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Autore: Gatto1967    22/10/2018    3 recensioni
Nelle fanfic a lei dedicate, spesso ci chiediamo: come sarebbe stata la storia di Candy se quell'evento fosse andato in un modo anziché in quell'altro? è la classica "what if" che ha dato vita a innumerevoli storie.
E se ci chiedessimo: come sarebbe stata la vita dei personaggi a lei vicini e sui quali la sua presenza ha indubbiamente influito?
Come avrebbe influito la sua assenza?
Provo a dare una risposta sommaria in questa "tristissima" one-shot.
Vi avviso: non è molto allegra, anzi.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: William Albert Andrew
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: questa storia è una fan fiction che riprende l'opera originale di Kyoko Mizuki, i cui diritti d'autore sono detenuti da autrice e casa editrice. Non ho diritti sui personaggi ne tanto meno sulla storia originale che vado a modificare. Non c'è scopo di lucro in questa mia storia, per tanto non lede ai diritti d'autore.
 


Lakewood
 
Albert sedeva esausto e sconsolato accanto al corpicino esanime di quella bambina. Le aveva provate tutte per salvarla dopo averla tirata fuori dall’acqua di quella cascata, ma non c’era stato niente da fare: Essere caduta da quella cascata l’aveva uccisa sul colpo.
-Perdonami piccola- gli venne da sussurrare dopo essersi girato verso di lei.
Era un pensiero sbagliato, lui non aveva nessuna colpa dell’accaduto, anzi aveva tentato l’impossibile per salvarla.
La guardò bene, i suoi lineamenti sembravano distesi, come se dormisse. Non sembrava esprimere sofferenza, ma solo una grande tristezza.
Come poteva una bambina di quell’età essere morta in quel modo assurdo? Cosa ci faceva di notte, da sola, su una barca alla deriva nelle rapide?
Il suo viso le sembrava familiare, come se l’avesse vista già da qualche altra parte, ma dove?
 
Quei capelli biondi raccolti in due codini ai lati della testa… dove li aveva già visti?
All’improvviso ricordò, e il ricordo lo travolse come un treno in corsa.
La collina con il grande albero, l’orfanotrofio ai suoi piedi, la bambina che piangeva da sola vicino al grande albero.
Lui era lì, con il suo costume scozzese, e si era avvicinato alla bambina. Le aveva parlato, appena poche parole che avevano suscitato il riso infantile di quella povera bambina che ora giaceva lì ai suoi piedi.
Non aveva dato gran peso a quell’episodio ma ora il realizzare che forse quelle risate avevano costituito uno dei momenti più felici nella breve vita di quella bambina, gli fece montare un groppo in gola.
Anche lui aveva avuto un’infanzia difficile: aveva perso i genitori quando era molto piccolo, e poi anche la sua amata sorella l’aveva lasciato.
Era anche lui un orfano, come quella sfortunata bambina, ma lui era ricco.
Che merito aveva lui nell’essere vivo, in forze e con la prospettiva di una vita agiata?
Che colpe aveva avuto quella bambina nell’essere povera e morta ancor prima di potersi affacciare alla vita?
Che colpe avevano migliaia di bambini come lei nell’essere nati dalla parte sbagliata di quel mondo sbagliato?
 
Una voce in lontananza lo distrasse dai suoi pensieri, quella voce chiamava un nome: “Candy!”
Si alzò voltandosi verso quella voce, e vide un ragazzo a cavallo che si dirigeva verso di lui. Lo riconobbe: era Anthony, il figlio di Rose.
Il ragazzo fermò il cavallo a pochi metri da lui e scese di sella precipitandosi sul corpo della bambina.
-Candy! Candy!-
La sua voce era rotta dal pianto, aveva perfettamente capito come stavano le cose, ma continuava a chiamare la sua piccola amica scuotendole le spalle. Infine si riversò su di lei singhiozzando disperato.
Un doppio scalpitio di zoccoli risuonò dietro ad Albert, erano Archie e Stear, i cugini di Anthony.
Anche loro scesero precipitosamente dai loro cavalli e si avvicinarono al cugino.
-è morta!- li gelò lui –Candy è morta!-
Archie e Stear rimasero come impietriti e iniziarono a piangere.
-Mi dispiace ragazzi.- disse loro Albert. –è precipitata dalla cascata con una barca. Ho provato a salvarla ma dev’essere morta sul colpo. Mi dispiace veramente tanto…-
-E tu chi sei?- chiese Anthony alzandosi. La sua faccia era congestionata dal pianto.
Albert sembrò esitare. Ricordava molto bene le promesse fatte a suo tempo alla zia Elroy, si era impegnato a mantenere il segreto sulla sua reale identità. Ma in quel momento non si sentì di assecondare le assurde paturnie di sua zia: al diavolo l’onore e la rispettabilità degli Andrew! Era stanco di tante bugie!
 
-Sono il fratello di tua madre Anthony, io sono lo zio William!-
 
Chicago, Molti anni dopo
 
Seduto nel suo ufficio, William Albert Andrew, si apprestava a concludere una lunga e faticosa giornata di lavoro. Essere il presidente della banca di Chicago era faticoso, ma ora che la zia Elroy era morta, toccava a lui farsi carico per intero delle attività familiari.
Si alzò dalla scrivania e andò alla finestra. Sotto di lui il traffico di Chicago sembrava scorrere regolare.
Accese la radio, era l’ora del notiziario.
-In Germania Adolf Hitler diventa cancelliere.-
Ci mancava solo questa, pensò Albert contrariato, Dio non voglia che scoppi un’altra Grande Guerra.
Nel corso della Grande Guerra era morto Stear, uno dei suoi amati nipoti, e il ricordo lo tormentava ancora.
Stear, pensò con un sorriso amaro, le sue strampalate invenzioni che non funzionavano mai, la sua passione per la meccanica, cosa sarebbe stato quel ragazzo se non fosse morto così prematuramente? Forse un genio del calibro di quel tedesco… Einstein gli sembrava di ricordare. Quanta vita sprecata, povero Stear… quanta vita non vissuta… povera Candy…
Perché gli era venuta in mente Candy?
Da quella terribile notte in cui quella povera bambina era morta sotto i suoi occhi, il suo ricordo, la sua immagine continuavano a tornargli in mente lasciandogli ogni volta una sensazione di amaro in bocca.
Non era rimorso, lui non aveva nessuna colpa di quello che era successo quella notte, le colpe erano tutte di quella dannata famiglia, i Legan.
Era piuttosto come un rimpianto, la sensazione di aver perso qualcosa. Con quella bambina aveva scambiato poche parole quel giorno lontano, sulla collina ai cui piedi sorgeva l’orfanotrofio che lui in seguito aveva aiutato e sovvenzionato, ma quelle parole, quella risata infantile, quell’espressione tristissima dipinta sul suo volto dalla fredda mano della morte, continuavano ad accompagnarlo.
 
Qualcuno bussò alla porta.
-Avanti.- rispose Albert e qualcuno entrò
-Ah, sei tu Anthony.-
-Che hai zio? Ti vedo strano.-
-Niente, ho avuto una giornata pesante.-
-Io devo andare, Dorothy mi aspetta!-
-Salutami tua moglie e i ragazzi Anthony.-
-Anche tu zio. Ci vediamo domani!-
Rimasto solo Albert sembrò perdersi nell’abisso delle memorie, i suoi genitori, Rose, la zia Elroy… Candy…
Perché continuava a pensare a quella bambina?
Reprimendo a fatica una lacrima prese il suo soprabito e lasciò la sua stanza per tornare a casa.
   
 
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