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Autore: fotone    15/10/2018    0 recensioni
Giada cammina fino ad un parco giochi, dove si siede. Ad un certo punto, arriva uno strano ma affascinante ragazzo grunge, che si rivela essere un suo amico di infanzia. Mentre parlano, Giada si sente riempita da sentimenti di attrazione, per questo suo amico, e, disgustata, sente il bisogno di andarsene. Mentre tornerà a casa, succederà qualcosa di totalmente inaspettato, a questa ragazza.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Cammino per le strade vuote, fredde, in cui l'inverno si sta gettando violento e inesorabile. Arrivo al parco giochi, non so cosa mi abbia spinto fino a qui, forse il semplice e mero bisogno di uscire da quella casa maledetta, piena di urla e litigi, forse l'umano desiderio di cercare... qualcosa. Qualcosa che dia un senso a tutto. Mi siedo sull'altalena, continuando ad ignorare cosa guidi le mie azioni. Rimango seduta per circa mezz'ora, immobile, mentre guardo le auto che mi passavo davanti e scorrono dalla mia destra alla mia sinistra, mentre penso alle parole della professoressa di fisica riguardo le particelle elementari e alle parole della mia amica Amanda riguardo il suo ex ragazzo. Io non ho mai avuto un ragazzo. All'improvviso, un ragazzo si avvicina al parco giochi, fumando una sigaretta. Ha gli occhi lucidi, rossi. Si siede su una panchina e guarda il vuoto. Io lo osservo. Ha vestiti neri, un piercing al naso e un tatuaggio di una croce sulla mano. Incrocia il mio sguardo e mi guarda con le sopracciglia corrugate per alcuni secondi. "Chi sei?" "Mi chiamo Giada, piacere." "Piacere Giada, sono Francesco." Rimane un momento in silenzio mentre mi guarda, con le sopracciglia ancora più corrugate, mentre pensa. "Aspetta... Giada? Giada Ravasi?" Annuisco, e lui si presenta come Francesco Giussani, il mio compagno delle elementari, il mio migliore amico d'infanzia. "Caspita, Giada, che bello incontrarti... Vengo qui spesso, ma non ti ho mai vista. Perché sei qui, oggi?" "Non lo so..." "Non lo sai?" mi chiede, sorpreso. "No, non lo so. Tu come mai sei qui?" "Avevo bisogno di un po' di solitudine per fumarmi una sigaretta in pace e tranquillità. Ho litigato con la mia ex." "Oh, mi dispiace... preferisci ti lasci solo?" gli domando. "No, non preoccuparti... magari puoi aiutarmi a distrarmi. Cosa mi racconti?" "Non ho molto da raccontarti... non ho idea di che università sceglierò e i miei genitori continuano ancora a litigare come facevano quand'ero bambina. Tu, che mi racconti di nuovo?" "Ho stretto amicizie particolari, che mi hanno portato a provare le sigarette e le canne. Oltre che la droga peggiore di tutte, Veronica. Credo che quella ragazza mi abbia rovinato la vita, senza cambiarla particolarmente, con i suoi sbalzi d'umore e il suo egocentrismo. Il nostro tira e molla sta andando avanti da anni, questa volta mi ha lasciato per il bisogno di trovare se stessa - qualunque cosa ciò voglia dire - e, onestamente, non ho più pazienza per le sue continue indecisioni." Annuisco, e mi siedo vicino a lui. Non so perché, mi tornano in mente i bei momenti in cui, da bambini, giocavamo ad essere moglie e marito. Ho sempre pensato che lo avrei sposato. Guardo le sue belle labbra definite, i suoi zigomi bellissimi, da toccare, e la sua mascella squadrata. Decido di lasciar perdere questi pensieri ridicoli. Cos'è questa, Giada? Attrazione verso un pezzo di carne idoneo alla procreazione? Nostalgia per il tuo "marito" di un tempo? Vuoi trasformare un'amicizia storica in un patetico e vuoto scambio di liquidi? Mani che accarezzano i corpi... Che toccano i corpi... Lingue che si intrecciano... Scuoto la testa, disgustata dalla natura superficiale e carnale di questi pensieri. Mi chiedo cosa mi prende. Mi alzo, sospirando, e gli dico che devo andare a casa. Si alza anche lui, guardandomi con quei suoi profondi occhi marroni-verdi, e si offre di accompagnarmi. Non gli dico di lasciarmi in pace solamente perché non saprei spiegare la ragione senza accennare a lingue che si intrecciano e mani che esplorano le intimità dell'altro. Cammino, disprezzando la superficialità dei miei impulsi. E i miei profondi desideri di amore? Io non voglio essere un pezzo di carne che si incastra con un altro. Decido di allontanare i pensieri cattivi parlando al mio vecchio amico di quanto voglio quello che aveva - credo - lui con Veronica. "Invidio particolarmente chi, come te, ha avuto esperienze con un altro essere umano. Specialmente in questa stagione: lo scricchiolare delle foglie secche sotto i miei piedi e le lunghe giornate di pioggia mi fanno desiderare una persona con cui trascorrere i pomeriggi, sdraiati sotto le coperte, senza fare l'amore, semplicemente abbracciati. Mi mancano gli abbracci, mi mancano i baci, che nella mia vita ho dato solo a persone senza importanza, a sciocche festicciole in cui si beveva tanto. Voglio la tiepida confidenza di un dolce e calmo amore che mi tenga caldo nei lunghi inverni che si susseguono." dico, soddisfatta delle mie parole: concentrandomi su questa parte di me, posso sentire la mia carne che si spegne, che si distrae. Gli abbracci, in fondo, sono per me più significativi dei baci e dei preliminari. "... Caspita, Giada. Sei diventata molto profonda, dalle elementari. Hai descritto tutto ciò che non sono mai riuscito a creare con Veronica. Lei era solo baci e belle curve, solo capelli neri come la pece e labbra rosse come le fragole. Era una splendida modella che, forse, non ho mai amato veramente." mi dice Francesco ed io lo guardo basita. Do sempre per scontato che le persone fidanzate si sentano come io vorrei sentirmi... la sua storia è stata forse solo mesi, anni di un triste susseguirsi che io ho avuto poco fa, e dai quali sono stata disgustata? Rimango sconvolta. Non so cosa dirgli, ma lui prende le mie mani. Io lo guardo confusa, mi irrigidisco. Lui, probabilmente, percepisce la mia voglia di scappare e appare più indeciso. Ma io non volevo che questo malinteso si ergesse tra di noi: io ho paura di ciò che voglio, non ho paura di lui. Mi faccio coraggio e mi avvicino. Mi blocco qualche secondo, a pochi millimetri dalle sue labbra, e sento il suo respiro su di me. Sono sulle punte, alzata verso il suo viso. Piega lievemente la testa a destra e chiude gli occhi, dicendo: "Fanculo Veronica e i suoi maledetti occhi azzurri". Mi bacia. Posso perdonare questo innocente incrocio di carni.
   
 
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