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Autore: RaidenCold    24/09/2018    0 recensioni
Atto conclusivo della storia L-Iconoclast:
In seguito alla guerra con Ares, Atena ed i suoi cavalieri attendono la mossa degli dei dell'Olimpo, ormai quasi interamente schierati contro di lei.
Dopo essersi recato ad Asgard in soccorso di sua madre e degli altri guerrieri divini, Leonidas si unisce ai suoi compagni nella guerra contro le divinità, e sul suo cammino incontrerà una figura misteriosa che influenzerà il suo destino e quello dell'amata Lambda...
Genere: Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Apollo, Cygnus Hyoga, Nuovo Personaggio, Phoenix Ikki
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti
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“Perché…”

6 si ergeva tremolante dinnanzi a Lambda, la quale pur in affanno teneva alta la guardia ed era pronta ad un nuovo attacco.

“Perché non riesco a batterti? Siamo identiche, ma io dovrei essere la più forte!”

Lambda raccolse le sue forze, e scagliò uno Stardust revolution sull’avversaria, distruggendone buona parte della corazza e mandandola al tappeto priva di forze.

Si avvicinò per osservarla meglio, e vedendola praticamente faccia a faccia rimase sconvolta sia dalla somiglianza speculare che dall’unica grande differenza fisica tra di loro, oltre al colore dei capelli: nei punti dove la pelle era rimasta scoperta, vi erano numerose cicatrici, su tutto il corpo.

Confusa e senza fiato si appoggiò su di un muro per riprendere fiato, quando vide una nuova figura giungere claudicante dalla scalinata, seguita da una coppia di giganteschi energumeni con un solo occhio:
“D-divino Efesto…” - lo salutò accennando un inchino.

“Non scomodarti.”

Si voltò e fece cenno ai suoi due accompagnatori di fermarsi e rimanere di guardia, dopodiché si avvicinò alle due ragazze, chinandosi sopra quella svenuta:
“Povera 6, non potevi vincere contro un’armatura divina…”

“Nobile signore del fuoco… ho bisogno di chiedervi una cosa.”

“So già quel che vuoi domandarmi, e sappi che io ho tutte le risposte che cerchi, ma devo avvertirti: la verità che sto per rivelarti sarà per te estremamente infausta.”

Lambda guardò perplessa il dio, dopodiché risoluta gli fece un cenno di assenso:
“Voglio sapere la verità.”

 

Ade e Poseidone erano stati avversari incredibilmente duri da affrontare per Atena nel corso dei secoli: eppure la loro potenza non era minimamente paragonabile a quella di Zeus.

Neppure l’arrivo di Niche e Hana aveva influito su quello che era diventato l’andamento della battaglia: al signore dei cieli era sufficiente schioccare le dite e subito terribili fulmini esplodevano per tutta la stanza, e Atena e i suoi non potevano far altro che mettersi lesti al riparo.

“Vedi Atena, tu sei potente, come tutti i miei figli, ma la nostra famiglia è tristemente nota per i patricidi, e ho sempre temuto di fare la fine che io ho fatto fare a mio padre, e che egli fece fare a sua volta al suo… sai, prima che tu nascessi, un oracolo mi aveva profetizzato che saresti stata tu a detronizzarmi.”

“Non desidero il tuo trono” - rispose Atena abbassando l’egida - “voglio solo che tu riveda le tue decisioni.”

“Io sono colui che detiene l’ordine e la giustizia nel cosmo, sono il sommo giudice dell’esistenza e quando prendo una decisione non ritorno sui miei passi: io sono Dio.”

A quel punto il cavaliere della vergine, che fino a quel momento era rimasto meditabondo in disparte, si fece avanti portandosi di fronte al signore dei cieli:
“Tu sei dunque Dio?”

Zeus lo guardò lievemente incuriosito:
“Chi lo vuole sapere?”

“Una mortale che ha dedicato la sua vita a cercare Dio.”

“Ma certo, tu devi essere colui che chiamano Virgo, e si dice tu sia l’essere umani più vicino al Divino… ebbene io per voi umani sì, sono Dio.”

“Ci hai creati?”

“No.”

“Tu hai creato il mondo?”
“Solo questo reame, il resto ho solo tentato di plasmarlo.”

“Sei eterno?”

“Sì.”

“Immortale?”

“Non credo che qualcuno possa uccidermi.”

“Ma puoi morire?”

“Mi poni molte domande Virgo, ma so che cosa vuoi davvero sapere: come si diventa dei?”

“E’ possibile trascendere dalla propria natura mortale?”

“Senza sangue divino nelle vene temo sia impossibile.”

I presenti ammiravano colpiti quel singolare dialogo: come un santo in una qualche leggenda orientale, Ian, con eleganza e pacata compostezza, era riuscito ad ottenere un colloquio con un essere immensamente superiore alla natura umana.

“Ci deve pur essere un modo.”

“Nessun mortale, per quanto saggio, è mai giunto al punto di essere come un dio… e a dirtela tutta, non ho mai conosciuto alcun dio che rispecchiasse le caratteristiche che mi hai domandato poc’anzi; potrebbe anche non esserci nessuno di simile nell’universo.”

“Capisco…”

“Mi dispiace, dev’essere doloroso giungere fin qui in cerca di risposte e non ottenere nulla di fatto.”

“Sono comunque soddisfatto per il momento.”

“Ora dovrai morire Virgo.”
“Lo so.”

“Ricorderò questo nostro dialogo; nonostante la tua giovane vita, c’è grande saggezza in te.”

A quel punto il nume scagliò un fulmine addosso al cavaliere, il quale tuttavia venne attraversato dal colpo, come se fosse intangibile.

 

“Un’illusione?” - si chiese Niche.
“No” - rispose Atena - “Ian è davvero lì, ma al contempo non c’è: è come se esistesse in due dimensioni contemporaneamente.”

 

“Avevo ragione a pensare che tu fossi un saggio, pochissimi mortali riescono a muoversi nell’esistenza come hai appena fatto…”

A quel punto Zeus affondò la propria mano nella figura di Ian, e a partire da essa un bagliore dorato iniziò a diffondersi lungo tutto il corpo del ragazzo:

“… ma non c’è dimensione a cui io non possa accedere.”

 

Leonidas correva velocemente verso le stanze dove Atena stava dando battaglia a Zeus; giunse appena in tempo per vedere Ian voltarsi verso di lui, sorridergli dolcemente, e poi scomparire in un’aura di luce che andò disperdendosi in milioni di piccole particelle luminose, lasciando solo il totem della divina armatura di Virgo.

 

Stai sorridendo vero?”

Sì, come lo sai?”

Per capire che una persona sorride non serve necessariamente la vista.”

Saresti un cavaliere eccezionale.”

 

Con l’animo infocato dal dolore, il leone si scagliò contro il signore degli dei, sprigionando tutta l’ancestrale energia che ormai scorreva libera nel suo essere.

Zeus si trovò sorpreso nel trovarsi davanti un avversario ammantato da una simile aura, ma nonostante questo rimaneva comunque su un livello totalmente diverso:
“Il figlio di Tifone… combatti come lui, con rabbia, e ferocia, ma non sei ancora potente come lui.”

Il signore dell’Olimpo parava e schivava agilmente, ma il fatto che quei colpi lo impensierissero diede grande speranza ad Atena: per la prima volta il padre aveva mostrato le sue difese.

Stufo di quell’impeto, Zeus fece per colpire Leonidas con una saetta, ma si trovò davanti Atena che grazie al suo scudo divino aveva assorbito il colpo.

 

Niche osservò e sorrise compiaciuta, e in quel momento vide arrivare Civetta dal colonnato:
“La difesa inscalfibile di Atena e il furioso attacco dell’erede di Tifone… forse ancora esiste per noi una possibilità di vittoria.”

 

 

E mentre il signore dei cieli preparava nuovi fulmini da scagliare contro Atena e Leonidas, venne attaccato da un lato da fiamme incandescenti, e dall’altro da una gelida polvere di diamanti:

Ikki e Hyoga, bardati rispettivamente delle divine armature di Phoenix e Aquarius, erano appena giunti a dar man forte alla loro dea, esattamente come avevano fatto anni prima nella lotto contro Ade.

 

 

La regina dell’Olimpo era finita all’angolo, e ancora non si capacitava di quanta fatica stesse facendo nell’affrontare i suoi avversari, i quali a loro volta erano ormai esausti; Kara in particolare, non riuscendo a tenere il passo dei due compagni, si era messa in disparte cercando di riprendere fiato.

“Non può essere…!” - ringhiò Era adirata.

Eppure era vero: Heracles e Dioniso la stavano mettendo a dura prova.

Tuttavia la battaglia era giunta ad un momento decisivo, in cui tutti e i combattenti si trovavano nel medesimo stato di spossatezza, ed anche un minimo cambiamento di condizioni avrebbe potuto influenzare l’esito dello scontro.

 

“Salute, madre.”

 

Il cambiamento era appena giunto, ed era stato tutt’altro che minimo.

 

“Tu…” - lo guardò indignata Era - “Come osi mettere il tuo piede deforme sul monte sacro?!”

 

Efesto ghignò compiaciuto:
“Ti rammento madre, che il mio piede è deforme poiché tu mi gettasti giù dall’Olimpo, ritenendomi troppo brutto per appartenere alla stirpe degli dei.”

“Non chiamarmi madre, il mi unico figlio è morto!”

“Invece, per quanto ti ostini a negare, ne hai un altro esattamente qui di fronte, ed è anche il legittimo erede al trono per giunta!”
“Piuttosto che vederti sedere su quel trono preferirei ci salisse un maiale!”

Heracles e Dioniso osservarono in silenzio quel turpe scambio di parole: era cosa ben nota l’austerità di Era, ma non pensavano che fosse capace di provare un simile odio per il frutto della sua stessa carne.

“Va via, questo sarà il mio primo ed ultimo avvertimento, e te lo concedo solo perché sei mia madre.”

“Ed io te lo ripeto: il mio unico figlio è morto!”

“Hai perso, Era.” - disse Heracles.
“Taci bastardo!”

Dioniso, Efesto, ed Heracles, si guardarono, e dopo un tacito cenno, scagliarono contemporaneamente i propri velocissimi attacchi contro la regina degli dei, la quale non poté far nulla per evitare quel micidiale colpo congiunto.

Ormai sfinita, Era rantolava cercando di rialzarsi, trovandosi dinnanzi ai tre che torreggiavano sopra di lei, scrutandola con aria severa.

“Mi hai gettato dall’Olimpo, mi hai messo al mondo e poi ripudiato solo per capriccio.” - sentenziò Efesto.

“Hai causato la morte mia e di tutte le persone a me care.” - aggiunse Eracle.

“Hai fatto uccidere mia madre, e reso pazzo me e la mia famiglia.” - soggiunse Dioniso.

Era li guardò tremula, sia di paura che di rabbia, e furiosa fece per alzarsi ed attaccare nuovamente, venendo atterrata da un colpo energetico scagliato dall’estremità opposta del salone:

“Mi hai fatto a pezzi e torturata ogni giorno, sia nel corpo che nella mente.” - concluse 6, che lenta e col fiato pesante si avvicinava al gruppo.

 

“Lo vedi?” - disse Dioniso - “E’ questo il motivo per cui dicevo che avevi già perso: il male che hai fatto è così tanto che non c’è angolo sulla faccia della terra dove qualcuno non provi il desiderio di vendicarsi.”

“V-voi… tutto quello che vi è accaduto ve lo siete meritati!”

“Perché?” - intervenne Heracles - “Per il semplice motivo di essere venuti al mondo?”

“Siete degli errori, frutto di infedeltà o di un qualche scherzo del destino, meritate di essere scorticati mentre gli insetti si saziano delle vostre carni ancora vive!”

“Dunque la tua è semplice gelosia.” - constatò Efesto.

“Io sono la regina dell’Olimpo!!!”

Efesto la guardò sorridendo beffardamente:

“Chissà se lo sarai ancora, dopo che avrò detto al padre Zeus delle tue scappatelle col generale Issione…”

“Tu lurido verme… quel porco ha disonorato il nostro matrimonio infinite volte, non merita forse di essere ricambiato con la stessa moneta?!”

“Questo mi è totalmente indifferente, ciò di cui devi rispondere è l’innumerevole lista di atrocità che hai commesso.”

“Vermi, maiali, bastardi, dovete morire agonizzando, strozzati dalle vostre stesse budella: sono orgogliosa di averti torturata puttana, di aver ucciso quella troia di tua madre folle bastardo, di aver massacrato tua moglie e i tuoi disgustosi figli usurpatore, e quanto a te essere immondo e deforme, il mio unico rimpianto è quello di non averti spezzato il collo appena neonato con le mie stesse mani!”

 

Kara osservò in disparte il delitto consumarsi; avvenne in un tempo relativamente breve, ed Era non soffrì più del dovuto, anche se di dovuto ce ne fu parecchio.

Non c’era stato un solo momento in cui i quattro carnefici avessero provato pietà o empatia per la loro vittima: era come se ogni sua cellula gridasse soltanto odio e disprezzo, ripetendo nelle loro menti tutti i terribili atti compiuti ai loro danni, dando in qualche modo conferma che non solo se avesse potuto li avrebbe commessi tutti quanti dal primo all’ultimo, ma che anche ne avrebbe commessi altri ancora più efferati.

Nonostante la sua parvenza di divina compostezza, la dea, come Ares, aveva in sé un animo profondamente malvagio, che traeva godimento nel vedere soffrire gli altri; ma esattamente come il figlio, si era attirata addosso un così grande odio che era stata inevitabile per lei una morte truculenta dettata da un feroce senso di vendetta collettiva.

 

Consumata la mattanza, Kara si avvicinò a Dioniso, che respirava a fondo sollevando ed abbassando le spalle:

“Nyx…” - gli disse poggiandogli una mano sulla schiena.

“Non avrei voluto farti assistere a tutto ciò.”

“Comprendo la tua rabbia; ma adesso è tutto passato, sono qui…”

Il dio le si avvicinò, e lei l’abbraccio stringendolo forte a sé.

Poi, Kara incuriosita portò il suo sguardo alla ragazza dai capelli argento:

prima era scoppiata in lacrime, dopodiché si era accasciata al suolo esanime, perdendo in fine conoscenza.

“Costei ha lo stesso viso di Lambda…”

“Perché è Lambda.” - intervenne Efesto.

“Come sarebbe a dire?” - domandò Kara perplessa.

Il dio del fuoco raccolse tra le braccia la ragazza priva di sensi:

“Seguitemi, e ogni mistero sarà svelato.”

 

In quello stesso momento, tutti i presenti vennero attraversati da una specie di brivido che li attanagliò fin nelle profondità dell’animo: era come se un’ombra si stesse avvicinando, crescendo di secondo in secondo, pronta ad inglobare qualsiasi cosa nelle sue tenebre nefaste.

Kara conosceva molto bene quell’ombra:

“Tifone…”

   
 
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