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Autore: Cialy    11/07/2009    8 recensioni
Tutti loro hanno delle richieste, ma non sempre Bruce ha la capacità di soddisfarle.
[comic!verse; Bruce Wayne, Dick Grayson, Jason Todd, Tim Drake, gen.]
Genere: Generale, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Beta: Iosonosara
Disclaimer: I personaggi della storia appartengono ai rispettivi proprietari e creatori, che ne detengono i diritti. Nulla di ciò è scritto a scopo di lucro.
Note:
~ Scritta per il prompt Avarizia della community Sette Peccati. Qui c'è la tabella del claim, nel caso.
~ Inizio a postare adesso fic su Batman - nonostante ci scriva da più di un anno - perché non mi ero resa conto che esistesse un fandom in questi lidi. Poi un bel giorno ho aperto e... ta-daaan.
~ Nessuna ambientazione particolare, siamo da qualche parte dopo nella nuova continuity di “Un anno dopo”, ma i riferimenti sono quasi nulli. Le tre frasi nelle parentesi sono tutte citazioni prese in vari fumetti: la prima viene da Terra di nessuno, la seconda da Batman: Un anno dopo e la terza è una rielaborazione di ciò che Bruce dice durante Freccia Verde #6 (precisamente, l’originale è: “Solo altra lurida feccia”. Sì, riferito davvero a Jason davvero).
~ Titolo da Germi degli Afterhours.




Conflitti interni che lasci a macerare



Ci sono giorni in cui Dick è talmente palese nelle proprie richieste che persino un estraneo potrebbe intuirle. Vaga per la caverna con studiata casualità, indugia eccessivamente, perdendosi nei ricordi, lo fissa troppo a lungo e, quando parla, lo fa soltanto per non dire ciò che vorrebbe davvero.

Bruce conosce tutto questo – ogni gesto, ogni occhiata, ogni esitazione – però finge di non vedere. Sa persino che basterebbe alzarsi dalla sedia e appoggiargli una mano sulla spalla, magari stringerlo a sé per qualche istante, per mettere termine ai suoi tormenti – e sa che sarebbe un beneficio per entrambi, quell’abbraccio – ma, comunque, non si muove.

Tiene lo sguardo fisso sul monitor e prosegue con il proprio lavoro, finché il ragazzo, stanco di provare, sospira e torna verso le scale, lasciandolo nuovamente solo nel buio della caverna.

Dick ha bisogno del suo affetto, e Bruce non sempre ha la capacità di darglielo.

(«Sei meglio di me, Dick,» dice invece, augurandosi che serva.)


Tim, al contrario, sembra non sperarci mai più del dovuto.

Bruce ha notato già da tempo la disillusione con cui lo guarda, il distacco con cui lo affronta – tanto simile al proprio, di distacco –, e sa benissimo che il ragazzo sta cominciando ad assomigliarli eccessivamente, sa benissimo che, con molta probabilità, l’ha rovinato.

Ed è cosciente che ciò che Tim desidera da lui è unicamente approvazione, è unicamente qualcosa in grado di scacciare il senso di inadeguatezza che prova di continuo. Vorrebbe sentirsi confermare che è un ottimo Robin e avvertire la garanzia concreta del suo ruolo; vorrebbe non essere costantemente in corsa con il fantasma di Jason o, a volte, persino con quello di Dick.

Ma Bruce, oltre i complimenti per una missione ben eseguita, non riesce a sbilanciarsi. E così entrambi mantengono le loro posizioni, distanti nonostante le crescenti similitudini.

(«Per darti la sicurezza di cui credo tu abbia bisogno, devo adottarti,» gli annuncia, dopo il loro rientro a Gotham, pur domandandosi se non stia compiendo una mossa troppo azzardata.)


Bruce è consapevole che anche Jason ha delle necessità. Probabilmente cerca ancora vendetta, aspira ancora a vedere il sangue del Joker imbrattare le mani di Batman. E forse chiede – benché non osi a voce alta – una seconda possibilità di dimostrargli che vale, che può tornare ad essere il suo Jason.

Però, con lui, si sente impossibilitato più che con chiunque altro. Non può dire di non averci pensato, a riprenderlo in casa – se non in qualità di Robin, almeno di figlio –, ma ben presto ha decretato quella voglia inopportuna.

Non ha importanza quanto entrambi possano arrivare a desiderarlo: Jason ha ormai passato numerosi limiti, numerose linee che non avrebbe dovuto varcare, Bruce – Batman – deve essere duro, irremovibile. Deve scacciare il senso di colpa, i sogni, gli incubi, e non accogliere assolutamente quelle richieste.

Perché diversamente, dopo, essere deluso o perderlo di nuovo sarebbe più doloroso di quanto sia mai stato.

(«Jason è feccia,» chiarisce allora, la bocca impastata d’amaro e lo stomaco contratto, ingannandosi come tante volte ha già fatto.)


  
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