Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Evali    02/10/2018    0 recensioni
SPIN OFF "The dragon, son of ice".
Tutto ciò che ci rende ciò che siamo è la convinzione ... e quando tutti ci fanno credere che siamo in un modo e ci trattano da tali ... sta a noi riconoscerci, ritrovare la nostra identità e smentirli. Perché noi non siamo né folli draghi, né diffidenti lupi, né delicate rose ... noi siamo noi, siamo chi decidiamo di essere, cosa scegliamo di costruire e nient'altro importa. Non ascoltare le voci ... guarda solo i miei occhi e torna con me. Torniamo a casa."
Genere: Drammatico, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jon Snow, Margaery Tyrell, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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L’Armata Grigia (parte 1)
 
Il ragazzino si risvegliò sentendo un inumanamente forte male alla testa. Posò le mani sull’erba bagnata per tirarsi leggermente su dalla posizione sdraiata nella quale era rimasto per chissà quanto tempo. Si toccò la testa, la quale cominciò a pulsargli più forte, poi individuò una donna matura, bellissima e dai capelli rossi, la quale stava riempiendo una brocca d’acqua al fiume dinnanzi a lui.
Inizialmente, non si rese conto di cosa avesse perso.
Non appena notò il mantello rosso che indossava, il giovane ebbe come un lampo. Era come se immaginasse già chi fosse da dei racconti che aveva udito, ma, il fatto assurdo, era che non ricordasse minimamente quei racconti.
- Ti sei svegliato, giovane cervo – lo sorprese ella, voltandosi verso di lui e avvicinandosi con la brocca piena.
- Non ricordo nulla e ho un terribile mal di testa … sono, per caso, morto e tu mi hai riportato in vita, Sacerdotessa Rossa? – le chiese facendole capire che avesse dedotto chi fosse.
Ella gli accennò un sorriso, accovacciandosi di fronte a lui. – Puoi chiamarmi Melisandre. - Detto ciò, rimase in attesa a guardarlo. – Allora non vuoi dirmi il tuo nome?
Quella domanda lo spiazzò più di quanto credesse. O forse, a spiazzarlo, fu il fatto di non conoscere la risposta. – Non dovresti già saperlo? – rispose sviando il discorso. - Perché mi hai portato qui? Che cosa vuoi da me?
- Noto che i racconti che i tuoi familiari ti hanno fornito su di me non sono stati molto positivi per mostrarti già così prevenuto … ma, d’altronde, ne comprendo il motivo – disse versando l’acqua in una bacinella colma di acqua semirossastra, evidentemente contaminata da del sangue.
- I miei familiari non mi hanno raccontato nulla.
Quella risposta allarmò lievemente la donna, la quale si voltò nuovamente a guardarlo. – Dimmi il tuo nome, ragazzo – insistette per scoprire se il dubbio nato in lei fosse fondato.
- Non me lo ricordo. Non ricordo chi sono, come sono fatto e chi siano i miei familiari, né tanto meno la mia storia – confessò infine, riuscendo a far sgranare gli occhi a Melisandre, la quale rimase in silenzio per un po’.
- Come facevi a sapere che fossi una Sacerdotessa Rossa?
- Qualche stralcio di informazione sconosciuta è nella mia memoria, ma non so da dove provenga, né come l’abbia ottenuta – rispose sinceramente lui.
- Dunque c’è ancora speranza che tu recuperi i tuoi ricordi perduti.
- Tu sai chi sono, non è vero? Altrimenti perché ora sarei qui con te?Mi hai tolto tu i ricordi?
- Hai ragione, so chi sei. La tua identità è nota nei sette regni grazie alle stirpi dalle quali discendi. Tua madre è Arya Stark, tuo padre il bastardo di Robert Baratheon. Queste identità ti sono note almeno un po’, da qualche parte nella tua memoria?
- Sì, grosso modo …
- Il tuo nome è Ruben. Ti ho chiesto come ti chiamassi solo per cercare di approcciarmi nel modo più naturale possibile, visto il tuo trauma. Non preoccuparti, non sono stata io a privarti dei tuoi ricordi. Ore fa sei stato picchiato molto violentemente da alcuni soldati dell’attuale re dei sette regni che ti tenevano prigioniero insieme alla tua famiglia nella tua dimora, Grande Inverno. Io ti ho salvato la vita. Quei buzzurri credevano di averti ucciso e stavano per seppellirti. Ci è mancato poco che vi riuscissero davvero. La botta che hai preso alla testa è stata immensamente forte e se non fossi un ragazzo in salute e così resistente, probabilmente saresti morto davvero, invece di aver perso solo la memoria.
- Forse lo avrei preferito.
La donna posò ancora lo sguardo su di lui, il quale appariva completamente perso e distante. – Non devi pensarlo. Ad ognuno di noi viene data una seconda possibilità. E se non fossi riuscita da arrivare in tempo, ti avrei comunque riportato in vita.
A ciò, Ruben la guardò a sua volta. – Già, non hai ancora risposto alla mia domanda: a cosa ti servo?
- Lo scoprirai presto, giovane cervo. Se sarai all’altezza del compito che ho in serbo per te, dimostrandomi di non aver sbagliato ad averti scelto, potrai ottenere tutto ciò che vuoi.
- Cosa potrei mai voler ottenere se sono divenuto un contenitore vuoto? Mi sono stati strappati via i ricordi, il mio passato, la conoscenza, e con essi la mia identità. Non sono più niente ormai – disse cominciando ad alzare la voce e provando ad alzarsi in piedi, ma avvertendo una violentissima fitta ancor più forte alla testa e agli occhi, non appena provò a farlo.
Emise un verso di dolore e ricrollò seduto sull’erba. Ma quando il dolore si fu attenuato e il ragazzino provò a riaprire gli occhi, la sua visuale era divenuta lievemente sfocata. Sbatté le palpebre un bel po’ di volte, sperando che fosse solo una situazione temporanea, ma non funzionò.
Notando quella strana reazione, la sacerdotessa annullò le distanze e gli prese il viso tra le mani, osservando attentamente gli occhi azzurri del giovane. – A quanto pare … potresti dover seguire lo stesso cammino di tua madre … è atrocemente buffo il destino scelto per te …
- Cosa vuoi dire …? Cosa ha a che fare con la mia vista?
- Il colpo deve averti anche provocato un danno permanente alla vista, oltre ad averti privato della memoria. Potresti perderla completamente nel giro di qualche mese. Anche tua madre Arya è rimasta per un lungo periodo senza vista e ha imparato a trasformare ciò in un punto di forza, quando faceva parte dei Senza Volto.
- Non permetterò che mi abbandoni anche la vista – rispose lui scostandosi dalla donna e alzandosi in piedi, ignorando il dolore.
- Ruben, ho visto il tuo futuro nelle fiamme – disse improvvisamente ella prendendogli la mano e facendolo sedere nuovamente di fronte a lei. – Per tale motivo ho deciso di salvarti e di prenderti con me, invece di sprecare le tue potenzialità e farti rimanere prigioniero di quelle bestie. Hai una grande occasione dinnanzi a te, se solo saprai coglierla.
- E tu che ruolo hai in tutto questo, Melisandre?
- Il mio ruolo è sempre quello di accompagnare i grandi e renderli tali, giovane cervo. Ora è il tuo turno.
 
Un mese dopo
- Che cosa hai perso, giovane cervo?? Che cos’hai perso?? – gli urlò Melisandre, dondolando il filo di metallo sospeso tra due piccole colline.
Il ragazzo era già caduto tre volte nel tentativo di rimanere in equilibrio da quell’elevata altezza, rompendosi una gamba e qualche costola.
Nonostante il dolore insopportabile, era salito nuovamente, provando a percorrere quella traiettoria quasi impossibile, la quale richiedeva una postura, un equilibrio, una fermezza e una concentrazione fuori dalla norma. La mano di Melisandre che scuoteva il filo non aiutava, così come il vento che sbatteva sul suo corpo e la vista perennemente sfocata.
Mise un piede davanti all’altro, avvertendo come milioni di aghi conficcarsi nella sua gamba infortunata, in tensione per lo sforzo.
- Tutto! Ho perso tutto! – urlò per farsi sentire da quella distanza.
- Ed ora cosa sei??
Un altro passo e il vento sbilanciò il suo corpo. Tuttavia, riuscì a non cadere. – Uno strumento di vendetta. Ruben non esiste più, ma, al suo posto, è nata la personificazione della sua vendetta e della sua rabbia. Non sono composto di carne e sangue, ma di materia nera. Non sono un ragazzo. Sono il fantasma di una lama.
“Resta umano, ragazzo” quelle parole che un semplice vecchio gi aveva rivolto, destabilizzarono lievemente la sua concentrazione ma le ignorò subito.
- Se non sei umano, se non sei composto di carne e sangue, allora non dovresti pesare come un essere umano! – esclamò ella dondolando sempre più insistentemente il filo, facendolo sbilanciare. – Non dovresti poter cadere! Dovresti essere inconsistente! E come tale, sei nell’aria! Sei nel vento! Nessuno dovrebbe poterti vedere, nessuno dovrebbe poterti sentire poiché scompari nel momenti in cui appari, come fanno gli spettri, amalgamandoti alla notte! Solo tu puoi riuscire a diventare una cosa come questa!
Il ragazzo riuscì a riprendersi dallo sbilanciamento, liberando la mente, svuotandosi completamente, come gli era stato già facilitato.
- Esatto! Questo è quello che intendevo!! Sei veloce e virtuoso nel combattimento, più di qualsiasi cavaliere con il triplo della tua età. Hai un dono, ma non deve limitarsi a questo! Non ti basta per diventare la lama fantasma che avrà un tale potere in questo mondo, che ti permetterà di manovrarlo come un burattino! Devi fare di più, devi ottenere di più!!
Il giovane riuscì a camminare quasi stabilmente su quel precarissimo filo che si muoveva continuamente, l’unico che lo divideva dal vuoto. Passo dopo passo, si sentì divenire inconsistente tanto quanto il filo.
Grazie a ciò, riuscì finalmente a giungere dall’altra parte, poggiando i piedi sulla collina di fronte a quella in cui si trovava Melisandre e da dove era partito.
Ella lo guardò da quella distanza e gli sorrise fiera. – Sarà un addestramento lungo e sfiancante. Ma tu hai già superato la prima tappa. Ed ora, qual è il tuo nome, giovane cervo?
Il ragazzino ci pensò un po’ su, ma rispose quasi subito. – GreyShade.
 
 
- Sicuri che sia una buona idea ritornare laggiù ora? – chiese Pod sistemandosi meglio il cappuccio del suo mantello e riaddentrandosi tra la folla della città con gli altri due.
- Sono trascorse oramai tre ore dalla nostra fuga da Fondo delle Pulci, la famiglia reale ed Haylor sono pronti per attraversare le strade della capitale, ma Kylan non è ancora tornato. Credo sia più che necessario andare a controllare che accidenti gli sia accaduto – rispose Xavier nascondendo sempre stoicamente il suo stato d’animo turbato. – Ho il sospetto che possa essere successo qualcosa sia a lui che a Christine. I soldati della Guardia Reale potrebbero essere piombati a casa di Alain prima che loro avessero il tempo di scappare.
- Se fosse così, a quest’ora i soldati lo avrebbero già portato dinnanzi al re con l’accusa di tradimento – rispose Pod. – Deve essere successo qualcos’altro.
- Non è il momento di fare la donzelletta spaventata, amico mio. Il nostro sovrano necrofilo sta già cominciando ad innervosirsi per questo inaspettato ritardo. Non sta dando di matto solo perché si tratta del suo amato braccio destro, al quale tutto potrebbe perdonare – lo rimproverò Bronn.
- Non mi sto facendo prendere dal panico come una fanciullina, mi sto solo allarmando riguardo all’impressione che la nostra improvvisa triplice assenza potrebbe dare alla corte. Sareste potuti ritornare qui a controllare solamente voi due. Così almeno un membro del consiglio sarebbe rimasto alla Fortezza Rossa.
- Avrebbe insospettito maggiormente il re il fatto che voi due piattole foste separate, dato che ser Bronn è il tuo mercenario, nonché guardia personale – rispose Xavier svoltando finalmente nel vicolo nel quale si trovava l’abitazione di Alain.
- Vista da fuori non sembra che i soldati l’abbiano brutalmente ispezionata come sono soliti fare – osservò Pod.
Xavier bussò più volte, ma nessuno aprì.
– Non sono qui. Per gli dèi del cielo, dove diavolo sono finiti? – chiese Bronn.
- Nella casa c’è una finestrella che si affaccia su un vicoletto solitamente semivuoto – ragionò Pod. – Potrebbero essere scappati da lì per non dare nell’occhio. Magari è successo loro qualcosa in quel vicolo.
- Conducetemi lì – si affrettò a precederlo Xavier.
Quando i tre giunsero nella stradina vuota nel retro della casetta, si guardarono intorno in cerca di qualsiasi indizio.
Il Gran Maestro camminò avanti e indietro sondando qualsiasi dettaglio giungesse alla sua attenzione, fin quando non notò delle gocce di un qualche liquido non ancora asciutte sul terreno secco. Si accovacciò e vi passò le dita sopra, poi annusandole.
- Non è sangue, vero? – chiese Pod allarmato.
- Sì, Podrick, in realtà i nostri due dispersi hanno il piscio al posto del sangue nelle vene – rispose Bronn con sarcasmo. – Lo riconosco fin da qui. Ho combattuto troppi anni della mia vita per scordarmi la puzza di piscio nei campi di battaglia.
- Il mercenario ha ragione: è urina. E le prime macchie provengono dalla finestrella della casa di Alain.
- Ora la domanda sorge spontanea: per quale motivo uno dei nostri due ricercati avrebbe dovuto pisciarsi sotto nell’uscire dalla finestrella della casa? – chiese Bronn.
- Un motivo c’è: la fanciulla è incinta. Le ipotesi sono due: ha a che fare con il parto imminente annullando tutte le mie previsioni sul fatto che quella creaturina rispettasse i giusti tempi, o non riguarda il parto. Spero vivamente si tratti della seconda ipotesi. Ma non ci resta che scoprirlo – disse Xavier indicando ai due la porta nella quale le gocce di urina sembravano esaurirsi.
I tre entrarono cautamente in quello che aveva tutto l’aspetto di essere un vecchio panificio semifatiscente, notando che dietro al bancone all’entrata non vi fosse anima viva, così come all’interno dell’intera bottega.
Non fecero in tempo a darsi un’occhiata intorno, che la loro intrusione venne intercettata da un omino baffuto, basso e tarchiato che si affacciò dal retro del locale e andò loro incontro diffidente. – Chi siete e cosa volete? – chiese l’ometto.
Immediatamente, un’altra e più imponente presenza affiancò lo sconosciuto e lo superò, puntando loro contro un’arma prima di guardarli in volto.
- Ci penso io – disse con la voce stremata, qualche capo d’abbigliamento sbottonato e semitolto, e completamente zuppo di sangue, dal collo ai piedi.
Il giovane cavaliere biondo guardò finalmente i tre nuovi arrivati e abbassò l’arma sgranando gli occhi nel vederli lì, non più di quanto loro rimasero impietriti nel ritrovarlo in quelle condizioni.
- Non avevi questo aspetto neanche quando ti hanno portato da me dopo la prima battaglia contro i Fantasmi … - sussurrò Xavier rompendo il silenzio e facendo un passo verso Kylan. – Che diavolo ti è successo in queste tre ore, figliolo?
Trascorso qualche secondo di silenzio prima di rispondergli, il giovane si appoggiò con la schiena al bancone e guardò l’ometto. – Lui è Frittella, il panettiere di questo panificio. Non sapevamo dove altro nasconderci … non sapevo dove portarla … così lui ci ha fatti entrare e ci ha aiutati …
- Dove portare Christine intendi? Lei dov’è ora? Vi ha aiutati a fare cosa? – chiese Bronn ora seriamente preoccupato anche lui.
- Devo tornare da lei ora … venite con me – disse voltandosi e ritornando nel retro del locale.
I tre e l’ometto lo seguirono, e appena entrati in quelle che sembravano essere le cucine, trovarono, seduta a terra, a gambe ancora aperte, immerse in una pozza di sangue, la giovane ragazza, stremata quanto Kylan.
In braccio ad ella vi era un pargolo di colore mulatto, la testolina già coperta di fili folti e neri, completamente nudo e con il cordone ombelicale ancora attaccato. Ella lo cullava amorevolmente, con gli occhi scuri quasi chiusi, i capelli lunghi bagnati di sudore a attaccati al suo corpo.
- Siete qui anche voi … sapete … è una femminuccia … - sussurrò alzando lievemente il viso e guardandoli. Poi accennò un debole sorriso verso Kylan. – Torna qui – sibilò in quella che sembrò più una supplica.
Egli obbedì e si sedette accanto a lei, stringendole la mano. – Va tutto bene ora.
- Come è potuto accadere …? Gli dèi hanno qualche influenza in tutto ciò? – chiese Pod allibito.
- Potrebbe essere – rispose Xavier non riuscendo a credere alle sue stesse parole come ai suoi occhi.
Pochi secondi dopo, il vecchio Maestro chiese all’ometto una bacinella per sciacquarsi le mani, si tirò su le maniche e controllò la situazione della ragazza e della neonata, tagliando il cordone ombelicale e accertandosi della salute di entrambe.
Kylan rimase accanto a lei imbambolato a fissare un punto dinnanzi a sé.
- Devi riposare ora, Christine. Ti sei sforzata molto, non sono certo delle condizioni dei tuoi organi riproduttivi interni, ma apparentemente e miracolosamente, sembra essere tutto nella norma. Più tardi ti controllerò ancora e nei prossimi giorni ti visiterò sempre più stesso – disse il Gran Maestro con voce confusa e incerta, guardando prima la fanciulla, poi il giovane cavaliere accanto a lei. A ciò, il vecchio si sporse per prendere la piccola dalla braccia di sua madre, ma quest’ultima e sua figlia si tirarono indietro, rimanendo ancorate tra loro.
- Ci penso io. Riesce a stare solo tra le braccia di sua madre o tra le mie – intervenne Kylan prendendola in braccio e avvolgendola con un telo per infagottarla. – Credo che sia merito del fatto che l’ho fatta uscire di lì … - suppose guardando Xavier con sguardo ancora perso e cullandola.
Quando Christine cominciò a riposare sopra uno dei banconi della cucina coperta e ripulita, Frittella fece accomodare Bronn e Pod offrendo loro qualche pagnotta, mentre Xavier pretese di rimanere solo con il giovane Marbrand.
Kylan continuò a cullare la neonata che dormiva serena tra le sue braccia, sotto lo sguardo attento di Xavier, il quale prese ad osservare il viso semisformato della bambina.
- Non sappiamo per quale motivo il suo viso sia così – cominciò a dire Kylan come leggendogli nel pensiero. – Sam e Christine non hanno alcuna malattia, né tanto meno posseggono lo stesso sangue. Quando un bambino nasce con un volto simile senza alcun motivo apparente, tutti pensano che sia una punizione divina. Ma io non lo credo – disse continuando a guardare il suo faccino deturpato calmo e rilassato.
- Kylan … cos’è successo esattamente? Credo che tu sappia fin troppo bene che tu e quel panettiere sareste dovuti esser spacciati nel tentare di far partorire Christine … è a dir poco impossibile che lei sia sopravvissuta e la bambina con ella.
Il giovane impiegò un po’ prima di rispondere, l’espressione più attiva ma ancora prosciugata.
- Ha cominciato ad avere le convulsioni sul letto di Alain ed Erin. Urlava a squarciagola ed era diventata viola in viso. Ha iniziato a dirmi che lo sentiva spingere forte lì sotto, così ho capito che ti sbagliavi e che era il momento … per lo meno la bambina sentiva fosse il momento. Non potevamo uscire dalla porta principale e destare l’attenzione vistosamente, perciò, non appena ho trovato la finestrella che dava su questo vicoletto deserto, l’ho sfondata, ho preso Christine in braccio e l’ho portata con me. Non riuscivo a capire se il liquido che la stava copiosamente bagnando provenisse da lì sotto o no … non sapevo cosa fare … - si bloccò alzando lo sguardo e rivolgendolo a qualche metro, dove si trovava Frittella in compagnia di Pod e Bronn. – Poi mi sono trovato davanti questo panificio. Era l’unico luogo in cui potevamo nasconderci in fretta in una tale situazione di emergenza, perciò sono entrato pronto ad uccidere chiunque vi fosse all’interno e avrebbe opposto resistenza. Mi sono trovato davanti quell’ometto con una pannella sporca di farina addosso e gli occhi sgranati. L’ho minacciato, ma poi ho capito che non ce ne sarebbe stata il bisogno: i suoi occhi trasmettevano bontà e preoccupazione per la condizione di Christine, nonostante avesse riconosciuto la mia identità e quella circostanza apparisse alquanto bizzarra ed equivoca. Ci ha subito condotti nelle cucine per far sedere Christine e capire cosa fare. Avevo completamente perso la speranza, ma lui è riuscito a darmi coraggio con poco: mi ha raccontato di aver passato l’infanzia cucinando frittelle, motivo del suo strano soprannome, prima di incontrare Arya Stark e trascorrere con lei un lungo viaggio fino a Nord. Dopo la Battaglia Finale si era costruito una bella vita vicino a Grande Inverno, aveva il suo panificio, si era fatto una famiglia … poi, in questi ultimi tre anni dall’inizio del regno di David, ha perso tutto. I soldati del re hanno saccheggiato le terre del Nord, ucciso sua moglie e i suoi figli, distrutto la sua bottega e la sua casa. Nonostante tutto ciò, mi ha sorriso incoraggiante e speranzoso e mi ha detto che l’unica cosa importante, è che siamo tutti ancora qui, che abbiamo vinto la Battaglia Finale e l’umanità non sia stata sterminata dai non morti.
- Personalità singolare quel panettiere …
- Già. Ad ogni modo, le sue parole sono riuscite a darmi la forza necessaria per non darmi per vinto. Ho provato ad andare per istinto, ho fatto sfogare Christine, l’ho costretta a spingere nonostante fosse stremata e il dolore la stesse facendo completamente delirare. Frittella ha contribuito a far sì che la sua temperatura non si alzasse troppo, bagnandole costantemente il corpo con un panno pregno d’acqua fresca. Lei ha cominciato a spingere, spingere sempre più forte … ho iniziato a vedere la testa … ma …
- Ma cosa? Kylan …?
- Era violacea – rispose il giovane cavaliere con voce rotta. – Il cordone ombelicale la stava strozzando … gliel’ho … gliel’ho visto stretto al collo minuscolo … in quel momento ho creduto che sarebbe morta. Mi ero praticamente rassegnato all’idea e mentre Christine continuava a stritolarmi il braccio spingendo, cercai di trovare il modo di dirglielo … che era tutto finito … che ormai era tutto inutile e che avremmo dovuto saperlo fin da subito che non ce l’avremmo fatta da soli … c’era un lago di sangue a terra, su di lei … io ero immerso nel suo sangue, tanto di darmi l’impressione di trovarmi in un campo di battaglia.
- Allora come accidenti è possibile …?
- Non lo so, Xavier – disse guardandolo negli occhi finalmente. – Non lo so. So solo ciò che ho visto. Ho deciso che avrei comunque trovato il modo di tirarla fuori di lì, morta o viva, perciò non ho detto nulla a Christine, ma l’ho semplicemente continuata ad esortare a spingere sempre di più. Ho preso la bambina e l’ho accompagnata fuori a ritmo delle sue spinte mentre il sangue continuava ad uscire da lì sotto. Lei … la piccola si è mossa … si è mossa con lievi movimenti da neonata … quei banali movimenti che, per qualche assurdo scherzo del destino, l’hanno liberata dalla stretta sul collo. Ho visto una neonata liberarsi da sola da una stretta mortale sul collo tra le mie mani. L’ho vista riprendere vita, aprire gli occhi, e assumere un colorito nella norma in volto, quel volto deturpato ma comunque il più bello del mondo in un momento come quello. Ha cominciato a piangere e a stringersi a me. Ero ancora sconvolto, ma quando ho realizzato, l’ho messa nelle braccia di sua madre, e lei ha iniziato a cercare il suo contatto.
- Tutto questo non ha alcun senso. Ogni tua parola mi lascia pensare che …
- … che qualcuno ha voluto al mondo questa bambina, e che ci è riuscito in qualche modo. Che sia magia o intervento divino, così è – completò quella deduzione Kylan.
Trascorse qualche secondo di silenzio in cui i due guardarono ancora la piccola.
- I neonati hanno un legame unico con la madre naturale, ma anche con la persona con cui hanno avuto il loro primo contatto venuti al mondo. Non sorprenderti che lei stia così bene con te – ruppe il silenzio il vecchio accennando un sorriso e cercando di metabolizzare tutto l’accaduto. – Sei stato bravo, figliolo. Nessuno avrebbe saputo gestire una circostanza simile in tal modo.
- Il merito è anche di Frittella.
- Credo che ti servisse qualcosa di simile per spingerti a continuare a lottare.
Kylan alzò lo sguardo confuso su di lui. – Che vuoi dire?
- Avevi perso la speranza. Lo vedevo dai tuoi occhi. Avevi perso quella luce che possedevi prima della morte di tuo padre e della tua amica. Lottavi soltanto perché non avresti potuto fare altro. Ora, invece, dopo ciò che hai vissuto qui, in questa stanza, potresti aver ritrovato la tua meta.
- No. Nulla potrà mai farmela ritrovare, a prescindere da ciò che è accaduto oggi. Sì, sono stato testimone e mezzo per il compimento di una qualche sorta di miracolo, ma non sarà un evento ai limiti del sovrannaturale a ridarmi quello che ho perso in questi tre anni – rispose secco.
- Christine lo sa? Del cordone ombelicale che stava per uccidere sua figlia?
- No, non le ho detto nulla.
- Meglio che continui a non saperlo – suggerì il vecchio. – Come si chiama? – chiese poi.
- Dato che l’ho fatta nascere io, Christine avrebbe voluto metterle il mio nome prima di scoprire che fosse una femmina – rispose il giovane accennando un lieve sorriso divertito. – Allora le ha messo il nome di mia madre: Agnes.
- Bellissimo nome per una bambina unica.
- Lo so.
- Strano pensare a quanto il vostro rapporto sia evoluto rispetto a quando vi siete conosciuti. Prima di oggi, sembravate pronti a squartarvi a vicenda da un momento all’altro, per poi leccare le ferite dell’altro l’attimo dopo.
- Non è cambiato più di tanto in realtà: mentre la costringevo a spingere, non ha fatto altro che denigrarmi pesantemente tutto il tempo. Mi ha chiamato vanaglorioso, arrogante, bugiardo, boia. Qualsiasi peggior aggettivo ti passi per la mente, lei me lo ha urlato contro in quel momento.
I due risero di gusto per la prima volta da quasi un’ora.
- Non avrà vita facile con quel volto – disse poi il vecchio Maestro.
- Gliela faremo avere noi. Sam troverà un bel po’ di sorprese al suo ritorno – replicò il cavaliere stringendo ancor più la neonata a sé.
- Ora però devi cambiarti questi vestiti, lavarti via il sangue da capo a piedi e raggiungere la famiglia reale alla Fortezza. David sta attendendo con ansia il tuo arrivo e non si addentrerà nelle strade della capitale senza il suo Primo Cavaliere.
- Già, l’esecuzione pubblica dei ribelli. La velocità con la quale devo passare dalla padella alla brace è a dir poco surreale.
- Andrà bene, figliolo – lo incoraggiò come era solito fare Xavier dandogli una pacca sulla spalla. – La faremo andare bene.
A ciò, Kylan andò a svegliare Christine per porle Agnes tra le braccia e si diresse verso Frittella, Pod e Bronn.
- Grazie per tutto il tuo aiuto, Frittella, e per il tuo silenzio riguardo tutto ciò che hai visto oggi, d’ora in avanti – lo ringraziò il giovane Marbrand. – Non me ne dimenticherò.
- Sono io lieto a voi di avermi fatto prendere parte alla nascita di una splendida vita. Spero di cuore che la vostra cospirazione contro il re porti buoni frutti. Tifo per i Fantasmi da quando sono apparsi e hanno reso David vulnerabile giorno dopo giorno. Ora pregherò anche per voi, perché possiate detronizzare l’usurpatore e vendicare la mia famiglia – disse l’ometto trattenendo a stento le lacrime. – Ho visto l’essenza della morte dritto negli occhi quando ho osservato gli Estranei nel momento in cui tutto sembrava perduto, prima che la tremenda Battaglia Finale giungesse ad un esito positivo. Fin quando non vi troverete dinnanzi ad un nemico come quello, potrete sempre sperare di vincere senza perdere tutto – aggiunse speranzoso.
- Ti sbagli, amico mio – gli rispose Bronn alzandosi in piedi. – Anche io c’ero durante la Battaglia Finale. La pensavo come te, fin quando non sono arrivato ad Approdo e ho messo piede nella Fortezza Rossa, mesi fa: non puoi dire di aver visto l’essenza della morte dritto negli occhi fin quando non ti trovi dinnanzi ad Hayden Stark. Perciò, se tra poco assisterai all’esecuzione pubblica in presenza di tutta la famiglia reale, preparati all’idea che la vedrai sul serio – concluse il mercenario.
 
 
- “Rubbie Rubbie, dove mai ti sarai nascosto?
Rubbie Rubbie, il ladro del vento tu sei
Rubbie Rubbie, nessuno ti può fermare” – canticchiò improvvisamente Eveline mentre i tre salivano la collina coperta di neve per giungere al luogo nel quale avrebbero dovuto incontrare GreyShade.
- Che cosa stai cantando? – le chiese Sam.
- La ricordate? È la canzoncina che cantavamo sempre a Ruben quando non riuscivamo a trovarlo o quando non voleva dormire – rispose nostalgica la ragazza.
- Come potremmo dimenticarla? – disse Myranda sorridendo malinconica. – Come mai ti è venuta in mente proprio ora?
- Non lo so. Forse perché mi manca.
- Manca a tutti. Ma, purtroppo, GreyShade non ha il potere di riportarci anche lui – rispose Sam con un’espressione indefinibile in volto, guardando fisso dinnanzi a sé.
- Com’è? – chiese Myranda.
- Chi?
- GreyShade. Com’è?
- Non sono mai riuscito neanche a scorgere un lembo di pelle sotto quelle bende che indossa costantemente.
- Sam, sai cosa intendo. Perché sembri non volerne parlare?
- Perché credevo di conoscerlo. Mi sono fidato e affidato a lui completamente. Mi ha deluso più di una volta.
- Ma, nonostante tutto, continui a fidarti – concluse Eveline.
- Abbiamo bisogno di lui.
- Sam, ti conosciamo troppo bene. Non è solo questo – ribatté la giovane rosa.
- Eccoci qui – bloccò la conversazione Myranda accorgendosi di aver finalmente raggiunto la cima. – Ma lui non è qui.
- A volte si fa attendere. Potremmo anche dover aspettare ore – disse Sam, sedendosi a terra e mettendosi comodo.
- Grazie di avercelo detto solo ora – rispose Eveline sorridendo sconsolata.
Dopo parecchi minuti in cui rimasero in silenzio ad ascoltare il vento gelido che accarezzava la loro pelle, Sam ruppe quella calma quasi surreale. – “Gli alberi ti parlano, la neve ti insegue
Ma tu sei troppo veloce, Rubbie Rubbie, non riesco a vederti” – canticchiò attirando l’attenzione delle due. –  L’ho cantata in questi tre anni, a volte, quando ero solo. Quasi come se cantarla potesse farlo ritrovare sano e salvo, proprio come un tempo – ammise accennando un sorriso.
- “Guarda avanti a te, ladro del vento, e non volarti se tu sei più in alto
Gli uragani ci travolgono, ma tu sei ancora in piedi
Rubbie Rubbie, dove sarai mai?” – si unì anche Myranda lasciandosi andare e sdraiandosi sulla neve. – È inutile, come allora non riuscivamo a non cantarla tutta ogni volta che qualcuno la iniziava, non riusciamo a lasciarla incompleta neanche ora.
Trascorse quasi un’ora, e finalmente GreyShade e un’altra manciata di Fantasmi li raggiunsero al luogo d’incontro.
I tre ragazzi si erano quasi appisolati, perciò non si accorsero subito dell’arrivo di coloro che stavano aspettando dati i loro passi impercettibili e silenziosi.
Con il pensiero ancora rivolto a quella canzoncina d’infanzia non ancora terminata, Eveline aprì gli occhi lentamente, risvegliandosi e spostando lo sguardo sulla prima figura completamente bendata che trovò dinnanzi a sé.
Un brivido freddo la colpì da capo a piedi nell’osservarlo. – “Forse ti ho trovato, Rubbie Rubbie” – sussurrò.
Non appena udì quella frase sibilata, GreyShade pietrificò sul posto.
 
“Prendi la mia mano e portami tra il vento.”
 
 
La luce del sole cocente del tardo pomeriggio invase il principe.
Vide il popolo di Approdo del re intorno a lui immobilizzarsi e prendere a fissarlo incessantemente.
Riusciva persino quasi a leggere i pensieri che si annidavano nelle loro menti, senza neanche il bisogno di guardarli: “Targaryen. È tornato il regno dei Targaryen.”
Loro lo fissavano come ogni uomo o donna che non hanno mai visto in vita loro un reale della stirpe Targaryen da vicino avrebbero fatto, mentre lui li ignorava, camminando circondato dalle Guardie Reali, consapevole che sarebbe stata la prima e probabilmente ultima volta che David lo avrebbe esposto così da vicino e in bella vista al popolo.
Poi uscì allo scoperto anche Haylor, poco dietro di lui, così quegli sguardi saettarono in un gioco continuo tra il drago e il ragazzo, terrorizzati, agghiacciati e inevitabilmente affascinati insieme.
Poco dopo, anche Bridgette divenne costante oggetto della mira di quelle iridi instancabili, mentre il re era quasi ignorato da elle, al contrario di ciò che accadeva in quelle rarissime occasioni in cui era costretto ad utilizzare le strade comuni per attraversare la capitale  scortato.
In quel mirino di sguardi indagatori rientrarono anche i membri del consiglio, il Primo Cavaliere e Hoxana in particolare, e i Superni, i quali avevano insistito per accompagnare la famiglia reale all’esecuzione.
Il ragazzo percepiva la presenza di Haylor dietro la schiena come un’ombra che resta visibile anche nel buio totale.
- Sappiamo tutti cos’hai fatto. Non li hai creati tu – sussurrò Askarx avvicinandosi ad Hoxana mentre continuava a camminare serenamente.
- Cosa avrei fatto? – chiese sprezzante lei.
- Hai rubato ciò che era già stato ideato, senza successo. L’unico tuo merito è di aver avuto successo in un esperimento provato da altri.
- A cosa ti riferisci esattamente?
- Sala d’Estate. Il giorno dell’incendio, della morte dei sovrani e della nascita di Rhaegar Targaryen.
Hoxana ebbe un solo impercettibile sussulto che tradì la sua reale reazione nascosta sotto una maschera di disgustata superiorità.
- L’incendio è scoppiato perché alcuni alchimisti assoldati dai Targaryen hanno fallito un esperimento che consisteva nel provare a far nascere un drago artificialmente – aggiunse Mhunaer dando man forte al suo compagno e affiancandolo.
- Sei soltanto una stolta ladra esaltata che crede di aver scoperto un continente che già altri hanno esplorato prima di lei. Per creare l’Elisir di lunga vita, non basta prendere dell’acqua e infilarci un colorante dentro. La tua creazione di cui tanto ti vanti, ti si ritorcerà immancabilmente contro. E quando accadrà … di te, non rimarrà nulla – concluse il Superno non staccando gli occhi da Haylor e da Hayden.
- Non volete sapere cosa ho fatto per riuscire in qualcosa in cui i migliori alchimisti dei sette regni del tempo hanno fallito? – chiese con naturalezza la donna, mentre posava distrattamente lo sguardo sulla folla colma di visi smunti e insipidi degli strati più poveri della popolazione.
I tre non risposero, attendendo che ella parlasse.
- Gli alchimisti avevano fatto esperimenti sugli animali. Quando ho trovato i resti e le informazioni che mi servivano su di loro e su quella notte, ho riso per ore dinnanzi alla loro puerilità e inettitudine in materia.
Avevano fatto accoppiare diverse specie di animali: rettili e anfibi, anfibi e mammiferi, uccelli e rettili. Poi avevano fatto esperimenti sull’uovo iniettando sangue, cellule e altre sostanze sconosciute all’organismo innaturale. In seguito all’uscita dal guscio, li hanno nutriti di carne di animali di una delle specie di loro appartenenza o di altre, poi di sangue di membri della stirpe Targaryen volontari, gli stessi che li avevano incaricati di un tale gravoso compito. Quegli uomini erano privi di fantasia e di ingegno. Credo che neanche la motivazione li aiutasse in qualche modo: quando si conducono esperimenti per soldi, il risultato non è mai dei migliori.
Infine, hanno cominciato letteralmente a giocare con il fuoco, constatando che nulla avvantaggiasse la nascita di una creatura anche solo simile a quella desiderata. Ci erano riusciti. Alla fine, ci erano riusciti. Hanno creato un essere quasi di grandezza umana, troppo piccolo, brutto e deforme per essere definito “drago”, ma sicuramente un successo e un grande passo avanti per la ricerca. Neeve era il suo nome. Quel mostro era l’evoluzione: possedeva un’intelligenza superiore a quella degli animali, anche se non comparabile a quella umana, era autosufficiente, indipendente, sapeva quando mostrare aggressività, quando mantenere la calma, quando fidarsi o diffidare di qualcuno. Ma soprattutto, Neeve era in grado di “sputare” fuoco dalle due incavature vuote nelle quali si sarebbero dovuti trovare gli occhi. L’ultimo ostacolo era imparargli a volare. E stavano avendo successo anche in quello. Tutto sembrava procedere nel giusto modo, mentre la creatura cresceva all’ombra del genere umano, fin quando, quella notte, accadde qualcosa.
Il rifugio nel quale era tenuta nascosta dalla famiglia Targaryen era posto esattamente sotto la costruzione che comprendeva tutta Sala d’Estate.
Mentre cercavano di rinforzargli le ali deformate per permettergli di spiccare il volo e reggere il peso del suo corpo, Neeve impazzì dal dolore fisico provato. Si strappò le ali a morsi per poi fare lo stesso con varie parti del corpo, scorticandosi, scannandosi da solo. Non riuscì a controllare il getto di fiamme che uscì dai suoi occhi durante il suo implacabile delirio, così il fuoco incendiò tutto il rifugio, ogni alchimista all’interno d’esso, e si estese a tutta Sala d’Estate. Quella stessa notte, la notte della morte dell’abominio, nacque un Principe Drago.
La natura vuole sempre qualcosa in cambio quando si sovrasta il suo potere con tanta irruenza. Un moneta dello stesso peso e contraria.
Da lontano, si riusciva già a scorgere la ghigliottina preparata per l’esecuzione e i ribelli legati sopra il soppalco. Hoxana si fermò a guardarla per un po’, poi riprese a parlare.
- La stupidità, l’ignoranza e l’incapacità di quegli zotici, è stata inquantificabile. Se osservaste solo per secondo ciò che ho creato io, capireste immediatamente la differenza. In che cosa loro hanno sbagliato?
Neeve era un mostro. Haylor è perfetto.
Gli alchimisti hanno fatto esperimenti su animali. Io ho fatto esperimenti su esemplari umani, la forma di vita più vicina agli dèi esistente al mondo.
Gli animali non li ho neanche toccati. Ho iniziato con i bambini piccoli, orfanelli in piena salute fisica, disposti a tutto pur di qualche pagnotta in cambio per sfamarsi. Dovevo procedere gradualmente e con ordine.
La sofferenza fisica era troppo grande da reggere per loro, morivano tutti in poche ore, ma mi hanno comunque aiutata a raggiungere dei risultati.
Mi serviva un’immensità di cavie da far morire per potermi preparare all’esemplare perfetto, quello che avrei usato per la mia creazione.
Quando re David mi ha chiamata da Qarth poiché Qyburn mi aveva designata come sua sostituta qui ad Approdo prima di morire, scoprii che avrei potuto avere a disposizione un vero sangue Targaryen.
In quel momento ho compreso che non vi sarebbe stato nessuno di più adatto di Hayden.
Sua madre non sarebbe andata bene dato che aveva raggiunto un livello troppo alto di maturità per poter essere completamente plasmata e ricreata daccapo da me. Sua cugina, invece, è solo per un quarto Targaryen, dunque non l’ho neanche presa in considerazione.
Lui era l’esemplare perfetto.
Perciò, dopo anni e anni di preparazione, l’ho avuto e ho vinto la mia sfida personale.
Prima l’ho disumanizzato tramite ogni tipo di tortura fisica con lo scopo di renderlo impassibile al dolore, a qualsiasi stato emozionale e infinitamente più resistente. Poi ho cominciato la mia opera di creazione.
Carne, sangue, mente, sensi, anima. Gli ho tolto tutto per darlo a lui. Ha sofferto. Ha sofferto come non avrebbe mai potuto soffrire nessun altro al mondo. Ma soprattutto, il suo dolore ha raggiunto l’apice quando si è reso definitivamente conto, che sarebbe stato diviso in due. Non è stregoneria. Non ho utilizzato nulla di quello schifezze. Solo componenti chimici e fisici manipolati. Se non avessi impiegato tanto impegno, premura, passione e creatività, non avrei ottenuto un tale meraviglioso risultato.
Hoxana terminò di parlare ai tre quando finalmente raggiunsero il soppalco di seguito alla famiglia reale e a tutta la scorta.
Askarx alzò lo sguardo sulla donna, la quale continuava a camminare serena, maestosa e a testa alta, con le lunghissime e voluminose ciocche del colore vivo delle arance mature illuminate dai raggi del sole, la pelle tanto pallida da far rabbrividire, il corpo curvilineo e l’abito semplice che era in grado di evidenziare le sue forme invidiabili persino alle dame molto più giovani di lei. Pensò che non esistesse mostro più spaventoso al mondo mentre seguiva a guardarla.
- E, questa volta, la natura cosa ha preteso in cambio? Qual è stata la moneta dello stesso peso e contraria? – chiese il Superno.
A ciò, Hoxana si voltò a guardarlo. – Non riesci a vederla da solo? – domandò girando il viso verso il principe Hayden. – Prova a rimanere solo con lui, Askarx. Prova a rimanere solo con lui e a mantenere il contatto visivo senza desiderare di sprofondare sotto terra e di lasciarti morire asfissiato. Allora, la vedrai con chiarezza quella moneta.
 
 
 
 
   
 
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