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Autore: Laura Sparrow    21/09/2018    0 recensioni
Quinto capitolo della saga di Caribbean Tales. - La Perla è perduta. Jack è perduto. Una tempesta separa Laura Evans dalla sua ciurma e dal suo capitano, per gettarla sola su coste sconosciute. Devono ritrovarsi, mentre il pericolo incombe sottoforma di uno spietato cacciatore di pirati incaricato di trovare proprio loro...
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elizabeth Swann, Hector Barbossa, Jack Sparrow, Nuovo Personaggio, Will Turner
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 17



Fu strano ricostruire gli eventi immediatamente successivi.
Seppi che c'erano stati combattimenti al palazzo, per liberarlo dagli uomini di Balthazar e della vecchia ciurma di Silehard che lo avevano brevemente occupato mentre catturavano me, Faith e Teague, e rapivano i bambini della Sirena. In quanto a Silehard, lui fu trovato strangolato nella sua cella. Lanthier lo aveva raggiunto prima di noi.
Al contrario di quanto temevamo, la nave di Balthazar mollò gli ormeggi e se ne andò senza preavviso prima di poter venire ingaggiata in combattimento dalla flotta della Fratellanza. Si lasciò alle spalle sia i Pirati Nobili che la marina britannica sua alleata... come se non gli importasse più. Come se ora qualcosa avesse attirato la sua curiosità altrove. Sperai fosse soltanto per la fretta di portare il capitano in un posto dove potessero curarlo, e sperai che non ci riuscissero.
L'altro strano avvenimento fu la tempesta che imperversò il giorno dopo, senza essere stata preannunciata dalle nuvole o dal vento.
Durò tre giorni e tre notti. La flotta della marina finì semplicemente per allontanarsi e rinunciare all'assedio. Questa sarebbe stata una buona notizia, se non fosse stato per le navi della flotta dei Pirati Nobili, che all'interno della baia andarono pericolosamente vicine a finire sbatacchiate le une contro le altre, o a infrangersi contro gli scogli. Due navi andarono in pezzi. La Perla e la Sputafuoco furono tra quelle graziate per miracolo.
Una volta tornato il bel tempo ci limitammo a benedire la nostra fortuna e a non farci domande, ma più di una volta capitò che io e Teague ci ritrovassimo a scambiarci inavvertitamente sguardi, come se fossimo stati colti dallo stesso dubbio e cercassimo l'altro in una conferma silenziosa di quel che stavamo pensando. Non ne avevamo parlato, ma sapevamo entrambi che cosa avevamo visto, e ricordavamo le parole di Balthazar.
Era stata davvero solo una tempesta? E che cosa avremmo dovuto aspettarci in futuro?
Che ci piacesse o no, la minaccia più impellente pareva essere rientrata, e perciò non c'era più ragione che i Pirati Nobili restassero alla Baia. In molti cominciarono ben presto i preparativi per rimettersi in mare.
Quello di andarsene o restare fu un interrogativo che in breve tempo cominciò a riguardare un bel po' di persone sull'isola... la maggior parte dei quali non aveva nulla a che fare con la Fratellanza, ma aveva perso molto di più.

*



C'era un cimitero sull'isola, poco lontano dai confini della Città dei Relitti.
Mano a mano che ci si allontanava dal Palazzo costruito sulla roccia, quella lasciava il posto alla terra, all'erba e agli alberi. Il cimitero sorgeva su una collina verde, e non c'erano cancelli, muri o staccionate a definirne i confini. Immagino che lo lasciassero semplicemente allargarsi finché c'era spazio. Non avrei saputo dire quante generazioni di persone vi fossero sepolte: croci e lapidi sorgevano un po' ovunque, addossate le une alle altre, e nuove tombe erano state costruite sui resti di quelle più vecchie ormai in rovina.
Non c'erano soltanto croci. La cosa più affascinante era la varietà di oggetti che erano stati scelti a mo' di lapide o di offerta votiva.
A passi lenti camminai in mezzo a timoni piantati nel terreno, una quantità infinita di sciabole ossidate e pistole arrugginite appese a mucchi come grappoli d'uva, polene dalle sembianze di angeli o mostri marini, e altre talmente consumate da essere irriconoscibili, mappamondi sfondati, cappelli, stivali bucati, cattedrali di bottiglie vuote, un'intera scialuppa arenata, perfino l'antico cannone di una nave da guerra.
C'erano intere generazioni di pirati, là sotto. Spesso anche le loro famiglie, quelle che si erano trattenute a popolare l'Isola dei Relitti.
Forse un giorno sarei stata sepolta lì anch'io.
Avrebbe voluto essere un pensiero dolceamaro, eppure appena mi attraversò la mente mi sentii cogliere da uno sconforto così profondo che dovetti fermarmi. Ingoiai un groppo in gola e, appena ebbi ripreso fiato, mi costrinsi a proseguire per raggiungere la tomba che temevo così tanto di dover rivedere.
Poco più avanti trovai Nathaniel in piedi, con le braccia incrociate dietro la schiena e le spalle curve.
La tomba di Sylvie Hawk sorgeva in un piccolo spiazzo ancora abbastanza sgombro. Su un fazzoletto di terra sorgeva la piccola lapide sulla quale era stato inciso il suo nome, e attorno, come a compensare la semplicità del cippo, si era raccolta via via una montagna di offerte in fiori selvatici, boccali, e conchiglie, una distesa infinite di conchiglie di ogni forma e colore.
Mi fermai accanto a Nathaniel e restammo in silenzio per alcuni minuti, senza guardarci ma fissando soltanto la tomba. Sapevo che probabilmente sarebbe stata l'ultima volta in cui saremmo stati insieme al cospetto di Mrs Hawk.
- Come stai?- domandai dopo un po'.
Nathan sospirò silenziosamente e strinse le spalle.
- Non lo so. - continuava a non distogliere lo sguardo dalla lapide. - Non so nemmeno perché sono ancora qui. Avreste dovuto sbattermi in cella per quello che vi ho fatto. -
Alzai gli occhi al cielo e annuii.
- Sì, forse avremmo dovuto. Ma se non fossimo disposti a perdonare qualche voltagabbana, ogni tanto, noi pirati rimarremmo in ben pochi. - anche il mio sguardo tornò a terra. - Sei stato perdonato. Non c'è bisogno di rivangare ancora questa storia. -
- Mi dispiace. -
- Lo so. Anche a me. -
Ancora silenzio. Lasciai scivolare gli occhi sulle forme delle conchiglie che formavano una sorta di mosaico sopra la tomba di Sylvie, in gran parte portate lì dai bambini della Sirena, poi finalmente mi decisi a rialzare il capo e fronteggiare Nathaniel faccia a faccia.
- Che intendi fare adesso? È probabile che Isla Muelle sia tornata ad essere sicura. So che alcuni dei civili vorrebbero tornare, e hai la mia parola che faremo tutto il possibile per garantire un trasporto a chiunque lo desideri. -
- Sì, l'ho saputo. - rispose piano il ragazzo, annuendo. - Ancora non ho deciso neanche questo. Alcuni preferirebbero rimanere e rifarsi una vita qui, Ben forse potrebbe ritornare e riprendere in mano la Sirena e io potrei restare, o... o forse dovremmo fare il contrario. -
- Sei libero di fare quello che vuoi. Fa ciò che preferisci, e nessuno ti impedirà di partire o di restare. -
Nathan si voltò e mi scoccò un'occhiata più animata, aggrottando le sopracciglia come se si chiedesse se scherzassi.
- Ho sparato in una gamba al Custode del Codice. - disse lentamente.
Ci pensai sopra. Ci pensai sopra per un lungo istante.
- … Ripensandoci, stai lontano dal Palazzo. -
Corse una scintilla di cupo divertimento fra di noi, un'ombra di quella che era stata la nostra vecchia amicizia, e per un momento sbottammo entrambi in una risatina condivisa, amara, ma sincera.
Forse un giorno avrebbe accettato di non essere l'eroe della sua storia. Almeno, non il tipo di eroe che lui avrebbe voluto. Forse avrebbe smesso di lottare così tanto per tentare di convincere il resto del mondo a trattarlo come tale. La morte di sua madre era ciò che lo aveva fatto crollare, o era invece la scintilla che lo aveva fatto rinsavire all'ultimo istante? Oppure era stato salvare la vita al bambino, uno dei suoi bambini, quelli che si era ripromesso di proteggere, a recuperarlo prima che fosse troppo tardi?
Non avrei saputo dirlo, ma in ogni caso era triste che ci fosse voluto l'assassinio di Mrs Hawk per condurlo dove ci trovavamo ora.
- Arrivederci, Nathaniel. -
Lo lasciai sulla collina a meditare ancora un po'.
Non sapevo che avrebbe fatto, o cosa sarebbe stato giusto fare per lui. Qualunque conclusione dovesse trarre, mentre dava l'ultimo saluto a sua madre, sapevo che stavolta avrebbe dovuto arrivarci da solo.

*


Lo sconforto che mi aveva provocato la visita alla tomba di Mrs Hawk non mi lasciò neanche quando ritornai al Palazzo. Non avevo voglia di parlare con la ciurma, o di chiedere ancora notizie di Teague, che peraltro sapevo stesse guarendo senza fatica, a dimostrazione che la sua pellaccia era dannatamente dura. C'era una sola persona in tutta l'isola di cui desideravo disperatamente la compagnia.
Vagai nei meandri del Palazzo sperando di trovarlo, ma avevo rimesso piede nell'edificio solo da qualche minuto quando mi imbattei in un'altra scena. Mi trovavo al primo piano, camminavo lungo uno degli antichi parapetti di galeoni che ora fungevano da balcone. Sotto di me una liscia pedana di roccia affiorava dall'acqua della baia, lambita dalla corrente tranquilla.
Mentre passavo, udii due voci conosciute. Mi accorsi di Will ed Elizabeth che si trovavano proprio sotto il balcone, a pochi metri di distanza da me, sulla sponda rocciosa.
- Che cosa vorresti fare?- stava domandando Will. Il suo tono era calmo, quasi rassegnato.
Elizabeth invece era infervorata. La vidi, in piedi, fermarsi sul ciglio della pedana di roccia e voltarsi verso il marito: stringeva qualcosa contro al petto. Alla domanda di Will protese di scatto il braccio sopra l'acqua.
- La restituirò al mittente!- esclamò, con lo sguardo che mandava lampi. Vidi qualcosa dondolare dalla sua mano. - Che lei se la riprenda! Non può esigere più nulla da noi!-
Avrei voluto chiamarli e renderli partecipi della mia presenza, ma in quel momento non seppi dire se sarebbe stata una buona idea. Restai in silenzio. Elizabeth stringeva tra le dita un laccio di cuoio, dal quale pendeva quella che sembrava una pesante chiave di ferro arrugginita.
Avevo già visto quella chiave. E, ora che ci pensavo, Elizabeth non aveva mostrato a nessuno quale dono sgradito Balthazar le avesse fatto recapitare.
William tese una mano verso di lei, senza far cenno di volerla fermare, solo invitandola.
- Purtroppo non possiamo saperlo. -
- Questa era già in suo possesso! - Elizabeth si morse le labbra, un gesto di stizza che le avevo visto fare fin da quando eravamo ragazze. - Consegnarcela non rappresenta alcuna sfida per lei, è solo... un insulto. Uno stupido insulto. -
- Elizabeth... -
Lei si spostò bruscamente, tornando a stringere la chiave al petto, e si accostò a Will faccia a faccia alla distanza di un respiro.
- Pensa forse di poter rimettere il tuo cuore in quel forziere, finché ci sarò io a impedirglielo?!- quasi gridò.
Will colmò la distanza fra di loro, le posò le mani sulle spalle e la strinse.
- Non può. Secondo i patti che lei onora, non può. - mormorò. - Ma ora Calypso serve un nuovo padrone, e non sappiamo che cosa aspettarci. È un invito a non contrariarla. E in quel forziere... c'è ancora il cuore di mio padre. -
Di malavoglia, Elizabeth annuì a labbra strette. La sua mano cercò quella di William, lasciò a lui la chiave. Guardai i miei amici abbracciarsi in silenzio, e come una ladra mi allontanai.
Decisi quindi di ritirarmi nella nostra camera nel ventre del relitto, in attesa che il capitano cogliesse il messaggio. Pochi minuti dopo udii Jack bussare con discrezione alla porta.
- Da quando in qua hai bisogno di bussare?-
Lo abbracciai mentre stava ancora sulla soglia. Sprofondai con lui in un bacio caldo, dolce, mentre era lui a girare la chiave nella serratura e a prendermi per la vita guidandomi fino al nostro letto. Per un po' non volli altro che sentire le sue braccia attorno a me e continuare a baciarlo senza fretta, arenarmi in quel porto sicuro che era il letto morbido sotto la mia schiena e il suo peso rassicurante.
Poi gli strinsi le gambe attorno ai fianchi e fui io a spingerlo sotto di me.
Più tardi restammo a lungo sdraiati contro la testiera del letto a guardare attraverso le assi alla finestra le strisce di luce del sole che tramontava. Con la testa comodamente appoggiata sul mio seno nudo, Jack era rimasto in silenzio per così tanto tempo che lo credetti addormentato, ma a un tratto si mosse e alzò lo sguardo.
- Vi piace questo posto, signora Sparrow?- domandò in tono pigro. Lo cinsi con le braccia per impedirgli di spostarsi.
- La compagnia mi piace. - replicai. Jack rise.
- Pensi che sarebbe un buon posto dove far crescere un bambino?-
Intuii la serietà nelle sue parole.
- Non lo so... Non vedo perché no. E tu? Tu sei cresciuto qui?-
- Io sono nato a bordo di una nave sull'oceano indiano durante un tifone, c'è voluto un po' prima che toccassi la terraferma... -
- Sul serio?-
- Serissimo. Ma ho passato qui tanti begli anni. -
Mi misi a sedere più comoda, col braccio ancora attorno al collo di lui.
- Mi piace questo posto, mi piace che sia un porto franco per tutti i pirati, e mi piace la comunità di gente libera che abita nella Città. Se mi chiedi se mi piacerebbe crescere qui nostro figlio, ebbene, non dico di no. Probabilmente ci sono pochi altri posti dove potremmo essere più al sicuro che qui. -
- Anche se io non dovessi esserci?-
- Di cosa stai parlando adesso?-
- Solo perché io ho deciso di fare il mio ingresso durante una tempesta in mare aperto, non significa che consigli l'esperienza... Sto parlando del fatto che avremmo bisogno di un posto dove fare una sosta. Una sosta anche di qualche anno. Un posto dove tu possa stare al sicuro, e dove io possa andare e venire con la Perla. -
Per qualche momento non parlai. Sapevo che cosa mi stava chiedendo, e avevo sia temuto che aspettato il momento in cui il discorso avrebbe preso quella piega. Jack dovette accorgersi della mia espressione torva, e attese che raccogliessi i pensieri per rispondergli.
- Fin dal giorno in cui ti ho conosciuto... – le parole mi scivolarono fuori dalle labbra come un’ondata inarrestabile e amara. - ...mai avrei potuto credere che un giorno mi avresti chiesto di rimanere a casa a fare la moglie.
Jack alzò lo sguardo di scatto, e arricciò le labbra in una smorfia offesa.
- Dal canto mio io sarei per mare a fare il marito, e questo significherebbe ritornare da te, immancabilmente, puntualmente alla fine di ogni scorreria, e anzi essere ben felice di farlo. Forse mi sono sbagliato e la cosa non è di rilevanza?-
- La è!- scattai. – Certo che la è! Credi che potrei non fidarmi di te, Jack? Ovvio che mi mancherai, ma lo so che tornerai da me! È solo... –
- Che cosa?-
- Il mare! La Perla! Il mio ruolo, tutto! Tutto questo mi mancherà! E non vi avrei rinunciato per niente al mondo, per nessuno, se non per... – mi fermai, con la mano premuta sul ventre, mentre poco a poco riprendevo il controllo. Presi un gran respiro e abbassai la voce, chinando il capo. – Se non per lui. Lo farei, per lui. Ma mi mancherete tutti. –
Jack si avvicinò e mi prese le mani fra le sue. Mi guardava con espressione incerta, ma lo conoscevo troppo bene per non sapere che capiva.
- Solo per qualche anno. – sussurrò. – Non c’è bisogno che ti dica che il mare aperto non è posto per un neonato. Specialmente adesso che... specialmente con... –
- Balthazar. –
Il suo nome cadde fra di noi insieme al ricordo del giuramento che aveva gridato in riva al mare, quando aveva versato il sangue del bambino e quasi era riuscito ad affogarlo. Pensai alla vestina da neonato ingiallita dall'acqua salata. Annuii, stringendogli le mani.
– Lo so. Non gli permetterò mai più di arrivare a me. A noi. Non permetterò che succeda. – sospirai e feci un altro cenno d’assenso, più definitivo. – Ed è per questo che... finché servirà... resterò qui. –
- Non ho certo intenzione di lasciarti con le mani in mano. – l’ombra di un sorriso malizioso attraversò il volto del capitano. – Voi, signora Sparrow, terrete il Palazzo dei Relitti in mia vece. Come Pirata Nobile, mentre il sottoscritto sarà assente. –
- Che cosa?!-
- Sai che non ho mai amato il titolo. – Jack mi voltò la mano e mi lasciò nel palmo un oggettino colorato. Il filo di perline e la zanna lucida, il suo pezzo da otto. – Ma tu potrai contare su Teague, e su Elizabeth, e scommetto che anche a loro non dispiacerà avere almeno un altro Pirata Nobile di cui possono fidarsi invece di doversi guardare le spalle. Non sto contando solo su un porto franco, Laura. Sto contando su una casa, una casa per noi, e il Palazzo dei Relitti può essere esattamente questo. Funzionerà. -
Si era ormai fatto buio oltre le finestre chiuse dalle assi, le ore della notte scorrevano le une sulle altre, e noi eravamo ancora lì nella luce delle candele, appoggiati l'uno alla spalla dell'altra.
- Devi prenderti cura della Perla. Non voglio trovare un rottame dal legno che marcisce, quando tornerò. -
- Ti ricordo che ho sempre avuto la massima cura della mia nave. -
- E, ti prego, fai in modo che la ciurma non si ammutini nel giro di un anno. -
- È successo solo una volta!-
Mi rigirai fra le lenzuola, lo abbracciai, realizzando che presto non lo avrei avuto nel mio letto tutte le notti, e che momenti come quello sarebbero stati preziosi. Appoggiai la fronte contro la sua spalla.
- Ti aspettavi che un giorno avresti avuto una casa a cui tornare?- domandai, soffocando una risata.
- Ho imparato a non lasciarmi sorprendere da nulla. Chissà che cosa si dirà del capitano Jack Sparrow nel giro di qualche mese?-
Jack ridacchiò di rimando mentre mi teneva stretta. Lo udii sussurrare con le labbra contro il mio orecchio.
- Racconterò storie. Storie che andranno a contraddire anche quelle che ho raccontato in precedenza. Storie di maledizioni che non sono mai avvenute, e di altre che non sono mai state spezzate. Storie che confonderanno le idee a tutti. Potrei anche raccontare che in una decina d’anni il capitano Jack Sparrow si aggirerà ubriaco nei vicoli di Tortuga come un barbone, senza ricordi, senza una nave, ridotto alla barzelletta di se stesso, e tutti ci crederanno. Forse perfino Balthazar, e magari si dimenticherà di noi. –
Alzai una mano per prenderlo per la nuca, e lo baciai per zittirlo.
- Racconta quello che vuoi. - mormorai. - A me basta che ritorni sempre da me. -

*



La gamba di Teague andava migliorando, anche se il capitano un giorno dichiarava che non avrebbe camminato mai più mentre quello dopo annunciava di essere pronto a rincorrere il responsabile per tutta l'isola e rendergli pan per focaccia. Fortunatamente, non sembrava mai realmente intenzionato a mettere in atto le sue minacce.
Avevo cominciato a fargli visita ogni giorno. A volte era in vena di parlare, altre si chiudeva in un infrangibile mutismo, ma ci scoprimmo presto in grado di apprezzare la reciproca compagnia anche senza bisogno di scambiare una sola parola.
Ancora di più da quando aveva acconsentito a mostrarmi l'originale Codice dei Pirati. Avevo intenzione di imparare tutto il possibile sulla Fratellanza e su quel che significava, e quel libro sembrava essere la chiave perfetta per farlo. Avrei potuto trascorrere giornate intere a scorrere le pagine ruvide di quel tomo monumentale, scoprendo di pirati leggendari che non avevo mai sentito nominare e di regole antiche che ormai forse solo il Custode ricordava, mentre Teague se ne stava in fondo alla stanza a strimpellare la sua chitarra e ai miei piedi il cane delle chiavi se ne stava accucciato sul pavimento, scodinzolando ogni volta che udiva lo scricchiolio di una pagina che veniva voltata.
Il giorno dopo il mio dialogo con Jack, ero intenta proprio a quell'occupazione quando l'anziano Sparrow distolse l'attenzione dal suo strumento e mi chiamò.
- Ti stai preparando?- mi domandò dal nulla, come se avessimo ripreso una conversazione interrotta.
- Per che cosa?-
Non avevamo ancora accennato al fatto che mi sarei stabilita al Palazzo dei Relitti... anche se probabilmente lo aveva già intuito, o gliene aveva parlato Jack. Ripensai, tra me, che quest'ultima opzione in verità era più improbabile: Jack non sembrava mai incline a discutere con suo padre di cose troppo personali. Lo testimoniava il fatto che io stessa avessi saputo della sua esistenza non più di una manciata di giorni prima.
Teague strimpellò distrattamente una scala di note sulle corde dello strumento. - Per far parte della Fratellanza. -
Mi strinsi nelle spalle e feci un cenno vago col capo che non voleva dire né sì né no.
- Nel Codice c'è tutto quello che un pirata avrebbe bisogno di sapere, e che di solito non impara nemmeno nell'arco di una vita. Ci vorranno settimane, forse mesi, per leggerlo tutto e per ricostruire tutti gli avvenimenti a cui si riferisce, e... Beh, di certo sarebbe un peccato non approfittarne, finché sono qui. -
Il capitano annuì con aria pensosa.
- A te sta bene, come compromesso?-
Finalmente sorrisi e mi voltai a guardarlo. - Sì. - risposi, sinceramente. Poi gli dissi quel che di certo sapeva già, ma io non gli avevo ancora detto di persona. - Jack vi avrà detto che stiamo per avere un figlio. Anche io voglio che stia al sicuro, anche se questo significasse stare lontana dal mare per un po'. -
Teague non rispose e continuò a suonare con fare distratto. Fu solo dopo qualche minuto che tornò a parlare, senza smettere di pizzicare le corde, e il suo sguardo era perso nel vuoto come se rincorresse pensieri molto lontani.
- Jackie ha paura dello scorrere del tempo. - mormorò. - Ha paura di vederselo scivolare via tra le dita. Ha sempre temuto che il mondo intero dopo un po' finirà per dimenticarsi di lui e lo lascerà indietro in qualche oblio, per questo ha viaggiato così tanto, corso così a lungo, e ha fatto in modo di non essere mai dimenticato facilmente. -
Si fermò per un attimo, e sbirciandolo vidi comparire quella ragnatela di rughe profonde che si rincorrevano sulla sua faccia le volte che sorrideva.
- Ma, ti dirò... sono contento che non sia solo. Un figlio è un discreto orologio che ticchetta, non trovi? Anche se, parola mia, se c’è qualcuno qui provato dallo scorrere del tempo, al momento sono io. Dicono che il primo nipote sia l’avviso che la sabbia nella tua clessidra sta per finire. -
- Non penso proprio sia il vostro caso, Teague. -
- Chissà. - scrollò le spalle, tornò a guardarmi come se fosse ritornato all'improvviso al presente e riprese, in tono sbrigativo. Ma ormai stavo imparando a riconoscere una curiosa forma di affetto nascosta nei suoi modi ruvidi. - Non potrete essere sempre in giro per mare, specialmente non adesso. Qualche volta ti toccherà aspettarlo. Quel che importa è che voi due possiate sempre avere un porto sicuro e, avete la mia parola, quello si trova qui. –
Allora capii che mi stava dicendo esattamente ciò che Jack mi aveva detto la notte prima, nella camera ricavata nella pancia del relitto, le parole che senza saperlo aspettavo da tutta la vita di sentire.
Benvenuta a casa.





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