Ora passiamo alle presentazioni: ecco a voi il nuovo proprietario della Green Gym, Savannah Chen!”
 Theo poté sentire il suo stesso stomaco contorcerci. Savannah Chen era quella che lui aveva conosciuto come Savannah Wagner a Vernazza, durante il viaggio di nozze. Con indosso uno stretto tubino nero, la donna aveva già catturato l’interesse di tutti gli uomini, e anche quello di Roxy.
“Salve a tutti, come avrete ben capito io sono il proprietario e il direttore da oggi in poi. La mia società, la Chen Company, da anni investe in strutture pubbliche e private sul punto di chiudere per rifunzionalizzare gli spazi da un lato e garantire un lavoro sicuro ai dipendenti dall’altro. Il signor Russell mi ha convinto ad acquistare questa palestra e a dirigerla personalmente, sebbene io non abbia mai occupato la direzione degli edifici che compro, perché mi ha parlato della gente genuina che lavora qui. I colloqui per il posto da segretario inizieranno domani e mi auguro che tutti voi aspiriate a tale carica. Detto questo, non perdiamoci in chiacchiere e apriamo i battenti della nuova generazione della Green Gym!”
La stanza esplose di applausi e fischi. Russell salutò in fretta tutti e lasciò la sua palestra per sempre. Savannah, dopo svariate strette di mano e complimenti, si diresse verso Theo ondeggiando sensualmente sui tacchi.
“Theo Raeken, che sorpresa!”
“Credimi, quello sorpreso sono io.”
Roxy notò che tra i due si era instaurata sin da subito un’aria di ostilità e imbarazzo e decise di farsi conoscere dalla nuova direttrice.
“Buongiorno. Io mi chiamo Ro…”
“Roxanne Smith, ex detenuta per hackeraggio ai danni della banca centrale e per furto, impiegata come inserviente nella mia palestra da qualche mese. Buongiorno a te, fanciulla.”  Savannah fece l’occhiolino alla ragazza e poi le sorrise maliziosamente.
“Beh, il boss ha fatto ricerche a quanto pare. E’ un vero onore averla tra noi e spero che la nostra collaborazione possa essere fruttuosa.” Replicò Roxy con altrettanta malizia, facendo ghignare la donna. Theo, invece, era rimasto impassibile e distaccato. Quante erano le probabilità che proprio lei acquistasse la palestra dove proprio lui lavorava? I conti non tornavano.
“Sono sicura che sarà così, fanciulla. Adesso vado a dare un’occhiata al mio ufficio. Buona giornata.”
Savannah andò via così come era venuta, ancheggiando e sorridendo.
“Io quella me la farei su tutte le superfici di questa palestra!” commentò Roxy, e a momenti sbavava sul pavimento. Theo alzò gli occhi al cielo con incredulità.
“Andiamo a lavorare, per favore.”
Mentre andava verso gli spogliatoi, il cellulare squillò e non si meravigliò di chi lo stesse chiamando.
“Stavo per chiamarti. Dimmi tutto, stellina.”
“Perché stavi per chiamarmi? Stai bene? E’ successo qualcosa?”
La preoccupazione di Aranel era quasi tangibile anche attraverso uno schermo.
“Una cosa è successa ma nulla di grave, almeno credo. Tu perché mi chiami?”
“Sai chi è il nuovo presidente del Premio Pulitzer? Octavius Wagner!”
Theo corrugò le sopracciglia perché, se prima sembrava sospetto, adesso lo era di sicuro.
“E sai chi è il nuovo proprietario della palestra? Savannah Chen, ossia il cognome da nubile della moglie di Octavius.”
“Cosa?! Savannah è lì? Okay, tutto questo ha dell’assurdo.”
“Sì, lo credo anche io. Coincidenze? Non credo. Comunque è meglio parlarne a quatto occhi più tardi a casa.”
“D’accordo. Ci vediamo dopo.”
“A dopo, stellina.”
 
 
“Destro.”
“Non ti sembra strano ritrovarli qui a New York due settimane dopo che li abbiamo conosciuti?” domandò Aranel, colpendo il sacco con il pugno destro.
“Sinistro. Attacco e difesa.”
“Io dico che è strano, assolutamente strano. Credi che già sapessero chi siamo?”
“Ancora destro.”
Aranel si bloccò di colpo e si portò le mani sui fianchi. Da un’ora stava prendendo a pugni il sacco montato in terrazza. Dopo la faccenda di Tatiana e Cindy, aveva chiesto a Theo di insegnarle a difendersi e da allora facevano allenamento un’ora al giorno e il sabato mattina presto andavano a correre (sebbene lei fosse lenta nella corsa).
“Cosa vuoi che ti dica, Aranel? Sì, ovviamente è strano. Sì, credo che ci conoscessero prima ancora di quella cena. No, non so quale sia il loro obiettivo. Ne so quanto te di questa storia.”
Theo si sedette sulla sdraio e mandò giù abbondanti sorsate d’acqua fresca, la calura di giugno e l’attività fisica non erano una buona combinazione. Aranel, sudata e sfiancata, bevve d’un fiato e si pulì la bocca con il braccio.
“Qualcosa mi dice che le cose non andranno bene.”
“A quali cose ti riferisci? Parla chiaro.”
Captò tutto il nervosismo di Theo e si morse le labbra per evitare di parlare a sproposito. Ultimamente era irascibile, teso e sembrava non chiudesse occhio da lungo tempo. Non aveva idea di cosa potesse tormentalo a tal punto da fargli perdere la sua tipica flemma ma era sicura che non fosse nulla di buono.
“Mi riferisco a tutto. Forse le cose erano più facili a Vernazza.”
“Intendi le cose fra di noi? Adesso stai andando nel panico per qualcosa che forse è lontana da noi. Perché ti preoccupi tanto?”
Aranel si alzò di scatto perché restare seduta e immobile la stava mandando su tutte le furie. Aprì e chiuse le mani a pugno nel tentativo di scaricare la rabbia.
“Perché tu sei cambiato ultimamente. Sei nervoso e irritabile, non so mai come prenderti. Mi dispiace averti messo da parte per il mio lavoro, però…”
“Smettila. Basta.”
L’interruzione di Theo non era dettata dalla rabbia, più che altro da un sorriso amaro.
“Non è colpa tua né del tuo lavoro se sono cambiato. Quest’anno sono venti anni dalla morte di mia sorella e sembra che il suo cuore batta più forte di recente.”
Aranel fu colpita da quella confessione come da uno schiaffo e non seppe come reagire. Certo, lui si pentiva di aver ucciso sua sorella ma non dava l’impressione di pensarci più tanto.
“Perché non me lo hai detto?”
“Come fai a dire alla persona che ami di più al mondo che stai pensando alla persona che hai lasciato morire?”
Lei gli prese le mani e ne baciò dolcemente le nocche, come se si trattasse di un bambino ferito.
“Avevi solo nove anni e nessuna reale idea di cosa stesse succedendo. Sei stato manipolato dai Dottori del Terrore e agivi senza capire il senso delle tue azioni. Eri soltanto un bambino sperduto e lo sei stato fino a quando non ti sei liberato di loro. Adesso sei un uomo e sei cambiato in meglio.”
“Tu sei straordinaria.”
“Lo so, me lo ripeti di continuo.”
La risata cristallina di Aranel sembrò trapanare Theo come un coltello affilato e andarsi a conficcare nei punti deboli della sua anima. Senza pensarci troppo, l’attirò a sé per baciarla con veemenza. Aranel lo lasciò fare perché anche lei necessitava di quel contatto. Continuando a baciarsi, lui fece un passo indietro e caddero in piscina, dunque scoppiarono a ridere.
“Sei pessimo, Raeken!”
Lui rise ancora, portò la testa indietro e permise all’acqua di tappargli le orecchie. Era come essere intrappolati in una bolla, era una bella sensazione. Quando aprì gli occhi, Aranel stava nuotando nella sua direzione per poi circondargli il collo con le braccia.
“Sai una cosa, stellina?”
“Dimmi.”
“Ioe te insieme possiamo funzionare ovunque.”
 
 
Era all’incirca mezzanotte quando ebbero finalmente la possibilità di accedere al Le Bain, il locale più famoso di New York. Anziché fermarsi in discoteca, salirono sul tetto in ascensore, dove era stato allestito un grande spazio per chi non volesse ascoltare musica assordante per tutta la sera.
“Ragazzi, posso sapere che regalo avete fatto a Mason?” chiese Liam, vestito di tutto punto per il compleanno del suo migliore amico. Dietro di lui, a tenergli la mano c’era Nadia, che quella sera indossava una gonna bianca e una camicia a tre quarti lilla e i sandali con le calze.
“Gli abbiamo regalato un fine settimane alle terme con Corey. Voi?” rispose Aranel mentre seguiva Theo lungo il corridoio che portava al locale. Per l’occasione aveva indossato un semplice abito rosa antico che sulla schiena si incrociava, calzava un altrettanto semplice paio di décolletté nere, e aveva legato i capelli in una treccia laterale.
“Beh, ecco, noi … ehm … non saprei come … ehm … definire il regalo …”
“Gli abbiamo regalato una mazza da baseball.” Disse Nadia al posto suo con un sorriso genuino. Theo, in cima alle scale, sospirò.
“Regali al tuo migliore amico una mazza da baseball? Davvero innovativo, Dunbar.”
“Taci e cammina, Raeken.”
Quando furono orami sul tetto, notarono Corey fare loro un gesto della mano per invitarli. Lo spazio era scandito da divani di pelle bianchi, tavolini di vetro, era munito di un bar e della consolle del dj. Theo assottigliò lo sguardo e alzò gli occhi al cielo quando vide Roxy scolarsi uno shottino dietro l’altro come fossero bicchieri d’acqua. Il quartetto si mosse verso la zona della festa e Mason, non appena li riconobbe, esultò come un bambino.
“Siete arrivati! Che il party abbia inizio!”
Tutti batterono le mani e il dj fece partire la musica. Roxy andò da Theo con l’ennesimo alcolico che a momenti avrebbe buttato giù.
“Aranel, amica, hai rubato hai rubato questo vestito a Kate Middleton? Sei proprio di sangue blu.”
“Roxy, amica, sta attenta a non vomitarti tutto quell’alcol sulle scarpe.”
La lupa incassò il colpo senza replicare, girò i tacchi e si sedette accanto ad una ragazza appena conosciuta.
“Vuoi qualcosa da bere?” le domandò Theo all’orecchio.
“No, grazie.”
“Stai bene, stellina?”
“Non tanto. Ho bisogno di andare in bagno.”
“Vuoi che ti accompagni?”
“No, Theo, so fare pipì anche senza che tu mi tenga la manina. Tu vai a prenderti da bere, ci vediamo al bar.”
Theo annuì e si incamminò verso il bar. Sebbene angusto, il bagno era abbastanza pulito e Aranel ne fu stupita. Non la stupì, invece, che, puntuale come un orologio svizzero, le fosse arrivato il ciclo. Quando uscì, emise un gridolino di paura. Theo se ne stava appoggiato al lavandino con le braccia incrociate. Gettò nel cestino una carta appallottolata e si sciacquò le mani.
“Ma sei impazzito? Che ci fai nel bagno delle donne? Non puoi stare.”
“Credimi, alle donne non dispiace la mia presenza. Quindi hai le mestruazioni.”
Quella affermazione pesò come un macigno che rotola giù dalla montagna e piomba sulla strada.
“Theo, va tutto bene. Non voglio affrontare di nuovo questo discorso. Lo sappiamo che il problema è irrisolvibile e lo abbiamo accettato, o almeno io l’ho fatto.”
“Aranel …”
“No, non dire niente. Nessuno dovrà sapere quello che abbiamo fatto a Vernazza. Nessuno. Stiles avrebbe un motivo in più per odiarti se sapesse quello che è successo. Promettimi che sarà il nostro segreto.”
“Va bene, te lo prometto.”
Liam si nascose dietro al muro prima che Aranel e Theo tornassero da Mason. Che cosa era successo a Vernazza? Che cosa avevano combinato quei due per cui Stiles avrebbe odiato Theo ancora di più? Che avesse coinvolto Aranel in qualche crimine?
 
Erano le due del mattino e la festa procedeva bene. Aranel aveva fatto ricorso ad un medicinale e adesso stava decisamente meglio, infatti aveva ordinato un drink analcolico che  consumava seduta accanto a Nadia. Gli invitati ballavano, bevevano, ridevano e l’atmosfera festosa non intendeva scemare. Seduto al bancone insieme ad un gruppo di ragazzi, Theo le lanciava sguardi carichi di malizia e sorrisi beffarsi a cui lei rispondeva con un sorriso ugualmente languido. Roxy stava blaterando stupide battute ad una ragazza più brilla di lei e insieme si sganasciavano dalle risate. Un brusio improvviso attirò l’attenzione di Liam e acuì l’udito per cercare di identificare la fonte da cui provenisse il rumore. Inatteso e brusco, il brusio si abbatté sulla folla. Si trattava di un enorme stormo di pettirossi che svolazzava in modo spasmodico picchiando contro la gente. Aranel tirò sotto al tavolo Nadia e le coprì la testa con la borsetta.
“Che succede, Aranel?”
Gli uccelli sembravano impazziti, stavano facendo esplodere i bicchieri, sbattevano contro le pareti cadendo con un tonfo sul pavimento, perdevano piume lungo il tragitto nervoso. Molte persone gridavano per le ferite causate dai becchi dei pennuti e molte altre perché non riuscivano a difendersi. Un calice di vino si ruppe ai suoi piedi.
“Aranel! Aranel!“
Era Theo che la stava chiamando dall’altra parte del locale, però la sua voce veniva offuscata dal cinguettio agitato e acuto. Alzò di poco la testa per dare un’occhiata al locale e sembrava che l’inferno si fosse scatenato su quel tetto. Una ragazza stava strillando a causa di un trio di pettirossi che le stavano beccando le braccia con cui tentava di difendersi, poi cadde sbattendo la tempia contro la sedia e gli uccelli ne approfittarono per continuare l’attacco.
“Tu resta qui!”
Nadia provò a fermarla, ma Aranel stava già correndo verso quella ragazza con la mazza da baseball ancora incartata (quella che Liam aveva regalato a Mason). Scacciò i volatili agitando il pezzo di legno duro e riuscì ad abbatterne uno, che cadde a picco sul pavimento come una foglia che si stacca dall’albero. La ragazza a terra aveva le braccia coperte di graffi e la ferita aperta sulla tempia sanguinava copiosamente. Aranel la spinse sotto il tavolo e l’aiutò a sedersi.
“Ehi, guardami. Come ti senti?”
La poveretta aveva la vista annebbiata ma aveva ancora la forza di stritolarle la mano, segno che non aveva perso i sensi.
“B-bene.”
Il bancone esplose in una pioggia di alcol e vetri. Theo e Liam avevano trovato riparo presso la consolle e si proteggevano come meglio potevano.
“Che sta succedendo?” Liam alzò la voce per farsi sentire.
“Cosa vuoi che ne sappia, Liam? Direi che i pettirossi non mi hanno avvisato prima di dare di matto!”
In mezzo alla calca di gente che urlava, piangeva e fuggiva, scorse la chioma turchese di Roxy dietro la porta del bagno. Riusciva ad annusare il profumo di Aranel, però si mescolava con l’odore del sangue e della paura e non capiva bene dove si trovasse. Un’enorme bottiglia di champagne scoppiò ai loro piedi e i frammenti schizzarono in direzione di Corey, che si ferì ad una mano. Mason, tra le sue braccia, teneva la testa bassa. Liam scivolò sul pavimento per evitare che un uccello lo colpisse col becco.
“Dobbiamo fare qualcosa!”
“Avrei un’idea.”
Senza dare spiegazioni, Theo si mise in piedi e sfoderò gli artigli, i suoi occhi si accesero di giallo e spuntarono i denti affilati. Emise un ruggito che spaventò i pettirossi e tutti gli invitati. Liam e Roxy si unirono a lui. Gli uccelli si interruppero a quel terribile suono, smisero di cantare e volarono via con la tessa velocità con cui erano arrivati. Quando la schiera si fu diramata, Theo individuò Aranel e corse da lei.
“Aranel!”
“Ci hai messo troppo tempo, Raeken!”
Insieme soccorsero la ragazza ferita, la fecero accomodare su un divano ancora intatto e le premettero un pezzo di stoffa strappata sulla tempia. Theo guardò in basso e socchiuse gli occhi. Un rivolo di sangue colava dall’interno della coscia di Aranel e le aveva imbrattato il vestito e la scarpa.
“Aranel, siediti un attimo.”
“Oh, no. Quando usi quel tono vuol dire che sta succedendo qualcosa. Che succ… Ah! Oddio!”
Liam e Nadia si avvicinarono a loro e rimasero senza parole per le condizioni della ragazza.
“Non ti spaventare. Devi lasciarmi controllare. Liam, tu va dagli altri e accertati che stiano bene. Tu Nadia, prendimi un panno di acqua calda e trova una bottiglia di alcol integra.”
“Theo …”
“Andrà tutto bene, stellina. Vieni con me.”
La portò in bagno e la fece sedere sul marmo bianco del lavandino, l’unico luogo non intaccato dalla furia animale dei pettirossi. Le sollevò il vestito e deglutì quando capì che la causa della fuoriuscita di sangue era un pezzo di vetro conficcato nella coscia.
“Che succede? Perché hai quella faccia?”
“C’è un pezzo di vetro nella coscia e questo comporta il sangue. Devo estrarlo prima che arrivi la polizia, altrimenti dovrai fartelo togliere in ospedale.”
Aranel poggiò la testa contro lo specchio e sospirò, e qualche lacrima le bagnò il viso.
“Mi fido di te.”
“Eccomi! Ho trovato questo!”
Nadia diede a Theo un asciugamano zuppo d’acqua bollente e una bottiglia di grappa, una delle poche non distrutte.
“Dopo che avrò estratto il vetro, tamponerò la ferita con il panno e poi ci verserò sopra la grappa. Farà male, ti avverto.”
“Fallo.”
Aranel strinse la mano di Nadia e chiuse gli occhi, contò fino a cento come le suggeriva sua madre quando da piccola si sbucciava le ginocchia e doveva disinfettarle. Theo agguantò il bordo del vetro e con accortezza lo tirò lentamente fuori. Era evidente che fosse una parte di un calice, lo indicava la forma ricurva e l’odore di vino rosso. Immediatamente premette il panno sulla ferita e dopo qualche istante riversò l’alcol. Aranel spalancò gli occhi e soffocò un urlo mordendosi le labbra, eppure scoppiò in lacrime per il bruciore.
“Tieni duro, stellina. Guardami, continua a guardarmi.”
Theo le afferrò entrambe le mani e si concentrò per assorbire il dolore. Le sue vene si tinsero di nero e il suo viso impallidì mentre lasciava al suo corpo curare la ferita. Il sangue smise di colare e lo squarcio si rimarginò, così come i taglietti sulle braccia prodotti dalle beccate dei pettirossi.
“Come va?” domandò timidamente Nadia.
“Sto bene. Torna dagli altri, non preoccuparti.”
La ragazza annuì e si dileguò. Theo si appoggiò alla porta chiusa e si scolò il liquido rimasto nella bottiglia. Aveva le mani e la t-shirt sporche di sangue, i capelli sudati e il viso ancora bianchiccio per lo sforzo. Aranel scese dal lavandino e si ripulì dal sangue con il panno.
“La polizia è arrivata.” Annunciò Theo, e lanciò la bottiglia nel cestino centrandolo appieno.
 
 
Aranel si rigirò tra le lenzuola e, tastando l’altro lato del letto, costatò che suo marito non c’era. Le persiane erano calate e i raggi del sole tagliavano in linee rette la stanza buia. La sveglia segnava le nove del mattino. Erano rincasati alle quattro, dopo essere stati interrogati dalla polizia. Stavano tutti bene e si erano lasciati con l’accordo di vedersi l’indomani per discutere dell’accaduto. Con fatica si mise seduta sul letto e si diresse in cucina.
“Già sveglia?” la voce di Theo la fece sussultare. Se ne stava sdraiato sul divano con una tazza di caffè fumante tra le mani.
“Non ti ho visto a letto e mi sono preoccupata.”
“E’ che non ho dormito molto. Comunque, ti ho preparato il the verde.”
Aranel se ne versò un po’ in una tazzina e lo raggiunse sul divano. Aveva mal di testa e poche ore di sonno non erano state d’aiuto.
“Grazie.”
“Prego. Come ti senti?”
“Sto bene, nonostante tutto. Grazie per avermi salvata dal dissanguamento.”
Theo ridacchiò, almeno le vicende di poche ore prima non aveva intaccato l’umore.
“Beh, non potevo permettere ai medici di sbirciare letteralmente sotto la tua gonna. Lo sai che sono geloso.”
Lei rise e si distese accanto a lui, le bevande ormai dimenticate sul pavimento. Gli diede un bacio a stampo, un semplice tocco per dirgli grazie ancora una volta.
“Cosa credi che significhi? Uno stormo intero di pettirossi che attaccano un locale? E’ assurdo.”
“Non ne ho idea, Aranel. So solo che oggi non voglio pensare a niente. E’ sabato e godiamocelo.”
“Va bene.”
Theo comprese al volo che quella strana follia dei pettirossi doveva essere correlata alla brutta sensazione che da tempo lo tormentava. La città era ufficialmente in pericolo. Loro erano in pericolo.
 
 
Salve a tutti! :)
Ecco che i primi segnali di pericolo lampeggiano, chissà cosa sta davvero succedendo.
E chissà cosa hanno combinato Theo e Aranel a Vernazza.
Lo scoprirete solo leggendo.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.
 

 
  
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