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Autore: padme83    12/10/2018    25 recensioni
{Young!AlbusxGellert}
«Il Tor, l'ingresso per l'Isola Sacra di Avalon. E mi porti qui a Samhain. Allo scoccare della Mezzanotte, per giunta.» Mi lanciò un'occhiata obliqua, divertita e ammirata in egual misura, e io, per l'ennesima volta, avvertii qualcosa liquefarsi lentamente proprio lì, all'altezza del petto. «E poi sarei io quello spregiudicato!»
Questa storia partecipa alla Challenge "Fall into Autumn" indetta dal gruppo Facebook "Boys Love - Fanart & Fanfic's World"
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Silente, Gellert Grindelwald
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'We were closer than brothers'
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Questa storia partecipa alla Challenge "Fall into Autumn" indetta dal gruppo Facebook "Boys Love - Fanart & Fanfic's World"



 


 

– Meet me after dark again 


 


 


 

Di qualunque cosa siano fatte le anime, 
di certo la sua e la mia sono uguali.
(Emily Brontë - Cime Tempestose)





 

"Meet me after dark again and I'll hold you,
I am nothing more than to see you there.
And maybe tonight we'll fly so far away.
We'll be lost before the dawn."

 



 

 

Era andata bene, tutto sommato.
Non esisteva incantesimo che osasse ribellarsi alla mia volontà, eppure persino io non potevo ritenermi dispensato dai fastidiosi effetti collaterali dovuti al processo di smaterializzazione: avevo lo stomaco in subbuglio, e un leggero capogiro mi costrinse per qualche secondo a incamerare ed espellere ossigeno con maggior vigore rispetto al consueto.
Mi guardai attorno con circospezione: ero abbastanza sicuro di non aver commesso errori, tuttavia, riflettei, la prudenza non era mai troppa, soprattutto in una notte come quella. La luna era già sorta da un pezzo, e troneggiava maestosa in un cielo oscuro e privo di nuvole; riluceva argentea, simile ad una sfera di cristallo sospesa nel mare nero della volta celeste, e il suo chiarore soffuso bagnava d'avorio la radura semicircolare che aveva accolto con discrezione il compimento della mia magia. La corona di biancospini che l'avvolgeva quasi per intero impediva al vento di irrompervi e di sferzarmi il viso, anche se il freddo pungente di fine Ottobre non trovava comunque ostacolo alcuno nell'insinuarsi infido al di sotto dei vestiti. Mi strinsi intirizzito tra le falde del mio pesante mantello, mentre finalmente potevo lasciarmi andare ad un sommesso – e liberatorio, ma non avrei voluto considerarlo tale – sospiro di sollievo. Nessuno sbaglio. Eravamo nel posto giusto.
«Dio, Albus, è quello che penso?»
Gli occhi di Gellert splendevano fulgidi nel buio, accesi da lampi di sincero stupore. Lo avevo sorpreso, tanto per cambiare, e la sua espressione entusiasta provocò in me un moto d'orgoglio così intenso che mi fu quasi impossibile nasconderlo dietro la mia abituale ironia.
«Certo che è quello pensi. Credi forse che sia stato il caso a farci finire quassù?»
Le sue labbra – lisce, carnose, vellutate e rosse come mele selvatiche – si incresparono in un ghigno ferino, ma non ribatté, troppo preso a osservare lo spettacolare paesaggio che si svelava con generosità al nostro sguardo eccitato.
Davanti a noi, solitaria al centro esatto di una pianura infinita, svettava in tutta la sua imponenza una collina dalla peculiare forma conica; sulla sua sommità, nel punto preciso in cui la terra si congiungeva al firmamento, nitida contro il baluginio opalino delle stelle, si ergeva l'antica e misteriosa Torre di S. Michele[1].
«Il Tor, l'ingresso per l'Isola Sacra di Avalon. E mi porti qui a Samhain. Allo scoccare della Mezzanotte, per giunta.» Mi lanciò un'occhiata obliqua, divertita e ammirata in egual misura, e io, per l'ennesima volta, avvertii qualcosa liquefarsi lentamente proprio lì, all'altezza del petto. «E poi sarei io quello spregiudicato!»
«A Samhain si aprono le porte tra i mondi e i morti tornano a banchettare con i vivi, perciò ti prego, ti scongiuro di abbassare la voce, se non vuoi attirarci addosso tutti i fantasmi della Contea. Devi sapere che nel Somerset ce ne sono in abbondanza. Inoltre» e mi voltai verso il fioco bagliore che si snodava sinuoso lungo i confini meridionali della vallata «gradirei che evitassi di svegliare con i tuoi schiamazzi l'intero villaggio. Ci abitano solo Babbani da queste parti, e nemmeno fra i più tolleranti, per cui, te lo chiedo come favore personale, moderati, se ci riesci.»
Gellert sbuffò con stizza, non facendo nulla per reprimere un verso di puro disgusto. «Sai benissimo che non me ne importa niente» sibilò inviperito, girandosi dalla parte opposta rispetto a quella da me indicata. «E anche per te è lo stesso, quindi smettila di fare tanto il santarellino. E poi, eventualmente, basterebbe un semplice Confundus per distrarli. Piuttosto» continuò (e la sua voce si ridusse a poco meno di un sussurro: perché, alla fine, nonostante tutto, mi dava retta – mi dava sempre retta) «credevo si trattasse davvero di un'isola.»
«Lo era. In tempi antichi i Summerland Meadows erano allagati, e l'isola si trasformava in una penisola con la bassa marea. Più o meno come Mont Saint Michel, in Normandia, hai presente? Per questo motivo i Druidi la chiamavano anche Ynys Wydryn, l'Isola di Vetro. Comunque» proseguii, segretamente compiaciuto dal vederlo tanto interessato alle mie parole «ancora adesso è una penisola, dato che è circondata su tre lati dal fiume Brue. Da qui non possiamo vederlo, perché si trova al di là di questa macchia di arbusti. D'estate è un posto ideale per venirci a pescare e... che c'è?» mi interruppi d'un tratto, colto da un improvviso imbarazzo per l'interminabile monologo nel quale non avevo potuto fare a meno di gettarmi.
«Niente, niente» mi schernì, imitando alla perfezione il mio tono saccente «Ma c'è qualcosa che non sai?»
Sembrava burlarsi di me, ma, in realtà, ero consapevole che quello era l'unico modo da lui conosciuto per palesarmi l'effettiva portata della sua stima nei miei confronti. Non gli era mai capitato di incontrare qualcuno in grado di tenere testa al suo acume e alla sua straordinaria intelligenza; me lo aveva confessato, con una schiettezza che ancora mi commuoveva nell'intimo, poco dopo il suo arrivo a Godric's Hollow. Non avevo fatto alcuna fatica a credergli, dato che, anche per me, valeva il medesimo discorso.
Opposti e complementari, ecco ciò che eravamo.
E mi era bastato un istante per capirlo.
«Veramente... no.»
Rise di gusto, e il suono che proruppe dalla sua gola mi ricordò il fragore roboante delle onde che si schiantano sulla battigia durante una violenta mareggiata.
«Ottimo, ottimo, non ho mai sopportato la falsa modestia.»
«Gellert, questo è uno dei luoghi più ricchi di mitologia non solo della Gran Bretagna, ma anche del mondo intero. Tutti conoscono la sua storia. Non vi insegnano niente, a Durmstrang?» me lo lasciai scappare e subito me ne pentii, perché sapevo bene quanto fosse... complicato, per lui, fare accenno a tutto ciò che riguardava il periodo passato nella sua vecchia scuola; il suo riserbo in proposito era inappellabile, e io, da tempo, avevo smesso di fargli – e di farmi – domande scomode sull'argomento.
«Sicuramente più di quanto insegnino a voi in quella pantomima di scuola che porta il ridicolo nome di Hogwarts» sentenziò, rivolgendo però lo sguardo verso la punta dei suoi stivali.
Non sopportavo di vederlo così rabbuiato; ignorando l'offesa – poiché ero certo che, nelle sue reali intenzioni, non fosse affatto tale –, gli posai con gentilezza una mano sulla spalla. Non si ritrasse. Non lo faceva mai.
«Allora, vuoi salire o rimaniamo qui imbambolati per tutta la notte?»
Mi rispose regalandomi un luminoso sorriso d'intesa, uno di quelli che teneva in serbo soltanto per noi due; mi afferrò con decisione il polso, già pronto a smaterializzarsi nuovamente insieme a me.
«No no, niente sventolii di bacchette. Si sale a piedi, altrimenti che gusto c'è?»
«Il gusto di non sentirsi un miserabile Babbano» sputò fuori dai denti, contrariato, ma si riprese in un baleno quando gli dissi: «Consideralo come un rito iniziatico. Persino l'aria è satura di magia su questa collina. Non vorrai privarti di una simile esperienza, no?»
Lo avevo convinto. Si scostò di lato con un movimento sensuale ed elegante, invitandomi a precederlo; non era la prima volta che visitavo il Tor, e sapevo esattamente in che direzione avviarmi. Ci incamminammo svelti e silenziosi verso le pendici del clivo, i passi in perfetta sincronia, i respiri sempre più affannosi man mano che il dislivello aumentava d'intensità. Una condensa fitta e appiccicosa si alzava in ampie volute dal manto erboso, avvinghiandosi ai nostri polpacci e sfumando i contorni del ripido sentiero che, dipanandosi in una serie di cerchi concentrici, ci avrebbe condotti fino alla vetta.
La salita mi parve per un vasto tratto monotona e senza fine, ma, una volta superati i tre quarti del percorso, la situazione cambiò, e l'atmosfera sembrò coagularsi intorno a noi: un brivido ghiacciato mi penetrò la pelle, e non ebbi bisogno di voltarmi per accorgermi che anche Gellert era preda della mia stessa tensione. Ci avvicinammo, guidati dal medesimo impulso, e l'energia scaturita da quella lieve contiguità cominciò ad agitarsi fra noi come la corrente furibonda e ribelle di un impetuoso torrente di montagna.
«Diamine, Albus, questo luogo è sul serio un nodo nevralgico di potere. Mi aspetto da un momento all'altro di veder comparire la Regina di Faerie o il Sovrano dell'Oltretomba. Lo sai che se finiamo nelle mani del Popolo Fatato saremo costretti a danzare intorno ad un fuoco per non so quanti anni? Io sono osceno a ballare, ti avverto.»
Scherzava, per mascherare un turbamento che anch'io percepivo con estrema chiarezza; strisciava subdolo fin dentro le ossa, e sembrava che nulla riuscisse ad arginarlo, se non la nostra reciproca vicinanza. «Stai tranquillo» buttai fuori alla fine, incapace di trattenermi «nessuno questa notte verrà a portarti via.»
«E come fai ad esserne così sicuro? Sentiamo.»
«Perché sei con me» risposi intrepido, sollevando il mento e sfoggiando una sicurezza spavalda che, ammisi a mio esclusivo beneficio, ero lontano dal provare.
«Ah, giusto, come ho fatto a non pensarci?» la sua voce mi parve leggermente più calma, e ne fui rincuorato. Non c'è niente come un mucchio di sciocche chiacchiere per scacciare la paura, e quella circostanza tanto particolare, evidentemente, non faceva eccezione.
«D'altro canto, persino il Re Cervo, o Myrdinn Emrys[2] in persona, sarebbero obbligati a cedere il passo al cospetto di Albus Silente.» Proferì questa asserzione con un trasporto e un convincimento tali da colpirmi dritto in mezzo alle scapole. C'erano ben poche cose capaci di suscitare l'ammirazione di Gellert Grindelwald: sapere che il mio ingegno e la mia destrezza, per quanto senza ombra di dubbio eccezionali (e non era superbia la mia, bensì una banale constatazione oggettiva), avevano saputo conquistare la sua totale fiducia mi riempiva l'animo di una smisurata fierezza, e, una volta di più, mi ritrovai a ringraziare la sorte per aver permesso ai nostri destini di unirsi in una stretta così salda.
«Dai, smettila di dire scemenze, che siamo quasi arrivati» conclusi, sperando di riuscire a celare l'emozione incontrollata che mi erodeva interiormente, riducendomi ad un fascio di nervi aggrovigliati.
Ripresi a camminare con rinnovato slancio, nonostante i polmoni avessero cominciato a bruciare e i muscoli delle gambe implorassero pietà. Espugnammo la cresta sommitale con un grido strozzato, accasciandoci stremati sulla terra gelata e poggiando la schiena alle mura di pietra della Torre. Spalla a spalla, il fiato ancora corto, contemplammo in silenzio la luna sprofondare con grazia nel lucore violaceo di una notte ormai prossima a mutarsi in mattino. Non mancava che qualche minuto all'alba.
Avrei voluto protrarre quel momento di quiete adamantina il più a lungo possibile, ma ad est il primo riverbero del sole già pennellava di barbagli ramati il profilo basso e limpido dell'orizzonte; sospirai rassegnato, tornando mio malgrado alla contingenza dei mie doveri quotidiani.
«Gellert, dobbiamo andare, è quasi giorno ormai.»
«Oh, non cominciare, ci vuole ancora un'eternità al sorgere del sole.»
«Sì, ma io preferisco essere a casa quando Ariana si sveglierà. Non voglio lasciare troppo a lungo Aberforth da solo con lei, lo sai.»
«No, non lo so» mi guardò furente, gli occhi ridotti a due minuscole fessure serpentine. Non tollerava che i miei fratelli si intromettessero nelle nostre faccende, e anch'io, qualche volta (e nell'ultimo periodo sempre più spesso, in verità), provavo una certa indolenza nei loro confronti, soprattutto quando mi costringevano a separarmi da Gellert con le loro richieste assillanti. Ma erano la mia famiglia, o, meglio, ciò che ne rimaneva, e io avevo trascorso via da casa sette giri completi di clessidra. Dovevo tornare, o rischiavo davvero di non trovarla più, una casa, al mio rientro.
«Gellert...»
Mi zittì, fulmineo. «No, ascoltami, aspettiamo almeno di vedere l'alba. Ti prego, ti prego, ti prego. Dev'essere uno spettacolo bellissimo da quassù.»
La sua preghiera accorata non cadde nel vuoto. Mi alzai in piedi e gli porsi una mano, per aiutarlo a fare altrettanto.
«D'accordo, ma adesso finiscila di ringhiare come un vecchio lupo bilioso. Se saremo fortunati, tra poco ci farà visita Morgana la Fata[3] in persona.»
«Morgana la Fata? Ma che diavolo stai dicendo?»
«Osserva e taci, ragazzo di poca fede. Dopotutto è Samhain, ricordi?»
Piegai il capo verso la base del promontorio, e fui felice di constatare che le mie supposizioni si stavano dimostrando corrette.
«Un tempo un viaggiatore, se aveva la volontà e conosceva qualche segreto, poteva avventurarsi con la barca nel Mare dell'Estate e giungere non già a Glastonbury dai monaci, ma all'Isola Sacra di Avalon; allora le porte fra i mondi fluttuavano con la nebbia e si aprivano al volere del viaggiatore. Perché questo è il grande segreto, noto a tutti gli uomini colti del nostro tempo: con il nostro pensiero, noi creiamo giorno per giorno il mondo che ci circonda.[4]»
Inarcò perplesso un sopracciglio, scrutandomi quasi stesse fa sé e sé decidendo se ritenermi o meno irrimediabilmente uscito di senno.
«Non dovresti tacere un po' anche tu, ogni tanto, giusto per scoprire l'effetto che fa?»
Cercai di ostentare indifferenza, ma con scarsi risultati. Sentivo il suo sguardo su di me, e non volevo che lo distogliesse.
E poi, tutto fu luce.
Dal terreno umido ai piedi dell'altura si sprigionò una nebbia densa e caliginosa, che lenta si innalzò oltre le cime degli alberi, occultando alla vista l'intero pianoro, fino a che, per miglia e miglia, null'altro fu più visibile al di là del suo soffice manto. Accarezzata dai raggi aurorali del sole, la massa acquosa si infiammò, incendiando il cielo e la terra con vermiglie spirali di fuoco. La collina del Tor, elevata di un centinaio di metri rispetto al bassopiano circostante, sembrò quasi ondeggiare, incantevole ed evanescente, sopra quello sconfinato oceano di sangue caldo e pulsante.
Accanto a me, Gellert sussultò, tremando come un sottile stelo di rosa sferzato dalla furia rabbiosa degli elementi. Soffocò un singhiozzo, mentre scintillanti perle di sale, sfuggite al suo ferreo controllo, presero a rigargli con delicatezza le guance. «È come un ricordo... » esalò in un fremito «il ricordo di un sogno... »
«Benvenuto ad Avalon, annwyl[5]. In questo luogo Morgana depose Excalibur, dopo averla tolta dalle mani esangui del Grande Re, e si dice che fu proprio Viviana, la Dama del Lago, a prenderla a sua volta in custodia. Qui vi è l'ultima dimora di Artù, che giace addormentato e vegliato dalle Quattro Regine, in attesa di essere destato nel giorno in cui il mondo avrà di nuovo bisogno di lui.»
Incatenai i miei occhi ai suoi, e per un meraviglioso, brevissimo, eterno istante, fummo finalmente una cosa sola.
«E tu... e tu avresti voluto... avresti voluto andar via prima... prima di... » biascicò, ma io non gli permisi di concludere la frase.
Me lo tirai addosso, stringendolo fra le braccia, incollando con passione le mie labbra alle sue. Non incontrai – non incontrammo, giacché non vi era distinzione tra me e lui – alcuna resistenza, smarriti come eravamo nell'ebbrezza di un bacio anelato da entrambi per tanto – per troppo tempo. Mi modellai come creta contro la sua mascella, arreso, soggiogato, affamato, impaziente di approfondire il contatto fra le nostre più autentiche essenze. Fu la sua lingua a cercare la mia, a premere contro i denti per supplicarmi di lasciarla entrare, per consentirle di esplorare, con tutta la calma di cui potevo disporre, ogni più piccolo e remoto anfratto della mia bocca. Il suo sapore mi invase il palato, mentre lo spingevo con forza verso il contrafforte del Tor per bloccarlo e coinvolgere i nostri corpi in una lotta ancora più audace e serrata. Le sue mani erano dappertutto, così come le mie – nei capelli, sui fianchi, fra le cosce –, e i suoi gemiti spezzati mi morivano languidi in fondo alla gola; quando il fiato venne a mancare, lo recuperammo in fretta l'uno dentro ai respiri dell'altro, senza concederci un solo attimo di tregua, divorati da una bramosia selvaggia, da una smania implacabile che ci ustionava da dentro, ma che non ci consumava, restituendoci intatti al furore di quell'abbraccio ardente e disperato dal quale nessuno dei due era intenzionato a sciogliersi.
Perduti, vinti, torturati – ma ad un soffio dall'estasi –, danzavamo ignari sull'orlo del baratro.
Eppure, eppure, nessun dubbio bussò alle soglie dei miei pensieri, nessuna esitazione offuscò la sublime e feroce bellezza di quel momento. Lui era mio e io ero suo. Marciavamo uniti e avvertivo, dai recessi più profondi e segreti del mio cuore, che niente si sarebbe mai interposto fra di noi, che niente avrebbe mai avuto l'ardire di dividerci. Niente di male poteva accadere, se soltanto avessimo affrontato il futuro e le sue sfide facendo affidamento l'uno sull'appoggio incondizionato dell'altro.
Eravamo insieme, solo questo contava.

Quanto mi sbagliavo.

 

 

 

"If only night could hold you
where I can see you, my love,
then let me never ever wake again.
And maybe tonight we'll fly so far away.
We'll be lost before the dawn.
Somehow I know that we can't 

wake again from this dream.
It's not real, but it's ours."

 

 

 

 

 

[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Glastonbury_Tor
[2] Vero nome di Merlino (Merlino Ambrogio) in "La grotta di cristallo", Mary Stewart.
[3] Il terreno umido alla base della collina del Tor può produrre un effetto visivo conosciuto come Fata Morgana quando l'altura sembra elevarsi dalla nebbia. Questo fenomeno ottico si verifica quando i raggi di luce sono fortemente incurvati dal passaggio attraverso strati d'aria di differenti temperature in condizioni di inversione termica e con la presenza di un condotto atmosferico (non ho la più pallida idea di cosa ho appena scritto).
[4] M.Z.Bradley, "Le Nebbie di Avalon".
[5] Sarebbe "caro", "carissimo" in gallese. Tocca fidarsi di google traduttore.

 

 

 

{Words Count: 2815}

 

 

 


 


 

Nota:

Salve a tutt* e ben ritrovat*!

Torno in questo fandom dopo secoli, ma chi mi conosce sa perfettamente che, in seguito alla visione dell'ultimo trailer di "Animali Fantastici – I crimini di Grindelwald", l'unico neurone rimastomi ha deciso – dopo una tanto strenua quanto inutile difesa delle mie residue facoltà mentali – di alzare bandiera bianca e dichiararsi sconfitto. Albus e Gellert si stanno seriamente candidando a diventare la mia OTP della vita, e il bisogno di buttar giù qualcosa riguardo a loro due stavolta si è fatto sentire con forza dirompente. Complice la challenge d'autunno del gruppo fb Boys Love – Fanart & Fanfic's World (cioè, regà, ma che mi state facendo? L'ultima volta che ho scritto più di 2500 parole è stato forse per la tesi di laurea) mi è venuta l'idea per questa OS, la quale tra l'altro soddisfa pienamente il mio atavico desiderio di scrivere una storia a tema Samhain: ci provo con scarsi risultati da tipo quattro anni, e non sapete quanto mi renda felice esserci invece riuscita questa volta, e con ben 20 giorni d'anticipo.

Naturalmente, sarà poi il film a delineare l'effettivo rapporto tra Albus e Gellert, ma io me ne sto facendo un'idea precisa, e può essere che torni ad approfondirla ancora (#PiccoloPadawan e #PiccoloSith permettendo, naturalmente). Intanto come vi è sembrata questa avventura notturna? Ce lo vedete Albus nelle vesti di guida turistica? Un personaggio come lui non può certo rimanere indifferente all'epica arturiana, e neppure Gellert, il quale, secondo me, è il suo esatto contraltare. I due hanno la stessa intelligenza, possiedono le medesime – straordinarie – capacità, e sono animati da una passione comune (la conoscenza e, soprattutto, il potere). Sono consapevole di andare contro la corrente di pensiero dominante, ma io non credo affatto che Albus sia il "succube" della situazione. Dobbiamo considerare di chi stiamo effettivamente parlando: a 17 (quasi 18) anni, Albus è già lo studente più brillante che abbia mai messo piede ad Hogwarts, intrattiene regolari rapporti con le personalità più eminenti del mondo magico, e tutti stanno aspettando il momento in cui varcherà le soglie del Ministero della Magia per arrivare diretto allo scranno più alto. Quindi non è propriamente il primo sprovveduto che passa per la strada. Non dimentichiamoci inoltre della sua natura profondamente manipolatrice. Gellert è più piccolo di almeno un anno (ebbene sì, se non due, è del 1883, mentre Albus del 1881), ed è inevitabilmente affascinato dall'intelligenza e dall'immenso potere dell'amico, mentre Albus, a sua volta, essendo il classico "good guy" (ma non troppo; diciamo che è anche tanto castrato da una situazione famigliare assai complicata, che in buona sostanza gli tarpa le ali) è tentato dall'assoluta libertà e dalle idee spregiudicate - ma di cui condivide la sostanza - del ragazzo più giovane. Insomma, si attrarranno e influenzeranno a vicenda, e anche il coinvolgimento emotivo e fisico di conseguenza sarà intenso (cosa che spero di aver messo in risalto nel testo), fino al tragico epilogo, dove verrà fuori la vera differenza fra i due. In un mondo dove esiste la magia, la discriminante tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato risiede nell'uso che si fa di essa: il potere, se ce l'hai, lo puoi usare secondo coscienza, oppure puoi abusarne. Tertium non datur. Alla fine, è sempre una questione di scelte.

N.B: lo so che Gellert si è fermato a Godric's Hollow solo per un'estate; ho semplicemente preferito dilatare il tempo che Gellert e Albus passeranno insieme (tanto nessuno dei due doveva comunque tornare a scuola), in modo da poter approfondire un rapporto che, piaccia o meno, influenzerà non solo le vite dei due protagonisti, ma anche il destino dell'intero mondo magico. (E poi volevo questi due insieme il 31 di ottobre, va bene? Questo è il mio what if? e i tempi qui dentro li decido io ù.ù)

Non mi ero mai cimentata nell'uso della prima persona al passato: spero di non aver combinato pasticci. Chiedo perdono se ho fatto parlare Albus in un modo ancora più arzigogolato del solito, ma siamo pur sempre intorno al 1899 per cui, dài, passatemelo per buono XD

La canzone che accompagna e dà il titolo alla storia (e che mi ha ispirata per la sua atmosfera malinconica ed onirica) è "Before the dawn" degli Evanescence. Se invece volete immergervi ancora di più nella magia di Samhain, vi consiglio di ascoltare "Evocation I: The Arcane Dominion", l'intero album, degli Eluveitie.

Nel mio headcanon, gli abitanti di Glastonbury sono intolleranti a causa della presenza in passato dell'omonimo monastero, i cui monaci hanno lottato per secoli contro ogni manifestazione del sovrannaturale (e ci credo, poveretti, con i vicini che si ritrovavano...).

Ovviamente, le labbra di Gellert sono rosse e vellutate come le mele di Avalon (letteralmente, Isola delle Mele) ;-)

Il biancospino che circonda la radura è un richiamo alla leggenda secondo la quale Giuseppe di Arimatea, l’uomo che aveva donato il suo sepolcro nuovo affinché vi fosse tumulato il corpo di Gesù Cristo, si recò in Cornovaglia e nel Somerset tra il 60 e il 70 d.C. circa, a predicare il cristianesimo, e vi fondò la prima chiesa cristiana delle Isole Britanniche (a Glastonbury, appunto), per custodire pare il Sacro Graal, e nella notte di Natale piantò a terra il suo bastone di pellegrino. Esso fiorì, sebbene fosse dicembre, mutandosi in un arbusto di biancospino di rara varietà che tuttora cresce soltanto in quella zona e continua a fiorire non solo in primavera ma anche in inverno.

È tutto, per il momento: vi ringrazio sin d'ora se avrete voglia di scrivermi cosa pensate di questa OS, e se vorrete aggiungerla in una delle liste messe a disposizione da EFP.
Ringrazio, naturalmente, anche i tutti lettori silenziosi che verrano a dare un occhio da queste parti ;-)
La mia pagina fb, Lost Fantasy, è aperta a tutti, e vi aspetta a braccia spalancate, come sempre!

A presto e...

BLESSED SAMHAIN TO ALL! )O(


Zuccosamente vostra,

(sono passata dalla frutta direttamente agli ortaggi)


padme



P.S: lo vogliamo aggiungere Albus Silente alla lista dei personaggi, per favore?


 

EDIT: Albus Silente aggiunto! Whiskey Incendiario di Madama Rosmerta per tutt*!

   
 
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