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Autore: _Akimi    13/10/2018    1 recensioni
[Writober]
"«Questo;» iniziò a parlare, strofinando il pollice contro l’indice; «sono i soldi che lo permettono.»
«Non ti facevo così materialista, Peril. Dio è arte, non denaro.»
Illya avrebbe voluto ridergli in faccia, cosa che non fece, rimanendo stoico come sempre; tuttavia, Napoleon comprese il suo puntiglioso sarcasmo dal modo in cui roteò gli occhi, allontanandosi dalla navata centrale.
«Un capitalista non parla di soldi; che cosa ti succede, cowboy? Temi un giudizio?»
Bastò un’occhiata verso il soffitto per capire a che cosa si riferisse il russo; Napoleon non trovava particolarmente divertente lo schernire la fede in un luogo sacro, ma sapeva di non essere un buon cristiano - in tanti modi diversi -, quindi era sciocco difenderla.
Non avrebbe corso il rischio di apparire vulnerabile davanti a Kuryakin."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Illya Kuryakin, Napoleon Solo
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Note: un po' di omofobia e ateismo qua e là, avviso se qualcuno si triggera.

 

God's judgement


Fronzoli dorati e bianchissimo marmo accecarono lo sguardo di Illya; una visione che poco aveva di divino - secondo la sua sensibilità -, ma si trattava di un vano ostentare che non gli era nuovo, sebbene non fosse italiano.
La Chiesa era così ovunque, avida e priva di modestia - una continua esaltazione di ricchezza ben lontana dalla spiritualità che predicava, una costante che accomunava le istituzioni cattoliche a quelle ortodosse nella parte più orientale del continente.
Illya non credeva in Dio - sciocchezze per uomini insicuri, oppio dei popoli e ostacolo ad un’uguaglianza universale -, eppure considerava notevole quanto un’entità inesistente potesse ispirare gli uomini nel corso dei secoli.
L’Italia aveva fallito politicamente in tante occasioni, ma l’arte era un dono innato di quella terra - una nazione che, nonostante alcune credenze banali, Illya non avrebbe mai scordato.
Di Roma, in particolare, apprezzava la rigida architettura del passato - gli archi, le colonne, una ricerca di perfezione geometrica che si distanziava dalla più civettuola arte rinascimentale e barocca.
Un’estroversa arte che rivedeva nelle iridi celesti di un uomo che, evidentemente, si immedesimava in ogni singolo dettaglio della Chiesa di San Luigi dei francesi.

«Non è grandioso, pensare di che cosa siano capaci un paio di mani?»
Napoleon bisbigliò, quasi con il timore di infastidire qualche fedele raccolto in preghiera; Illya lo trovò un comportamento irrazionale, inusuale, persino, considerando quanto il cowboy fosse solitamente logorroico e rumoroso.
Non rispettava un suo collega, ma accettava il religioso silenzio di un paio di sconosciuti.
No, non avrebbe mai capito il carattere dell’americano.
«Questo;» iniziò a parlare, strofinando il pollice contro l’indice; «sono i soldi che lo permettono.»
«Non ti facevo così materialista, Peril. Dio è arte, non denaro.»
Illya avrebbe voluto ridergli in faccia, cosa che non fece, rimanendo stoico come sempre; tuttavia, Napoleon comprese il suo puntiglioso sarcasmo dal modo in cui roteò gli occhi, allontanandosi dalla navata centrale.
«Un capitalista non parla di soldi; che cosa ti succede, cowboy? Temi un giudizio?»
Bastò un’occhiata verso il soffitto per capire a che cosa si riferisse il russo; Napoleon non trovava particolarmente divertente lo schernire la fede in un luogo sacro, ma sapeva di non essere un buon cristiano - in tanti modi diversi -, quindi era sciocco difenderla.
Non avrebbe corso il rischio di apparire vulnerabile davanti a Kuryakin.


«Cambierai idea con il pezzo forte.»
Era possibile concentrare tanta bellezza in uno spazio esiguo?
Illya ne ebbe risposta quando raggiunsero una delle tante cappelle presenti: tre quadri ad osservarsi a vicenda e poco vicino, voltandosi prudentemente, un sorriso divertito di Napoleon completava l’opera.
Non poteva essere paragonato ad un Caravaggio - troppo solare per i soggetti cupi dell’artista -, ma pensò accidentalmente che il viso del cowboy non sarebbe stato poi così male come modello di partenza.
«Allora, può rientrare nei canoni di un uomo sovietico?»
Lo trattava come un ignorante, ma Illya conosceva la pittura più di quanto l’altro si aspettasse; ammetteva che Solo doveva avere una certa esperienza - considerando il suo passato -, ma nessuno al mondo sarebbe stato capace di rimanere indifferente davanti a dei capolavori.
Anche un animo freddo come il suo percepiva la bellezza - forse con eccessivo tecnicismo, ma poteva vederla.
«Sì.»
Rispose semplicemente, non sapendo cosa altro aggiungere per scacciare la spavalderia eccessiva dell’altro; non voleva dargliela vinta, ma si ritrovava in una situazione difficile e non aveva altre scappatoie.
Il suo viso si fece scuro e Napoleon capì di aver fatto centro - era sempre così, il silenzio era un’arma a doppio taglio tra di loro.

«Un eccellente artista, come uomo non si può dire lo stesso, parlando in una prospettiva religiosa.»
Illya lo trovò un commento fuori luogo, persino troppo stupido per un uomo che diceva di intendersene di arte; una persona superficiale o eccessivamente curiosa si sarebbe soffermata sugli aspetti privati del pittore, ma Illya non li conosceva e poco gli importava.
Michelangelo Merisi sapeva stupire con le proprie luci e ombre, il resto, quindi, il sovietico lo lasciava agli amanti di un misero spettegolare.
«Il giudizio religioso poco conta, la Chiesa è cieca davanti al mondo.»
I quadri erano ancora lì, ad adornare le pareti di un luogo - per alcuni - sacro; Caravaggio poteva essere un criticabile essere umano, ma la sua tecnica era infallibile - aspetto che ben più contava agli occhi attenti di Illya.
E anche gli uomini del suo tempo e successivo dovevano essersene resi conto; l’artista valeva per ciò che faceva, non per le scelte di vita, per quanto dubbie potessero essere.
«Lo credo anche io, a dire il vero. Trovo solo divertente che un fuggitivo, macchiato di delitti, presunto omosessuale, abbia un suo spazio in un posto come questo. Forse la nostra epoca è più bigotta della loro.»
Le nuovi informazioni posero Illya davanti ad un teorico bivio: poteva contraddirsi, mostrando stupore nel rendersi conto che un uomo corrotto potesse essere così abile nel dipingere, ma il buon senso gli suggeriva ciò che già prima aveva affermato.
Reputava Caravaggio un ottimo pittore, questo gli sembrava sufficiente.
Non concordava neppure con le parole di Napoleon, ma aveva notato il suo sguardo posarsi sul proprio viso - un’attenzione che non si era lasciata sfuggire il dibattito interno del sovietico.
Solo lo aveva sfidato, voleva dimostrare che - come molti altri - anche il suo giudizio razionale si sarebbe piegato davanti alla morale ferreo del comunismo, come per altri valeva quella religiosa.
Un assassinio, l’omosessualità - erano temi scabrosi nella lontana Unione Sovietica, ma il discorso creato dall’americano era così privo di fondamento da non meritare nessun dibattito profondo.
«Una devianza sessuale non cambia un lavoro perfetto.»
«Lo penseresti anche per una spia?»
Una domanda lecita, ma che si allontanava di molto dalla loro conversazione iniziale; le epoche che dividevano la storia moderna da quella attuale erano molte e, anche Napoleon doveva saperlo, il mondo era cambiato da allora.
Rivoluzioni, guerre, trattati - anche gli uomini e i costumi avevano seguito l’inevitabile trascorrere del tempo.
«Sarebbe una scelta sconvenevole. E comunque, si tratta di un prodotto della società borghese.»
L’americano si limitò a sorridere divertito; aveva ben compreso il tentennare del collega - un uomo integro, così si sarebbe definito - che trovava ignobile anche solo pronunciare la parola “omosessualità” in pubblico.
Forse non aveva un animo così vigoroso come lasciava spesso intendere.

«Per alcuni è un dio, per altri uno stato. Non credo che la tua cecità sia tanto diversa da quella religiosa che tu vai razionalmente criticando.»
Napoleon non diede tempo all’altro per rispondere; aveva già concluso la discussione e, effettivamente, il piacere della vittoria si avvicinava di molto alla sensazione che provava nell’osservare una sublime arte.

Si allontanò a passo svelto, il portone si richiuse e una noiosa litania fu l’unico suono rimasto a riecheggiare nella Chiesa.
Fronzoli dorati e bianchissimo marmo ostacolarono la vista di Illya e, preso da un fremere incontrollabile, maledisse rumorosamente l’americano.
I fedeli si fermarono davanti al suo nervosismo.
Poco importava, non temeva nessun giudizio divino.






 
  
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