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Autore: cloudmoonet    26/09/2018    1 recensioni
Si poteva dire che l’orfanotrofio di Willow Avenue, più che una casa d’accoglienza per bambini meno fortunati di altri, era nientemeno che la scena peggiore di un film di paura ripetuta all'infinito, giorno dopo giorno. Anno dopo anno.
Rebecca prese parte a questo orrore per otto lunghi anni.
Otto anni che le erano sembrati un’eternità, sfumati in un attimo quando durante il quarto giovedì di novembre le venne comunicato che aveva ricevuto una richiesta d’adozione. Il suo tutore era un certo Nick Fury, diceva di aver bisogno di una nuova recluta.
E la ragazzina aveva un enorme potenziale.
Genere: Azione, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Nick Fury, Nuovo personaggio, Peggy Carter
Note: Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Il Bluebird Orphanage era un palazzo dalle pareti cementate di colore blu, una macchia di luce che ravvivava lo spirito del quartiere che occupava, senza però essere qualitativamente migliore di quest’ultimo. Ancora una volta l’apparenza aveva ingannato gli occhi degli stolti che riponevano fiducia nelle cose che credevano di dover esplorare solo in superficie.

Si poteva dire che l’orfanotrofio di Willow Avenue, più che una casa d’accoglienza per bambini meno fortunati di altri, era nientemeno che la scena peggiore di un film di paura ripetuta all’infinito, giorno dopo giorno. Anno dopo anno.

Rebecca faceva parte di questo orrore da otto anni.

Molti la ritenevano la più fortunata; almeno lei non li aveva mai avuti, dei genitori. Gli altri bambini della casa si erano ritrovati improvvisamente lì, tra le fredde mura di un luogo sconosciuto e spento. Un giorno erano tra le calde braccia della propria madre, quello dopo venivano bastonati da una canna di rattan.

Molti di loro erano stati abbandonati mentre dormivano; le loro grida risuonavano nei corridoi del palazzo per giorni. Almeno finché non diventavano talmente esausti da rinunciare al respiro.

Rebecca non ricordava la notte in cui arrivò al Bluebird. Non sapeva se fosse un bene o un male, ma a giudicare da quello che aveva sentito, probabilmente non avrebbe cambiato nulla conoscere la risposta.

Otto anni che le erano sembrati un’eternità, sfumati in un attimo quando durante il quarto giovedì di novembre le veniva comunicato che aveva ricevuto una richiesta d’adozione.

Miss Myrtle le aveva consigliato di non fare subito i bagagli, che non era detto che ad una bimba disgraziata come lei la vita potesse mai riservare qualcosa di buono. Rebecca come d’abitudine si tappò le orecchie e fece di testa sua: prese una vecchia scatola di cartone che conservava nell’armadio e ne fece una valigia, custodendo al suo interno i pochi averi che possedeva: un libro di racconti di Felix Salten ed un vecchio paio di calze in lana, le stesse che indossava il giorno del suo arrivo, le stesse che probabilmente le aveva confezionato sua madre.  

“Suor Mavis dice che sono pronti a riceverti,” riportò una voce. “Muoviti.” Era Maple, la sorella di Myrtle. Quelle due erano chiuse lì dentro da più tempo di tutte, e questo gli dava l’autorizzazione di riempire di strazi chiunque gli capitasse sotto tiro. Inclusa Becca, che in quel momento incassò un bel calcio d’incoraggiamento negli stinchi.

Scese rapidamente le scale con le gemelle alle calcagna, accompagnata dai loro risolini di scherno. “Cos’è che porti in quel pacco? Devi spedire qualcosa alla tua famiglia?” Risate. “Secondo me contiene la foto della madre, se solo sapesse chi è!” Risero ancora, più forte.

“Smettetela,” gli chiese Rebecca col sangue che ribolliva nelle vene. Quelle antipatiche sapevano come farle saltare i nervi; non c’era giorno in cui non riuscivano a pestarsi, in un modo o nell’altro. Per questo Becca era il loro bersaglio preferito.

Che c’è? Ti sei offesa? E’ ammirevole come riesci a difendere persino qualcuno che non conosci!” starnazzò Myrtle. Maple rise di gusto. “Ho detto di smetterla,” la riprese Becca.

“Da dove viene quest’atteggiamento altezzoso, virago1?” sottolineò Maple. “Già, non ti starai mica montando la testa solo perché un barbone è venuto a farti visita?” aggiunse sua sorella.

Fu sull’ultima rampa di scale che Rebecca non riuscì più a trattenersi.

Sentì uno strano formicolio alle dita e di colpo le gemelle vennero scaraventate nell’atrio a pochi gradini di distanza.

A Becca venne il fiato corto.

Non era una situazione nuova per lei, era capitato parecchie altre volte che in preda ad un impeto di rabbia riuscisse a ferire e nuocere all’ambiente circostante senza fare uso delle mani. Non c’era una spiegazione logica a tutto ciò, niente che non appartenesse al sovrannaturale, comunque.

Per quanto ne sapeva, o per quello che si vociferava di lei a mensa, Rebecca poteva benissimo appartenere al Diavolo.

La ragazzina non aveva il coraggio di voltarsi, sapeva già cosa l’aspettava: le gemelle, distese a terra, infuriate e pronte a massacrarla di pugni. D’altronde fu qualcos’altro a farle ritrovare il coraggio di proseguire.

“Sono tutte capaci a farlo, dentro questa catapecchia, oppure è una tua specialità, eh ragazzina?”

Rebecca si voltò fulminea. Nel petto, il cuore aveva deciso che ce l’avrebbe fatta a galoppare ancora più velocemente; si ritrovò col fiatone senza aver dovuto correre.

“Io…non sono stata io. Non son…”

“Mi stai dicendo che qui le mocciose sono capaci di prendere il volo da sole, scaraventarsi a terra e poi svenire?”

“No, no. Io…io, ecco…”

Come avrebbe dovuto rispondere? Quell’uomo la osservava così intensamente che sembrava potesse leggerle l’anima, sapere se stava mentendo o se stava per farlo. Aveva l’espressione di chi ha vissuto più anni di quanti ne dimostra.

Rebecca aveva imparato a mentire grazie alle punizioni che le venivano gentilmente inflitte dalle signorine del collegio. O prendevi le bastonate, oppure te la cavavi con una bugia ben costruita.

Tuttavia Becca sapeva quando arrivava l’ora di arrendersi.

“Sì, sono stata io.”




Note Autrice
1 -  Virago è un termine che in questo caso viene usato con accezione negativa, ossia: persona aggressiva, rumorosa, sgradevole.


 
   
 
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