Capitolo 26
Si ritrovò in una casa che conosceva bene. Mai
e poi mai si sarebbe scordata di quella catapecchia in cui aveva vissuto
con quell’uomo. Il suo padre adottivo,
come amavano chiamarli gli assistenti sociali, che mai si assicuravano che le famiglie
nelle quali venivano spediti i bambini, fossero composte da persone amorevoli.
A pagare le conseguenze di questa loro negligenza però, erano sempre i bambini.
Mai avrebbe scordato quella sera terribile che l’aveva resa un’assassina.
Un segreto che aveva promesso a se stessa di
non rivelare mai a nessuno. Mai. Poi non sapeva come, era riuscita a reprimere
il ricordo. Si dice che spesso la memoria cancelli gli eventi traumatici, ma
quell’avventura le aveva fatto tornare tutto alla memoria, in una maniera così
nitida che le sembrava di avere appena vissuto quella orribile esperienza.
Emma sapeva di trovarsi in un sogno e sapeva
anche di non avere più quattordici anni, ma ritrovandosi circondata dallo
stesso ambiente, la faceva sentire allo
stesso modo di allora. Spaventata, perché lei sapeva che tipo di persona era il
suo padre adottivo.
Sentì dei forti colpi alla sua porta. L’aveva
chiusa a chiave per tenere lontano il padre adottivo, ma stava avendo l’effetto
di farlo arrabbiare di più.
I colpi
divennero più forti, facendole capire che ora stava prendendo la porta a
spallate e questa ci avrebbe messo poco a rompersi. Emma sapeva cosa sarebbe
successo da li a poco.
Il suo respiro cominciò a mancarle, a causa di
un attacco di panico.
Snow
e Regina vennero svegliate da dei lamenti e dall’agitazione di Emma.
Provarono a svegliarla in diversi modi.
Scuotendola, dandole dei leggeri colpetti, con la magia, ma niente. non si
voleva svegliare.
Lo fece da sola qualche minuto dopo, sebbene
entrambe le donne potevano vedere che non fosse ancora del tutto lucida.
Si mise di scatto a sedere e inizialmente non
comprese dove si trovasse.
Si spaventò quando sentì il tocco di qualcuno e
si sposto all’indietro spaventata.
“Non mi toccare!” urlò, con i capelli spettinati
che le venivano davanti.
Quell’urlo svegliò anche le bambine, che la
guardavano spaventate.
Regina andò a tranquillizzarle bambine e divise
la tenda a metà con un muro invisibile, in modo tale da insonorizzare la parte
delle piccole creando anche un immagine tranquillizzante, che aiutasse
nuovamente le bambine a riposare.
Nel frattempo Snow
cercava di calmare Emma, la quale continuava ad allontanarla.
“Non mi toccare, lasciami andare!” Disse nuovamente agitata.
Fu subito chiaro alle donne che non stava
parlando con Snow, ma con qualcuno del suo sogno e
purtroppo riuscivano a immaginare chi potesse essere.
Snow
si morse il labbro, ma poi in modo deciso diede uno schiaffo alla figlia, la
quale rimase scombussolata per qualche istante, poi portandosi una mano alla
guancia, si guardò nuovamente intorno. I tratti del suo incubo erano
completamente spariti. Non vedeva più quelle pareti e non sentiva più il tocco
rude, di quelle mani callose e screpolate del “padre”.
“Mamma!” disse in un sussurro, guardandola
dispiaciuta e cercando di trattenere le lacrime.
“Si, sono io tesoro. Va tutto bene, sei al
sicuro!” le disse Snow, accarezzandole il volto.
Emma annuì, ma non amava farsi vedere il quelle
condizioni da sua madre, né da nessun altro che non fosse Killian
e per questa ragione, si alzò dicendo “Ho bisogno di prendere una boccata
d’aria!”
“Emma, aspetta!” disse Snow,
non tanto vogliosa di lasciare la figlia da sola, sconvolta.
Non che temesse che facesse qualche cavolata,
ma voleva essere presente per lei una volta tanto.
Regina le seguì, ma mantenne le distanze.
Quello era un momento madre e figlia e tenne lontano anche Killian
e David, che erano stati svegliati dal trambsuto.
Emma si andò a sedere vicino al fuoco. L’aria
era fresca e il tempore del fuoco era piuttosto piacevole. Guardava al suo
interno ma la sua mente era altrove.
Sussultò quando sentì nuovamente un tocco, ma questa volta comprese
quasi subito che il tocco era gentile e che apparteneva a sua madre.
“Hai voglia di raccontarmi di questo sogno?”
chiese Snow, ma Emma stette in silenzio.
“Emma, sono tua madre solamente da pochissimi
anni se paragonati alla tua intera esistenza e non ci sono stata quando avevi
più bisogno di me e voglio essere almeno presente ora. Se il tuo passato ti
perseguita, voglio esserti di aiuto e…”
“Lo so…lo so che vuoi aiutarmi, ma con tutta
sincerità mamma, non so come tu possa farlo!” disse Emma non guardandola negli
occhi, ma fissando le sue mani. “Immagino che tu abbia sognato quell’uomo.
Quello che avrebbe dovuto essere tuo padre e donarti amore incondizionato e che
invece ha lasciato una macchia indelebile nella tua mente e nel tuo cuore!”
affermò Snow e vedendo Emma che non la contraddiceva,
fu solo una conferma alle sue parole.
“Vorrei poter cancellare tutto il tuo dolore,
ma non posso e mi dispiace tanto e mi dispiace tanto che tu abbia dovuto
passare attraverso cose orrende, ma…non importa quello che è successo, tu sei
una persona fantastica e io e tuo padre ti ameremo sempre e…”
Emma sorrise “lo so mamma, lo so…me lo hai
ripetuto talmente tante volte, che ormai non posso più non crederci e che…il
mio cervello aveva dimenticato quanto successo all’epoca, cioè avevo dei
ricordi, ma erano assopiti, come se non fossero veramente miei. Credo che fosse
il modo in cui la mente mi abbia protetta, ma ora…quell’ombra ha fatto tornare
tutto a galla e…anche i sentimenti che ho provato per te e papà e…”
“Ti senti in colpa!” disse Snow.
Emma annuì “Si e mi sento in colpa. Avevo
dimenticato quanto vi ho detestati. Anche dopo aver capito chi foste e perché
mi avevate abbandonato. Poi quando ho cominciato ad abituarmi all’idea che
qualcuno potesse veramente amarmi per chi sono e non per opportunità o solo per
finta, quei sentimenti sono scomparsi, fino a pochi giorni fa, dove tutto è
tornato a galla. Quando avevo l’aspetto di una ragazzina e non ricordavo chi
fossi da adulta, vi ho odiato con tutta me stessa. Ho sempre sperato che un
giorno cambiaste idea e veniste a cercarmi, ma mai come quella volta ho
desiderato che mi salvaste. Speravo che da un momento all’altro la porta di
casa venisse spalancata e che mi portaste via dalle grinfie di quell’uomo. Quella
porta invece è rimasta chiusa. Non mi avete salvato e vi ho odiato come non
mai. Per questo vi ho allontanato. Non siete mai venuti a salvarmi ogni volta
che ne avevo bisogno e dopo quel giorno, ho smesso di sperare e mi sono
rassegnata. Non mi avevate voluto e io non volevo più voi. Volevo farvela
pagare e per questo vi ho allontanato, ma allo stesso tempo avevo così bisogno
di credere che quanto mi dicessero Killian e Regina
sulla mia vita di adesso, che mi sono aggrappata all’idea che potessi essere
felice, ma mi piaceva l’idea di avere finalmente una famiglia…la mia famiglia,
che non includeva né te, né papà. Non volevo niente a che fare con voi e una
parte di me, voleva tornare grande solo perché così voi non potevate reclamare alcun diritto su di me!”
Snow
si morse il labbro. Quelle parole erano dolorose, ma comprendeva “Emma, non
devi preoccuparti dei tuoi sentimenti. Io e tuo padre capiamo il motivo del tuo
comportamento!”.
“Ho letto il dolore nei vostri occhi quando vi
ho allontanato. Vi ho ferito e io ero contenta di esserci riuscita e avrei
voluto farvi molto di più per quello che ho dovuto passare con quell’uomo e per
avermi fatto trovare in una situazione che mi ha costretto ad uccidere una
persona!” disse Emma guardandosi le mani nuovamente. Avendo rivissuto quel
momento poco prima durante il sonno.
Snow
aveva ormai le lacrime agli occhi “Lo hai fatto per legittima difesa Emma!”
“questo non aiuta a stare meglio. Non mi ha
fatto stare meglio questa ragione quando ho ucciso Crudelia
per salvare Henry. Qualunque sia la motivazione, ho sempre spezzato delle
vite!”
“Quell’uomo ti avrebbe ucciso molto
probabilmente!” disse Snow “Dovevi fare qualcosa!”
“Questo non cambia come mi sento. Sono
arrabbiata con te e papà per avermi
abbandonata e con Regina per aver causato la maledizione che vi ha portato ad
abbandonarmi. E sono ancora più arrabbiata con me stessa di questi pensieri
perché senza tutto questo non avrei avuto Henry, non avrei conosciuto Killian e non avrei Alice. Cosa c’è di sbagliato in me?
Perché nonostante tutto quello che ho, non riesco a esserne mai felice a
pieno?” disse Emma scoppiando poi a piangere, dopo tutti i tentativi di
controllare i suoi sentimenti.
Improvvisamente si sentì cingere da forti
braccia alle quali lei si aggrappò fortemente.
“Non c’è niente di sbagliato in te Emma. Non è
sbagliato quello che provi. È normale desiderare crescere con l’amore di una
famiglia. Questa sarà sempre una cosa che ti mancherà e non devi sentirti in
colpa se desideri aver avuto qualcosa di meglio, anche se avrebbe potuto
portare a una vita diversa. Killian capisce e anche
Henry non ti farebbe una colpa. Tutti vogliamo il meglio per te Emma e te lo
ripeteremo fino alla nausea. E se hai voglia di arrabbiarti con me e tua madre,
fallo. Urla, scalpita, se ne senti il bisogno gridaci il tuo risentimento verso
di noi. Saremo qui ad ascoltarti, tesoro!”
Emma prese a piangere più forte nell’incavo del
collo del padre.
David le accarezzava la schiena, mentre Emma
esternava tutto il suo dolore sulla sua maglia. Le dava dei leggeri baci sulla
testa, mentre Snow le lisciava i capelli, mentre le
sussurrava delle parole dolci. Ad un certo punto Snow
prese a cantare una canzoncina che Emma riconobbe subito. Era la canzone che
cantava sua madre a suo fratello di tanto in tanto e la prima volta che l’aveva
sentita, le disse che quella era la canzone che le cantava sua madre quando era
una bambina per farla addormentare e che avrebbe tanto voluto cantare a lei una
volta nata. Snow non aveva mai potuto cantargliela ed
Emma non aveva mai avuto occasione di sentirla, non per se stessa almeno.
In quel momento le sembrava di essere una
bambina di cinque anni, che cercava conforto dai suoi genitori e provò una
sensazione bellissima che non aveva mai sentito. Un senso di sicurezza non
paragonabile a niente altro.
Si sentiva al sicuro tra le braccia di Killian, ma era una cosa diversa, perché lui riusciva a
infonderle coraggio, a farle passare la paura, ma qualunque fosse il motivo per
cui sentisse il bisogno dell’abbraccio di Killian,
era qualcosa che doveva risolvere lei. Tra i suoi genitori, invece, era come se
non doveva preoccuparsi di nulla perché in quanto figlia, avrebbero pensato
loro a risolvere qualsiasi problema. Si domandò se anche Alice si sentisse in
quel modo, quando lei e Killian la coccolavano e la
mettevano a dormire.
Lo sperava vivamente e sperò che fosse la
stessa cosa che Henry aveva provato da bambino, anche se non grazie a lei.
David sorrise a Snow.
Aveva sempre sperato di vivere un momento del genere con la sua bambina. Di
rassicurarla e di prendere sulle sue spalle quello che la preoccupava. Sapeva
che non era proprio così, non poteva cancellare quanto aveva passato, ma per
quella sera, lei non doveva preoccuparsi di quello che provava.
Snow
si sentiva allo stesso modo. Provava una gioia nel cuore nel sentire Emma
aprirsi così tanto a loro e nell’aver cercato il loro amore e di averlo
accettato senza muri che la proteggessero ancora. Guardava la sua bambina tra
le braccia del padre, mentre ancora le spazzolava i capelli e sorrise a David
felice, quando vide che si era addormentata.
Entrambi avevano paura di muoversi. Non
volevano che quel momento svanisse, ma allo stesso tempo non volevano che
l’indomani Emma si svegliasse con un mal di schiena assurdo.
Snow
si alzò a malincuore e David, con molta cautela fece lo stesso, mentre la
prendeva in braccio in stile sposa.
Killian fece un passo avanti per aiutare il suocero, ma Snow
con un segno della mano e della testa, gli fece comprendere che tutto era sotto
controllo.
Il pirata annuì e sorrise. Sapendo che Emma
aveva sempre desiderato un momento del genere. Cosa che lui, anche se secoli
prima e proprio in giovane età, aveva ricevuto.