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Autore: Claire DeLune    19/09/2018    0 recensioni
[Kirishima Ikuya]
I dissapori tra Ikuya e la sua vecchia squadra dell'Iwatobi SC si sono sciolti, ed ora che anche Hiyori ha provato l'emozione di nuotare al fianco di Haruka, si può guardare al futuro e a questi quattro anni di università con più serenità.
Tuttavia, Asahi nota che Ikuya ha ricominciato a comportarsi in modo strano, sembra li stia evitando, eppure non hanno più avuto discussioni da quando si sono chiariti.
Che cosa nasconde Kirishima Ikuya?
Genere: Comico, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haruka Nanase, Makoto Tachibana, Nuovo personaggio, Shiina Asahi
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Legame a Idrogeno'
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3.
Brutte sorprese
 
   «Tutto bene, Ikuya-kun?», bisbiglia Chiara per non disturbare gli altri spettatori in sala, intrecciando le dita a quelle del nuotatore.
   Il ragazzo accenna un sorriso fiacco, «Sono solo un po’ stanco».
   «L’allenamento è stato pesante?».
   «Oggi sì».
   La senpai poggia la guancia sul deltoide tonico di lui, e subito ogni singolo muscolo del giovane si irrigidisce a causa del gesto, nonostante lotti contro l’istinto di interrompere il contatto: averla così vicina a sé è davvero troppo bello per lasciarsi condizionare dai dogmi culturali con cui è cresciuto, «Se sei stanco, potevi dirmelo, avremmo rimandato a un’altra volta».
   Ikuya fa un bel respiro profondo, mettendo a tacere quella vocina tediosa che gli intima di fare il contrario, e poggia la guancia sul capo di lei. La sente sorridere, mentre l’epidermide di lui va a perdersi tra i setosi capelli di lei, «Sto bene qui».
   I fotogrammi della pellicola proseguono imperterriti, dando vita a un film adrenalinico e da cardiopalma, sebbene il tema collante sia una drammatica e avvilente storia d’amore, dove l’avventura da protagonista indiscussa diventa cornice.
   Lo stile di Baltasar Kormákur è inconfondibile, è crudo e brutale. Non ci si aspetta nulla di migliore o diverso da qualcuno che proviene da un paese come l'Islanda, dove gli inverni sono più freddi, i venti più minacciosi, le piogge più intense rispetto a qualunque altro paese nel mondo.
   Baltasar Kormákur è un montanaro e un navigatore, un vichingo, come scherzano alcuni, e fra le sue ossessioni vi è sempre la lotta, spesso impari, fra l'uomo e la natura. Una natura che non è "matrigna", che non tradisce né punisce senza ragione, ma che comunque presenta il conto a chi la sfida, perché per ogni istante di pura beatitudine davanti a un tramonto rosso-arancio sopra la linea dell'orizzonte c'è un cataclisma, o meglio una tempesta. Quella di Everest5 era di neve e ha portato alla morte di ventidue scalatori. Quella di Resta con me ha colpito invece una barca a vela che da Tahiti cercava di raggiungere San Diego e che era guidata da Tami Oldham e Richard Sharp, due ragazzi profondamente innamorati.
   Mentre continua la visione, Ikuya non può fare a meno di arrivare alla conclusione che il film in questione sia ricco di cliché, quasi che a tratti il termine “classico”, con cui si può definirlo, fa rima con “già visto”. Cliché che, tuttavia, al posto di annoiare, appassionano, grazie anche al fatto che la cronaca del naufragio in mezzo al Pacifico viene alternata con i ricordi della protagonista, che cominciano con la nascita della passione fra i due personaggi e finiscono con l’approssimarsi della tragedia, in un intreccio tra presente e passato, che evita il sentore claustrofobico di novantatré minuti di film sullo stesso yacht, e che, magistralmente, riservano la rivelazione sull’uragano solo alla fine, lasciando lo spettatore a crogiolarsi in un brodo di suspense e aspettative.
   È un thriller avvincente.
   Certo, è un po’ melenso per i gusti del nuotatore, ma almeno è realistico.
   Peccato che non riesca a gustarsi fino in fondo il film – il primo che va a vedere con una ragazza. E non una qualunque, ma la sua –, a causa del continuo vociare che soggiunge al suo finissimo udito dai posti alle sue spalle.
   A un certo punto, avverte uno sbuffo soffocato, come se la persona dietro di sé avesse appena ricevuto una gomitata nel costato, – non che non se la sia meritata la persona in questione: Asahi –, e decide che, no, ora non ne può più di far finta di niente. Solleva il capo da quello di Chiara, intento a voltarsi e dirgliene quattro a quei maleducati, che stanno rovinando l’appuntamento più intimo della sua vita, ma, per grande fortuna dei tre sciagurati amici del nuotatore della Shimogami, le minuscole mani della ragazza raccolgono il viso gentile di Ikuya, costringendolo a guardarla, «Ignorali».
   «Ma---».
   «Ikuya», si limita a pronunziare lei, con un’inflessione scandita, chiara, sicura, quasi autoritaria, così intransigente da impedire, quasi, al giovane di notare il nuovo grado di affettuosità nel suo richiamo.
   Il kun è scomparso.
   A parte i suoi amici più stretti e Natsuya, nessun altro si era permesso una tale confidenza nei suoi confronti.
   Non che a Chiara non la potesse concedere, a partire dal fatto che è pur sempre una sua senpai, che è suo diritto essere informale con lui, ma ancora non è pratico con le dinamiche tra fidanzati.
   In primis, perché Chiara è la sua prima ragazza, nonché l’unica che finora abbia attirato la sua attenzione.
   In secondo luogo, il background culturale della giovane è ben diverso dal proprio. Consapevolezza che non fa che agitarlo maggiormente, teme di cannare tutto con lei, di non comprenderla, di perderla e se ciò accadesse, sa già, in cuor suo, che lo distruggerebbe.
   Si può amare una persona dopo un solo mese di frequentazione? Ci si può innamorare così pazzamente di qualcuno, quando prima non si provava il ben che minimo interesse verso l’altro sesso? E non che non ne avesse avuto occasione. Frequentava un liceo misto e non è mai stato cieco; è sempre stato circondato di ragazzine infatuate, le scatole di cioccolatini e dolcetti vari sul suo banco il giorno di San Valentino ne erano la prova lampante. Eppure, solo dopo aver incontrato Chiara ha scoperto cosa significhi avere un tuffo al cuore, percepire il proprio corpo leggero come una piuma, nonostante i sensi siano tutti in allerta, vigili a percepire il ben che minimo segnale, perché, dannazione, le ragazze lanciano continui messaggi subliminali, spesso difficili da cogliere. Aggiungiamo che Chiara è straniera e la disfatta di Ikuya è assicurata.
   La ragazza abbozza un sorriso, soffiando sulla bocca di lui, «Puoi togliere il suffisso», risponde alle sue esistenziali domande inespresse. Avvicina ulteriormente il viso a quello di Ikuya, sul quale si sparge tutto il suo tiepido respiro, e che subito percepisce un immenso calore scaldargli le gote.
   Raccoglie il coraggio, Adesso o mai più, e, nervoso, si getta sulle labbra di lei, incastrandole alle proprie, che si modellano e amalgamano a vicenda, come se fossero state create appositamente per quello. Come due tessere d’un puzzle.
   Un puzzle perfetto.
   Con una mano Ikuya le stringe il fianco, mentre con l’altra le sistema una ciocca di capelli mori dietro l’orecchio, per poi poggiarla sotto di esso, sfiorandole appena la guancia con il pollice e la nuca con il resto delle dita.
Straordinariamente è l’impacciato nuotatore a dirigere il bacio. Un bacio lento, gentile, innocente che via via diventa sempre più coinvolgente e ardente.
   Ikuya si rende conto che anche Chiara lo bramava esattamente come lo agognava lui ed ogni tentennamento svanisce.
   Le dita di lei pian piano scivolano dietro il capo del ragazzo, intrecciandosi ai capelli neri di lui, mentre le carezze si affievoliscono fino a spegnersi.
   I due rimangono così, avvolti dalla penombra, con la sola luce del megaschermo a illuminarli fioca, con le punte dei rispettivi nasi che si salutano e gli sguardi incatenati l’uno a quello dell’altra.
   Un tramonto che si specchia nella sua antitesi: l’alba.
   Due sorrisi dolci compaiono sui volti dei due innamorati, a tratti timorosi per la reazione che potrebbe causare nella piccola folla che li circonda. E, in effetti, una reazione non tarda ad arrivare.
   «Allora è vero!», Asahi balza in piedi, spezzando definitivamente il silenzio religioso che aleggia nella sala, indicando teatralmente il giovane dinanzi a sé, «Ikuya ha… la ragazza?!».

[5] Altro film d’avventura e thirller di Baltasar Kormákur
   
 
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