Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Azaliv87    26/09/2018    4 recensioni
E se Jon avesse la possibilità di riportare in vita una persona importante? E scoprisse di non essere ciò che era? E se anche Dany avesse questa possibilità? Questa è la domanda che mi sono posta, e da quest'idea mi è venuta in mente la storia che vi narrerò. Parto a raccontare le vicende dalla fine della sesta serie televisiva, grosso modo, quindi (avviso chi non ha visto questa stagione) potete trovare degli spoiler. Per il resto è tutta una mia invenzione. Dopo essermi immersa nel mondo di Martin ed essermi affezionata ai suoi personaggi con Tales of Wolf and Dragon, ho deciso di cimentarmi in questo What if e vedere fino a che punto può spingersi la mia fantasia.
Per chi avesse già letto l'altra mia ff, ritroverà conseguenze, personaggi e riferimenti alla prima storia.
Buona lettura e non vi preoccupate se ogni tanto rallento la pubblicazione, non sono mai bloccata, ma ho periodi in cui devo riordinare le idee e correggere ciò che ho già scritto prima di aggiornare!!
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jon Snow, Lyanna Stark, Rhaegar Targaryen
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lyanna aveva osservato suo figlio spiccare il volo con i draghi, nell’animo un misto di sentimenti contrastanti. Lo sguardo attento e freddo, il cuore gonfio e sofferente. Ogni volta che lo vedeva entrare nel loro mondo, non poteva che provare un senso di smarrimento interiore. Sapeva che era importante per lui sentirsi anche un drago, sentirsi vero fuoco… ma inavvertitamente non poteva che reprimere quei sentimenti e percepire un grosso gelo all’interno del proprio corpo. Un variegato di timore e rammarico per ciò che avrebbe dovuto essere e ciò che non era stato. Un’apprensione constante di perdita che non riusciva a cancellare dalla mente.
Riponeva sempre meno fiducia sui Targaryen, ma paventava ancor di più per le sorti di suo figlio durante la sua ultima battaglia, per cui accettava, suo malgrado quella sua vicinanza a loro, perché sapeva che cavalcare un drago era una sorta di arma in più contro gli Estranei. Almeno questa era l’ultimo baluardo su cui si aggrappava con tutte le sue forze, quando lo vedeva partire come d’abitudine al loro fianco e sentiva quell’ormai famigliare senso di inettitudine pervaderla in ogni sua fibra.
Si era alzata, aveva salutato Tyrion Lannister e si era diretta dentro le mura della fortezza abbandonata. Aveva incontrato Sam, intento a pelare delle patate per la zuppa. Lui le aveva fatto un sorriso gentile, lei aveva ricambiato mostrandosi felice contro voglia, ma subito si era sentita una stupida. Lui non centrava nulla con i suoi patimenti, doveva smetterla di essere sempre così malinconica. Benjen l’aveva già notato, a suo fratello non scappava mai nulla fin da quando era poco più che un bambino…
Spostò la sua attenzione sulla donna accanto al giovane maestro: Gilly stava girando il mestolo in un grosso calderone sul fuoco e di tanto in tanto, assaggiava la pietanza fumante, aggiungendo a seconda del gusto raggiunto un altro ingrediente. Il piccolo Sam, invece giocava a terra con delle piccole bucce e alcuni scarti delle verdure già tagliate in precedenza. Aveva alzato il visino su di lei e aveva mostrati i denti bianchissimi in un largo sorriso. Le guance tonde e quegli occhietti briosi… A Lyanna le si sciolse il cuore per quella duttile e naturale dimostrazione d’affetto. Una tremenda nostalgia le salì in gola e le impedì di trovare una parolina dolce di risposta; nemmeno scovò la forza per alzare un braccio ed accarezzargli una guancia, né riuscì a dargli un buffetto sul naso. Tutte cose che avrebbe voluto fare a suo figlio, ma ogni suo intento era svanito quando quella stanza, dal caldo opprimente, aveva cominciato a odorare di sangue, di rose e di morte.
 
La mente però aveva deciso di privarla di altra sofferenza, facendole riaffiorare ricordi diversi che nel tempo avevano progredito alla sua poi successiva condizione di maternità. La beata solarità del piccolo Sam non aveva fatto altro che risvegliare nel suo inconscio altre espressioni analoghe che i suoi occhi avevano potuto ammirare nel suo passato: faccine dolci, affettive, spontanee… lontano da rancori, ranghi e avversità delle famiglie che loro un giorno avrebbero rappresentato; bambine e bimbi che aveva avuto l’onore di conoscere negli anni della loro più tenera innocenza.
 
Quel sorriso candido e lucente di bimba, tra alberi di agrumi e siepi di buganvillee. Il suo caldo abbraccio, quando si aggrappava ad una sua gamba con quelle braccine paffute e morbide. La sua pelle abbronzata che profumava di limone e gelsomino, mentre la rincorreva tra le fontane, schizzando giocosamente acqua in ogni dove…
 
I gridolini sfavillanti e risoluti, la luce selvaggia e abbagliante delle stelle si rifletteva nei suoi occhi insolitamente chiari, come un raro cristallo di ghiaccio tra le spighe di lavanda. Quei piedini temerari, che sgambettavano, sempre pronti ad intraprendere viaggi audaci e spericolati fra i sentieri dei giardini aulenti…
 
Un’improvvisa dolce melodia di corde… brevi azzardi coraggiosi delle sue piccole manine, prima che le forti braccia affettuose della madre lo strappavano via. I sottili e lunghi capelli castani, intervallati da filamenti di luna, decoravano quel volto chiaro, elegante e grazioso, con quella piccola fossetta sul mento. Cullandolo, mentre dolcemente si rasserenava in quel florido petto, i suoi occhi di un colore scuro indefinito, osservavano attenti ogni persona attorno, ammirando con sorpresa le attenzioni di quello che pareva essere diventato il suo nuovo musico preferito.
 
Al centro di numerose efelidi disseminate in quel visino tondo, sbucavano due occhietti furbi da folletto. Lo sguardo attento e pronto a combinare l’ennesima marachella al suo bianco paladino, per poi scappare e correre giù per le scale della sua torre. Dipingeva di gioia ogni mattone, facendo ondeggiare i suoi lunghi capelli come sete d’oro rosa che fluttuavano al vento caldo del deserto…
 
Il suo cuore mancò un colpo. Erano ricordi così belli e dolorosi al tempo stesso, che non riusciva a contenerli tutti nel medesimo momento, ciò nonostante da qualche parte dentro di lei aveva trovato la forza per non lasciarsi andare alla liberazione del suo sfogo. Provò la solida speranza che tutte e tre quelle bimbe ora fossero nel fiore dei loro anni. In quello stesso momento erano senz’altro diventate delle bellissime donne, nei loro abiti colorati del sud, ornati di veli ricamati, le loro singolari pettinature eleganti e i numerosi gioielli a risaltarne la femminilità. E quel bambino, invece? Che ne era stato di lui? Sapeva… era certa di aver compreso, ma ancora non voleva accettare quella veridicità, anche se ormai era inevitabile che presto lo avrebbe scoperto, volutamente o fatalmente l’autenticità sarebbe nuovamente trapelata, o lei l’avrebbe infine cercata.
Era prestabilito che, dopo di esse, altre memorie colmassero la tenue letizia che aveva provato in quei brevi istanti. E difatti anche altri volti le tornarono alla mente, assieme a tristi e nostalgici riverberi del passato.
 
Le bellezza paradisiaca di un affettuoso sguardo fiducioso e quegli abiti sontuosi da bambolina che frusciavano al ritmo delle sue piccolissime scarpette, mentre rincorreva un batuffolo di pelo nero. Era un incanto ascoltare la sua vocina, mentre fantasticava su enormi creature mitologiche e magiche figure fatate.
 
La stretta della manina di quell’infante era salda e vigorosa. I lunghi capelli biondi gli davano l’aspetto di un angelo strappato dalle braccia degli dei… e quel singolare sorriso che aveva inaspettatamente la sua esatta riproduzione in un volto più maturo che non levava mai lo sguardo dal piccolo. Le grida dispettose poi nel cuore della notte. Gli occhioni attenti di quel viola indescrivibile.
 
Erano anche quelli dei bei ricordi, ma immancabilmente portavano con sé orrende visioni di una cruda realtà ineccepibile. Mani brutali di uomini sanguinari avevano forzatamente privato della solarità quei serafici visini. Lame e urla, sangue e lacrime. E tutto era diventato inesorabilmente silenzio.
Nessuno aveva mosso un dito, nessuno era intervenuto per fermare quell’abominio. Nessuno.  Nessuno.
Abbassò lo sguardo sentendo il gusto acre della bile in bocca. Odiò se stessa, odiò l’uomo che amava e che aveva permesso che accadesse. Odiò gli uomini che avevano commesso il fatto, e pure quelli che avrebbero dovuto impedirlo. Odiò il mondo per essere così nero, quando la vita te lo rendeva colorato, e odiò perfino gli dei… per aver permesso una sorte così orrenda a degli angeli che non avevano colpe.
Le lacrime arrivarono inesorabili, portandola a pensare anche all’unico neonato che non aveva mai visto sorridere, o fare i primi passi, o rialzarsi in piedi dopo una caduta, o dire la prima parola…  Il suo bambino… Aegon… Jon. quello era il nome che suo fratello Ned aveva scelto per lui, quello era ormai il nome e la condizione che lui si era cucito addosso e a cui rispondeva. Ci si era abituato negli anni, senza più considerarlo un patimento e anche se ora sapeva la verità non riusciva a convertire il contesto a suo favore, ma Lyanna era convinta che prima o dopo questo sarebbe accaduto.
Suo figlio si era fatto uomo e aveva intrapreso da solo alla fine quella stessa strada a cui era destinato fin da prima che venisse concepito. E lo aveva fatto senza di lei: privato del suo affetto, delle sue parole di conforto, dei suoi dolci baci e dei suoi calorosi abbracci.
Questa volta si ritrovò a ringraziare gli dei ché almeno le avevano concesso quel breve momento per goderselo anche se già adulto. Era una magra consolazione, ma era pur sempre qualcosa su cui aggrapparsi in quei momenti in cui pensava di non farcela più, quando il dolore e i rimpianti la coglievano improvvisamente…
Sentì il peso nel suo cuore alleggerirsi appena all’idea che gli Antichi Dei le avessero donato del tempo assieme a suo figlio… E fu in quel momento che sentì anche qualcosa strattonarle la sottana. Una manina paffuta, un braccetto robusto e due occhioni castani sorridenti che la stavano fissando dal basso. Gilly sembrò accorgersi e si avvicinò, richiamando a sé il bambino.
-Mia signora, scusate il piccolo Sam. Gli ho detto mille volte di non disturbare. –
-Non ha fatto nulla di male. – disse automaticamente, guardandolo. La donna si era rincuorata di poco e aveva accarezzato il capo di suo figlio. Fu come sentire uno stiletto nel petto, ma ricacciò indietro quella sensazione negativa: era una cosa bella dopotutto e lei non poteva provare rancore per una madre che poteva donare al figlio il proprio amore.
-Vi trova simpatica, milady. Non sorride a tutti, sapete? – Lyanna notò che il suo modo di parlare non era come quello di una lady, ricordava tanto la parlata di Tormund, eppure a suo modo quella di Gilly era estremamente più dolce.
Lyanna l’aveva guardata intensamente per un lungo istante, beandosi di quanto potesse essere profondo un legame tra una madre e un figlio fin dai primi anni, poi i suoi occhi vennero rapiti dal piccolo che continuava a sorriderle.
-Se per te non è un problema, Gilly, lo posso portare un po’ con me fuori. Non ho nulla da fare al momento, e voi potreste restare tranquilli, senza il pensiero costante di badare anche a lui. – gli aveva avvicinato una mano, che lui aveva afferrato prontamente, ignorando completamente la madre come se nemmeno più esistesse. Lyanna aveva scambiato ancora uno sguardo con la donna, accertandosi del suo permesso, prima di condurlo fuori all’aperto e raccogliendo alcuni giochi lungo la strada.
 
 
 
 
 
Cavalcare Drogon era sempre stato incredibilmente rilassante e stimolante. Ogni sua percezione si tendeva proprio come le ali del suo drago e il calore dei raggi del sole le ridavano vigore e voglia di vivere. “Insegnatemi a cavalcare un drago…” le sue parole le rimbalzavano ancora nella testa. Non solo le sue parole, anche i suoi occhi intensi, i suoi capelli fini, le pelle piena di cicatrici del suo petto, il battito del suo cuore… Si sentì avvampare le guance e sperò di non essere diventata rossa fino all’attaccatura dei capelli. Per un attimo si immaginò che pure i capelli avessero preso il colore delle fiamme… Magari gli piacerei di più… pensò mesta.
Già, da quello che le aveva raccontato qualche mese fa, la sua prima donna aveva, usando le sue parole, “il fuoco nei capelli…”
Beh, con me al massimo si può accontentare di vedere la luna nei miei. Si prese una ciocca ribelle, che le era scivolata sul davanti. La guardò con limpido disgusto, odiando la sua tonalità di colore, e la ricacciò indietro con un gesto brusco della mano. Incrociò involontariamente con la maschera di suo fratello che l’aveva appena affiancata. L’aveva certamente vista compiere quel movimento, come aveva anche palesemente capito la sua depressione, e se n’era preoccupato. Se ne accorse per il cenno lieve del capo che le aveva rivolto e dal movimento delle sue labbra quando le domandò: “cosa succede?” Dany aveva risposto con un battito di ciglia e un’alzata di spalle. Poi con entrambe le mani si era sistemata la chioma di capelli allontanandosela dal colletto del soprabito nero, come a volersi scrollare di dosso quel pensiero e tutto il tormento appena provato, cacciarlo indietro in modo che il vento lo portasse lontano… Si concentrò sul volo del proprio drago, percependo le sue emozioni e lasciandosi cullare nella sua mente, come fosse un lontano luogo da esplorare. Poi le venne in mente un luogo dove avrebbe potuto far ordine coi suoi pensieri.
-Lascio a te, fratello, il resto dell’allenamento. – gli disse perentoria, uno scaltro tentativo di sfuggire via da un suo eventuale e prossimo interrogatorio. Aveva avvertito dietro di sé l’approssimarsi di Rhaegal. Ciò significava che Jon ben presto sarebbe entrato nella sua visuale, ed era proprio quello che voleva evitare a tutti i costi, l’avrebbe vista turbata, l’avrebbe vista sofferente e fragile. Non poteva permetterlo. Nello stesso momento in cui lei avrebbe appoggiato lo sguardo in quel volto allungato dai lineamenti regali, quegli scuri capelli sferzati dal vento e quegli occhi incredibilmente belli e profondi. Non erano sicuramente dello stesso colore meraviglioso di suo padre, ma da lui ne avevano preso la tonalità scura, anche se il colore era molto più simile a quelli di sua madre. Un composto perfetto amalgamato dalle mani di un dio che aveva deciso di staccare un pezzo di cielo notturno del nord per cacciarglielo negli occhi. O come quando le onde rapivano i granelli della sabbia sul lungo mare, tingendosi ora d’oro, ora di rosa, ora di rame a seconda del colore che il tramonto dipingeva sulla spiaggia. Rimembrò il momento in cui si era persa nei suoi occhi, in quel grigio scuro si era smarrita per poi venirne catapultata fuori con forza…
Era stato fonte di inesprimibili emozioni fino al giorno prima che suo fratello era tornato da lei, ma di certo non poteva incolpare lui di questo.
-Oh, sono sicuro che fino ad ora ti sia enormemente affaticata a causa di questo oneroso impegno, dona Haedus. – le aveva detto sarcastico, dopo averle fatto un vago cenno con la mano, come a dire: “vai pure!”. Rhaegar lo aveva capito: si stava allontanando appositamente, così che avessero modo di restare soli; padre e figlio. Socializzare, conoscersi, imparare a volersi bene come una famiglia. Così che Jon cominciasse a fidarsi di lui, come lei si fidava di suo fratello, ignorando però che dietro la maschera di Viserys c’era in realtà, Rhaegar, suo padre.
Col cuore gonfio d’amore, gli donò un bacio soffiato, Rhaegar la lasciava andare sempre, senza mai protestare; lui era a conoscenza anche di quanto per lei non fosse facile restare, amando suo figlio e non potendogli stare accanto come voleva. Prima che qualche goccia scendesse dai suoi occhi, aveva dato ordine a Drogon di virare verso destra, allo scopo di raggiungere le grandi cascate gelate che aveva scoperto con Rhaegar durante una loro precedente perlustrazione del luogo, per capire se fosse idoneo all’allenamento con i draghi. Ora che ci pensava suo fratello sembrava quasi conoscere quel posto, come se ci fosse già stato in precedenza… o più probabilmente, come se qualcuno gliene avesse parlato. Non occorreva nemmeno porsi poi molte domande per capire chi fosse questo “qualcuno”.
Colse un sonoro stordimento del drago verde che la chiamava incerto. Rhaegal era indubbiamente combattuto su chi seguire dei due fratelli e per ovvi motivi sembrava più spinto a rincorrere quello grosso e nero, invece di restare con quello chiaro. Dany per un attimo ebbe il dubbio che ad avere quell’incertezza fosse in realtà il padrone e non la sua cavalcatura, ma non osò voltare il capo per accertarsene. Guardarlo negli occhi avrebbe risvegliato ciò che non doveva provare, e non perché non lo volesse lei, ma perché era lui quello che aveva imposto questa condizione… L’aveva respinta, rifiutata… A Dorne aveva udito una conversazione tra Ellara e Arianne. Ti ha respinta, Ary, sai cosa significa. In un primo istante Dany non pensava che volesse poi dire molto, lei era sempre vissuta nella convinzione che un uomo lo si poteva comprare con un bicchiere di vino, col denaro, oppure facendo scivolare l’abito a terra… Ma nelle terre in cui era approdata, si era resa conto che la verità dietro ad un rifiuto era molto più profonda. Bastava che un uomo distogliesse lo sguardo di fronte ad una donna per farle intendere che non c’era nulla che lei potesse fare per ottenere nuovamente la sua attenzione. Alla fine Jon, con me, si è comportato alla stessa maniera. Il risultato era stato il medesimo. Anzi qualcosa dentro di lei le diceva che se fosse accaduto davvero in quel modo si sarebbe sentita meno umiliata, invece lui le aveva detto chiaramente che non potevano più stare assieme, guardandola negli occhi, ferendola nel cuore. Era sincero e non era pentito.
Daenerys si era sentita morire in quel momento, avrebbe preferito che la trafiggesse con la sua spada piuttosto. Se avesse potuto scegliere, avrebbe voluto non averlo mai conosciuto, non essere mai salita così tanto a nord… Tyrion gli aveva consigliato di restare alla capitale e di ricostruire ciò che Cersei aveva distrutto, pensando in un secondo momento alla riunificazione dei Sette Regni; calcolando un’eventuale alleanza politica, o accettando la loro indipendenza, come aveva fatto con le Isole di Ferro, come aveva rispettato la quasi autonomia anche del principato di Dorne, ma lei, cocciuta, non gli aveva dato ascolto. Faceva sempre di testa sua. Voleva riottenere il dominio dell’intero continente di Westeros… avere tutto sotto controllo… come suo padre… Stava quindi diventando come lui? Un giorno avrebbe goduto nella visione di veder bruciare le persone? Si vergognò di aver già compiuto un simile gesto a Meeren… come pure nella Desolazione Rossa. Nei suoi occhi ancora lo spettro di Mirri Maz Durr che urlava agognando la fine dei suoi patimenti. Se l’era cercata. Pensò, ma un attimo dopo si tradì con un singulto nel petto che la costrinse a coprirsi gli occhi con un braccio.
 
Drogon atterrò non molto distante dal precipizio da cui l’acqua avrebbe dovuto scendere, ma che si era cristallizzata in colonne di ghiaccio azzurro. Tra di esse alcuni rivoli scendevano in lievi scrosci, donando alla struttura una lucentezza quasi eterea. Se si osservava più attentamente, quando il sole risplendeva, si poteva notare anche che la forza prorompente della cascata non era del tutto sedata. Le acque del fiume fluivano al di sotto di una spessa crosta, creata dalle numerose stratificazioni del ghiaccio. Sul fondo un voluminoso miscuglio di archi e gobbe bloccati nel tempo davano l’idea di una incredibile cattedrale di beltà creata dalla natura stessa.
Dany si sedette su una protuberanza rocciosa al limitare del precipizio, senza avere alcuna paura del salto che l’avrebbe quasi certamente uccisa, né delle grosse colonne di solido ghiaccio che potevano spaccarle le ossa, se vi fosse andata contro scivolando da quell’altezza. Drogon le diede una lunga occhiata circospetta, come se sospettasse che il suo vero intento fosse quello di porre fine alla sua vita. Lei nel frattempo si stava posizionando nella postazione che aveva adocchiato, un valido appostamento per ammirare lo spettacolo mozzafiato che aveva al di sotto. Con la coda dell’occhio notò che il drago, accertatosi delle sue reali intenzioni, si era acciambellò e si era messo a riposare, restando però vigile ad ogni eventuale pericolo. Si preoccupava; quasi fosse lui quello che aveva il compito di proteggerla, come un genitore apprensivo, come un fratello maggiore, in assenza del suo vero parente. Alzò gli occhi in cerca del suo Lekia…
In lontananza Dany poteva vedere di tanto in tanto i movimenti degli altri suoi due draghi. A volte sbucavano dalle fronde dei pini per salire verso l’alto; altre scendevano dal cielo in picchiata spuntando dalle nuvole che perennemente ormai coprivano i cieli. Viravano a destra, o svoltavano  a sinistra in una danza armoniosa. Rhaegar aveva davvero maestria con i draghi. Viserion sembrava non avere segreti per lui, eppure più di una volta le aveva accennato di compiere un’enorme fatica e di non averne il pieno controllo, come se non lo sentisse interamente suo, ma a guardarlo ora, nessuno avrebbe mai potuto osare fargli una critica. Lui era così… unico, impareggiabile, perfetto, in qualsiasi cosa facesse… a differenza sua.
Erano più le volte che si sentiva inadatta e insicura, che quelle in cui era fiera di se stessa. Cercò di rammentare l’ultima volta in cui si era sentita davvero orgogliosa, potente e viva. Cacciò via ogni momento passato col Re del Nord; persino pronunciare il suo nome era diventato doloroso… Si strinse le ginocchia al petto con entrambe le braccia; sentiva freddo, fin nelle ossa e avvertiva tanta solitudine all’interno del suo cuore. Tornò indietro nella mente di mesi forse anni… a quando finalmente si era seduta su quel trono irto di protuberanze acuminate che tutti ambivano, spasimavano… uccidevano per averlo. “Addirittura!” Si trovò a commentare con un’ironia tetra, abbassando il capo e appoggiando la fronte sulle ginocchia. Era strana quella parola, la sentiva sua eppure non era convinta di averla sentita pronunciare dalla sua bocca o da qualcuno che conosceva. Ponendosi quel quesito mentale, sentì una strana sensazione di calura. Un raggio di sole la stava illuminando, combattendo e sconfiggendo con la sua lama lucente lo strato di nubi che la sovrastava. Ne sentì l’accaloramento scaldarle la nuca, riaccenderle a poco a poco il vigore, partendo dai capelli e arrivando perfino al cuoio capelluto, come se un padre vi avesse appoggiato sopra la sua mano per darle conforto. Trasse forza da quel magico e inaspettato evento. Un’energia scaturì da dentro di lei e la costrinse a rialzare la testa, come se improvvisamente una folgore l’avesse colpita… sorrise. Nella mente le palesò chiaro il volto di un ragazzo. “Sì, una folgore dagli occhi viola e una chioma dorato argento…”
Per una strana associazione mentale e un affine senso si affetto, gli era tornato alla mente Griff… “No, Aegon. Rhaegar ha ordinato che lo si chiami così.” Ricordò quasi rimproverando se stessa. Chissà poi perché suo fratello si era preso così tanto a cuore le sorti di quel giovane. Ancora non glielo aveva spiegato.
Cercò di riportare alla memoria il profilo della sua mascella, la linea decisa del suo naso, la barba rada sul mento che le aveva solleticato la pelle delle spalle e del ventre. I suoi capelli spessi e brillanti… Erano di una consistenza e di una sfumatura diversa da quella sua o di suo fratello, appena uno o due toni più verso il dorato, ma ricordava come le sue dita vi si erano intrecciate tra essi in modo così facile, che era quasi difficile credere che ora preferiva mettere la mani sulla testa di un altro uomo… dalla capigliatura così diversa. Diversa come il giorno e la notte… Basta, Dany! Non tormentarti oltre! Maledì il suo cuore e la sua anima che in ogni momento tornava a pensare a suo nipote. Già… lui è il vero figlio di Rhaegar… Perché non poteva essere tutto più semplice? Perché suo nipote non poteva essere davvero Aegon, il ragazzo dai capelli chiari che avevano lasciato ad Approdo del Re?
Ricordò come si era lasciata incantare dal suo sguardo magnetico di quel viola scuro, ma leggermente più chiaro di quello di suo fratello Rhaegar. Sentiva che era sulla buona strada, il cuore cominciava a scaldarsi… Rammentò quel giorno in cui lo aveva fatto entrare nelle sue stanze; Tyrion l’aveva convinta a concedergli una possibilità.
-Fallo parlare. – le aveva detto – Lascia che ti possa spiegare tutto dal suo punto di vista. Era ignaro dei piani di Varys. Dagli un’occasione. – Dany aveva soppesato a lungo sulle parole del suo Primo Cavaliere. Si fidava di lui, era saggio e sapeva come trattare con le persone, e soprattutto era in grado di sedare le sue terrificanti inclinazioni di potere.
Aveva infine accettato. Aveva fatto preparare la propria stanza, come ricordava fossero quelle a Giardini dell’Acqua. Voleva una ventata di aria nuova, voleva essere una regina diversa da quella che i Sette Regni avevano avuto fino ad ora. Voleva cambiamenti, ma non troppo radicali. Voleva che tutti i suoi popolani si sentissero a casa… Lei voleva sentirsi a casa.
 
Aveva addirittura chiesto a lady Ellaria cosa ne pensava, nell’eventualità di apprendere poi dei cambiamenti o decidere se accettare i suoi eventuali consigli.
-Chi stiamo cercando di accalappiare, vostra grazia? – la donna si era rivolta a lei con quel suo solito tono canzonatorio e quell’espressione melliflua e vellutata, che non era mai riuscita a comprendere se fosse ben sentita o solamente un’accesa provocazione. Indossava un abito color ocra, di una seta particolarmente lucente. I capelli neri come l’ebano erano agghindati come una corona attorno alla sua testa e una tiara dorata le tratteneva i riccioli sulla fronte. Alle braccia numerosi bracciali tondi con pendagli a forma di sole che tintinnavano ogni qual volta muoveva gli arti. A collo e ai lobi delle orecchie minuscole sfere di corniola rivestite di una sottile filigrana dorata.
-Nessuno in particolare. – rispose vaga – Voglio solo cambiare l’aspetto di questa stanza. Cersei aveva gusti orrendi. – Ellaria aveva mosso il capo in segno di approvazione.
-Convengo con voi, astro luminoso. – continuò muovendosi per la stanza, ancheggiando coi fianchi, come stesse danzando una musica che solo lei udiva – Avete fatto bene a non levare queste tende. – aveva detto poi avvicinandosi alle stoffe che cadevano dall’alto – Il rosso è un colore che appatiene alla vostra famiglia. Ricordo che Oberyn adorava molto associarlo con… - si interruppe improvvisamente, stava parlando soprappensiero. Quando se ne accorse, fece un colpo di tosse di circostanza e si diede un maggiore contegno – Ma so che anche i Targaryen lo esibivano con orgoglio. – si corresse subito, riprendendo il suo consueto ondeggiare, muovendosi ritmica con le gambe, mettendone una davanti all’altra e continuando la sua circospezione. Dany l’aveva fissata imbambolata per qualche istante, domandandosi come facesse ad essere così sensuale. La osservò raggiungere l’enorme separé e facendoci passare le dita sul rilievo inciso. Ammirava il suo modo di muoversi lascivo e ipnotico, poi aveva ritrovato se stessa e aveva compreso. Era chiaro che la dorniana avesse difficoltà nell’ammettere che il colore rosso era inevitabilmente sia il colore del suo adorato amato, quanto anche apparteneva a coloro che l’avevano ucciso. Si diede quella di spiegazione; la più semplice probabilmente, prima che lei le chiedesse.
-E quindi necessitate di due calici e due posti apparecchiati sulla tavola, mia regina, o state aspettando un ospite? – si era voltata ancora e le aveva strizzato l’occhio maliziosa. “Sono una stupida” si era ritrovata a pensare “Se l’ho investita del titolo di maestra dei sussurri, non posso pensare che sia una sprovveduta. Avrei dovuto aspettarmelo che mangiasse la foglia!” – Vi lascio, quindi, al vostro appuntamento galante, luminoso raggio di sole. Il vostro innamorato sarà deliziato dal vostro stupendo aspetto. – battè ritmicamente le mani a richiamare una delle sue guardie. Dalla porta Dany vide apparire lady Nym. Indossava un abito color acqua cristallina, velato quanto bastava per scorgere anche il suo corpo al di sotto, ma sufficientemente nascosto con una sottoveste del medesimo colore ma più coprente. Sulle spalle una stola argentata con un fine disegno d’oro che poteva ricordare sia le dune di un deserto, come anche le acque di un mare… e perché no? Anche il vento nei cieli. Pensò un attimo dopo Dany. Calzava dei sandali bassi, con dei lacci che risalivano lungo il suo polpaccio roseo e le punte erano leggermente all’insù. Gli zigomi alti, le labbra piene, il naso piccolo e appuntito. Sulla fronte la pelle era luminosa e l’attaccatura dei capelli a punta faceva risultare il suo volto a forma di cuore. I suoi capelli erano legati in una comoda treccia con un nastro rosso e seguiva le forme degli intrecci che raccoglievano tutta la chioma lucente seta corvina che era solita sempre lasciar cadere sul davanti. Aveva al collo una lunga catena la cui estremità doveva arrivarle fino all’ombelico, ma il ciondolo che nascondeva in realtà celava una sottile lama con la quale uccideva spietatamente i suoi avversari. Dany gliel’aveva vista usare una volta, tra le vie della città quando due ladri stavano cercando di rubare i viveri dei poveri dal loro carro. Raccapricciò al solo pensiero di quella macabra scena e tornò a concentrarsi sulle mani della giovane.
Ai polsi aveva due grossi bracciali di placca d’oro e nessun altro particolare ornamento, ma di certo non si poteva considerare una donna poco attraente. Aveva un aspetto nobile, il volto dai tratti maturi, i capelli sempre ben puliti, gli occhi dalla forma viperina, attenti e selettivi che studiavano ogni minima cosa, e che ora li aveva appoggiati esclusivamente su di lei.
Daenerys ammirava la sua disinvoltura, esattamente come la stimava per la sua innata sicurezza. Aveva fantasticato spesso sull’idea di poterle mai assomigliare, ed era certa che se il destino avesse voluto inviargliela prima, l’avrebbe potuta rendere la sua alleata migliore. Brava nella diplomazia, grande ammaliatrice e di un fascino strepitoso, avrebbe sicuramente sortito effetti impensabili coi suoi rischiosi alleati, e se questi ancora avessero provato ad andarle contro Nymeria sarebbe intervenuta estraendo le lame dalle tasche nascoste del suo abito. Perché sì, quella era la sua particolarità di cui Daenerys era venuta a conoscenza suo malgrado. Durante il processo agli uomini dei Lannister che non avevano voluto inginocchiarsi, quella ragazza era stata tra i sicari che avevano disseminato la sua giustizia. Dany era rimasta seduta sul trono di spade osservando i suoi sudditi con aria di superiorità in attesa della loro prostrazione, che mai era arrivata. I suoi uomini avevano lance e spade, armi che Dothraki e Immacolati prediligevano. Lei invece si era presentata vestita come una lady, nella sua eleganza e sfarzosità dorniana. Aveva guardato negli occhi gli uomini catturati dalla postazione che avevano predisposto per i membri ambasciatori della famiglia dei principi dorniani. Si era alzata in piedi sorprendendo tutti, lei compresa. Aveva sceso quegli ultimi scalini e aveva chiesto di uccidere personalmente alcuni degli uomini dei Lannister. Era stata più veloce di un fulmine, aveva infilato le mani tra i veli del suo abito e vi aveva estratto delle lame con una velocità impressionante. Nell’attimo dopo le loro gole erano lacerate e fluttuavano zampilli di sangue ovunque. Nymeria non aveva mosso un muscolo ulteriore. Li aveva guardati negli occhi mentre la vita li lasciava e i tre si accasciavano al suolo. Quando si era voltata poi, Dany aveva appurato che gocce di sangue le rigavano lungo il volto, le braccia e il collo. Pure il suo abito celeste ne era rimasto imbrattato, ma lei pareva non averci fatto caso, oppure volutamente non ci aveva dato peso. Quando era tornata al suo posto, Ellaria l’aveva guardata di sbieco, come se non approvasse quella sua condotta. Obara si era limitata a fare solo un grugnito sordo nella gola, mentre Tyene pareva essere rimasta l’unica sua spalla, anche se dapprima aveva tirato un lungo sospiro di esasperazione, poi si era prodigata a passarle un fazzoletto affinché si pulisse almeno il volto e le mani. Sua sorella aveva eseguito e solo alla fine le due si erano scambiate un sorriso, tuttavia per quanto la felicità di Tyene pareva quasi più pacata cortesia, a Dany parve che invece la spensieratezza di lady Nym fosse in realtà per celare quella estrema soddisfazione, quasi avesse un conto in sospeso proprio con quegli uomini.
Rimase bloccata quindi quando se la vide arrivare in stanza e camminare con quel suo una sicuro e fiero. Non si poteva mai capire quando giungeva per una confidenza o per determinare la sentenza di morte. Eppure non vi era ragione di credere che in quell’istante quella ragazza le fosse avversa, ma Dany temeva la sua compagnia. Ogni volta che restava solo in sua presenza, avvertiva uno strano formicolio al centro esatto dei palmi delle mani e non si sentiva tranquilla.
La dorniana al contrario appariva a proprio agio nei suoi alloggi, come se sapesse già dove andare, come muoversi, quali ostacoli si frapponevano al suo cammino, come tappeti o mobili bassi, e le bastava scorrere il suo sguardo nell’ambiente circostante per individuare ogni via di fuga. Questo la insospettì parecchio, ma non ebbe modo per darlo a vedere, poiché Ellaria prese subito la parola.
-Nymeria, cara, prepara la nostra regina al suo imminente incontro. –
-Oh…. – disse la ragazza osservando maliziosa e disincantata la donna che aveva appena parlato, e incatenando successivamente lo sguardo al suo. Dany deglutì a fatica. Le pareva di essere diventata la preda di un animale pericoloso – Con molto piacere, mia regina. – fece due passi ancora e la raggiunse, inchinandosi al suo cospetto, con un movimento calcolato ed elegante.
-Vedi di usare la forma più convenzionale che conosci. – la avvisò Ellaria, mettendole una mano sulla spalla. Nymeria tornò a guardarla in un modo strano, fissando amara la dorniana e facendole una smorfia, infine le allontanò la mano da sé disgustata.
-Ho capito. – rispose scontrosa e sbeffeggiatrice – Non occorre la tua precisazione. – dal tono che aveva usato, Dany ebbe la chiara sensazione che tra le due non vi fosse poi tanta simpatia, ma temette di essersi sbagliata nel momento in cui Ellaria appoggiò le labbra sulla guancia della giovane serpe. Eppure quando gli occhi neri di lei incrociarono nuovamente i suoi, fu certa di leggervi anche del risentimento, che svanì nel giro di un secondo, per cui ebbe quasi il timore di esserselo solo immaginato.
-Mia luminosa visione… che cosa potrei mai aggiustare nel vostro divino aspetto, ditemi? – la regina dei draghi ebbe un sussulto sul posto quando la vide allungare le braccia verso di lei. Udì Ser Barristan muoversi nervoso. Qualche placca di metallo scattò, al suo prendere le misure per estrarre la spada – State pure comodo, Valoroso Cavaliere. – affermò invece la bella mora – I miei intenti sono quelli di rendere la vostra amata regina, un bocconcino succulente per il suo innamorato. –
-Non sono innamorata. – rispose a tono lei.
-Nessuno ha detto che lo siete, mia regina. – Nymeria le sorrise benevola e cordiale – Né che lui non lo sia… anche se sarebbe un pazzo a non notarvi. – si umettò le labbra carnose – Noi a Dorne li chiamiamo così i nostri amanti. –
-Non ho nessun amante. – precisò ancora. Non voleva darla vinta a nessuna di loro; non si fidava di nessuna di loro, non dopo quello che era accaduto alla sala del trono, ciononostante doveva comunque intrattenersi del tempo con gli ambasciatori i Doran, anche quando questi si presentavano nelle sue stanze per una questione imminente e poi si concentravano su queste frivolezze. Indietreggiò di un passo, maledicendosi nell’immediato secondo successivo. Un drago non deve aver paura di una serpe… ma averla a pochi centimetri dal suo naso non la rendeva tranquilla.
-Beh… - la lady alzò le spalle – Vedremo a fine serata, quando tornerò per portar via i vassoi, dove vi troverò… – disse sorridente, Dany alzò un sopracciglio non capendo, così la ragazza proseguì – Se ancora seduta su quel grazioso tavolino – e lo indicò con un moderato movimento del mento – O distesa esausta su quel letto. – spostò la testa di lato per osservare le lenzuola del mobilio indicato. Dany sentì le guance imporporarsi, ma non seppe se per vergogna o rabbia per l’affronto. Pensano che faccia entrare nel mio letto ogni uomo che ho al soldo? E’ questo che Dorne crede? E’ questa l’abito che mi hanno cucito addosso? Rimase a pensare incerta se esporre questi suoi quesiti, o fingere indifferenza, ma poi ciò che la donna di fronte a lei fece, la distolse da ogni altro pensiero. Le accarezzò un braccio usando solo il dorso di due falangi, raggiungendo il culmine della sua lunghezza, le aggiustò una spallina del vestito rosso che indossava, abbassandola alla stessa altezza dell’altra. Curvò poi all’indietro la schiena per guardarla nella sua intera figura e parve soddisfatta. Poi si concentrò sul suo viso. Scrutò ogni centimetro del suo volto, la vide esaminare il trucco sui suoi occhi, la terra sulle guance e pure le labbra… quelle a quanto pare non erano di suo completo piacimento perché le sfiorò col polpastrello del pollice quello inferiore. Dany aprì involontariamente le labbra, sentì quello sfregamento come qualcosa di indefinito; non era certa che le piacesse, ma dalla reazione che sentì tra le gambe, fu sorpresa di considerare dilettevole quel tocco. Si dannò per sentire questa feroce mancanza di un uomo nel letto da così tanto tempo. La vide ridere internamente, nei suoi occhi neri il chiaro segnale di aver fatto centro. Questo diede alla Targaryen la conferma di essersi lasciata andare troppo ai sentimenti di fronte a delle possibili nemiche, ma restò confusa quando si sentì pizzicare dolcemente entrambe le guance. Nymeria aveva riattivato con quel semplice gesto la circolazione in quel esatto punto per renderla più affascinante, ora che ricordava anche Irri e Jhiqui le avevano fatto una cosa simile molto tempo fa, quando l’avevano preparata una notte per incontrare il suo Khal. Di nuovo la sua mente l’aveva allontanata da quel momento e si costrinse a tornare in fretta alla realtà. Non voleva farsi cogliere nuovamente impreparata alla prossima sua mossa, e invece accadde ancora. La dorniana avvicinò il volto al suo in modo alquanto pericoloso e equivocabile, rimase ferma così per alcuni istanti. Dany sentiva i suoi occhi neri e liquidi quasi dentro ai suoi e poteva vedervi all’interno il riflesso del viola brillante delle proprie iridi. La ragazza le sorrise ancora prendendole entrambe le mani, intrecciando le dita tra le sue, mentre le alzava verso l’alto così da farle piegare il gomito alle ore tre in punto. Si ritrovò a seguire i suoi movimenti, senza poter in alcun modo esimersi, incollata al suo sguardo come sotto ipnosi. Emise un sospiro che rimbalzò sulla pelle olivastra di lei per poi tornare sulla propria d’alabastro. Nymeria appoggiò la punta del naso al suo e con un movimento lento e ripetuto, lo strofinò per alcuni istanti. Dany potè quindi sentire anche il suo alito profumato. Sapeva di una spezia fresca, forse anice o menta, ma la sua pelle aveva il profumo del melograno.
Quando meno se l’aspettava, la giovane si scostò da lei quel tanto per ammirarla ora nel suo complesso. Le sorrise gaia, mentre Dany la guardava scettica con la bocca ancora semi aperta. Si stupì di quel loro contatto e si vergognò ancor di più per averlo trovato estremamente piacevole.
-Ora siete davvero perfetta. Invidio un po’ il vostro innamorato e spero non vi deluda. – la regina non comprese appieno ciò che lady Nym le aveva appena detto, ma d’altronde come avrebbe potuto saperlo a quel tempo? La vide inchinarsi con raffinatezza e le voltò le spalle per raggiungere un’uscita di servizio, seguita anche da Ellaria che era rimasta a guardarle da un’angolazione di riserbo, chiudendo poi la porta alle sue spalle.
Di nuovo udì un rumore metallico e intuì che Ser Barristan si era finalmente rilassato. Daenerys sapeva che la sua presenza era stata voluta da suo fratello per la sua protezione, ma a volte sentiva quella protratta condizione come una fastidiosa sensazione di essere costantemente e ragionevolmente controllata in ogni cosa, e questo cominciava a pesarle non poco. E come se non bastasse era convinta che vi fosse anche qualche spia dorniana perennemente al suo seguito e questa era una prerogativa che tollerava ancora meno. Quando percorreva il lungo corridoio che precedeva le sue camere, le ombre dietro ad ogni colonna le parevano allungarsi e nascondere al loro interno qualche mistica figura. Ma Barristan le aveva sempre assicurato di sbagliarsi, poiché ai suoi occhi nulla appariva inusuale. Malgrado ciò Dany non riusciva a pensare di essere mai sola, e quella costante presenza quasi aveva cominciato a piacerle. Era certa che Ellaria avesse messo una delle serpi perennemente al suo seguito, anche in quei momenti non ufficiali. Era ininterrottamente sorvegliata da una di loro, lo sapeva. Spesso lo aveva percepito anche prima, ma da quando Rhaegar era tornato, aveva cominciato a notarlo maggiormente, quasi fosse stato lui stesso a darle quell’ulteriore forma di controllo. Spesso Tyene o Nymeria si alternavano per farle da damigelle, preparandosi con vestiti sontuosi, acconciature particolareggiati nella maniera elegante ed esotica di Dorne, si ungevano la pelle di mille profumazioni e si impreziosivano di gioielli, presenziando con lei a banchetti, udienze o affiancavano le serve nelle semplici mansioni da camera, come un abluzione, o il momento davanti alla specchiera per l’acconciatura mattiniera, o serale per scioglierle e pettinarle i capelli prima di coricarsi. Solitamente con Tyene intavolava una chiacchierata anche abbastanza piacevole, parlavano di frivolezze, di ricordi del passato, o di sogni; Dany in realtà stava attenta a esprimere ogni suo pensiero, ma trovava comunque simpatico il suo modo di fare. Con Nymeria invece non vi era mai stato un grande dialogo e quindi aveva sempre creduto di non piacerle. Obara al contrario delle sue sorelle non amava vestire abiti femminili o affaccendarsi in pratiche da lady e quindi aveva scelto di unirsi alle sue guardie personali che avevano l’ordine di accompagnarla quando usciva dalla Fortezza. Era in pratica tenuta sempre sotto controllo da Dorne.
Barristan non ne era mai molto felice, ma non riusciva a impedire ad Ellaria di metterci lo zampino nella scelta delle sue guardie. Pure quando il lord Comandante si mostrava severamente contrario ad un’intromissione dorniana, la donna risoluta gli rispondeva:
-Se voi uomini forti e coraggiosi non foste stati troppo impegnati a combattere tra di voi vi sareste accorti che i leoni stavano arrivando da ovest. La principessa Elia Martell aveva una schiera di dame da compagnia da far invidia quasi alla regina, ma se aveste lasciato ad ognuna di loro una lama, Dorne ora avrebbe ancora la sua principessa. Solo questo le è mancato, e io non commetterò lo stesso errore con la mia regina! –
L’uomo rimaneva zitto e non proferiva più parola. Alcune volte Dany riusciva a sedare tutte quelle apprensioni inspiegabili della dorniana, ordinandole di mandare le sue ragazze in qualche missione, eppure ogni volta che lo faceva aveva un’insoddisfacente senso di abbandono. Si stava forse abituando alla presenza di quelle giovani? Eppure sapeva anche che non poteva assolutamente considerarle delle vere amiche. Avevano appoggiato la ribellione provando a levarle il trono, erano delle potenziali rivoltose e solo la benevolenza di Tyrion aveva permesso loro di non aver fatto la stessa sorte dei suoi nemici. Non poteva fidarsi di loro, né di Ellaria, né del principe Doran. Ecco perché aveva ordinato a Tyrion di usare uno dei passaggi segreti per portare il giovane Griff nelle sue stanze.
Già… a quell’epoca Rhaegar doveva ancora liberarlo e disporre che il suo nome fosse Aegon.
 
Si era presentato a lei con addosso una semplice camicia bianca. Le braghe erano di pelle rossa come anche la casacca che gli fasciava le braccia, ma la teneva semi slacciata sulla parte alta del petto; all’apparenza sembrava un gesto trasandato, ma nel complesso risultava invece studiatamente accurato. I capelli più lunghi sulla nuca erano legati da un sottile laccio, mentre quelli sul davanti, tenuti più corti gli incorniciavano la fronte e gli occhi. Dany era rimasta incantata per un istante a fissarlo, quasi domandandosi se pure suo fratello Rhaegar da giovane avesse avuto un aspetto identico. Sostituendo quei capelli corti biondo chiaro, con una chioma argento che gli scendeva oltre al bacino, certamente poteva assomigliargli come una goccia d’acqua. Convenne.
-Siediti. – lo invitò ad avvicinarsi. Lui aveva obbedito senza la minima protesta, mansueto come un agnellino; non sembrava più esserci in lui traccia alcuna del drago che aveva conosciuto. Nel suo spostamento, sorpassandola silenzioso, Dany aveva percepito un chiaro odore di dopobarba fresco e maschile, di cui non ne conosceva la profumazione, ma che si scoprì intrigata nell’apprezzarlo inspiegabilmente suo malgrado.
-Dato che abbiamo screditato la tua identità quale Aegon VI Targaryen, dimmi, con quale nome ti dovrei chiamare ora? – gli porse uno dei calici che aveva appena riempito.
-Credo che Griff andrà bene. – disse lui con tono piatto – Ad Essos mi facevo chiamavano Griff, il giovane. Griff, era il nome che aveva scelto lord Conninton. L’uomo che mi ha allevato come fossi figlio suo, ingannato in quella falsa causa che aveva appoggiato senza fare domande. – si interruppe, nascondendo un singhiozzo, ma nel suo volto non vi era sentore di alcuna lacrima – Mi è stato vicino come un padre, severo, ma buono.  – aveva negli occhi una luce di estrema gratitudine per la figura che stava illustrando, pur tuttavia Dany riuscì a scorgere anche un forte senso di costernazione, come se si sentisse in colpa per qualcosa. La sua morte probabilmente, eppure qualcosa le diceva che non era solo quello. Le venne in mente il modo superbo che aveva avuto con lei a Dorne, ma che gli aveva visto anche usare contro il lord del Posatoio del Grifone. Probabilmente in quel momento se ne vergognava.
-Parlami ancora di lui. – lo esortò. I ragazzo ubbidì, quasi fosse uno sfogo.
-Quando siamo approdati a Westeros, mi ha ospitato in quello che era il suo castello. Mi donò la stanza migliore, quella che era appartenuta a lui e al di lui padre, prima che morisse. Lo devo a lui se non mi è mai mancato nulla. Mi ha fatto sentire davvero come fossi un principe. –
-Cosa che, abbiamo appurato, non sei. – intervenne rigida, poi però addolcì il suo timbro di voce –Ma rispetto la sua e la tua inconsapevolezza. Tyrion mi ha supplicato di darti una seconda opportunità. – continuò autoritaria, mentre versava un po’ di vino ad entrambi – Te la meriti, dunque? – il ragazzo aveva preso il calice dalla sua mano, l’aveva guardata fissa negli occhi.
-Direi che non puoi accusarmi delle mie azioni in quanto ero in buona fede, non era perciò volontario arrecarti danno alcuno. – aveva cominciato ad esporre in modo elegante ed aggraziato. Sapeva parlare come un principe, questo era indiscutibile, ma nella sua espressione scorse anche una distinguibile insolenza ed un sorriso selvaggio – E direi che mi merito un’opportunità maggiore… -
-Stai forse alludendo a qualcosa in particolare? – stette al suo gioco, alzando un sopracciglio scettica, e aspettando di capire fin dove voleva osare.
-Non mi permetterei mai, mia regina. – aveva chinato il busto, preso la sua mano libera e gli aveva baciato il dorso con fare cortese, malgrado ciò Dany aveva percepito un che di lascivo nel modo in cui aveva stropicciato le labbra sulla sua pelle. Inebriata dal suo profumo e dai troppi bicchieri di vino che già si era sgolata in solitudine prima che la sua stanza fosse riempita dalle dorniane, fu costretta a fare due bei respiri profondi per restare lucida, soprattutto quando i suoi occhi intravidero gli addominali scolpiti del suo petto glabro, mostrarsi dalla scollatura della sua camicia. Fu solo un momento, dopo la lasciò andare come se tra loro ci fosse una netta separazione. Ed effettivamente c’era una netta separazione. Dany cercò di auto-convincersene.
Si erano seduti a mangiare. Avevano parlato a lungo in maniera molto formale della questione di Approdo del Re, scoprendo che il ragazzo era molto informato su tutto ciò che anche lei avrebbe dovuto sapere. La condizione amministrativa dei Sette Regni, il commercio con Essos, le organizzazioni militari da attuare per sedare ogni rivolta che poteva nascere a caso fra i regni; la consumazione del pasto le aveva fatto tornare la mente più lucida, ma il suo corpo fremeva di desiderio, ardore e passione. Ogni gesto che lui compiva, ogni parola che pronunciava con quel suo tono basso e roco, ogni sguardo che le lanciava… erano come gocce costanti di altofuoco che andavano ad alimentare l’incendio che sentiva dentro. Era provocante a dismisura, qualsiasi parte del suo essere sembrava attirarla a sé… Eppure a Dorne non le era apparso così. Era stato molto freddo, distaccato e volubile, come se qualcosa lo innervosisse, e Dany aveva sempre creduto di essere lei a infastidirlo, lei e la sua pretesa al trono, ma ora tutto quello sgarbo era misteriosamente svanito. Forse lo stava facendo apposta, per ingraziarsela, oppure prima era stato lo stesso Connington a obbligarlo a tenere un comportamento scostante nei suoi riguardi, questo non lo poteva sapere, ma in quel momento tutto poteva avere una duplice spiegazione.
Daenerys non era certa di aver sentito passare del tutto quella sensazione di calura sulle guance causata dal vino o dai pizzicotti di Nymeria. Era tutta un bollore e anche se provava di tanto in tanto ad aggiungere un calice d’acqua addolcita con miele e cannella, o intervallava i bocconi a grosse sorsate di idromele, arrivati alla seconda portata di carne, si rese conto che ogni suo più banale tentativo di intiepidirsi era miserabilmente fallito. Aveva quasi la convinzione ferrea di aver nuovamente esagerato col dolce rosso dorniano, tuttavia era stata ben accorta a toccarlo il minimo possibile.
Griff però galantemente non le faceva mai svuotare del tutto il calice che si apprestava nuovamente a riempirglielo con fare gentile; un sorriso seducente ed uno sguardo complice. Erano i suoi punti deboli, l’avvenenza di un bell’uomo mescolata al vino dolce. Avrebbe dovuto stare più attenta. Lo aveva scoperto a Giardini dell’Acqua, chiacchierando allegramente una sera con suo fratello e risvegliandosi la mattina dopo tra le sue braccia, mentre lui la cullava, accarezzandole una ciocca di capelli e cantandole una dolce melodia sulla luna ed un animale notturno che ululava…
Aveva scosso la testa, scacciando in fretta quel pensiero. Concentrarsi era già molto difficile in quel momento, pensare alle carezze di un uomo era decisamente pericoloso. Griff invece non dava segni di aver perso il controllo di sé. No, certo, lui era come Rhaegar in tutto e per tutto. Composto, cordiale, educato… muscoli e carne da assaporare… uno sguardo concentrato e attento, un’ottima educazione… una voce suadente… quelle dita affusolate che avrebbe voluto sentirsi addosso e accarezzare anche nei luoghi dove il sole non poteva toccarla… Dany! Cosa diamine ti sta accadendo?!
-Cosa vi sta accadendo? – la sua voce roca e turbata, le arrivò incredibilmente vicino all’orecchio, in maniera tanto inaspettata che l’aveva colta alla sprovvista. Il suo alito caldo le lambì il collo. Ebbe un brivido – State male, mia regina? Volete che chiami qualcuno? – sembrava sinceramente preoccupato. Dany ebbe il fugace pensiero che Barristan stesse arrivando prima che subito, ma poi si ricordò di avergli ordinato di aspettare fuori. Controvoglia il cavaliere aveva eseguito il suo ordine.
Il giovane si alzò, senza aspettare un suo assenso e stava per dirigersi verso la porta probabilmente per chiamare aiuto… ma ora che ci pensava seriamente, poteva anche essere, che volesse scappare…? Quando lei fece la prima cosa che gli venne in mente, per fermarlo. Fu una risposta ai suoi sensi oppure ai timori: temeva che lui venisse catturato dalle serpi dorniane, ucciso magari, o anche solo arrestato e portato come prigioniero di guerra a Sunspear per chissà quale atroce fine. Aveva appurato che le serpi più e più volte avevano chiesto la locazione del giovane, soprattutto Nymeria, ma lei dapprima si era limitata a tergiversare, in un secondo momento a zittirle con la sua autorità, e da quel momento lei e lady Nym avevano quasi smesso di parlarsi.
Qualcosa in quel momento però le fece intuire che il suo preoccuparsi per lui non era ciò che maggiormente la premeva. Non era per salvare la sua vita che gli aveva afferrato il braccio e lo aveva costretto a voltarsi nuovamente verso di lei, ma era per salvare la propria di vita.
Le era sembrato come se il tempo avesse rallentato il suo corso improvvisamente. Lui si era girato lentamente, l’aveva guardata confuso, poi aveva abbassato gli occhi sulla stretta al suo braccio, una pressione quanto mai decisa in principio, ma poi si era trovata costretta ad allentare di molto la pressione delle dita, accorgendosi di avere delle mani troppo minute per pensare anche solo di avvolgergliele attorno ad un dei suoi avambracci così muscolosi e sodi. Era forse dimagrito in quel periodo di prigionia, ma doveva aver continuato i suoi allenamenti imperterrito, quasi vedendo in essi la sola ragione per restare in vita.
Dany aveva lasciato scorrere quindi le falangi verso la sua mano, incerta sulla sua reazione, ma convinta del proprio desiderio. Gliel’aveva presa e aveva intrecciato le dita con le sue. Poi se l’era avvicinata al volto, vi aveva strofinato la punta del naso sul dorso, tenendo gli occhi chiusi e solo all’ultimo li aveva aperti, scoprendo che la stava guardando, meno sconvolto di prima, e con una luce diversa: incuriosito, istigato, provocatorio ed eccitato. Tanto, a quell’altezza lo vedeva chiaramente. E anche lei lo era; dal primo momento in cui lui era entrato nelle sue stanze.
Non lo avrebbe mai pensato, né creduto possibile. Per una sola frazione di secondo pensò che forse Ellaria le aveva innescato qualcosa di poco ortodosso nel suo “sistemarla per la serata”, ma non poteva davvero averla avvelenata, né chiesto a Nymeria di farlo… o lo avevano fatto senza che me ne accorgessi? Non ebbe nemmeno il tempo per formulare un’eventuale ipotesi che si ritrovò stretta in vita da un suo possente braccio. Con uno scattante colpo della mano, la schiacciò contro il suo corpo. Lo sentì. Un fascio di muscoli, possenti e invoglianti. La loro consistenza sulle gambe, sul ventre e sul petto. Era caldo come il sole bollente dell’estate. Era desiderio puro. Era un uomo e lei era una donna… Era tutto ciò che alla sua mente bastava ed il suo corpo necessitava.
Era questa la vera motivazione che l’aveva portata a compiere quel gesto così avventato. La solitudine… Già, lei si sentiva sola, perennemente. Da quando Rhaegar era tornato a casa sua, in maniera ancora maggiore. Sola… e lei non voleva più sentirsi in quello stato di abbandono.
-Voglio tornare… - si ritrovò a gemere, mentre le labbra di Griff cercavano di darle piacere sul suo collo – …in quella casa… - le mani affusolate e sicure cercavano di farsi spazio tra gli abiti, slacciando e sollevando le stoffe – …dalla porta rossa… - lo sentì fermarsi improvvisamente. Dany aprì gli occhi, credendo di aver rovinato tutto, senza capire perché si fosse bloccato. Lei aveva una mano tra i suoi capelli, lo aveva premuto a sé, mentre l’altra era posizionata sul suo petto, appena sotto la scollatura della camicia. Notò la collana che dondolava poco distante dal suo pollice; una stella era il ciondolo che scendeva, ma vide con la coda dell’occhio anche una strana macchia poco sopra la sua scapola, un leggero segno, che poteva ricordare il tramonto di un sole tagliato dall’orizzonte. Ebbe memoria di qualcosa che le era stato detto… ma in quel momento nulla nella sua testa aveva un senso. Ogni pensiero era un accozzaglia di fuochi fatui sferzati dalla potenza nella combustione dei sensi. Seguì poi la direzione dei suoi occhi indaco; erano fissi verso la porta della loro camera. Temette l’eventualità che qualcuno li avesse visti avvinghiati, ma quando si voltò per accertarsene, ma vide serrata esattamente come prima. Era altamente improbabile che si fosse aperta senza che lei lo avesse sentito. La serratura grattava e il legno cigolava ogni qual volta che qualcuno la oltrepassava. Inoltre Ser Barristan era fuori e per nessuna ragiona sarebbe entrato senza prima annunciarsi o chiederle il permesso, ma se anche lo avesse fatto la sua riservatezza lo avrebbe portato a non dire una parola, né a pronunciarsi in alcun modo. La porta era ancora sbarrata, quando i suoi occhi tornarono a concentrarsi su di lui, conscia che lo spesso legno, impediva in grossa parte a far passare i rumori bassi che avevano emesso fino ad ora. Griff però continuava a cercare in essa una ragione che lei non comprendeva. Gli stava per dire di non porsi problemi, quando lui volse il capo verso di lei e la guardò pensieroso e divertito al tempo stesso.
-Vostra grazia, non vorrei essere scortese, ma la vostra porta è in quercia, bruna e scura… E non mi risulta che né l’entrata del Fortino di Maegor, né della Fortezza Rossa siano fatte con un legno di ciliegio o tendente al rosso… - sembrava scettico, ma i suoi occhi erano ridenti – Oltre al fatto che non chiamerei mai questo edificio semplicemente “casa”… - enfatizzò quella parola ghignando. Le sorrise, un sorriso che illuminò la stanza e tutta lei, portando poi il volto in prossimità del suo - …ma se lo desiderate vi racconto di una casa che ho visto… - avvicinò volutamente anche il proprio bacino al suo, facendole sentire che fremeva di desiderio esattamente come lei, solo che in lui era decisamente molto, ma molto, più distinguibile la cosa – C’è un luogo dove le case hanno le porte rosse… - le sussurrava tenendo le labbra a fior di pelle, passando dalla bocca, allo zigomo, e scendendo nuovamente sul collo, appena sotto l’orecchio.
-Davvero? – ansimò lei.
-Ve lo giuro sul… - forse stava per dire sul suo onore, ma si corresse all’istante – Sulla statua del Guerriero. –
-Non fare giuramenti su dei che potrebbero anche non esistere. – lo vide arcuare le sopracciglia, convinto forse del contrario, così lei gli spiegò – Ho viaggiato a Essos, e ho incontrato migliaia di culti differenti, come penso ti sia capitato anche a te. –
-Ma i nostri dei sono i Sette. – le specificò.
-Non mi sono mai messa a pregare quegli dei. Sono sopravvissuta credendo solo su me stessa e questo mi ha aiutato a rialzarmi ogni volta che cadevo in ginocchio. – il ragazzo la osservò impensierito, infine disse.
-Si vede che non hai mai avuto una septa appresso. Se io avessi osato dire una cosa del genere Lemore mi avrebbe tirato La Stella a Sette Punte in testa per blasfemia. – rise e Dany si sciolse nella sua risata.
-Continua a baciarmi. – gli ordinò. Lui emise un ghigno sagace.
-Credevo che volessi sapere di quelle case che ho visto? – si avvicinò alla sua bocca ma attese una sua risposta. Dany era eccitata, ma anche troppo curiosa.
-Sì… parlami anche di quello… - enfatizzò sulla parola anche e lui recepì il messaggio perché cominciò a leccarle il contorno delle labbra, prima di tornare a raccontarle.
-I muri sono fatti di una malta sabbiosa… - le accarezzò una guancia – Che al sole sembra risplendere di minuscole pepite dorate. – la solleticò il collo usando il dorso di due sole dita – E il vento caldo mi accarezzava il volto la mattina, quando mi affacciavo alla finestra della mia camera.  – assaporò la sua pelle come se avesse necessità di sfamarsi per davvero, Dany credette di svenire dall’emozione – E le narici si riempivano di quel dolce profumo inebriate di agrumi e spezie… - lei sentì il suo alito rasentare la pelle del petto completamente scoperto.
-Mi ci porteresti? – uscì più come una supplica che una vera e propria richiesta. Ma lui fu impeccabile nella risposta, come a non volerle togliere per alcun motivo la corona che simbolicamente restava sulla sua testa.
-Ai vostri ordini, mia regina. – un sorriso splendente lo ravvivò come fosse un sole nascente di un mattino d’estate – Potremmo tornarci quando volete, ma prima, se permettete, opterei per condurvi in un luogo molto più… in alto. Un trono dove sono certo starete a vostro agio. – continuò lui prendendola a cavalcioni e conducendola verso il suo enorme letto a baldacchino.
 
Non gli disse di no, non gli ordinò di fermarsi, né di fare piano. Lei era fervore e passione esattamente come lo era lui. L’alchimia fra loro era stata alta fin dal primo momento a Giardini dell’Acqua, ma era chiaro che lui l’avesse repressa fino a quel momento, ora invece gli stava dando libero sfogo. E Dany aveva avuto per la prima volta nella sua vita la sensazione di una nuova rinascita la mattina seguente. Si sentiva una donna conquistata e conquistatrice, nel suo pieno significato anche se ancora una briciola del suo essere pareva non essere stato saziato, come se mancasse ancora un tassello. Non si era innamorata di Griff, ma per lui provava qualcosa di molto simile a quel sentimento, e più il tempo passava, più era certa di andarci sempre più vicino.
Ecco perché non gli aveva mai concesso la piena libertà, non lo aveva mai lasciato uscire da quella cella; lo aveva tenuto stretto a sé, perché per lei rappresentata la sua personale via di fuga. Sua, esclusivamente sua. Un modo dolce per evadere da tutta quella solitudine che da sempre la perseguitava. Avrebbe tanto desiderato permettergli di muoversi per il palazzo, dargli una stanza personale, consentirgli di indossare abiti più eleganti e presentarlo come sua nuova guardia personale, ma aveva paura. Sapeva come poteva essere considerato, sapeva come gli occhi di tutti lo avrebbero visto nel suo insieme, e non voleva che troppi tentacoli lo raggiungessero. Paventava l’idea che lui guardasse altrove. Temeva che qualcuno si impadronisse di lui, che glielo portassero via o che gli facessero del male… perché poi lei lo sapeva, avrebbe provato il doppio del dolore se la solitudine l’avesse nuovamente pervasa e quella prospettiva era talmente vicina che aveva deciso quindi di chiuderlo nuovamente in quella cella, per tenerlo lontano da ogni eventuale possibilità di distrazione. Così sarebbe stato unicamente suo e a suo piacimento. E lui non si sarebbe mai allontanato del tutto.
Si era convinta così di aver preso quella decisione per il suo bene, ma in realtà dentro di lei non voleva ammettere che non era per proteggere lui che lo aveva fatto, ma per proteggere se stessa.
 
Seduta sulla cima di quella rupe, si ritrovò a pensare che era stata un’egoista. Aegon non l’aveva mai presa in giro dopotutto, non volutamente almeno, mentre lei lo aveva fatto. E cosa ancor peggiore lo aveva fatto intenzionalmente. Rhaegar lo sapeva, Aegon gliene aveva certamente parlato; loro si raccontavano di tutto, ma suo fratello, forse comprendendola, non l’aveva mai rimproverata. In nessuna occasione si era esposto riguardo alla loro relazione. Ci scherzava sottilmente, ogni tanto gli scappava una frecciatina in una o nell’altra direzione; ammonendo lei per le sue eloquenti frasette, e lui per essere inopportuno, ma non aveva mai scoraggiato davvero la loro liaison, anche se Dany non sapeva davvero se chiamarla così. Erano stati amanti alla capitale. Occasionalmente, avevano passato le notte assieme, ma la presenza di suo fratello aveva un po’ smorzato la loro passione. Come se Aegon avesse maggior riguardo verso di lui, che nei confronti di lei e quindi si sentisse a disagio ad andare a letto con sua sorella. E poi Dany sapeva anche qual era l’altro motivo, una ragione per cui entrambi avevano un debole. E lei non si era mai posta la domanda se fosse l’abbagliasse di più quel raggio di sole o quel granello di sabbia dorata, oppure l’idea di venir illuminata da entrambi… ma non voleva considerare invece la cruda realtà di venir invece oscurata dietro di loro.
Alcune volte, quando lei lo cercava per un bisogno immediato o col desiderio di abbandono totale dei sentimenti, si era apprestata a raggiungerlo perfino nei suoi alloggi, anche se sapeva che non potevano far nulla lì. Rhaegar dormiva nella stanza accanto ed aveva severamente vietato che sotto al suo naso, si mostrassero in atteggiamenti succinti. Moralista di un drago!
Si era sentita per un attimo tradita quando, aprendo la porta della camera da letto di Aegon, ci aveva trovato suo fratello, completamente addormentato sulla chaise-long, mentre il giovane, deliziosamente premuroso, lo copriva con una coperta. L’aveva guardata sorpreso e le aveva fatto segno di non fare rumore; l’aveva presa poi per mano e l’aveva condotta fuori dai suoi alloggi, chiudendo piano la porta.
-Penso si senta solo… L’ho soltanto dedotto, non mi racconta tutto. – le aveva rivelato per metà stizzito – …Vorrei che lo facesse. Che si sfogasse per davvero. Magari lo aiuterebbe, ma lui si tiene dentro tutto. È fatto così. Ha un carattere chiuso, però è gentile e si preoccupa per gli altri. – aveva alzato il capo verso il cielo, rincorrendo con lo sguardo un tordo che volava – Credo sia inutile anche dirtelo: tu sicuramente lo conosci meglio di me. – le aveva lanciato uno sguardo allusivo e le aveva portato uno spicchio di albicocca di fronte la bocca, offrendoglielo. Erano distesi, fuori, all’aperto, su una grande coperta di pellicce scure, in quelli che dovevano essere stati i bei giardini reali dei draghi, ma i Baratheon e i Lannister non li avevano curati poi molto. Ora c’era solo una distesa di terra ghiacciata, dove nemmeno era presente un filo d’erba. Neppure quella cresceva nel mondo che Cersei aveva velocemente distrutto.
-Probabilmente è una malattia di tutti coloro che posseggono sangue di drago, quella di sentirsi soli. – aveva sospirato lei – Un po’ come i sogni di drago. – poi si era voltata a guardarlo – Anche tu ti senti solo, proprio come noi, quindi fai parte della famiglia a prescindere dalle tue vere origini. – lo doveva accettare. Non era un Targaryen, ma in quanto Blackfyre restava comunque un drago; un antico ramo cadetto, nato dai discendenti di Daemon, uno dei grandi bastardi che Aegon Il Mediocre legittimò.
-Mi sono sentito solo pure io, quanto tutte le persone che erano giunte con me da Essos sono morte o mi avevano abbandonato. – aveva contestato Aegon, tristemente.
-Avevi tanti amici tra loro immagino… - provò a rincuorarlo lei.
-Colui che mi manca di più è Papero. – disse riflessivo.
-E’ tra quelli che sono fuggiti? – azzardò, sperando che fosse tra questa cerchia.
-No. – rispose meccanicamente lui, la voce un rantolo lontano – E’ stato quel demonio enorme, dall’armatura bianca che combatteva per la regina Lannister. – continuò aggrottando le sopracciglia. Dany fece mente locale su chi mai poteva essere. Poi le tronò alla mente cosa Ser Barristan aveva detto riguardo quell’uomo. “Un tempo era un cavaliere, uno tra i più pessimi esistenti per le atrocità che aveva compiuto. Avrei preferito che venisse mandato alla Barriera, e invece gli venne sempre permesso di continuare a girovagare tranquillo. Si faceva chiamare Gregor Clegane, tuo fratello controvoglia lo investì del titolo di Ser, obbligato dal re.” La regina ricordava solo che ad ucciderlo era stato prima la Vipera Rossa, il fratello più giovane del principe Doran, compagno di Ellaria, ma in qualche modo era sopravvissuto alla sua lama avvelenata, per diventare uno zombie camminante e senziente per opera del piromante Qyburn, al servizio di Cersei Lannister. La seconda volta invece suo fratello Sandor lo abbatté definitivamente. Quel cavaliere si era presentato a loro un mattino, fingendosi un mercenario dalla folta barba e i capelli lunghi, abiti consulti e maleodoranti. Solo in nella battaglia nella Sala del Trono Barristan lo aveva riconosciuto, ma prima che potesse anche solo avvicinarlo, se n’era già andato.
-Ora nessun demonio tornerà a rovinare il mio regno. Puoi stare tranquillo. – gli disse infine speranzosa. Un raggio di sole era uscito dalle nubi colpendolo in volto e accecandolo. Prontamente Aegon aveva alzato un braccio per ripararsi e anche il suo umore era tornato allegro.
-Se osano tornare a darti fastidio, io li ucciderò. – le disse serio, prima di tornare sereno – Perché non voglio che questi momenti di pace finiscano mai. Ora ho altro che tiene lontana la solitudine. Ho te, ho il principe… - le aveva fatto un buffetto sul naso, mentre elencava tutti loro, e Dany stette al suo gioco.
-Hai quella collana di cui non ti separi mai… Non ce l’avevi la prima notte che hai passato con me. – gliel’aveva presa, posizionando i polpastrelli su tre punte della stella. Lui con gentilezza gliel’aveva tolta dalle mani.
-Perché ogni mio avere mi era stato gentilmente sottratto. – enfatizzò molto il gentilmente e Dany si morse un labbro. Lui notò quel suo gesto e vi sovrappose le sue labbra – Non sto dicendo che è colpa tua… ma non toccare le cose che non ti appartengono, curiosa di una zaldritsos. – l’aveva ammonita ora giocosamente, scoccandole un bacio tenero sulla fronte.
-Non chiamarmi così! – si era lamentata, mostrandosi offesa e irritata, ma deliziata da quella dolce attenzione.
-Sei un drago… - le aveva dato un secondo bacio sulla guancia – E sei piccola… - sfiorando appositamente la sua pelle si era spostato fino alla suo naso, dandole un bacio anche lì – Più piccola di me di due anni. – aveva aggiunto sorridendo.
Era strano eppure in qualche modo quella sua maniera per dimostrarle affetto si era come magicamente trasformata in qualcosa di più simile alle effusioni tra fratelli che a veri amanti quali in teoria ancora erano. Però si deliziava ugualmente di tutta quella nuova condizione, perché le faceva tornare alla mente quei sogni che un tempo faceva ad occhi aperti, quando si immaginava una vita senza esilio, in compagnia di tutti i membri della sua famiglia e le relazioni affettive che avrebbe instaurato con i figli di suo fratello, quasi suoi coetanei. Sognavo di sposare Aegon, e ora sono qui con lui, a giocare, ridere e scherzare come se nulla fosse mai accaduto… le comunicava quella vocina dentro di lei. Ma lui è un Blackfyre. Le rispondeva subitaneamente l’altra voce della sua coscienza.
-Sarà… ma a volte mi sento considerata poco o niente. – finse di fare il broncio, incrociando le braccia al petto.
-E’ un pensiero quanto mai bizzarro detto dalla Regina dei Sette Regni. Come fai a non essere considerata? – la schernì.
-Tutte le volte che vengo sostituita da una moretta. – Dany lo punzecchiò, ma lui la osservò con aria scettica cambiò abilmente discorso.
-Non mi puoi dire che ti senti sola e poco considerata: hai uomini che ti hanno seguito fino in capo al mondo. Numerosi uomini di fiducia al tuo seguito. Un fratello che ti ama… E poi hai tre draghi. – si era infine teatralmente rabbuiato, distendendosi al suo fianco, incrociando le braccia dietro la schiena – Pensa invece come starò io fra qualche settimana, quando voi partirete per il nord. -
-Puoi venire con noi. – gli propose. Aegon alzò un sopracciglio esasperato.
-Rhaegar mi ha già dato una missione… - alzò le braccia e con due dita fece le virgolette sopra all’ultima parola – Così l’ha chiamata lui. – Dany lo fissò sapeva qual era la decisione di suo fratello a riguardo, ma non la condivideva appieno – Dovrò starmene solo in quel suo castello a Dragonstone, attendendo paziente il vostro ritorno, mentre a voi tocca la parte più bella. – anche se non era senz’altro felice di separarsi da loro, mostrava comunque un lieve segno di orgoglio nell’aver ricevuto quell’onore.
-Ho provato a convincerlo a farti venire con noi, ma non mi ha voluto ascoltare e mi ha dato delle ragioni per desistere sulla mia iniziativa. – affermò pensosa – Strano. – si portò una mano otto il mento – Ser Nonno mi ha detto non lasciava mai il suo castello a persone di cui non si fidava. E durante le sue assenze lasciò come castellani due guardie reali. Mai nessun’altro ha mai potuto neanche aspirare ad un’analoga considerazione… - lo aveva osservato scettica. Lui si era voltato verso di lei, guardandola intrigato.
-Davvero? Stimolante… - aveva detto con un ghignetto malefico sul volto. Dany aveva messo la punta dell’indice sulla sua guancia, dove un particolare affossamento trasformava quella sua perfezione, in qualcosa di molto accattivante.
-Ritieniti quindi fortunato. – si avvicinò al suo viso con l’intenzione di baciarlo sulle labbra. Giocarono un po’ a sfiorarsi, senza mai toccarsi davvero, ma alla fine su lui a desistere da ogni attrazione.
-Dai, alzati, Dany, che ti porto dalle tue lucertole troppo cresciute. – le porse la mano.
-I miei figli non sono lucertole, ma draghi. – precisò indispettita, prendendogli la mano.
-Si, si, quello che sono… - fece un vago movimento dell’aria con l’altra mano – Solo tu puoi pensare che quelle bestie siano creature partorite dal tuo ventre. – commentò acido.
-Sforzati di considerarli alla pari mia e di mio fratello. – lo rimbeccò.
-Tu e tuo fratello non avete cercato di incenerirmi con una fiammata. – rispose piegando il capo visibilmente contrariato. Dany comprese quindi da cosa derivava la sua avversità.
-Non dirmi che ce l’hai ancora perché Viserion ti stava per staccare una mano? – Aegon si era voltato e le aveva lanciato un’occhiataccia, prima di trasformare quella smorfia in un sorriso malizioso.
-Saresti andata male tu, mia cara. Tu e la tua amichetta! – le aveva cinto la schiena, spingendola verso di sé con calcolata forza – Le mie mani vi piacciono molto, quando le porto dove i vostri desideri agognano… –
 
-Haedus! – un urlo forte la ridestò improvvisamente. Alzò gli occhi al cielo e vide suo fratello che la chiamava a cavallo di Viserion. Era in prossimità della Foresta del Lupo in direzione sud est. Accanto a lui sul drago verde, la scura capigliatura del Lupo Bianco. Aegon, se solo fossi qui… basterebbe una tua battuta, un tuo sorriso, una tua parola sfrontata… Si ritrovò a sorridere controvoglia al suo ricordo.
Drogon,  dietro di lei emise un grugnito, quasi avesse percepito i suoi pensieri e ne fosse notevolmente irritato. Buttò fuori un sospiro e trasse la forza per ritornare dove il suo cuore voleva stare, anche se questo l’avrebbe fatta soffrire. Qualcosa in quelle memorie le aveva fatto capire che non doveva mollare. Forse non c’erano più speranze per lei, ma dovevano esserci per forza aspettative differenti per Rhaegar. Lui era l’unico che aveva al suo fianco l’altra metà del suo cuore, e lei era chiaramente ancora innamorata di lui.
Dany si ripromise di combattere fino alla morte per vedere gli occhi indaco scuro di suo fratello brillare anche solo per una volta soltanto.
 
 
 
 
 
Note dell’autore:
 
Un nuovo capitolo è finalmente giunto. Allora ammetto che non è di svolta e che tutto sommato non sembra far procedere niente, ma devo spiegare dove stanno i singoli personaggi e quello che stanno facendo perché nel prossimo avverrà una cosa che allarmerà un po’ tutti e per capirlo dovevo illustrare il pre.
 
Quindi come avete visto Lyanna ha i suoi classici momenti di tediosa malinconia, ma questa volta ho voluto rimarcare il suo stato di privata maternità. Ha memorie per il figlio che non ha mai potuto tenere tra le braccia, ma ha memorie anche per altri bambini che ha avuto modo di incontrare nel suo passato e di convivere con loro per qualche momento. Immagino che abbiate riconosciuto gli ultimi due che sono Rhaenys e Aegon, i due figli che Elia ha avuto… questo però non sorge un po’ strano? Lyanna ha frequentato la famiglia del principe a Harrenhal e quindi ha potuto conoscere solo la primogenita, non anche il secondogenito… Qualcuna di vuoi ha qualche idea in merito? Una soluzione che spieghi il tutto?
E poi avete qualche sospetto su chi possano essere gli altri bambini ricordati? Se fate mente locale del tempo passato potere arrivare a chi possono essere, altri invece sono più difficili, ma nei prossimi capitoli se cogliete attentamente gli indizi, potreste anche capire chi sono perché esistono nel presente. Sappiate comunque che nell’arco della storia appariranno tutti con l’età che hanno raggiunto ora ovviamente.
 
Passiamo invece adesso a parlare di Daenerys.
La regina dei Draghi si sente ancora scombussolata per gli avvenimenti successi con Jon. Allontanandosi spera di attutire quel dolore che sente e le sue memorie tornano nel passato. Ammetto, questo pezzo avrei voluto inserirlo in uno dei capitoli appositi del passato di Dany e Rhaegar, ma poi non ci avevo trovato alcun riscontro e ormai avevo scritto questo passaggio, così ho deciso di inserirlo subito dopo avervi raccontato che Aegon era stato graziato.
Ci sono molte di voi che pensavano che il suo ruolo fosse concluso con la ribellione nella Sala del Trono, invece vi ho sorpreso non poco nello scorso capitolo quando Rhaegar è andato a riprenderselo. In questo pezzo che avete letto però se notate ho volutamente deciso di allontanare la figura del principe, facendovi invece vedere in quali rapporti sono Aegon e Dany qualche tempo dopo la sua liberazione. Sono molto affiatati e sembrano avere una buona intesa, eppure Dany già a quell’epoca aveva capito che lui non era forse l’uomo adatto a lei. E ora è confusa, col cuore diviso tra un biondo e un moro, senza la possibilità di compararli perché entrambi sono distanti, uno territorialmente, mentre l’altro metaforicamente parlando.
Sappiate che il personaggio di Aegon pian piano comincerà ad emergere, fino ad ottenere un proprio pov. Fatemi sapere cosa ne pensate di lui, ammetto che potrebbe essere un tantino differente da quello descritto da Martin nei libri, perché alla fin fine lo abbiamo intravisto si e no in 5 pov complessivi e sono proprio curiosa di leggere cosa ne penserà Arianne di lui quando e se Wind of Winter uscirà… sì, purtroppo non ho letto quel pov inedito di lei, dato che con l’inglese non sono molto ferrata e al momento ancora non mi è stata passata alcuna traduzione.
 
Vi auguro una buona continuazione e vi saluto con un caloroso affetto,
la vostra Azaliv!
   
 
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