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Autore: french_toast    15/09/2018    1 recensioni
"Con quanta facilità la vita umana si spezzava! E quanto poco poteva la singola volontà di fronte alle trame imperscrutabili del destino! Ma poi c'era il mare che si stagliava immenso di fronte a lui, baluginava placido del riverbero rossiccio dell'alba; e allora tali questioni effimere venivano relegate ad altri, lontani meandri della sua mente, come se per un attimo non lo riguardassero, e prendeva a sorridere tra sé e sé come gli idioti."
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Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Belgio, Nord Italia/Feliciano Vargas, Paesi Bassi, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Napoli in quella guisa gli ricordava casa, o quantomeno, com'era quando l'aveva lasciata: lo scirocco lavava via il pulviscolo e i calcinacci e l'odore acre di sangue, che andava confondendosi inesorabilmente con quello dei fiori più tardivi. Vedendo pure la vita risvegliarsi pigolante e rotta sotto il peso delle macerie provava come una mestizia dolceamara, che raggiungeva altalenante dei picchi sempre maggiori ogni qualvolta sentiva delle donne battersi il petto su squarci lacerati, irriconoscibili di cadaveri. Con quanta facilità la vita umana si spezzava! E quanto poco poteva la singola volontà di fronte alle trame imperscrutabili del destino! Ma poi c'era il mare che si stagliava immenso di fronte a lui, baluginava placido del riverbero rossiccio dell'alba; e allora tali questioni effimere venivano relegate ad altri, lontani meandri della sua mente, come se per un attimo non lo riguardassero, e prendeva a sorridere tra sé e sé come gli idioti. 

Aveva trascorso una bella giornata, dopotutto. Quella di ieri era stata furibonda, di ordigni insidiosi e assassinii a sangue freddo. I bastardi avevano conficcato un proiettile nel polmone di Lino, in battaglia Quattropunte, e lo aveva visto rigurgitare fiotte di sangue ogni volta che, spirando, chiamava il nome di sua madre, ma già oggi questa visione grottesca si era andata sbiadendo nei suoi ricordi. Magari l'indomani l'avrebbe abbandonato del tutto. Oggi assieme ai i visi familiari dei superstiti aveva levato i calici per Napoli liberata, che più che calici erano vecchi bicchieri bassi e tondi e scheggiati perché percossi delle bombe, ed aveva scambiato qualche parola rotta con un americano dal viso tondo e allegro. Doveva avergli scaturito una certa simpatia, perché prima di andarsene gli regalò un pacchetto intero di Camel, che pensò bene di nascondere nel tascone dei suoi pantaloni.

Poi c'era stata anche Maddalena, con la sua chioma scura e fitta come la notte, le labbra a cuore rosso vermiglio, le gambe aggraziate e segnate in lunghezza da un pennarello- trucchetto adottato da molte, che in tempi come quelli era difficile procurarsi calze con  la riga. E la sua voce da sirena, la sua risata folgorante, e quel modo tutto suo di sospirare mentre gli accarezzava il viso, quasi a volerne ricavare il calco perfetto: "Ma quanto sei bello, Toni..." l'avevano trattenuto fino alle prime luci dell'aurora.

Magari un giorno l'avrebbe incontrata di nuovo, chissà. Per ora pensava solo a dove raccattare un giaciglio per riposare almeno quelle tre, due ore perché, da quel che ricordava, i suoi compagni erano partiti alla volta di un certo rifugio remoto e inutilizzato; noto forse soltanto a loro e ai randagi che spesso si ritrovavano a girovagargli intorno. E lui, come il coglione che è, troppo inebriato dai fumi dell'alcol e dai baci di Lena, si convinse che la sua moto non fosse totalmente a secco e che avrebbe potuto raggiungere in un baleno l'aperta campagna. 

Ma in fondo non tutto il male veniva per nuocere, pensava, seppur con gli occhi infossati e torvi dalla notte bianca, mentre osservava il baluginare placido di tutte quelle creste d'onda. Gli ci volle un po' per discernere la figura di un ragazzino che si muoveva alle sue calcagna, approfittando della scarsa penombra di un sole che ancora faticava a levarsi. Se quell'altro avesse avuto cattive intenzioni, era innegabile che avrebbe potuto trovare diverse occasioni per approfittarne, ma non lo fece: fischiò solo per attirare la sua attenzione e la ottenne, e questo gli bastava.
Prese a parlare quello sbarbato, cacciandosi una mano in tasca e mantenendo gli occhi sbarrati a metà, nel tentativo -futile- di sembrare quel po' più vissuto:
"Sei della resistenza, no?"

Il partigiano, che sentiva la lucidità abbandonarlo con una lentezza quasi tormentosa e che in determinate cose, per antonomasia, non era mai stato sveglio, sgranò forte quei suoi begli occhi color di foglia nell'asserire. Quell'altro subito riprese:

"Voglio entrarci pure io"

Fu allora che ne squadrò la figura, con la sua camicia stirata e le scarpe seminuove, ma risplendenti di lucido, le guance paffute non di candore infantile ma d'ingordigia, e l'ingordigia, nei conflitti di quella portata, era un lusso che potevano permettersi in pochi. Intrascurabile, poi, il modo in cui le sue ginocchia tremolanti tradivano la sua camminata spocchiosa. Non gli rispose, non ebbe la voglia di farlo, accusandolo a priori d'inettitudine, e ancora un po' ebbro si voltò e riprese a gongolare per la sua strada. 

Ma lo sbarbato non demordeva, proprio no! Come un segugio ben addestrato lo marchiava ad uomo e cercava di persuaderlo con frasi non solo menzognere, ma anche poco originali:

"Ho letto Marx", disse volendosi pavoneggiare, pur sempre pregando che l'altro non gli chiedesse di approfondire in materia "e anche Bakunin" era bene aggiungere, nel caso in cui il malcapitato non fosse comunista ma anarchico, e non andò oltre solo perché a detta sua non aveva faccia da liberalista. Non ricevette alcuna risposta ma pensò bene di perseverare, perché ormai che era scappato da casa non voleva più tornarci.

"Ho sparato già a un crucco, dritto nel petto. Non ho esitato un attimo, sai?" Deglutì di tanto in tanto, sentendosi addirittura la bocca stopposa nel pronunciare tali falsità. "E l'ho guardato nei suoi occhi di bestia mentre moriva" 

"Sei sicuro di averlo ucciso?" Non infastidita, non saccente e perniciosa arrivò la voce del partigiano, poiché lui era d'un'altra pasta d'uomo: anche le parole più brutali le pronunciava a cuor leggero, come un bambino che non conosce malizia. "Non ti ho mai visto in quattro giorni, e ho combattuto al Vomero, dove abiti tu, no?"

A volte capitava, negli strani casi della storia, che la rivoluzione iniziasse proprio dai quartieri più benestanti, e che lì stesso si districasse nelle guerriglie strenue e sanguinose, la sua naturale evoluzione. Il ragazzino alla sua domanda asserì quasi in un sussulto, come se il particolare definisse la sua persona più del dovuto, il che fu piuttosto eloquente per l'interlocutore.

"Tu i tedeschi non li hai visti manco da lontano, altro che ucciderli" Continuò quest'ultimo, e la risata sdrammatizzante che melodiosa seguì le sue parole fu l'unica cosa che gli impedì di apparire crudele. Ma le parole avevano comunque un loro peso, e il ragazzino, dal carattere orgoglioso ed aggressivo, andò sulla difensiva.

"Oh stronzo, come ti permetti?" Ringhiò al pari dei cani, con le labbra, tutto sommato graziose, torte in una smorfia inesorabile.  "Non sconfiggi il fascismo a casa tua e poi arrivi qui a fare l'eroe?" C'è da dire che il ragazzo avesse un udito finissimo e una propensione naturale a registrare i difetti altrui e tenerli a mente: nel caso del partigiano, aveva compreso che fosse spagnolo dal modo in cui pronunziava le sue "r", così morbide, e dalla cantilena astrusa del suo parlare. 

La guerra civile era una ferita ancora aperta nel petto dello spagnolo, aperta e bruciante: nonostante l'età gli impedisse di arruolarsi non gli mancò la volontà di lottare al fianco dei repubblicani, col tricolor al polso. Aveva ucciso, se necessario, e aveva visto uccidere, e più di una volta le sue mani grondarono sangue e i suoi occhi furono scavati e pregni di lacrime. Al contrario dell'imberbe menzognero, non riusciva a guardare le sue vittime spirare e colpiva e fuggiva via come un ladro, perché se si fosse soffermato troppo a lungo lui, cuore molle, sapeva che certe scene l'avrebbero tormentato nel sonno come erinni.
Stavolta quando rispose il tono fu duro:
"Senti, stai solo perdendo tempo: tornatene da tua madre"

In un primo momento non seppe dire con certezza cosa fece accendere, quella frase, nel ragazzo, ma lo vide guardare improvvisamente il lastricato con occhi vuoti e al contempo spaventosamente profondi, gialli e baluginanti di una luce sinistra, perigliosi come due canne di lupara. Poi realizzò: era orfano. E subito la sua mente tornò al momento in cui con sua madre e João sbarazzò, matto di dolore, il tavolo della sala da pranzo per far spazio al corpo straziato di suo padre. Provarono a dirgli che era morto con onore, non gl'importava in quel momento: era comunque morto. Si aggrappò forte, come quando faceva da bambino, al suo braccio freddo e rigido e aspettò invano che aprisse di nuovo gli occhi.

Napoli gli ricordava Barcellona, sì, sarà stato il barocco o la salsedine o la decadenza o tutte e tre le cose insieme, ma soltanto adesso gli era chiara l'equivalenza: se Napoli era Barcellona, il ragazzo era il suo esatto riflesso. Prescindendo l'estrazione sociale e il valore militare, cosa avrebbe anelato di più lui, da giovane, se non qualcuno su cui contare? Se non di potersi realizzare pienamente, anche in ambienti diversi da quelli che l'avevano accolto alla nascita! E anche diritto di volersi vendicare, sì, bisognava considerare anche quello. La vita non aveva fatto mancare niente a questo ragazzo, eppure si ritrovava a mentire come i ladri per entrare a far parte della Resistenza. 

S'impossessò improvvisamente di lui un istinto che più che amico fu paterno, quella strana volontà di prenderlo con sé e nasconderlo per sempre sotto la sua ala, che fece in modo di interrompere l'altro al principio di quella che si prospettava essere una lunga carrellata d'imprecazioni:

"Da mammeta, al massimo, vado! Pezzo di corn-"
"Ci ho pensato meglio, sei dei nostri"

Attonito, quell'altro dischiudeva appena le labbra dallo stupore. Non ebbe neanche il tempo di realizzare appieno la situazione che il partigiano gli porse la mano grande e tozza, affabile come solo lui sapeva essere. 

"Antonio Fernandez Carriedo, onorato di averti tra le nostre fila"
"Romano Lovino Vargas"

Antonio sorrise radioso, in quel modo che non ti faceva comprendere subito se fosse canzonatorio o estasiato "Che nome è Lovino?" Era canzonatorio. 
"Il nome di un mio antenato, se permetti!" Aspra arrivò la risposta, ed Antonio sorrise nuovamente nel sentirlo, a suo avviso, così affettuosamente bisbetico. Gli disse allora di seguirlo, che l'avrebbe portato a farsi amici gli altri. Ma proprio quando stava per dirigersi verso la sua motocicletta si girò di scatto, ricordando infine cosa avesse causato il loro incontro:

"Ho dimenticato una piccola clausola. Sei dei nostri se riesci a trovarmi una tanica di benzina"

---------note dell'autrice-------
Buonasera! Ecco dunque la seconda delle ff mai pubblicate! Dovrebbe, /dovrebbe/ essere una long, ho il secondo capitolo quasi pronto e un quadernetto su cui ho appuntato di tutto, dalla struttura della trama alle minuzie sulla backstory dei personaggi: ma il problema è il tempo e l'ispirazione che mi vogliono lasciare sigh sob tornate stronzette
Deliri a parte, un grazione GRANDE GRANDE a MariaLuna, o _Kilao su Efp, una ragazza speciale, dolcissima e fantastica che mi ha spacciato sottobanco moltissime informazioni sul dialetto e l'italiano regionale napoletano, sulle Quattro Giornate, e molto più in generale sulla vita della Napoli degli anni 40. In pratica senza di lei sarei morta. Detto questo, un grazie di cuore a chi ha letto fin qui! Siete anime pie e vi voglio bene 
   
 
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