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Autore: EleNicka_MM    24/09/2018    2 recensioni
E se...?
E se Lou fosse riuscita a far cambiare idea a Will? Se lui avesse deciso di non andare in quella clinica in Svizzera?
Gli equilibri della coppia saranno presto sconvolti da nuove notizie e nuove sfide, che Will e Lou faticheranno ad affrontare, aggrappati però sempre l'uno all'altra e guidati dal loro amore.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Settembre arrivò con la sua pioggia e le nuvole spesse e nere.

Will era in un periodo di umore basso: l’impossibilità di uscire lo abbatteva molto e l’umidità faceva a botte con la sua assenza di dolore.

Quel sabato, però, Will aveva convinto Nathan ad andare a vedere una partita di calcio; mi avevano chiesto se sarei voluta andare con loro, ma io avevo gentilmente declinato l’invito, un po’ perché il calcio non mi era mai piaciuto, un po’ perché credevo che a Will avrebbe fatto bene passare un pomeriggio ‘da uomini’. Avevo passato tutto il pomeriggio sul divano con il suo pc a cercare un sostituto per il mio posto da assistente. Ne avevamo parlato a lungo: io non potevo continuare a svolgere i miei compiti visto che tra noi era iniziata una storia e poi da lì a qualche mese avrei iniziato i corsi all’università.

Avevamo anche deciso di trasferirci vicino a Londra, nella casa di campagna dei genitori di Will, che in quei giorni era in fase di ristrutturazione per poter diventare confortevole alle esigenze di un disabile.

Rientrato dalla partita, Will si era voluto stendere un po’ prima di cena, esausto dal pomeriggio appena passato.

Stavo parlando delle patate per farle in insalata, quando un rumore mi fece precipitare nella stanza da letto.

Will era addormentato, ma respirava male. Il suo petto si alzava e abbassava velocemente, gli spasmi lo scorrevano e aveva le lacrime agli occhi. Cercai di non farmi prendere dal panico, provai a svegliarmi e appena lo toccai un urlo disumano uscì dalla sua bocca.

"Will, Solo cosa succede" la mia bocca era impastata dalla paura, le sue pupille erano dilatate dal dolore.

"Brucia" mi disse, tra le lacrime "Brucia tutto".

Scattai a prendere degli stracci, li bagnai e glieli appoggiai sulla fronte e sul petto. Quando aveva bruciori a mani e piedi, gli portavo delle bacinella di acqua in cui immergersi quindi mi dissi che l’unica cosa sensata da fare era quella. Corsi in cucina, pestai degli antidolorifici nel mortaio e glieli sciolsi in un bicchiere d’acqua. Lui breve come se fosse rimasto sei mesi senz’acqua e io, che avevo finito le opzioni per farlo stare meglio, non ebbi altro più da fare se non caricarli accanto a lui e stringergli la mano.

Presi il telefono per avvertire Nathan, ma Will mi bloccò: "Non chiamare nessuno, per favore".

Il suo respiro e i suoi battiti ci misero una mezz'ora buona per regolarizzarsi.

Quando si fu calmato, asciugai le lacrime dal viso di Will: "Come ti senti?" gli chiesi.

Lui sospirò: "Meglio, se tu sei qui".

Io gli lasciai un bacio leggero sulla fronte, un po’ per assicurarlo che non me ne sarei andata e un po’ per controllare che non avessi la febbre. "Cos’è successo?" gli chiesi.

"Ho fatto un sogno. Ho sognato gli esatti momenti del mio incidente"

Mi si strinse il cuore, non si meritava di dover rivivere tutto quello, anche nei sogni.

Lo pregai di continuare a raccontare: mio padre diceva che il miglior modo per superare qualcosa era parlare e così io cercai di fargli superare il suo incubo in quel modo: "Ho rivisto l’incidente, ma non ero io a finire sotto le ruote di quella moto." sospirò addolorato "Eri tu, e io guardavo dall’esterno. Ero bloccato, non potevo venire a salvarti… tu eri lì distesa ma io non riuscivo a muovermi".

Fece una lunga pausa, cercando di calmarsi, ma scoppiò di nuovo a piangere: "Non riuscirei a sopportare che tu te ne andassi. Non so cosa farei senza di te, sarei di nuovo un uomo che ha perso la voglia di vivere".

Io continuai ad accarezzare la testa, poi mi alzai e lo giravo sul fianco, in modo che mi guardasse. Poi mi riposo accanto a lui: "Non me ne andrò, Will. Non potrei mai farlo, non potrei mai rinunciare alla mia felicità con te. Questi mesi mi hanno cambiata, grazie a te sono diventata più sicura, determinata e amo ogni singola parte di te, la tua testa, il tuo essere pungente, amorevole e anche il tuo corpo". Lui rise amaramente.

"Sì" dissi "Anche quello".

"Allora sposami." la sua voce era ferma e sicura, anche se flebile e ancora rauca di pianto.

Io scoppiai a ridere. Non era una risata di felicità, ma una risata completamente isterica: ero stata per sette, lunghissimi, anni con un uomo che mi aveva chiesto di convivere solo negli ultimi tempi e anche un po’ controvoglia ed ora ero nel letto di un altro ragazzo, che conoscevo da sette mesi e con cui stavo da nemmeno uno, che mi aveva appena chiesto di unirmi per sempre con lui. Mi rigirai nel letto, ridendo fino a farmi venire mal di pancia, mentre Will mi guardava come se fossi una specie aliena appena scoperta.

"Beh" disse, un po’ ferito "non era la reazione che mi aspettavo. Certo, avrei dovuto inginocchiarmi e progetti un anello sorridendo, ma siccome non posso fisicamente inginocchiarmi…."

"Oh, stai zitto Will Traynor" lo baciai con tutta la forza che ci potevo mettere "Certo che ti sposo!"

Lui fece un gridolino di esultanza, i ricordi dell’incubo che avevano abbandonato i suoi occhi e continuò: "Allora, stavo dicendo che siccome non posso inginocchiarmi, almeno all’altra cosa ho pensato."

" E cioè?" chiesi senza capire.

"Guarda nel primo cassetto del mobile, troverai una scatolina argentata. Portamela, per favore, Lou"

Feci come mi era stato comandato e portai la scatolina sul letto.

Will se la fece mettere tra le mani e iniziò, con mia somma sorpresa, ad armeggiare lentamente con il coperchio. Al quarto tentativo riuscì ad aprirla e io rimasi senza fiato: all’interno c’era un anello. Non era troppo raffinato e delicato, come quelli che portavano le ragazze da rivista patinata sullo stile della collana che Patrick mi aveva regalato per il compleanno, bensì era un anello con la montatura un po’ spessa e uno smeraldo quadrato nel castone, incorniciato da tanti piccoli diamanti.

"Prendilo e guarda dentro" mi disse, tradendo un briciolo di eccitazione. Nella parte interna dell’anello, opposta al castone, c’era una scritta: “Rinato: 1 agosto 2009”.

Mi si riempiono gli occhi di lacrime: come sul suo tatuaggio c’era scritta la data dell’incidente, questo anello riportava il giorno in cui, alle Mauritius, abbiamo ricominciato a vivere. Entrambi.

"Questo quando lo avresti preso?" gli chiesi incredula.

"Stamattina" mi rispose "Prima della partita. Avrei voluto aspettare fino a quando non ci saremmo trasferiti a Londra, ma non sono riuscito a resistere".

Mi ritrovai a pensare che non sarei riuscita nemmeno io ad aspettare di più.

  
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