Non seppe
come, non seppe quando, il corpo di Vegeta se ne andò,
spazzando la pianura con
l’aria violenta che smosse la sua velocità.
Poi lei
si ritrovò a camminare verso casa, col passo ondeggiante dei
sonnambuli.
Non seppe
come, non seppe quando, il suo corpo se ne andò da solo alla
porta e bussò
lentamente.
Lah le
aprì, il breve attimo che impiegò per
riconoscerla, le lacrime agli occhi, un
salto mostruoso.
Il modo
in cui la abbracciò, gettandosi di peso, la
lasciò interdetta e commossa per un
istante…cosa le era successo? dove era stata? era stata in
pericolo? si era
persa? tutti erano preoccupati per lei! era sicuramente stanca,
perché non si
accomodava? serviva un altro po’ di quella speciale medicina!
Ebbe una
vertigine, Maya la fece stendere sul divano.
La donna
rimase un po’ confusa quando rifiutò la medicina;
quell’intruglio verde, disse,
le avrebbe dato sicuramente solo la nausea, e poi, continuò,
non era più
necessario, davvero.
-Ti
ricordi proprio tutto, ora?-
Con
enorme sollievo della madre, quando Bulma aveva infilato il primo piede
oltre
la porta di casa, Lah era tornato ad essere il vivace ed irresistibile
bambino
dagli occhi luccicanti di vivaci pensieri ed invadenza.
Bulma
fece un cenno millimetrico con la testa, alzando ed abbassando il mento
una
volta.
-Su che
pianeta abitavi?-
Bulma
rispose senza entusiasmo a tutte le domande.
-Avevi la
coda anche nella città dell’Ovest?-
Meccanicamente
rispose di no.
-Perché
ora ce l’hai?-
Bulma
chiuse gli occhi scuotendo la testa. Non voleva più
ascoltare e rispondere a
nessuna domanda.
Voleva
dormire e fingere che tutto non esistesse.
Finche
avesse tenuto gli occhi chiusi e ci fosse stato silenzio avrebbe anche
potuto
cascarci.
Si addormentò
come se le avessero rifilato una violenta manata sulla nuca, ed un
secondo dopo
si risvegliò che era una mattina grigiastra, con Lah
accoccolato sotto la sua
ascella.
Nei
giorni successivi si sfibrò il cervello a cercare un modo
per fare uno sgambetto
a Vegeta, non aveva in programma di dargli la soddisfazione di
distruggere il
mondo, e nemmeno che la cosa accadesse a più riprese, su
altri pianeti, con
altre persone che avrebbe amato…
Ma quando
oramai aveva smesso di sperarci e pregarlo, in ricompensa le
arrivò un'unica,
piccola grazia.
Il
maltempo.
Nuvole
dense e fredde in poco tempo si accatastarono in massa l’una
sull’altra attorno
al tetto della cupola e lo stesso avvenne attorno alle punte dei
grattacieli
della città più vicina.
Il
risultato fu che, durante le notti, attraverso le nuvole non
riuscì ad
intravvedere nemmeno l’ombra dell’ombra,
dell’ombra del cerchio quasi-pieno
della luna.
La luna del pianeta dove si era
insediata
non era come la ricordava sul suo pianeta natio.
Era
screziata di crateri e nubi di polvere bluastre, molto più
grande della sua
luna di casa. Tanto grande da avere un’atmosfera sottile ed
insufficiente.
Aveva
anche appreso che quel satellite aveva un nome suo, ma era decisamente
troppo
complicato e lungo da pronunciare per lei.
Aveva
deciso di utilizzare una comoda abbreviazione; Thamkàn.
Quando
l’aveva detto per la prima volta Maya era scoppiata a ridere,
di una risatina
nervosa ed isterica.
Bulma le
aveva chiesto il perché e Maya le aveva risposto che sul
pianeta nativo Thamkàn
assomigliava decisamente alla
parola Thàmcan che in
gergo voleva
dire buco del culo.
“Chi gipp a fùxil sen pur
thamcàn du Sayan”
ricordava di aver ringhiato durante gli ultimi anni di guerra contro i
Sayan
sul suo pianeta, quando suo marito era morto e si era ripresa dalla
tristezza a
sufficienza perché questa sfociasse in odio represso e
debilitante.
-Più o
meno sarebbe “ai Sayan schiafferei il fucile laser su per il buco del
culo”- aveva tradotto.
Bulma
l’aveva trovata una coincidenza divertente, e credeva che il
nome riadattato da
lei fosse più azzeccato per quel satellite, che le avrebbe
causato un sacco di
guai.
Rivolgersi
alla fonte dei suoi problemi con insulti aveva un certo qual potere
gratificante e corroborante, gli insulti avevano una loro forza
dirompente e
rendevano bene l’idea di ciò che si dice
“essere
scazzati”.
Per
quelle benedette nuvole però, ora lei
aveva
vinto, il meteo segnalava tempo umido e cielo
coperto con precipitazioni intense durante la sera, il giorno del plenilunio.
Avrebbe
guastato la festa a tutti. Non avevano idea che quasi tutti i grandi
agglomerati urbani della zona fossero stati rasi al suolo e poi
spianati. Tutte
le comunicazioni erano state tagliate, nessun fortunato superstite era
sopravvissuto per raccontare nulla ed il maltempo non invogliava
nessuno a
viaggiare. Chi viaggiava, tra l’altro, non tornava indietro.
A
migliaia e migliaia di chilometri di distanza Vegeta giocava con un
aggeggio
dall’aspetto innocuo di un videogame in grado di supplire
all’inconvenienza nel
breve spazio di un secondo, ovvero il tempo di premere il pulsante rosso ed avviare una macchina da
guerra semi-umana
semi-scimmione-fuori-misura.
Bulma
intanto accorciava le distanze.
Era
andata a godersi le nuvole, il mal tempo era davvero violento, i
bollettini
meteo avevano raccomandato prudenza. A quanto pare le tempeste sul
pianeta erano
pari ai monsoni terrestri.
E questa
perturbazione aveva tutta l’aria del diluvio universale.
Stranamente
il freddo pungente dell’aria non la disturbava, non aveva in
brividi che le
facevano rizzare i capelli sulla nuca, e quando Maya le aveva proposto
di portare
un mantello da viaggio lei l’aveva guardata come si guarda
una persona che non
può rendersi conto di quello che dice.
Non fosse
stato per l’aliena, sarebbe potuta uscire in costume da bagno.
Comunque si
era assicurata personalmente che il tempo non migliorasse, ora che era
anche
sicura che la coda non le sarebbe stata recisa a sforbiciate con un
arnese per
potare i cespugli riusciva persino a guardare la forbice con la sicurezza di chi
ha vinto.
Atterrò
in una pianura sgombra piena di erba secca afflosciata per terra, un
paesaggio
desolante, ampio a perdita d’occhio.
L’erba
praticamente implorava acqua.
Lo
scheletro di qualche albero agonizzante, bruciato dal sole si sosteneva
in
piedi per miracolo.
Bulma
notò una punta nera e cespugliosa oltre una pietra.
Un radar
prese vita all’improvviso con un beeeeep
allarmante e una freccia che indicava alle sue spalle.
Vegeta
aprì un occhio. Lesse il numero sul vetro verde.
Guardò alla sua sinistra senza
muoversi più del necessario. E richiuse un occhio.
Bulma in
questi casi era portata a credere che nel repertorio di Vegeta
rientrasse un'unica
espressione facciale; la completa assenza di espressione facciale, e da sempre
gli
attribuiva anche una totale assenza di interesse per qualsiasi cosa che
non
fosse disturbare, eliminare e percuotere corporalmente.
Nonchè
provocare irritazione ed incertezza fino a rendere psicotici!
Decisamente
un bel soggetto, proprio un maniaco!
-Hai
scoperto che la nostra specie non ha un inutile bisogno di dormire ogni
dodici-tredici
ore?-
Bulma
fisso il cielo, stabilì che erano le undici.
-In
effetti, no- si mise a suo agio, solo chi ha
vinto può permettersi di prendersi la
libertà di sedere accanto al nemico e,
con leggerezza, sbattergli in faccia tutta la propria soddisfazione ed
i suoi
errori.
-Non ho
mai avuto problemi a stare sveglia fino a tardi- si
stiracchiò allungando la
schiena sulla pietra, sperando di dargli fastidio; era talmente
infantile…
-Immagino
che domani sia il grande giorno?- non riuscì a non
permettersi un sorrisino
infame.
-Allora...?-
Vegeta
non ebbe alcuna reazione, persino non sbatte le palpebre.
-Le
dinamiche? Gli effetti? Qualche spiegazione?-
-Proprio
nulla-
-Non mi
dirai nulla-
-No-
-Bene,
qui nessuno mi dice mai niente, nemmeno Maya, nemmeno Lah, nessuno!-
Nessuna
risposta.
Fu la
stura di un fluire ininterrotto di discorsi più o meno
articolati e, o
disarticolati.
-Maya la
prima volta ha avuto la faccia di dirmi che porta
sfortuna alle
persone con la coda guardare
la luna piena, Lah, sono certa che non ne ha idea, d’altronde come
potrebbe? È piccolo.
E Maya ha fatto la guerra, con suo marito. Che poi è morto.
Era proprio distrutta.
Disse che erano stati i Sayan, disse che l’avevano bucato in
due.
Non mi
voleva in casa perché pensava che sapessi combattere e che
avrei ucciso Lah. È stata
proprio gentile, dopo; mi ha offerto una casa, da mangiare, un divano
dove
dormire e non mi ha chiesto niente. Non so fare quasi niente. Ma sono
intelligente. So costruire e riparare le macchine. Ho aggiustato la
navicella
in cui mi avete imbottigliata sai? Però poi l’ho
fatta a pezzi…per sbaglio
naturalmente. Sai, non potevo avere ancora idea che avrei
potuto…beh si,
insomma, sbriciolarla. Ero arrabbiata, mi ci…ero chiusa
dentro, le ho dato un
pugno, è apparsa una crepa e poi BAM!
Avrei
potuto tornarci a casa. Anche se non so cosa avrebbero detto i miei con
questa
coda. E poi come sarei riuscita ad andare a scuola? Mi
avrebbero…-
Non c’era
da illudersi, continuò ancora ed ancora, al principe dei
Sayan si distorse la
vista tanto il mal di testa e l’ira gli pulsavano dietro gli
occhi.
-…quando
vi ho visto per la prima volta non credevo davvero che quelle fossero
code! Ricordi
che ti ho detto che erano cinture di pelo sintetico…-
Sembrava volesse
raccontargli la storia della sua vita, dopo essersi sorbito la sua
infanzia
dalla perdita dell’orsacchiotto rosa chiamato Puk alla
rottura della sua gamba
a dodici anni, gli occhi minacciavano di venirgli fuori dalle orbite, il
respiro
era irregolare, ed i suoi nervi erano talmente tesi che
con
questi si sarebbero potute fabbricare altrettante corde di violino!
-…ed
allora ho pensato “ chi è questo deficiente con il
testone pelato dietro il
vetro della navicella? Perché ci sono seduta e legata
dentro? Perché…"-
-Basta!
Ok, ascolta bene! Perché non sono sicuro che il messaggio
filtri! Non devi
parlarmi, toccarmi, guardarmi, respirarmi addosso o chissachealtro!
Puoi solo
essere eliminata e fisicamente percossa! Potevo essere più
chiaro e limpido di
come sono stato? Zittanonrispondereotitrucido!-
Bulma
chiuse la bocca dopo aver preso fiato a metà.
-Non
voglio sentirti nemmeno sbattere le palpebre!-
-Ma io mi
annoio!-
Nessuna
risposta.
-Parlami!-
Vegeta
non si mosse.
-Ehi?-
Idem.
-Devo
pensare che ti sia venuto un attacco di…qualcosa? Sei vivo?-
Vegeta
alzò gli occhi al cielo, sbuffò dal naso con un
ringhio minaccioso, come se un
toro stesse caricando e poi in un raptus di rabbia infantile si
limitò ad
alzare il pugno destro e con esso il dito medio.
-Sei
antipatico-
-Sei una
pazzoide. Zitta!-
-Hai la
sensibilità di un pezzo di plexiglas!-
-E tu sei
fastidiosa come una pustola. Zitta!-
-Ah! Vedi
stai parlando con me! Lo sapevo. Lo sapevo!-
Che
strano, le mani gli si muovevano da sole! Le avrebbe lasciate
volentieri andare
dove volevano, ma non si voleva rovinare da solo.
Con uno
sforzo eroico chiuse gli occhi. Inspirò fino a che non gli
fece male il petto e
le costole. Poi buttò fuori aria. Era l’origine di
un esaurimento nervoso.
luisa87 : Felice di non averti delusa affatto, spero sia lo stesso con questo capitolo.
kamy : Diciamo che ho costretto l'ispirazione a tornare, mi sono piazzata davanti al computer a fissare la fine del capitolo precendente e mi è venuto questo, avevo voglia di far litigare Bulma e Vegeta ancora un un po' "l'amore non è bello se non è litigarello" e cavolate varie^^.