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Autore: saitou catcher    26/09/2018    2 recensioni
"C'è stato un tempo in cui Raoul era il Principe Azzurro, o almeno così credeva."
Poche cose fanno male come scoprire di non essere mai stato l'eroe della storia.
[Raoul!centric; Love Never Dies; ovvero il mio tentativo di dare un senso a un sequel che non ne ha]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Raoul De Chagny
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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C’è stato un tempo in cui Raoul era il Principe Azzurro, o almeno così credeva.
C’è stato un tempo in cui Raoul ha varcato la soglia dell’Opera a testa alta e cuor leggero- e aveva vent’anni, un’anima d’oro e l’immagine di una fata del Nord a riscaldarlo la notte.
C’è stato un tempo in cui Raoul ha guardato nell’abisso e ha scorto gli occhi d’oro di un mostro scrutarlo dal fondo; ha ricambiato lo sguardo e si è tuffato nelle tenebre senza voltarsi indietro, e la ricompensa è stato un bacio al sapore di neve e gratitudine, un anello attorno al dito per suggellare ogni promessa e il corpo diafano della piccola Lotte a riempirlo di tepore nei giorni d’inverno.
C’è stato un tempo in cui Raoul era il Principe Azzurro, e ora quel tempo ha il sapore dell’alcol rivomitato sul pavimento e del sudore gelido che gli imperla la fronte.
 
Se gli chiedessero di individuare il momento in cui ha capito che qualcosa non andava, Raoul non saprebbe cosa rispondere. Saprebbe cosa domandare, però (quand’è stato il momento in cui non c’era qualcosa che non andava?).
Christine dorme accanto a lui ogni notte, gli sorride quando si sveglia al mattino ed è una fatica immane non distogliere lo sguardo, sorriderle e fingere di non vedere le ragnatele che le velano gli occhi, la nebbia del lago sprigionarsi a ogni suo passo, dita di scheletro sostituirsi alle vene scorrendole sotto la pelle.
Raoul si dice che è normale, che Christine ha vissuto un’esperienza orribile, e le cicatrici le resteranno sempre addosso, che il Mostro l’ha tenuta nelle sue grinfie per anni, prima che arrivasse qualcuno a salvarla (ma Christine sorride mostrando troppo i denti, come gli scheletri, resta in silenzio troppo a lungo, come i fantasmi, e Raoul a volte la guarda e si chiede cosa ha salvato- se ha salvato qualcosa, in effetti).
“Sto bene” risponde Christine, anche se Raoul non gliel’ha chiesto. Preme le dita contro i tasti del piano con troppa forza, e i suoni s’infrangono nell’aria con un eco sgraziata (non avevo detto che il Palco numero 5 doveva essere riservato a me?).
“Sto bene” dice Christine e Raoul scopre che è molto più facile fissare il fondo del bicchiere che guardarla negli occhi.
 
Raoul inizia a bere quasi senza accorgersene. Gli sembra di avere sempre freddo, dopo il calore opprimente dell’Opera che bruciava, e il liquore lo scalda, così lo inghiotte a piccoli sorsi che diventano sempre più grandi. I primi tempi storce il naso perché il sapore è troppo forte- ma poi il gelo ritorna e c’è qualcosa di confortante nello scintillio del liquido dietro il cristallo intarsiato della bottiglia.
Raoul si rende conto che i bicchieri sul ripiano della sua scrivania diventano sempre più numerosi. Si rende conto che Christine lo guarda, con le labbra dischiuse, come in procinto di fargli una domanda- come riesce a vedere qualcosa, con le ragnatele negli occhi?
“Sto bene” dice, anche se lei non gliel’ha chiesto. Christine sposta lo sguardo altrove, e Raoul vorrebbe poter fare lo stesso, ma non ha più posti dove guardare.

Gustave nasce prima che le mani di Raoul inizino a tremare per il bisogno dell’alcool, prima che Christine abbia distolto del tutto lo sguardo per spezzarsi le dita contro il bianco avorio della tastiera. Nasce quando la storia del Fantasma dell’Opera si è ridotta a questo, una storia- una storia in cui Raoul era un Principe Azzurro senza ruggine a mangiargli la spada.
“È così bello” sospira Christine con orgoglio e Raoul vorrebbe poter dire lo stesso- non fosse che Gustave non sembra avere la forma giusta per stare tra le sue braccia, non fosse che il suo viso è pallido come se fosse vissuto sempre al buio (non fosse che quando sorride, lo fa con tutti i denti, come gli scheletri).
“Mi racconti una storia, papà?”
Raoul apre la bocca per cercare una favola. Ma ha la mente vuota e il petto pieno dell’acqua marcia dei sotterranei e un cappio stretto attorno al collo.
“Un’altra volta” risponde brusco, e distoglie lo sguardo.
 
C’è stato un tempo in cui amava la musica. Ma per lui è sempre stata solo quello: musica. Solo motivetti da canticchiare nell’aria dorata di settembre, solo un altro modo di pronunciare una dichiarazione d’amore.
C’è stato un tempo in cui amava la musica, ma adesso anche la nota più soave è un artiglio che gli scava fra le costole, e quando Christine e Gustave si mettono al piano e cantano, le voci cristalline che scorrono insieme come fiumi di stelle e d’argento, Raoul fracassa le bottiglie contro le pareti per coprire il suono, e si riempie le mani di cocci per mettere a tacere il dolore che gli mastica il petto (Bravo, Monsieur, che parole ispirate).
“Non ti piace sentirmi cantare, papà?”
Raoul non lo guarda negli occhi, per non vedere i sotterranei e il cimitero e il ghigno contorto del mostro in mezzo alla neve.
“Mi fa venire il mal di testa.”
 
A volte si chiede come sarebbe
(essere morto in quel cimitero, in fondo a un teatro, fiori rossi di sangue sulla neve, il respiro sbriciolato da dita di canapa)
(essere morto e basta, senza dolore, affogare sul fondo dell’ennesimo bicchiere e non tornare mai più su)
andarsene e non tornare più indietro.
 
Certe notti, quando nemmeno il vino è più sufficiente a scaldarlo, tira giù i libri di favole. Si abbandona nel cuoio consunto di una poltrona e divora storie e promesse di carta fino ad averne la nausea, ma per quanto ci provi, non trova mai il finale che cerca.
Il principe sconfisse il mostro, salvò la principessa e vissero per sempre felici e contenti.
Raoul scopre che nessuna favola contempla un Principe che marcisce in un angolo e si copre di ruggine come una spada.
(Ma del resto, nessuna favola racconta di una principessa che ha il mostro negli occhi e aspetta solo di potersi rinchiudere di nuovo nella torre.)
 
Ci ha provato, ad odiarla- quando il suo petto si è fatto troppo stretto per il suo cuore usurato, quando l’oro è sparito dai suoi capelli e il cielo dal suo sguardo, quando non ha più potuto guardarla senza sentire il respiro del Fantasma sul volto, la morsa della corda intorno al torace (Perché dovrei far pagare a lei i peccati che sono tuoi?).
Ha provato ad odiarla, e non ci è riuscito. Perché c’è stato un tempo in cui lui era il Principe Azzurro e lei l’Angelo della Musica- a dieci anni si è gettato in mare per recuperare la sua sciarpa, a venti in un buco per salvarla da un mostro. Come può odiare qualcosa che si è tanto impegnato a proteggere?
Raoul ha provato ad odiarla, e non ci è riuscito, ma lo stesso inghiotte boccate di amara soddisfazione, quando contempla il suo riflesso avvizzito nel vetro dal bicchiere e pensa che nessuno potrebbe più scambiarlo per l’eroe della storia.
 
Vorrebbe poter dire che Coney Island è una sorpresa, e così Madame Giry, e così la fantasmagoria distorta che riveste di carne i suoi incubi. Vorrebbe poter fingere che quegli ultimi dieci anni siano stati leggeri e puliti come gocce d’acqua-come i fiocchi di neve che l’hanno circondato, quando ha giurato fedeltà a una donna con un Fantasma nel petto.
Ma sarebbe una menzogna, perché Raoul l’ha vista dal primo momento, la macchia che sporcava il cristallo della loro felicità perfetta, l’ha vista espandersi e crescere e ricoprire tutto di un blu livido come il viso di un impiccato (come il viso di un uomo che spera di affogare in fondo a un bicchiere e non tornare mai più su).
“È qui, Raoul” Christine gli stringe la manica e ha gli occhi che brillano come se avesse la febbre “È di nuovo qui.”
E Raoul vorrebbe ridere e urlarle in faccia Certo che è qui, Christine. Ce l’abbiamo portato noi.
 
 
Ritrova il suo nemico aldilà di un bancone, oltre il vetro appannato di un altro bicchiere, e gli verrebbe da ridere, se non avesse paura di allargare le crepe e finire finalmente in pezzi. Una parte di lui quasi ci spera.
“Scommettiamo” dice il Fantasma. Ha gli occhi che si spalancano come quelli di un impiccato, e Raoul è di nuovo nel sotterraneo, stretto nelle fauci del mostro, ed è di nuovo l’eroe della storia.
“Scommettiamo” risponde- imprigionato tra quelle dita scheletriche, gli sembra di avere di nuovo vent’anni, un'anima d’oro e il coraggio di una fiaba.
(Ma ha visto Christine e le ragnatele nei suoi occhi, ha udito la voce di Gustave scandire l’agonia di un macchinista in fondo alla corda, e sa come andrà a finire. Nelle fiabe non c’è posto per un Principe che puzza di vomito e un Fantasma che crede di poter cambiare un finale già scritto.)
 
C’è stato un tempo in cui Raoul era il Principe Azzurro, e nemmeno lui ci credeva.
 
(Scommettiamo-e finisce come doveva finire.)
 
Orbene, signore, signori e ciò con cui più vi piace  identificarvi:
Fra angoli d'autore, conversazioni e recensioni, devo aver ormai sviscerato fino alla nausea cosa penso di Love Never Dies. Benché musicalmente lo ritenga abbastanza valido (seppur non al livello di POTO), trovo che abbia la trama  di una fanfiction di quarta categoria e sia un tentativo malriuscito di dare un senso a una storia d' "amore" quantomai malsana. Perché non prendiamoci in giro, lettrici e lettori: la storia del Fantasma dell'Opera è quella di uno psicopatico che perseguita una ragazza, che ritiene di avere diritti su di lei in quanto suo insegnante di musica, che ricatta ed uccide gente perché non ha mai imparato a relazionarsi in altro modo. E' la storia di una malattia, la storia di una segregazione, la storia di un disgraziato che il mondo ha reso un mostro negandogli amore. E' una storia di redenzione, di compassione-ma non una storia d'amore.
Ma Love Never Dies questo non lo accetta, e quindi Christine in realtà ha sempre amato il Fantasma e quindi tutti noi dobbiamo tifare per loro. E perché questo avvenga, allora Raoul-l'uomo che ha lottato per salvare Christine, l'uomo che avrebbe preferito morire piuttosto che vederla consegnarsi a un assassino per salvargli la vita-deve suscitare il disprezzo di noi spettatori e si trasforma in un patetico ubriacone.
Ma la domanda ora diventa: perché Raoul dovrebbe subire una trasformazione del genere? Perché un uomo non particolarmente profondo, che ha salvato l'amore della sua vita e ha costruito con lei una famiglia, dovrebbe ridursi e ridurla in questo modo?
E la risposta diventa: perché Raoul sapeva. Raoul ha sempre saputo di non aver mai salvato Christine, così come ha sempre saputo che Gustave non era davvero suo figlio-ma ammetterlo anche solo a sé stesso vorrebbe dire ammettere che la sua vita è priva di senso, quindi l'alcool diventa l'unica via di fuga da una realtà che riconosce ma non può sopportare. In LND, Raoul sembra sorpreso di ritrovarsi di fronte il Fantasma, ma io non credo lo fosse realmente, così come non credo ritenesse di poter vincere davvero quella scommessa.
Ho provato a capire Raoul in LND, a dare un senso a un mutamento che altrimenti non ce l'ha. Spero che almeno qualcuno possa apprezzare lo sforzo.
I remain, gentlemen, your obedient servant
Catcher
 
 
 
  
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