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Autore: _Akimi    07/10/2018    1 recensioni
[HaseGin - Writober - Vento]
"Nell’ennesimo inserto letterario si scrive che il vento è simbolo di buone nuove - un’altra stupidata per romantici che si lasciano abbindolare da parole di inchiostro e da arzigogolati giri di sillabe.
L’unico sentimento che Gintoki prova leggendolo è soddisfazione, sì, perché accade poche volte di fare la cosa giusta al momento giusto; la tavola del cesso si abbina perfettamente a testate che altro non sono che ruvida carta da culo.
Eppure, non può dire che il bagno di Hasegawa sia un posto molto accogliente - vero, nessun gabinetto è come quello di casa propria, ma non si tratta di familiarità o pulizia.
La casa di Hasegawa è un posto strano - non stupisce, dato chi ci abita -, silenziosa e piena di robaccia femminile che Madao non vuole buttare.
È da sfigati aspettare una moglie che non ritornerà da te perché hai fallito. È da sfigati essere vittime di un amore improduttivo."
Genere: Comico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Gintoki Sakata, Hasegawa Taizo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Jigou Jitoku
(自業自得)


Nell’ennesimo inserto letterario si scrive che il vento è simbolo di buone nuove - un’altra stupidata per romantici che si lasciano abbindolare da parole di inchiostro e da arzigogolati giri di sillabe.
L’unico sentimento che Gintoki prova leggendolo è soddisfazione, sì, perché accade poche volte di fare la cosa giusta al momento giusto; la tavola del cesso si abbina perfettamente a testate che altro non sono che ruvida carta da culo.
Eppure, non può dire che il bagno di Hasegawa sia un posto molto accogliente - vero, nessun gabinetto è come quello di casa propria, ma non si tratta di familiarità o pulizia.
La casa di Hasegawa è un posto strano - non stupisce, dato chi ci abita -, silenziosa e piena di robaccia femminile che Madao non vuole buttare.
È da sfigati aspettare una moglie che non ritornerà da te perché hai fallito. È da sfigati essere vittime di un amore improduttivo.
Ma Gintoki, sebbene sia una persona tendente alla verità assoluta, risparmia all’altro queste inutili rivelazioni - è abbastanza adulto da sapere che, per via della brutta società in cui vivono, sarebbe da sciocchi sperare in un lieto fine.

Non conosce la celebre signora Hatsu di cui Hasegawa gli parla spesso, ma lei lo guarda in ogni stanza della casa - nella foto vicino al letto, nel ritratto all’entrata - come se stesse giudicando le sue immorali scelte di vita.
E il problema è che, effettivamente, Gintoki è l’allegoria degli errori dell’esistenza, l’impersonificazione camminante delle cazzate - ed è una calamita di guai.
Forse è uno dei tanti motivi per cui si ritrova sempre lì, consapevole di quanti aspetti in comune abbia con Hasegawa.
Più giovane, con il diabete a minacciarlo per i suoi parfaits, ma con meno rimpianti e senza degli orribili occhiali da sole.
Insomma, condividono poco, ma è un qualcosa.


«Sei entrato nel tuo momento di riflessione profonda?»
Lo esclama quando ritorna in camera, la finestra è spalancata e la figura solitaria di Hasegawa è lì, con una sigaretta in bocca tra le lenzuola sfatte.
Aleggia sempre una certa atmosfera di resa quando finiscono di fare sesso, come se entrambi fossero consapevoli che ciò che fanno assieme non ha né capo né coda.
«Voglio trovare un lavoro serio.»
Lo dice ogni volta che si vedono e non è una bugia; dura qualche giorno o settimana - un periodo di tempo che non gli permette di fare nulla. La sua vita rimane sempre la stessa, piuttosto misera per chi non lo conosce bene.
E Gintoki non può che pensare ad un’altra bugia che scrivono spesso sui giornali - non è vero che si raccoglie ciò che si semina; è un contentino per chi spera che le persone malvagie vengano punite.
La giustizia esiste, ma è una bene di lusso.
«Non meriti di essere totalmente inutile per il resto dei tuoi giorni, dopotutto.»
Una persona qualunque troverebbe un delicato gesto da accompagnare a quelle parole - un carezza di conforto, un bacio per dire che ci si ama nonostante i fallimenti, ma Gintoki non è bravo in nessuna delle due cose.
Non è bravo a consolare chi sta male, di solito lui e Hasegawa affogano i dispiaceri nell’alcool come dei veri uomini ed è sufficiente, davvero, anche se finiscono quasi sempre a non ricordarsi come le serate si concludono.
Per il resto, non ha mai pensato davvero ad amare qualcun altro e...non lo sa, non sa cosa provi esattamente per l’altro né cosa ci sia tra di loro. Oltre ai loro incontri casuali, s’intende.
«O forse ognuno è quello che è sempre stato.»
Lo bisbiglia socchiudendo la bocca, il fumo abbandona le sue labbra e scompare verso le tende annerite; si vede che la casa è abbandonata un po’ a sé stessa, nessuno che se ne cura, forse persino troppo grande per un uomo che non fa altro che rimuginare sulla sua esistenza.
«Nessuno è una cosa sola nella vita e potremmo anche morire domani.»
Non si chiede come sarà ricordato, quasi non gli importa, anche se, in questo, lui e Hasegawa sono diversi; per Gintoki le apparenze sono sciocchezze passeggere, le convenzioni sociali sono regole stupide e le persone, alle volte, valgono più di ciò che si lasciano intorno.
Insomma, il Karma è una puttanata.

«Ma per adesso non ci pensiamo.»
Lo pensa Gintoki, ma è Hasegawa a parlare; un mormorio che stupisce entrambi perché sono troppo sobri per uno scambio di battute come questo.
Deve esserci ancora qualcosa di strano nell’aria - e sì, ora se ne rendono conto.
Non esiste profumo di novità o di dolci sentimenti, si tratta solamente del maledetto vento che spira dalla baia di Edo, portando puzzo di pesce e il gridare forsennato degli scaricatori di porto.
«Certo che se ne inventano di cazzate, gli scrittori di oggi...»



 
  
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