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Autore: Rebecca_lily    22/10/2018    14 recensioni
Una breve storia che descrive paure e timori di tre giovani in una notte di tempesta in una fattoria nella campagna di Sydney...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abel Butman, Arthur Butman, Georgie Gerald
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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D’un tratto il forte vento che aveva caratterizzato tutta la giornata cessò e i fulmini iniziarono a squarciare il cielo seguiti a breve distanza da tuoni roboanti che facevano tremare le pareti stesse della casa. Poi la pioggia, forte e battente come a squassare la natura circostante e a farsi strada nelle crepe e nelle fessure dei muri e dell’anima di chi, sveglio, osservava il buio, la luce e la furia degli elementi naturali alternarsi senza fiato. Arthur osservava in silenzio dal suo letto la magnificenza della natura e non si capacitava di come il fratello e sua madre riuscissero a dormire profondamente nonostante la tempesta che imperversava al di fuori delle finestre. Era, inoltre, tremendamente preoccupato per sua sorella Georgie che, da sempre, era terrorizzata dai tuoni e dai fulmini e che adesso, come da qualche anno a questa parte, non condivideva più la stanza da letto con loro, ma ne aveva una tutta per sé al di là del muro. Arthur ripensò impensierito al cassettone che la madre, anni fa, aveva posto a sigillo della distanza da tenere tra loro, quasi come se si trattasse di una pietra tombale. Una pietra tombale mirata a sopire tutte le sue angosce e tutte le sue preoccupazioni che quella fanciulla così bella e così diversa da loro portasse scompiglio nei cuori dei suoi amati ragazzi, soprattutto in quello di Abel, il figlio cocciuto e volitivo che metteva sempre a dura prova la sua pazienza. Ma un cassettone, sospirò Arthur, non avrebbe certo frenato i tumulti e gli ardori dei loro giovani cuori perché sì, anche lui, provava per la bionda ragazzina un sentimento non del tutto fraterno.
Decise che si sarebbe alzato e che avrebbe raggiunto la sorella per sapere se stava bene o se avesse bisogno di conforto quando sentì la porta della loro stanza cigolare e una figura, bionda e minuta, camminare furtiva cercando di fare il minor rumore possibile. Arthur la osservò, sembrava quasi eterea con i lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle e la veste da camera chiara che le arrivava quasi fino ai piedi. Fece per chiamarla quando si accorse che la ragazza si stava recando da suo fratello Abel, che stava continuando a dormire, ignaro di quanto stesse accadendo attorno a lui.
“Abel”, sussurrò piano Georgie, sfiorando delicatamente la mano del fratello. “Abel”, ripeté la ragazza, questa volta in maniera un po’ più forte e scuotendo, sempre con gentilezza, la sua mano. Il ragazzo aprì gli occhi e, ancora semi-dormiente, le rispose interrogativo: “Georgie, che ci fai qui?”. Un fulmine squarciò il cielo, illuminando quasi a giorno la stanza e fu allora che Abel comprese la situazione. Vide, infatti, la sorella con lo scialle addosso sopra la camicia da notte, i piedi scalzi, i capelli sciolti e bagnati e capì. Georgie aveva sempre avuto paura delle tempeste e quella notte ricordava così tanto l’infausta sera in cui sua madre aveva spostato l’allora bambina nella sua camera, una notte che aveva lasciato una traccia indelebile nella memoria di tutti loro. Abel si tirò su dal letto e Georgie, timidamente, gli chiese: “Posso dormire con te stanotte? Soltanto questa notte, te lo prometto”. Aveva lo sguardo basso e le spalle che leggermente le tremavano. Non voleva disturbare suo fratello, quel fratello a cui era tanto legata e che era divenuto così strano ultimamente, ma – spinta da una paura ancestrale – aveva seguito l’istinto e l’istinto l’aveva portata lì, accanto a quel letto, in quella notte di tempesta per cercare conforto.
Abel esitò dapprima, aveva paura ad averla così vicino a sé, paura che non sarebbe riuscito a trattenersi, paura che non sarebbe riuscito a nascondere i suoi sentimenti e, soprattutto, i suoi desideri. Georgie avvertì che qualcosa, nella sua richiesta, aveva messo in difficoltà il fratello e si sentì in colpa: aveva ragione la mamma, lei non sarebbe dovuta essere lì. Era grande ormai, doveva affrontare i pericoli e le difficoltà senza sempre ricorrere alla protezione dei suoi fratelli, soprattutto a quella di Abel. Perché le sembrava così sbagliato ricorrere alla sua di protezione, mentre, di fatto, si trovava lì accanto al suo letto? 
Abel vide la sorella abbassare lo sguardo con un’aria contrita e superò le sue titubanze. Alzò le coperte, facendole cenno di entrare. Georgie si sdraiò accanto a lui nel letto e, quasi immediatamente, si rilassò, lasciando andare tutte le preoccupazioni, tutta la tensione, tutta la paura grazie al calore e alla vicinanza di Abel. Cercò poi la sua mano e intrecciò le sue dita a quelle del fratello e si addormentò, finalmente serena, come se i tuoni, i fulmini e le tempeste non potessero più raggiungerla. Abel restò a guardarla, dapprima con un’espressione dolce ed amorevole, poi quando lei si addormentò, sul suo viso comparve il familiare tormento, dopodiché il ragazzo si distese accanto alla sorella. Arthur, che aveva osservato in silenzio tutta la scena, guardò con apprensione sia il volto del fratello sia la coppia che si era formata nel letto dinanzi a lui. Una coppia molto, troppo sbagliata…  
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