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Autore: Una_Ragazza_Qualunque    26/09/2018    0 recensioni
Raccolta di Drabbles e One-shot brevi dedicata ad una persona dolcissima
Capitolo 1: POV's Krolia, Sheith accennata
Capitolo 2: Primo bacio
Capitolo 3: Domestico
Capitolo 4: Monsters & Mana AU
Capitolo 5: Fall in love parte 1 (POV's Keith)
Capitolo 6: Fall in love parte 2 (POV's Shiro)
Capitolo 7: Keith raised by Krolia/BoM AU
Capitolo 8: Pompieri AU
Capitolo 9: Keith canta per Shiro
Capitolo 10: Werewolf AU
Capitolo 11: Gelosia
Capitolo 12: Moderno AU (attention: disease, angst, morte del personaggio)
Capitolo 13: Modello AU
Genere: Angst, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kogane Keith, Takashi Shirogane
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 12: La mia vita con te

(Moderno AU)



* * *





Keith uscì dal locale con ancora addosso la puzza di alcool.
Si incamminò verso il suo appartamento in una strada buia ed isolata, ma quando raggiunse la porta d'ingresso un avviso di sfratto lo attese attaccato ad essa.
Doveva trovarsi un lavoro.




<< Shiro? >> Lo chiamò sua madre. << Ti prego mangia qualcosa. >> Lo pregò. Seduti in una lunga e spaziosa tavolata Shiro giocherellava con una forchetta nel piatto tenendola con la mano sinistra rischiando di sporcare la tovaglia completamente bianca, mentre fissava il cibo senza però goderne.
   << Perché? >> Chiese guardando sua madre con occhi spenti. << Mi restano solo pochi mesi di vita tanto vale finirla subito. >>
   << Ti prego, non dire così. >> Gli chiese sua madre con voce tremolante dovuta ad un pianto non ancora scoppiato.
   << Non posso nemmeno tagliare la carne da solo. Non riesco a muovere il braccio destro. >> Disse Shiro a bassa voce. Non era sicuro che lo stesse dicendo a sua madre.
   << Lo so. >> Rispose comunque lei. << È per questa ragione che te l'ho fatta già tagliare dal cuoco. >> Continuò nonostante il richiamo del marito.

Quando sua moglie lo guardò con un'espressione confusa si accorse che suo figlio si era immobilizzato non sentendo più il fastidioso rumore della forchetta sbattere sul piatto.
Shiro aggrottò la fronte infastidito e si alzò dalla sedia all'improvviso. << Sei tu che mi uccidi così! >> Urlò e senza voltarsi uscì dalla sala da pranzo.




Keith aveva trovato un annuncio su internet molto allettante.
Non c'erano molti dettagli, l'annuncio diceva solamente che il suo compito sarebbe stato quello di tener compagnia a qualcuno ma la paga era ottima.
Keith incuriosito decise di provare e, nonostante il prezzo dello stipendio, non si aspettava di trovare una villa all'indirizzo indicato.
Keith non era mai stato in un luogo così lussuoso e, titubante, suonò il campanello.
Quando l'immensa porta di legno si aprì si ritrovò davanti ad un vasto ingresso con una grande scala in fondo che si ramificava in due collegate a due piccoli corridoi con varie stanze.
Il pavimento era a scacchi mentre il lampadario sfarzoso, al centro del soffitto, sembrava decorato in oro con dei gioielli chiari che ricadevano da esso. Doveva averne visto raffigurato uno simile in un libro una volta.
Ancora sullo stipite della porta Keith si accorse solo in quell'istante che vi era qualcuno sulla destra che teneva ancora la maniglia.
Ovviamente, la porta non si era certo aperta da sola.

   << Si accomodi. >> Disse l'uomo con tono indifferente.
Keith ubbidì ignorando la richiesta del maggiordomo di pulirsi le scarpe prima di entrare, ancora troppo preso nel guardarsi in giro.
   << È così che ci si presenta ad un colloquio? >> Chiese una donna mentre scendeva le scale.
Keith si diede una veloce occhiata.
Indossava una giacca di pelle nera. Sotto di essa una maglietta rossa e dei jeans attillati ugualmente scuri. << È la cosa più decente che possiedo. >>
La donna sospirò mentre scese l'ultimo gradino e, senza fermarsi, gli fece cenno di seguirla.
Il corridoio era completamente in silenzio. Quella villa sembrava abbandonata se non per l'aspetto ben curato e il continuo rumore dei tacchi contro le mattonelle del pavimento della padrona di casa.
Mentre camminavano gli spiegò che il suo compito era stare con suo figlio durante il giorno tenendolo di buon umore e che la notte non era obbligato a restare e che poteva tornare a casa se voleva, ma l'unica cosa che colpì Keith era che quella casa era talmente grande che la sua voce formava l'eco come ricordandogli quanto fosse fuori posto lì.
Quando la padrona di casa si fermò davanti ad una porta Keith tornò alla realtà intuendo che la donna stesse aspettando una sua conferma se avesse capito quale fosse il lavoro che doveva svolgere.
Keith emise una leggera risata. << Per quanto la paga sia buona non faccio quel genere di cose. >>

   << Signorino il suo rapporto con mio figlio sarà solo ed esclusivamente professionale. Crede davvero che lascerei che mio figlio vada a letto con uno come lei? >>
Keith aprì la bocca pronto a ribattere ma non fece in tempo che la donna aprì la porta rimanendo stupito da ciò che vide.
Un ragazzo più o meno della sua età, anche di bell'aspetto, che combatteva contro una giacca cercando di indossarla con l'ausilio di un solo braccio, quello sinistro, mentre il destro restava fermo sul fianco.

   << Shiro, avresti dovuto chiamarmi. >> Lo rimproverò sua madre preoccupata mentre si avvicinava.
   << Ferma dove sei. >> Iniziò Shiro. << Devo riuscirci da solo. >>

Sua madre e Keith rimasero in silenzio a guardarlo fallire più volte finché dalla frustrazione Shiro gettò a terra la giacca imprecando. << Maledizione! >>
Keith, d'istinto, si avvicinò lentamente superando la donna, visibilmente contrariata, raccogliendo la giacca.
Shiro si accorse solo in quell'istante della sua presenza e quando gli chiese chi fosse, Keith rispose semplicemente che lavorava per sua madre.
Shiro sbuffò.

   << Senti, lo so che non è questa la vita che vorresti e preferiresti essere più indipendente. Tutti lo vorremmo, ma non c'è niente di male nell'accettare un aiuto ogni tanto. >>
Gli altri due rimasero in silenzio stupiti e dopo averci pensato per un po' Shiro si lasciò aiutare in silenzio da quello sconosciuto.




Quando la mattina dopo Shiro trovò Keith nel suo studio non sembrava aver ancora digerito la cosa.
   << Sei già qui. >>
   << Devo arrivare puntuale o tua madre mi fa una ramanzina fastidiosa. >> Si lamentò Keith seduto sul divano.

La stanza non era molto grande rispetto allo standard della villa.
Le pareti della stanza erano coperte dalle numerose librerie appoggiate ad esse. Al centro vi era una scrivania di legno in mogano con sopra semplicemente una lampada mentre sotto di essa un tappeto vistoso. All'angolo vi era un piccolo divano anche esso scuro per rimanere in tema alla stanza.
Shiro si appoggiò alla scrivania e lo guardò serio.

   << Quanto ti paga mia madre? Ti offro il doppio per andartene. >>
Keith ricambiò lo sguardo inarcando un sopracciglio. << Davvero? >>
Shiro annuì mentre guardava Keith avvicinarsi alla scrivania, aprire il cassetto e porgli il suo libretto degli assegni.

   << Come sapevi che era lì? >> Chiese Shiro confuso.
   << Sono un ottimo osservatore. >> Spiegò Keith.
   << Non starai cercando di derubarmi. >> Shiro non era ancora del tutto convinto.
   << Credimi, ti sto già derubando con lo stipendio che mi dà tua madre. >> Disse Keith sorridendo quando Shiro prese il libretto.

Shiro lo appoggiò sulla scrivania mentre con la penna, offerta da Keith, cercava di scrivere il suo nome.
Keith non aveva mentito, era un ottimo osservatore e si era accorto che Shiro, prima di perdere l'uso del braccio, doveva essere destrorso. Lo capiva da come ogni volta che doveva svolgere un'azione ci metteva quel mezzo secondo a ricordarsi che non poteva farla con la destra mentre prima, probabilmente, era abituato a fare tutto con essa.
Per questa ragione Shiro non era in grado di scrivere il suo nome con la sinistra, senza contare che non riusciva a tenere fermo il libretto con una mano sola.

   << Sembra che resterò qui ancora per un po'. >> Disse Keith incrociando le braccia soddisfatto.
Shiro non disse nulla, non lo guardò nemmeno in faccia, si girò e si sedette sul divano dove prima vi era Keith.
   << Certo che qui ci sono molti libri. >> Notò Keith cambiando discorso mentre si guardava intorno.
   << Mi piace leggere. >>
   << Cosa leggi? >> Chiese Keith curioso.
   << Non dobbiamo essere amici per forza. >> Disse Shiro senza guardarlo, tenendo la testa di lato osservando il nulla disinteressato.
   << Ragiona. Io ho bisogno di quei soldi e tu sai meglio di me che tua madre non mi manderà via tanto presto, quindi perché non provarci? >>

Shiro lo guardò con la coda dell'occhio ma rimase in silenzio a pensarci.
   << Tutto ciò che riguarda lo spazio. >> Spiegò Shiro. << Lo amo. >> Confessò lasciando nascere un lieve sorriso sulle sue labbra, stupendo Keith.
   << È molto bello. >> Concordò Keith ricambiando il sorriso.

Ma così come era nato il sorriso di Shiro sparì all'improvviso. << Mi sarebbe piaciuto diventare un'astronauta, ma inutile dire che non ero idoneo. >> Ricordò. << Avevo anche pensato di farmi amputare il braccio per sostituirlo con una protesi, ma presto la malattia prenderà il controllo di tutto il mio corpo e non posso sostituire ogni singola parte. >>
Keith abbassò lo sguardo. Non ebbe il coraggio di ribattere capendo che non doveva essere stato facile vedere il proprio sogno svanire nel nulla per un qualcosa che non dipendeva da lui. Forse anche per questo che si ostinava a voler fare tutto da solo.
Né Shiro né Keith quel giorno riaprirono il discorso, rimasero in silenzio.




I giorni diventarono settimane ed entrambi fecero lo sforzo di conoscersi a vicenda.
Con il passare delle settimane Keith si rese conto che quella routine gli faceva bene, che era diventata addirittura un piacere. Non era mai andato ai suoi precedenti lavori di buon umore. Anche passare del tempo con Shiro era diventato un piacere.
Superato l'ostacolo della maschera che portava Shiro per via del dolore provocato dalla malattia, si accorse che Shiro era tutt'altra persona.
Era dolce e sensibile, gentile persino, anche quando sbagliava. Non era più come i primi giorni che ogni errore era un'ottima scusa per mandarlo via, ora ci passava sopra e addirittura lo incoraggiava a fare meglio la prossima volta.
Keith fu riportato alla realtà da un tonfo provenire dalla stanza di Shiro. Allarmato, non ci pensò due volte a precipitarsi a controllare lasciando il piatto così com'era nel lavandino.

   << Shiro! >> Lo chiamò non appena aprì la porta.
Keith si congelò sul posto alla vista.
Shiro era disteso a terra accanto al letto e non dava cenno di rialzarsi.

   << Shiro. >> Lo chiamò di nuovo mentre si inginocchiò accanto a lui per controllare che non si fosse fatto del male.
   << Keith. >> Iniziò Shiro dolorante.
   << Sì? >> Attese.
   << Non mi sento più le gambe. >>

Fu come risvegliarsi da un sogno e all'improvviso Keith si ricordò perché lui fosse lì.




<< Non è poi così male. >>
Shiro sospirò girandosi a guardare Keith dalla sua sedia a rotelle. << Davvero? >> Chiese sarcastico.

   << Facciamo una scommessa. >> Propose Keith sorridendo.
   << Non sono dell'umore. >> Disse Shiro svogliato.

Keith lo ignorò e posizionandosi dietro la carrozzella lo condusse fuori in giardino. << Scommetto che oggi ci divertiremo. >>
   << Keith. >> Lo richiamò Shiro, infastidito dall'essere ignorato.
   << Pronto? >> Domandò Keith chinandosi sulla sedia a rotelle tanto da avere il viso vicino a quello di Shiro.
   << No. >> Rispose secco l'altro, ma ancora una volta fu ignorato e Keith cominciò a spingerlo aumentando sempre di più la velocità insieme al passo finché non si ritrovò a correre.
   << Allora? Non ti sembra di volare? >>

Shiro sbuffò. Ovviamente no. Era chiaro che non fosse la stessa cosa eppure più sentiva come si divertiva Keith emettendo dei suoni infantili dalla sua bocca e il vento tra i capelli più quel gesto del tutto sciocco lo rasserenava e Shiro non riuscì più a trattenere una risata che andò ad unirsi con quella di Keith.




<< Dove siamo? >> Chiese Shiro ancora bendato.
   << Fidati di me. >> Disse Keith mentre si posizionò davanti a lui.
Delicatamente gli tolse la benda e finalmente Shiro fu in grado di vedere di nuovo.
Si trovavano in una sala enorme, piena di poltroncine come in un cinema ma davanti a loro non vi era nessuno schermo.
Shiro confuso girò la testa, l'unica parte oramai ancora mobile, verso Keith che gli sorrise emozionato.
Un rumore meccanico proveniente dal soffitto attirò l'attenzione di Shiro che alzò la testa per vedere il soffitto che si apriva sotto il suo sguardo per lasciare spazio alla vastità del cielo pieno di stelle luminose.
Shiro non riuscì a trattenere una lacrima che gli rigò il viso.
Per quanto amasse lo spazio e le stelle era da anni che non si era più soffermato ad osservarlo. Troppo doloroso.
Keith gliela asciugò al suo posto.

   << Come ci sei riuscito? Ci siamo solo noi. >> Chiese Shiro felice.
   << Ho avuto un piccolo aiuto. >> Rispose Keith mentre guardava dietro Shiro.

Shiro sentì dei passi avvicinarsi a loro, ma impossibilitato nel muoversi aspettò che la terza figura si mostrasse a lui, anche se dovette ammettere che l'attesa gli metteva ansia.
Quando si presentò davanti a lui Shiro notò che si trattava di una giovane ragazza, probabilmente più giovane di loro, con dei capelli castano chiaro e degli occhiali chiaramente troppo grandi per lei.
La ragazza gli sorrise gentilmente. << Tu devi essere Shiro. È un piacere conoscerti, io sono Pidge e lavoro qui. >>
Shiro non rispose spostando il suo sguardo verso Keith che cercò di rassicurarlo con un sorriso.
Sorridendo a sua volta Shiro disse << Adesso mi ricordo. Sei la migliore amica di Keith. >>

   << Davvero? >> Chiese lei entusiasta. << Come sei dolce Keith. >> Lo prese in giro fingendosi commossa mentre si mise una mano al petto.
   << Cosa?! >> Urlò Keith imbarazzato. << No, sta mentendo! Non ho mai detto una cosa simile. >> Continuò rosso in viso.

Shiro e Pidge si guardarono non riuscendo a trattenere una risata.
   << Ehi, Keith. >> Aggiunse Pidge. << Credo che mi piaccia già >>




<< Keith, facciamo una scommessa? >> Il tono di Shiro era strano, Keith non seppe riconoscerlo lasciandolo perplesso. Sembrava stanco e amaro ma decise di assecondarlo.
   << Certo, lo sai che amo le scommesse. >> Rispose allegro sedendosi sulla scrivania.
   << Cosa scommetti che smetterà di funzionare per primo? Il cervello o il cuore? >> Chiese Shiro mostrando un sorriso che fece venire i brividi all'altro.

Il sorriso di Keith gli morì sulle labbra.
Era uno di quei giorni.
Ultimamente capitava spesso. Il strano umorismo di Shiro veniva fuori quando il dolore si faceva più acuto costringendolo a dover prendere degli antidolorifici o semplicemente quando era una giornata no e preferiva rimanere da solo.

   << Smettila, non sei divertente. >>
   << Perché no? Sappiamo entrambi che accadrà presto, è solo una questione di tempo. Dato che sono solo un uomo che aspetta la sua morte impotente almeno divertiamoci su. >>
   << Ti ho detto di smetterla! >> Ribatté urlando Keith ormai in piedi e visibilmente agitato.

Shiro guardava in silenzio Keith fare avanti e indietro per la stanza come alla ricerca di una soluzione che entrambi, però, sapevano fosse inesistente.
   << Non dire così. >> Continuò Keith dopo essersi calmato fermandosi a guardarlo.
Si inginocchiò davanti a lui appoggiando la testa sulle sue gambe come alla ricerca di un conforto che nessuno dei due avrebbe trovato.
Il loro rapporto era cambiato durante gli ultimi mesi nonostante nessuno dei due avesse sentito l'esigenza di esprimerlo a parole.

   << Io voglio stare con te. >> Si lasciò sfuggire Keith in un sussurro pentendosene subito dopo, sapendo che lo avrebbe ferito. << Io- >> Cercò di dire con voce tremolante mentre le lacrime cominciavano a pizzicargli gli occhi, ma Shiro lo fermò.
   << Non dirlo. >>

Keith alzò il viso per guardarlo negli occhi. << Perché no? >>
   << Ti prego, lo sai il perché. >> Lo pregò Shiro cominciando anche lui a cedere.
   << Non è una cosa che posso controllare, ok?! >> Iniziò alzando di nuovo la voce frustrato. << Non l'ho deciso io e non cambierà. >>

Una lacrima scese lungo la guancia di Keith e in Shiro nacque il desiderio di potergliela asciugare.
   << Non posso toccarti. >>
   << Non mi importa. >> Disse Keith ormai in mezzo ad un pianto scuotendo ferocemente la testa.
   << Potrei morire da un momento all'altro. >> Continuò Shiro.
   << Non mi importa. >> Ripeté abbassando la testa.

Shiro sopirò. << Sei testardo. >>
   << Mai quanto te. >>
Shiro gli sorrise dolcemente anche se in quel momento Keith non poteva vederlo.
   << Questi mesi sono stati molto importanti per me Shiro. >> Disse Keith raccogliendo le forze. << Non hai idea di quello che tu hai fatto per me e non mi riferisco allo stipendio, lo sai vero? >>
   << Lo so. >> Rispose Shiro rassicurandolo. << Grazie di aver reso questi mesi meno amari. Ti amo anche io, Keith. >>

Keith alzò la testa asciugandosi velocemente le lacrime con una mano per poi rivolgere lo sguardo a Shiro.
   << Shiro? >> Lo chiamò ma non ci fu nessuna risposta.








NdA: Mi dispiace così tanto! Shiro!!!
Ma se non facessi del male almeno una volta al mio personaggio preferito non sarei io.
Ci sono tante cose che potrei dirvi su questo capitolo, mi ha davvero emozionato.
Sono stata ispirata da molte cose.
La prima parte della storia mi è venuta in mente mentre facevo delle faccende domestiche notando che mi si era stancato prima il braccio sinistro e allora mi sono ricordata che da piccola ho rischiato di perderne l'uso ma grazie alla terapia posso usarlo. Uso ancora la destra per fare qualsiasi cosa e infatti l'altro si stanca presto. Il resto è storia.
Spero vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate.
Al prossimo capitolo!



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