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Autore: KomadoriZ71    21/09/2018    0 recensioni
{ Serie: Periegesi | HOENN | Ship&Other }
Ehi, ciao!
Finalmente sono tornata con questo nuovo e piccolo progetto, una raccolta in cui ogni città della regione di Hoenn avrà la sua storia a sé stante.
Fin da piccola sono rimasta affascinata dalla terza generazione e tutto ciò che racchiude, appena mi è saltata in mente l'idea non ho resistito e ho cominciato a scrivere. Non posso premettere niente dato che i vari capitoli sono ancora in fase di sviluppo, ma spero di essere stata abbastanza chiara con le spiegazioni e non posso fare altro se non augurarvi una buona lettura.
- Lily
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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Brunifoglia

Comunità rurale ricca di orticelli


 


 

 

 


 


 

Brunifoglia era una modesta cittadina nata tra le montagne, situata a Nord-Est di Hoenn. Attraversata da un'unica via principale che collegava il Percorso 113 al Percorso 114, era caratterizzata da paesaggi rurali che la rendevano differente e particolare rispetto alle altre città della regione. Il territorio era fertile e argilloso grazie alle acque del lago, l'unico ecosistema in grado di ospitare Pokémon come Barboach, Whiscash e Lombre.
Anche il Monte Camino era in grado di caratterizzare l'ambiente circostante, il Percorso 113 era rinomato per la cenere vulcanica che scendeva dal cielo e ricopriva il suolo con un leggero manto grigiastro. I bambini che non avevano il timore di affrontare gli Skarmory selvatici, erano abituati a inoltrarsi nella vegetazione per dedicarsi alla raccolta della cenere e portarla del vetraio che abitava nelle vicinanze.
Brunifoglia era abitata esclusivamente da famiglie e anziani, era raro vedere giovani forestieri approcciarsi a una città in cui le tecnologie erano ancora in uno stato embrionale e mal funzionante. Lì non esistevano Palestre Pokémon e gli Allenatori si avvicinavano per pochi motivi: o bussavano alla porta del famoso “Guida Mosse”, oppure la percorrevano per raggiungere l'abitazione dell'esperto Fossili o le Cascate Meteora del Percorso 114.
Come era successo per Mentania, l'apertura del Tendone Lotta aveva fatto la differenza, permettendo al piccolo borgo di diventare una sorta di meta turistica. In quella struttura molto simile a un Dojo Lotta, gli Allenatori si potevano iscrivere per affrontare la sfida del “Torneo tre Turni”, una modalità singolare in cui le lotte duravano tre turni e gli esiti venivano decisi dall'arbitro, una figura esterna che sceglieva il vincitore alla fine dell'incontro, basando la sua scelta su tre criteri fondamentali: la mente, cioè le mosse offensive; l'abilità che simboleggiava gli attacchi andati a segno e il corpo, un criterio che faceva riferimento ai punti salute delle creature.


 

 


 


Quel pomeriggio Lanette aveva abbandonato la sua postazione per dare una rapida occhiata al pc del Centro Pokémon di Brunifoglia, una routine che le permetteva di rendere il servizio attivo e lontano da guasti o disagi vari.
Durante il ritorno la ragazza non aveva smesso di riflettere sulla situazione attuale, del cambiamento radicale che aveva portato la partenza improvvisa di Colette. Lei e la sorella maggiore avevano fatto molto per Hoenn, avevano messo mano sul Sistema Memoria Pokémon di Bill per migliorarlo e inserire nuovi programmi aggiuntivi. Sfondi, una capienza maggiore... Elementi in grado di semplificare la vita degli Allenatori.
La giovane studiosa sospirò per staccarsi dalle riflessioni, iniziò a sorridere solo quando intravide la silhouette di casa in lontananza. Non vedeva l'ora di liberarsi del peso dei borsoni, di tornare a lavorare sugli attrezzi informatici che spegneva con una certa rarità. Da sempre adorava la posizione del laboratorio personale, di come la villetta in cui era cresciuta fosse diventata un contenitore ricco di oggetti elettronici e cavi dalle varie misure. Aveva deciso di non abbandonarla, era innamorata dell’affaccio sul lago e la natura selvaggia le dava la possibilità di condurre le sue ricerche nel relax più totale.
I caldi raggi del sole si abbattevano sul Percorso 114, rendendo l'aria afosa e difficile da respirare. L'assenza di allenatori permetteva ai versi dei Pokémon di echeggiare in tutta la zona, ogni tanto gli sbuffi bollenti del vento facevano ondulare le frasche che circondavano il sentiero asfaltato.
Lanette sospirò, esausta e per niente abituata a compiere sforzi fisici eccessivi.
Preferì arrestare il passo e fermarsi sulla superficie liscia e piatta di una roccia, lasciò le borse da lavoro in un angolo per liberarsi le mani dal folle peso. Si slegò i lunghi capelli color nocciola tenuti insieme dalla bandana e utilizzò il panno per rimuovere le macchie dagli occhiali, pulì con parsimonia le lenti e senza prestare attenzione ai fruscii che sentiva alle spalle, la mente razionale da studiosa le permetteva di collegare i rumori alle condizioni climatiche della zona. Lanette udì un sibilo distorto vicino al suo orecchio e si irrigidì, un rumore insolito che la spronò a voltarsi. Balzò in avanti quando intravide un Seviper scagliarsi verso di lei, evitò i denti velenosi del Pokémon per un soffio, impattando contro al suolo polveroso. Gli occhiali le scivolarono dalla mano per colpa dell'urto improvviso, rendendola inerme e priva di qualsiasi difesa.
Cominciò a gattonare in avanti con una certa rapidità per riuscire a nascondersi tra l'erba alta, non possedeva alcun Pokémon per contrastare gli attacchi velenosi, quello era l'unico modo che aveva per sfuggire dalle grinfie di uno dei predatori più eleganti e pericolosi della regione.
Il sibilo del Seviper si faceva sempre più vicino e terrificante. Lanette, presa dalla paura e dalla fretta, posò le mani su dei ciottoli che scivolarono in avanti per colpa del troppo peso, la ragazza perse l'equilibrio e rotolò sul terreno fangoso fino a cascare dentro a un fosso in cui scorreva una leggera fonte d'acqua. Lo schianto contro alle rocce appuntite le provocò una forte sensazione di dolore, urlò e si rotolò su quel letto scomodo per provare a tornare in posizione eretta. Ma non ci riusciva, delle fitte lancinanti le percorrevano ogni centimetro del corpo e le impedivano di compiere anche il movimento più semplice.
La situazione si faceva più complicata e priva di qualsiasi via di fuga, sentiva il fiato del grosso serpente farsi sempre più minaccioso e famelico. Deglutì e si mordicchiò il labbro inferiore prima di lanciarsi in avanti, agguantò la pietra più affilata che le capitò sotto mano e cominciò a tenderla verso l'alto. Sapeva che non era molto per contrastare i denti affilati del Seviper, ma la presenza le bastava a confortarla e l'aiutava a sperare in un esito migliore. Sentiva gli occhi farsi lucidi e riempirsi di lacrime, rimpiangeva l'idea di non aver avuto il modo di contattare la sorella e concederle un ultimo saluto.
Lanette era sul punto di arrendersi quando percepì un suono metallico passare sopra alla propria testa, fu un episodio che durò una manciata di secondi, bastò per farle martellare il cuore nel petto. La miopia le impediva di distinguere i dettagli, solo l'accozzaglia di versi e rumori le facevano comprendere che qualcuno aveva attaccato di proposito il Seviper selvatico.
La studiosa approfittò della distrazione dell'assalitore per scappare, riuscì a combattere le ferite che si era provocata con la caduta e tornò in piedi. Iniziò a zoppicare in direzione del versante che creava quella sottospecie di bara naturale, si aggrappò alle radici che spuntavano dallo strato argilloso del suolo per utilizzarli come appigli e arrampicarsi per raggiungere la cima di quel fetido fosso.


 

«Afferra la mia mano!»
Lanette sussultò quando captò una voce maschile.
Le era difficile squadrare i lineamenti dello sconosciuto, ma la situazione rischiosa le impedì di fare domande o di pronunciare frasi azzardate. Doveva sbrigarsi se non voleva finire schiacciata dai due Pokémon impegnati nello scontro mortale.
Annuì e avvicinò la mano a quella dello sconosciuto per afferrarla, sfruttò la forza dell'estraneo per uscire dal canale e allontanarsi dalle frasche ruvide che le pungevano il viso.

«I miei occhiali!»
Esclamò senza controllare il tono della voce, tornò in ginocchio per cominciare a tastare il terreno con agitazione. Il cuore non la smetteva di batterle nel petto, il respiro era ancora affannoso.
«Stai parlando di questi?»
Mormorò l'uomo, aveva una voce talmente calda e gentile da rassicurarla. Lanette restò senza fiato quando lo sconosciuto le posò gli occhiali tra le mani, si affrettò a rimuovere la sporcizia dalle lenti prima di inforcarli.
Fu allora che Lanette si voltò in direzione del proprio salvatore, voleva ringraziarlo per averle salvato la vita, ma si stupì quando scoprì che al suo fianco non c'era più nessuno.


 

   
 
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