Fanfic su attori > Cast Vampire Diaries
Segui la storia  |       
Autore: Horse_    15/09/2018    7 recensioni
{Sequel Una vita senza di te significa non vivere per niente.}
(Per capire qualcosa consiglio di leggere anche l’altra storia)
Ian e Nina hanno appena capito cosa provano veramente l’un per l’altra e, dopo una notte d’amore e passione, si preparano per tornare a casa. Sono entrambi decisi ad iniziare una nuova vita insieme con i loro figli, perché sono stati separati fin troppo, ma, una volta tornati a casa, dovranno fari i conti con la cruda realtà. Ian è sposato con Nikki, che è ancora sua moglie, mentre Nina sta, quasi in modo fisso, con Eric. Una notizia sconvolgente porterà i due a separarsi definitivamente, ma sarà per sempre? Riusciranno a lottare contro tutto e tutti per stare finalmente insieme con i loro bambini e con il loro vero amore?
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ian Somerhalder, Nina Dobrev, Nuovo personaggio, Paul Wesley
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

                                                    Going on



Pov Nina.

Ian tiene gli occhi fissi sulla strada e di tanto in tanto vedo le sue mani stringersi sul volante e le nocche diventare bianche. 

Siamo diretti verso l’ospedale perché è l’unica cosa che possiamo fare, visto le ultime notizie ricevute. I bambini, Damon e Rachel compresi, sono con i miei genitori a casa nostra, fortunatamente in questo momento possono prendersi cura di loro. 

L’uomo al mio fianco non ha detto molto dopo avermi rivelato che suo padre sta morendo, ma posso capire quello che sta pensando. Lui e suo padre non hanno mai avuto un rapporto dei migliori; forse quando Ian era piccolo avevano anche un bel rapporto, ma dopo la separazione dei suoi genitori si sono un po’ persi di vista. Ian si è allontanato dal padre, prendendo le parti della madre, e quest’ultimo non ha fatto praticamente niente per recuperare il rapporto con i figlio, se non vedersi qualche volta solo per assicurarsi che stesse bene. All’inizio, dopo la separazione dei suoi genitori (avvenuta quando Ian aveva circa tredici anni*), Ian ha continuato a frequentare il padre, ma poi il rapporto si è andato sempre più spegnendo. E Ian questo non gliel’ha mai perdonato, non gli ha mai perdonato il fatto di non averlo quasi mai cercato. Anche lui ha sbagliato, ma è così tremendamente orgoglioso e vuole sempre che siano gli altri a fare il primo passo -solo con me mette da parte l’orgoglio, me l’ha ripetuto molte volte. Anche il padre ha il suo stesso carattere, entrambi troppo orgogliosi per ammettere i propri errori, ma di fronte alla morte l’orgoglio, che si voglia o no, lo si mette sempre da parte. 

Ho provato a dirgli che sarebbe andato tutto bene, che suo padre non sarebbe morto, ma tutte le mie speranze sono crollate quando Ian mi ha risposto con un semplice ha un cancro al pancreas in stadio avanzato e lì tutte le mie speranze sono crollate perché un cancro al pancreas non lo curi, figuriamoci allo stadio avanzato. Non ci sono chemioterapie o operazioni che tengano, purtroppo è arrivata la sua ora. L’ho visto di persona una volta sola, tanti anni fa, e mi è sempre sembrato un brav’uomo e mi dispiace che gli stiano accadendo tutte queste cose perché, a dispetto di tutto quello che è accaduto tra lui e Ian, è sempre suo padre e un uomo. Nessuno merita di morire così.

Arriviamo in ospedale dopo quindici minuti circa e Ian trova subito un parcheggio libero. Spegne la macchina e scende, io faccio lo stesso prima che possa venire da me ed aprirmi la porta. 

E’ di umore nero e lo capisco perfettamente. Camminiamo fianco a fianco, senza dire una parola, perché in una situazione del genere le parole non servono. Prendo una sua mano tra la mia e lui mi rivolge un sorriso tirato -non per il gesto, l’ha apprezzato, ma perché non riesce a sorridere di fronte a tutto ciò. Ian chiede informazioni ad un’infermiera, che gentilmente ci da il numero della camera, e in fretta raggiungiamo la camera del padre. Fuori dalla stanza, sulle sedie verdi dell’ospedale, sono seduti Robyn e Bob con lo sguardo fisso sul pavimento. Si accorgono subito della nostra presenza e la prima ad alzarsi è Robyn che si getta sulle braccia di Ian iniziando a singhiozzare. Bob mi rivolge un saluto, ma capisco che questa non sia la situazione adatta per parlare. Decido di sedermi accanto a lui, perché è giusto lasciare qualche momento intimo anche a Robyn e Ian. Robyn continua a stringersi al fratello e Ian continua a parlarle all’orecchio, molto probabilmente la sta consolando.

 

“Come sta?”- chiedo a Bob.

 

Forse è una domanda stupida, ma non so che altro chiedere.

 

“I medici hanno detto che… Non c’è molto da fare…”- mi spiega lui e vedo le sue mani tremare leggermente. -“Non… Ha scoperto mesi fa di avere un tumore e… E lui non ci ha detto niente per… E ora sta morendo…”

 

Bob non è mai stato espansivo, ma decido di abbracciarlo comunque. Lui ricambia, ma non si lascia comunque andare. Infondo non sono né sua moglie e né sua sorella, ma l’importante è fargli capire che ci sono.

 

“Non voleva farvi preoccupare, ne sono sicura.”- cerco di consolarlo mettendogli una mano sulla spalla. 

“Avrebbe potuto… Avrebbe potuto dirlo prima… I medici sono dentro e lo stanno… Visitando… Hanno detto che ha pochi giorni di vita… Forse qualche settimana al massimo…”- mi spiega lui guardando un punto indefinito del muro. 

 

Rimango zitta, senza dire nulla. 

Che altro potrei dire?

Andrà tutto bene? 

Sicuramente no, perché non andrà tutto bene. Non so cosa vuol dire perdere un genitore -e non voglio sembrare egoista, ma per fortuna-, ma penso di sapere cosa stiano provando. Non in modo diretto, ma lo penso.

Non ci sono parole di consolazione a cui fare riferimento, a volte basta anche solo il silenzio. 

Qualche istante dopo un medico esce dalla stanza del padre di Ian e Bob si alza di scatto dalla sedia, mentre Ian e Robyn si avvicinano al medico, seguiti dal fratello. Non sento quello che il medico dice loro, ma forse è giusto così perché è una cosa loro.

Solo adesso noto che non c’è Edna, che aveva avvisato Ian -molto probabilmente perché Robyn non aveva nemmeno la forza di farlo-, ma come posso biasimarla? 

Si sono separati, hanno vissuto vite diverse, ad un certo punto bisogna lasciare andare una persona se non la si ama più e ormai non avevano avuto più contatti da tantissimi anni. 

Il medico parla per lunghissimi minuti, che sembrano quasi ore, poi alla fine si congeda sparendo dietro ad un’altra porta. Bob, ormai con gli occhi lucidi, dice qualcosa a Robyn, che annuisce debolmente asciugandosi con la manica della maglia le lacrime, e poi le indica la porta della camera del padre, mentre Ian, a grandi falcate, si allontana. E’ arrabbiato, forse deluso da se stesso. Lascio che passi qualche secondo, poi decido di alzarmi e seguirlo, perché sono preoccupata. Ian ha un carattere strano, ha la brutta abitudine di tenersi tutto dentro e poi, quando decide di buttare tutto fuori, succede una catastrofe.

Lo trovo accanto alle macchinette, con le mani appoggiate sul muro e le braccia distese, la testa tra le braccia e lo sguardo rivolto verso il basso. Mi appoggio a qualche metro da lui sul muro e non dico nulla, perché capisco perfettamente che debba mettere apposto le idee, ma non voglio comunque lasciarlo solo. 

E’ lui, dopo un tempo indefinito, a staccare le mani dal muro e ad accorgersi di me. Sembra sollevato dalla mia presenza per questo decido di muovere qualche passo verso di lui, per capire le sue intenzioni. Ian mi sorprende, un po’ come sempre. Mi abbraccia, semplicemente si stringe attorno a me, sempre comunque in modo delicato. Le mie braccia si stringono attorno al suo corpo mentre lui appoggia la fronte contro la mia spalla. 

 

“Vuoi parlarne?”- gli chiedo piano.

 

Lui scuote la testa e capisco che sta ancora metabolizzando la cosa, così lo stringo solo un po’ più forte, aspettando che sia lui a parlare e a sfogarsi. 

Ogni tanto lo sento sospirare pesantemente e penso che sia sul punto di scoppiare, ma tutto quello che c’è attorno a noi è il silenzio.

Alla fine decide di parlare, un po’ con la voce tremante e spezzata.

 

“Sta morendo… Lui… Non abbiamo mai avuto un bel rapporto e lui… E lui sta morendo…”- mormora lui. -“Forse avrei potuto fare di… Avrei potuto fare di più e lui… E lui sta morendo…”

 

Mi stacco leggermente da lui, tenendo comunque le braccia attorno alla sua vita.

Lo guardo negli occhi, tremendamente lucidi. E’ come pensavo, si sta addossando colpe che non ha.

 

“Non avresti potuto fare niente di più, okay? Il cancro non viene alle persone perché le si ignorano… Purtroppo ci sono forze più grandi di noi che ci controllano e lo fanno accadere, ma noi, poveri mortali, non c’entriamo nulla e non avremo potuto impedirlo.”- gli dico mettendogli una mano sulla guancia. -“So che sei arrabbiato con te stesso per una serie di motivi che magari non conosco, ma non avresti potuto fare di più, semplicemente perché è impossibile.”

“Non ho nemmeno il… Coraggio di guardarlo in faccia…”- balbetta lui passandosi una mano tra gli occhi. -“Non dopo come mi sono comportato…”

“Hey…”- lo riprendo dolcemente prendendogli il volto con entrambe le mani. -“Avete sbagliato, entrambi, nessuno dei due ha più colpa dell’altro e questo lo sai. Sei pentito di quello che è successo tra di voi e molto probabilmente anche lui lo è, ne sono sicura. Sei suo figlio, sangue del suo sangue, non un estraneo.”

“Robyn… Lei… E’ stata meno tempo di me con lui eppure… Eppure lei lo ama così tanto, lo ama… Immensamente… E poi lei ha già visto nostro padre…”- continua lui.

“Noi donne siamo più… Sentimentaliste.”- cerco le parole giuste. -“Ma questo non vuol dire che tu non gli voglia bene o che tu sia inferiore a Robyn. Uno dei tuoi problemi è sempre stato il fatto che tu sia orgoglioso e tremendamente testardo e molto probabilmente è proprio questo che ti sta frenando.”

 

Mi fermo per qualche istante alla ricerca delle parole adatte.

 

Puoi fare quello che vuoi, devi fare quello che vuoi, ma ti conosco, so che ti pentiresti a vita di non averlo nemmeno visto o salutato per l’ultima volta.”- gli dico dandogli un bacio sulla fronte.

 

Ian sospira pesantemente e con gli occhi sembra darmi ragione.

 

“Non sa nemmeno di avere due nipoti in più e uno in arrivo…”- mormora lui passandosi una mano tra i capelli.

“Di lei non sa nessuno.”- ribatto io passandomi una mano sul ventre e Ian sorride leggermente a quel lei, che ho messo nella frase volutamente, visto la sua ossessione sul fatto che quello che aspettiamo sia in realtà una bambina. -“Ma perché non dirgli dei gemelli? Sei ancora in tempo…”

 

Ed è vero, è ancora in tempo. I gemelli, effettivamente, non sanno di avere un altro nonno, ma non me l’hanno mai nemmeno chiesto forse perché non lo ritenevano opportuno. Sarà un duro colpo dirglielo -dirgli che hanno un nonno, di cui non sapevano nulla, ma che presto non ci sarà più-, ma è giusto che lo sappiano e anche anche il padre di Ian lo sappia, almeno questo prima di morire. 

 

“Loro… Come possono reagire sapendo che… Hanno un nonno che presto morirà?”- mi domanda lui.

“Lo so, non è una bella cosa e abbiamo dei figli parecchio empatici, ma hanno diritto di saperlo, così come tuo padre. Penso che ne sarà felice, così come i nostri figli, anche perché, se lo sapessero più avanti, quando lui non ci sarà più, e si rendessero conto che effettivamente abbiamo tolto loro la possibilità di conoscerlo, si arrabbierebbero a morte.”- gli faccio notare.

 

Ian annuisce debolmente, capendo le mie parole e le mie intenzioni.

 

“Come prima cosa potresti… Vederlo, no?”- gli propongo.

“Io… Non so nemmeno cosa dirgli, non… Non so nemmeno se sarò in grado a parlargli…”- ammette abbassando la testa.

 

Mi fa male così, devo ammetterlo. Non l’ho quasi mai visto in questa situazione perché è ottuso e abituato a tenersi tutto dentro, ma quando lo fa è una cosa struggente.

 

“Basta anche solo un semplice saluto… Non posso dirti cosa dirgli, è tuo padre e sono sicura che le parole, una volta entrato, usciranno da sole.”- gli dico accarezzandogli una spalla.

 

Lui finalmente alza lo sguardo su di me e, dopo avermi sorriso, seppur debolmente, mi lascia un casto bacio sulle labbra.

 

“Non so cosa farei senza di te, lo sai vero?”- mi chiede lui accarezzandomi una guancia con il dorso della mano.

 

Anche io non so cosa farei senza di lui, sinceramente.

 

“Sai che ci sono sempre per te, qualsiasi cosa accada.”- gli rispondo io con un sorriso sincero.

 

Ian mi afferra la mano, un po’ tremante, e ci incamminiamo insieme verso la stanza del padre, percorrendo vari corridoi.

Bob non c’è, presumo sia dentro, mentre Robyn è seduta su una seggiola con il cellulare in mano. Ian mi lascia la mano e si avvicina alla sorella sussurrandole qualcosa all’orecchio, ma quest’ultima scuote la testa e gli rivolge uno sguardo rassicurante.

Ian torna indietro da me passandosi una mano tra i capelli.

 

“Le ho suggerito di tornare a casa, ma non mi ascolta.”- mi dice lui.

“Vai dentro, proverò io a parlarci.”- mi offro.

“Io… Vorrei che tu venissi dentro con me…”- mi dice lui.

“Per quanto voglia starti vicino, e sai che lo voglio, devi entrare tu, da solo. E’ giusto che tu e tuo padre rimaniate da soli, avendo anche un confronto magari. Se è sveglio parlaci, senti libero di fare come vuoi, ma se entro con te, anche inconsciamente, non sarai lo stesso se invece entri da solo.”- gli dico.

 

E’ giusto che abbia un po’ di tempo con suo padre da solo, senza di me. E’ giusto che si sfoghi, che urli, che pianga anche, ma deve stare da solo con suo padre, solo così potrà arrivare ad una conclusione, cosa che con me non potrà mai fare. Ian sembra capire le mie parole e, dopo aver annuito ed avermi guardato per l’ultima volta, entra all’interno della stanza del padre.

 

“Non l’ho convinto nemmeno io, sai?”- mi chiede debolmente Robyn alzando lo sguardo verso di me.

 

Mi siedo accanto a lei per tenerle compagnia.

 

“Ha la testa dura…”- le dico fissando la porta verde della stanza. -“Bisogna spronarlo.”

“Ascolta solo te…”- continua lei.

“Non sempre.”- le ricordo io sorridendole debolmente. -“Come stai?”

“Vuoi una risposta seria? Non lo so. E’ vero, purtroppo, non so come mi sento. Arrabbiata, sicuramente… Triste, anche…”- mormora lei.

“Sono tutte emozioni giuste.”- le rispondo sospirando. -“E’ giusto provare tutto ciò.”

 

Qualche istante dopo Bob esce dalla stanza e, con mio sollievo, dietro di lui non c’è Ian, quindi molto probabilmente sta facendo la cosa giusta.

 

“Si stava svegliando quando sono uscito.”- ci avvisa. -“Penso che… Ian abbia diritto di rimanere solo con lui.”

 

So che è impossibile che tutto si aggiusti, ma spero che lo si faccia almeno in parte.

Bob decide di andare a casa e rifiuta gentilmente la mia proposta di dormire, almeno per la notte, a casa nostra, ma purtroppo non può trattenersi perché la moglie è via per lavoro e i suoi figli sono con gli zii e non se la sente di lasciarli da soli.

 

“Tu invece potresti. Andare a dormire, intendo. Starò qui io ad aspettare Ian.”- dico a Robyn porgendole il mazzo di chiavi. -“A casa nostra abbiamo molte stanze libere ed è tardi. Domani potrai essere ancora qui senza fare nuovamente tutta la strada. Bob non ha accettato, ma tu potresti.”

“Nina, io-”

“Non succederà nulla se dormi un po’. I bambini sono a casa di mia madre e noi penso che torneremo tra un po’.”- gli dico accennando con la testa la porta. -“Così domani mattina potrai venire liberamente qui.”

 

Robyn, dopo altri minuti passati a convincerla, accetta e mi ringrazia in mille modi, poi se ne va. 

Controllo l’ora al cellulare e mi passo una mano tra i capelli, esausta. Quasi mezzanotte. Decido di inviare un messaggio a Julie scrivendole che domani, per problemi che le spiegherò meglio, io e Ian non andremo a lavoro -Ian non è nelle sue piene facoltà e io non voglio lasciarlo da solo. Vorrei avvisare anche Paul e Phoebe, perlomeno dire loro che i bambini sono con mia madre, ma sicuramente interromperebbero la loro serata per correre in ospedale o a casa mia per recuperare i bambini e non voglio questo. Chiamo mia madre, per sentire come sta andando la situazione, e lei mi rassicura -ovviamente prima ha voluto sapere come stiano andando le cose e come stia Ian- sul fatto che i bambini siano già a letto, tutti e quattro, anche se un po’ turbati e curiosi per quello che sta succedendo -perché, ovviamente, non abbiamo detto nulla ai nostri figli, abbiamo trovato una scusa. 

Quando termino la chiamata ho gli occhi che si chiudono, così mi addormento, aspettando che Ian esca fuori. 

 

 




 

Tre settimane dopo.

                                                                                                                                (Dodici settimane)

Pov Ian.

Queste settimane sono state un inferno, il mio inferno personale, e ho trovato sollievo soltanto nella mia famiglia. Non ho mai avuto un buon rapporto con mio padre -forse da piccolo, ma non vorrei andare oltre- e l’ho recuperato solo nelle ultime settimane. Abbiamo parlato, tanto, abbiamo messo da parte entrambi l’orgoglio -se c’è una cosa che mi ripete sempre mia madre è che l’orgoglio l’ho preso da lui, non da lei- e ci siamo chiariti su alcune cose. Siamo finalmente riusciti ad avere un rapporto, simile a quello che un padre ha con un figlio, e proprio quando l’avevamo raggiunto e sembrasse che stesse meglio è morto

Quando mia madre mi ha telefonato per dirmi che mio padre, non lo consideravo più così da tempo, era malato, non avrei mai pensato di sentirmi così alla sua morte. Ci sarei sicuramente rimasto male, ma non così, mi è crollato il mondo sotto i piedi e mi sono reso conto, effettivamente, di come tenessi a lui, nonostante tutto quello che è successo tra di noi. Mi sono reso conto che mi sarei sentito così anche se non l’avessi più visto e stabilire con lui un rapporto non ha fatto altro che aumentare il mio dolore. 

Nina mi è stata affianco, dal primo all’ultimo giorno. Mi è rimasta accanto nelle notti insonni,  ha sopportato i miei sfoghi, le mie paure, ha sempre saputo consigliarmi le cose giuste e riservarmi sempre una parola dolce. Devo essere sincero, non so cosa avrei fatto senza di lei. Sono adulto, so gestire il dolore, ma una settimana fa è comunque morto mio padre. 

I gemelli, fortunatamente, hanno fatto appena in tempo a conoscerlo. Mio padre non sapeva di loro, sapeva a mala pena che mi fossi sposato con Nikki ed è rimasto profondamente sorpreso quando gli ho raccontato quello che è successo in questi anni e che stessi con Nina. Non ha fatto domande, mi ha solo detto Ho sempre saputo che Nina sarebbe stata la tua anima gemella e mi ha chiesto, timido e impacciato, di poter scambiare qualche parola con lei e di vedere una foto dei gemelli. Nina ci ha parlato e l’ha subito colpito -in senso buono- come la prima volta, è riuscita perfino a convincerlo a mangiare il brodo, la classica brodaglia fatta di acqua e pastina, che i medici gli avevano consigliato, cosa che io non sono stato in grado di fare. 

E’ stato il primo a sapere, della nostra famiglia, della gravidanza. Nina ha trovato giusto, ed io mi sono trovato d’accordo con lei, fargli sapere del bambino -o della bambina- in arrivo, almeno avrebbe avuto il ricordo di suo figlio con due bambini e un terzo in arrivo. Non l’ha detto a nessuno, lo so, ma è stata una delle più belle notizie della sua vita perché le altre due, a detta sua, sono state quando gli ho detto di Nina e dei gemelli. 

E’ stato un po’ difficile comunicarlo ai miei figli, ma hanno accettato la cosa di buon grado, anche se, quando è morto, ci sono rimasti male e hanno sofferto, perché gli si erano affezionati subito.

 

 

 

 

 

 

“Papà, ma il nonno sta poco bene?”- mi domanda Joseph stringendomi leggermente la mano.

 

Stefan mi tiene l’altra mentre varchiamo la soglia dell’ospedale. Ieri sera ho rivelato ai miei figli dell’esistenza di un altro nonno e ho spiegato loro che purtroppo non sta molto bene. Loro, dopo un attimo di sbigottimento, hanno voluto sapere come si chiamasse e se avessero potuto vederlo. Stefan mi ha anche chiesto perché lui non fosse mai venuto a trovarci e ho spiegato che non fosse assolutamente per colpa loro, ma perché io mi ero un po’ allontanato da lui quando ero più giovane perché lui si era trasferito distante -una mezza verità detta in fin di bene. 

 

“Si, tesoro, non sta molto bene.”- gli rispondo io schiacciando il pulsante dell’ascensore. -“Per questo non dovremo fare baccano, okay?”

“Possiamo comunque dargli la torta, non è vero?”- mi chiede preoccupato Stefan reggendo spasmodicamente la borsa dove c’è la torta.

 

I bambini, quando si sono calmate un po’ le acque e assimilato le novità, hanno deciso di preparare la torta anche al loro nonno -perchè lo considerano già tale, anche senza nemmeno conoscerlo- e l’abbiamo messa in una borsa. Non so se possa mangiarla, perché fa fatica perfino a fare quello, ma penso apprezzerà il gesto.

Quando gli ho detto di aver avuto due figli da Nina e raccontato sommariamente cosa sia capitato tra di noi, dopo avermi rimproverato per come mi sono comportato -mi ha dato una bella strigliata, lo ammetto- ha subito espresso il desiderio di voler conoscere i suoi nipoti. 

 

“Certo, sono sicuro che gli farà piacere.”- sorrido a mio figlio.

 

Sto metabolizzando la malattia di mio padre e ci ho messo parecchi giorni per farlo. Sto realizzando quello che sta accadendo e sto cercando di prepararmi ad ogni possibilità, anche se è difficile.

Ovviamente non dico ai miei figli che i medici potrebbero anche decidere di non fargli mangiare la torta, ci rimarrebbero male, quindi è meglio omettere qualche particolare. 

Arriviamo davanti alla stanza di mio padre e nel momento esatto in cui stiamo per entrare esce dalla stanza un medico baffuto in camice bianco. 

 

“Salve, signore, possiamo farle una domanda?”- chiede Stefan al medico, un po’ titubante e un po’ timidamente.

 

Il medico, accorgendosi di noi, mi rivolge un cenno di saluto, poi annuisce dolcemente ai miei figli abbassandosi alla loro altezza.

 

“Lì dentro c’è nostro nonno.”- gli spiega Joseph indicando la porta della stanza. -“E noi abbiamo preparato una torta per lui.”

“Può mangiarne un pezzo? Sappiamo che non sta molto bene, ma solo un pezzettino, anche uno piccolo piccolo…”- lo supplica quasi Stefan.

“Anche perché il resto lo mangerai tu, goloso come sei!”- lo rimprovera Joseph.

 

Il medico baffuto scoppia a ridere divertito, poi annuisce.

 

“Se vostro nonno ne ha voglia perché no. Però non troppa e nemmeno tu dovresti mangiarne così tanta.”- risponde ad entrambi per poi rivolgersi a Stefan. -“Potrebbe venirti male alla pancia.”

“Va bene signore, farò il bravo.”- gli promette Stefan.

 

C’è qualche altro scambio di battute, poi il medico mi fa cenno di distanziarmi un po’ dai bambini per parlarmi. I miei figli rimangono buoni davanti alla porta, in attesa di entrare.

 

“Come sta?”- gli chiedo subito.

“I valori sono stabili, uguali a ieri, anche se la pressione risulta comunque bassa.”- mi spiega il medico.

“Non ci sono miglioramenti, quindi…”- deduco io. 

“A questo stadio ci saranno sempre e solo peggioramenti… Ma la visita dei bambini gli farà sicuramente bene o comunque alzerà il suo morale.”- mi dice il medico indicando Joseph e Stefan. -“E’ sempre bello avere attorno la famiglia e quei due bambini lo faranno veramente felice.”

 

Annuisco e, dopo averlo ringraziato, raggiungo i miei figli e faccio cenno loro di aprire la porta. La prima cosa che noto è mio padre steso sul letto, con la schiena rialzata con dei cuscini, e mi sembra di vederlo ancora più magro di ieri -sembra troppo piccolo perfino per il letto. Non ha troppi tubi attaccati al corpo, rispetto a ieri, e sono convinto che abbia pregato qualche medico per rendersi appena presentabile e per non spaventare i bambini, anche se comunque hanno già visto Nina in quelle condizioni.

Joseph e Stefan rafforzano di più la presa sulla mia mano, un po’ timidi e un po’ preoccupati, nel vedere per la prima volta il nonno. Mio padre si accorge quasi subito di noi e, non appena vede i gemelli, i suoi occhi si illuminano di gioia. E’ la prima volta che vedo il suo sguardo così vivo.

 

“Ciao, io sono Joseph.”- si presenta mio figlio avvicinandosi di qualche passo al letto.

“E io sono Stefan.”- gli sorride l’altro mentre alza la busta con la torta. -“Ti abbiamo portato una torta alla cioccolata. L’abbiamo preparata anche con la mamma, ma papà ci ha dato un grande aiuto perché… La mamma non è molto brava in cucina…”

 

L’ultima frase la sussurra in modo quasi confidenziale e questo fa scoppiare a ridere mio padre.

 

“Non so cosa dire, io… Grazie.”- sorride loro poi emozionato. -“Siete bellissimi e siete grandi. Quanti anni avete?”

 

Chiudo la porta alle mie spalle, in modo che non si sente il baccano anche fuori.

 

“Otto anni.”- gli risponde Stefan avvicinandosi al fratello.

 

Mio padre sembra concentrato, forse è impegnato nel cercare di capire come distinguerli perché sono praticamente uguali. Anche io le prime volte ho fatto veramente fatica, eppure sono il padre. 

 

“Wow, ma siete propio due uomini!”- esclama mio padre e i miei figli si sorridono orgogliosi. Ormai si considerano grandi e, ahimè, hanno ragione. -“Assomigliate tanto a vostro padre, lo sapete?”

“Mamma ce lo ripete sempre.”- gli dice Joseph. -“Anche se il naso l’abbiamo preso da lei… O meglio, papà ce lo dice.”

 

Ridacchio divertito. Diciamo che sono un perfetto mix tra me e Nina e, fortunatamente, il carattere sembra assomigliare più al suo.

 

“Oh, lo vedo. Avete anche il suo viso.”- annuisce mio padre. -“E ditemi… Andate a scuola, vero?”

 

I bambini annuiscono e gli spiegano che sono in seconda elementare, di come siano in grado di leggere, scrivere e quali siano le loro materie preferite. Stefan gli spiega che a lui matematica non piace e mio padre gli risponde dicendo che è proprio uguale a me. I bambini alla fine lo invitano a mangiare un pezzo di torta e mio padre ci obbliga a mangiarne un pezzo -per Stefan non è un vero e proprio obbligo, visto che non aspettava altro. Noto che mio padre non ne mangia molta, ma fortunatamente i bambini non sembrano notarlo. Non è perché non gli piaccia, perché la passione per il cioccolato, che poi ho trasmesso ai miei figli, l’ho presa da lui, ma proprio perché, a causa della malattia, non ha molto appetito. Nel giro di mezz’ora viene a conoscere tutta la loro vita, dal loro sport preferito, ai loro animali preferiti -sottolineano più volte di avere due cani, un gatto che Nina odia (a dir la verità Nina non odia Klaus, solo che distrugge praticamente tutto quello che incontra) e tre cavalli, di cui uno mio- fino ad arrivare a parlare delle cose più disparate, come le nostre ultime vacanze e altro. Passiamo circa due ore in sua compagnia, perlopiù parlano i bambini e mio padre, mentre io ogni tanto intervengo, poi siamo costretti ad andare via perché ha alcune visite da fare. 

 

“Mi hai fatto il regalo più bello di tutta la mia vita nel vederli.”- mi dice lui prima di andarmene. I bambini sono qualche metro più in là e stanno discutendo su un gioco. -“Sono due bambini meravigliosi e… Ti assomigliano così tanto.”

“Si, sono meravigliosi.”- gli rispondo guardando i miei figli. -“Avevano il diritto di… Conoscerti…”

“Ian, io… Grazie per… Per questo. Davvero io-”

 

Lo blocco, prima che possa dire altro.

 

“L’ho fatto perché lo sentivo ed era giusto così, non devi ringraziarmi.”- gli dico.

 

Non posso dirgli nient’altro perché alla fine arriva un medico e lo porta via.

 

 

 

 

 

 

 

E’ morto tre giorni dopo quell’episodio. Da quella sera ha cominciato ad avere un declino che è durato quasi tre giorni, poi si è addormentato per non svegliarsi più. I medici ci avevano avvertito, ma è sembrato che avesse fatto di tutto per rimanere vigile per vedere nipoti, poi si è lasciato semplicemente andare. 

Il funerale è stato… E’ stato un funerale. Tutte persone vestite di nero, me comprese, a commemorare un defunto. Mia madre è rimasta con noi per qualche minuto, poi se n’è semplicemente andata. Non ho mai saputo -e non ho mai voluto sapere- che cosa abbia spinto i miei genitori a separarsi, ma so, l’ho visto, che anche mia madre ha sofferto per la sua morte. Non c’erano molte persone, la mia famiglia e qualche parente suo. Ovviamente c’erano anche quasi tutti i membri del cast e sarò loro sempre infinitamente grato. I gemelli , ovviamente, non sono venuti perché non è giusto che dei bambini assistano ad un funerale e sono rimasti con i genitori di Nina. Quest’ultima, ovviamente, era al mio fianco. 

 

“Sei ancora qui fuori?”- mi chiede una voce alle mie spalle.

 

Sento una coperta appoggiarsi sulle mie spalle e un sorriso mi affiora tra le labbra. Nina si siede accanto a me e appoggia la testa sulla mia spalla.

 

“Ti credevo disperso.”- continua poi.

 

Sono seduto sugli scalini sotto il portico di casa nostra. Mi sono preso qualche minuto per riflettere. E’ tardi, i bambini sono già a letto, ed ero convinta che anche Nina fosse crollata, invece è qui, accanto a me.

 

“Avevo bisogno di qualche minuto per riflettere.”- le spiego. Mi volto verso di lei e noto che è avvolta in una coperta e sospiro di sollievo, almeno non prenderà freddo. -“Ero convinto fossi già a letto.”

 

Queste settimane sono state frenetiche e Nina, alla sera, arrivava esausta, un po’ come tutti. Ora, però, le cose stanno tornando alla normalità. Ci vorrà un po’ di tempo -molto tempo- perché mi abitui alla morte di mio padre, ma devo conviverci. E’ vero che non l’ho visto per anni, ma ho sempre saputo che fosse da qualche parte, ora, invece, non lo vedrò più perché non c’è più ed è diverso. Ci sono stato male, ci sto ancora male, ma non posso piangermi addosso perché ho una vita da vivere con la mia famiglia.

 

“Ci ho provato, ma poi ho preferito venire qui per vedere come stavi.”- mi sorride lei. -“Sei sicuro di stare bene?”

 

L’ultima frase è preoccupata.

Prendo il suo volto tra le mie mani e la bacio.

 

“Sto bene, non preoccuparti, avevo bisogno di qualche minuto per pensare, ma sto bene.”- le dico ed è vero. -“Stavo pensando a mio padre e… Sono felice che non se ne sia andato senza prima rimettere le cose apposto.”

“Lo meritavate entrambi.”- mi dice lei accarezzandomi una guancia teneramente. -“E sono felice che tu l’abbia fatto.”

“Devo ringraziarti, io… Penso che non avrei mai avuto il coraggio di farlo senza i tuoi consigli…”- ammetto.

 

Ed è vero, Nina mi ha fatto cambiare completamente idea, ma è sempre così: lei mi indirizza verso la strada giusta.

 

“L’avresti fatto anche da solo, ne sono sicura.”- mi dice lei fiduciosa. -“Qualcuno deve sempre consigliarti, ma in cuor tuo c’eri già arrivato da un pezzo.”

 

Nina si stacca da me e si alza rabbrividendo leggermente.

 

“Io vado dentro, si muore di freddo qui fuori.”- mi dice lei stringendosi la coperta al corpo. -“Rimani ancora un po’ fuori?”

 

Guardo per l’ultima volta il cielo stellato e sorrido, poi scuoto la testa e mi alzo. Prendo la mano di Nina e ne bacio le nocche, mentre l’altra mia mano si appoggia sul suo ventre leggermente gonfio. In queste settimane si è gonfiato, ma riusciamo comunque ancora a mascherarlo.

Abbiamo avuto una visita tre giorni fa, quella del terzo mese, e la ginecologa ci ha detto che molto probabilmente scopriremo il sesso attorno al quarto e non stiamo più nella pelle.

 

“Andiamo, ho voglia di coccolarti un po’…”- le dico baciandole dolcemente una spalla.

 

Ho semplicemente voglia di tenerla tra le mie braccia, in questo momento è lei la persona di cui ho più bisogno. Nina mi sorride dolcemente e insieme varchiamo la soglia di casa. 

 

 

 

 

 

 

__________________________________________________

 

*E’ vero, i genitori di Ian si sono separati quando lui aveva all’incirca tredici anni.


No, non sono un miraggio. Dopo un anno e un giorno (avrei voluto aggiornare ieri, ma ho avuto degli impegni) eccomi qui ad aggiornare di nuovo questa fanfiction. I motivi, in sè, sono sempre due. Il tempo (ah, beato chi ha tempo) e il seguito che è drasticamente diminuito, sempre nel corso del tempo. Sono consapevole anche io che ormai questo sito, in particolar modo nella sezione Cast The Vampire Diaries, The Vampire Diaries e The Originals sia diventato un mortuorio, ma le persone scrivono si, per se stesse, ma anche per gli altri e a tutti fa piacere ricevere qualche parere sulla propria storia, suppongo. A me fa un sacco piacere *^*
Ritorno qui per le ragazze che mi hanno sempre lasciato una recensione, ma, anche per molte di voi che nel corso di questo anno mi hanno scritto messaggi in privato chiedendo quando avrei aggiornato e se avrei mai aggiornato. Ringrazio anche alcune ragazze che ho conosciuto nella vita reale che ogni giorno mi bombardano di messaggi chiedendomi l'aggiornamento della storia, prima su tutti Mary (ciao Mary, ciao :*). Quindi grazie, grazie a tutte voi in primis (o a tutti voi? C'è qualche maschio che segue? Presumo di no).
Questo è un capitolo che mi farà un po' prendere decisioni sul futuro, perchè non ha senso continuare se la storia viene poco seguita, ecco.

Ma, tornando a noi. Nello scorso capitolo ci eravamo lasciati con una chiamata, in cui Ian veniva avvisato dello stato di salute del padre. In questo capitolo, invece, abbiamo visto due facce della stessa medaglia, il padre vivo e il padre morto. Vi sareste mai aspettate che il padre di Ian morisse proprio ora? Ovviamente qui, nella vita reale non so nemmeno chi sia o dove sia, ma ovviamente gli auguriamo tutto il bene del mondo, ci mancherebbe. Ian e il padre (ripeto, nella realtà so solo che i genitori di Ian sono separati, non so come vanno le cose tra loro) non hanno mai avuto un bel rapporto, entrambi troppo orgogliosi per capire i propri errori, ma, proprio quando sembrava tutto perduto, un barlume di rapporto si è riacceso in loro, complici Nina, che l'ha spronato, e i gemelli con la loro dolcezza (quanto mi erano mancati questi due nemmeno lo sapete <3). E' un capitolo incentrato su Ian, sulla sua famiglia, sul suo dolore, perchè, sebbene non avesse questo granchè di rapporto con il padre, è distrutto dalla sua perdita. Ho voluto poi fare un salto temporale di tre settimane e non ho raccontato volutamente il funerale, un po' perchè mi sarei allungata troppo, un po' perchè è sempre dura, anche per finzione, scrivere cose del genere. Ho amato la scena a 4, dei quattro Somerhalder. Papà- figlio, papà-nonno-nipoti/figli. Perchè, nonostante tutto, i nostri piccoli gemelli avevano il diritto di conoscere il loro nonno, così come quest'ultimo aveva il diritto di conoscere Joseph e Stefan (pucciosi, as always *^*). Niente, spero soltanto che questo capitolo vi sia piaciuto, alla prossima <3

 

 

  
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Cast Vampire Diaries / Vai alla pagina dell'autore: Horse_