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Autore: DarkSoul001    22/10/2018    0 recensioni
“Sei un cacciatore”
la voce di Bobby era secca e con un tono di rabbia che non sfuggì all'altro.
“Non hai risposto alla mia domanda” rispose Argent sorridendo, ma non c'era niente di allegro nel suo sguardo. Entrambi gli uomini avevano ancora le armi puntate l'uno sull'altro, nessuno dei due accennava a dare un briciolo di fiducia o a fare la prima mossa per dimostrare le sue buone intenzioni.
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Bobby, Castiel, Claire Novak, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Cross-over | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Il sole stava sbucando all'orizzonte, mentre la luce filtrava dalla veneziana. Attraverso quei raggi si potevano vedere i granelli di polvere che volavano nella stanza, non abitata da troppo tempo. Ma non era in disordine. Ogni libro, ogni vestito, tutto era al suo posto, ma la sensazione di abbandono si percepiva ugualmente. A partite dalla polvere, che ricopriva ogni superficie.
Scott era ancora a letto. Nel suo letto. Erano settimane che non ci dormiva, ma in quel momento aveva bisogno di un posto familiare, caldo e confortevole. Per quanto quel bunker fosse ben organizzato non riusciva a sentirsi a suo agio come a casa sua. Ma la cosa più importante era che la sua casa era completamente deserta. Questo era il vero motivo per cui ci era andato.
Si girò in direzione opposta rispetto alla finestra, ma già sapeva che non avrebbe più chiuso occhio. Già era un miracolo che fosse riuscito a dormire quelle due ore scarse.
Il volto di Kira gli tornò improvvisamente davanti, come un fulmine a ciel sereno. Spalancò gli occhi, producendo un involontario ruggito sommesso. Non aveva pianto, non ci era riuscito, aveva gridato, aveva corso, si era sfogato in ogni modo possibile, ma le lacrime non accennavano ad arrivare. Si sentiva quasi in colpa a non averlo fatto, ma non poteva farci niente.
Si alzò velocemente dal letto, lanciando le coperte con violenza nella direzione opposta e andando in contro a brividi di freddo che lo svegliarono definitivamente. Aveva dormito vestito, ma indossava solo la maglietta. Recuperò la felpa, si mise le scarpe che aveva abbandonato in fianco al letto, non pensò nemmeno a mangiare ed uscì dalla casa. Si stava avviando al bunker. Gli altri si saranno preoccupati, pensò. Ma le sue gambe non collaboravano. Lo stavano portando nuovamente nel cuore della foresta, il più lontano possibile da tutti. La sua testa continuava a ripetergli di tornare indietro, che avevano del lavoro da fare. Dovevano trovare Bobby, dovevano uccidere l'Anuk-ite, e distruggere quel ridicolo club di cacciatori, ma ogni suo muscolo continuava imperterrito a trascinarlo lontano da tutto quello. Non era ancora pronto ad affrontare le sue responsabilità di capobranco, ad affrontare tutto quello che lo stava aspettando.
Stava camminando, cercando di distrarsi da quei pensieri, quando un rumore di passi lo fece per lui.
Si girò di scatto, tutti i sensi all'erta, mentre sentiva quella camminata tranquilla farsi sempre più vicina. No, non era tranquilla, era strascicata. I piedi si alzavano appena dal terreno, portando con loro foglie secche e ramoscelli. Scott si nascose, aspettando che l'uomo si avvicinasse. Rimase molto sorpreso quando vide avvicinarsi un ragazzo della sua scuola. Lo aveva visto in giro qualche volta, gli sembrava si chiamasse Aaron. Aveva la pelle scura, i capelli corti e corvini, il viso un po' paffuto. Generalmente il suo sguardo era simpatico e amichevole, in quel momento però sembrava glaciale. Ma non era quella la cosa che aveva sconvolto il lupo mannaro. Più il ragazzo si avvicinava, più una sensazione di puro terrore cresceva in lui. Si faceva sempre più piccolo, dietro alla roccia che usava come scudo per quella creatura. Tutti i suoi muscoli erano in tensione, il cuore aveva cominciato a battergli sempre più forte, tanto che il ragazzo aveva paura che l'altro potesse sentirlo.  Cercò di calmarsi, facendo respiri profondi, e sperando con tutto sé stesso che l'altro si allontanasse. Si rese conto però che quella poteva essere la sua unica occasione per catturarlo.  Mentre una piccola parte della sua mente stava pensando di attaccarlo alle spalle, tutto il resto di essa gli gridava a gran voce di scappare senza voltarsi indietro. Dovette recuperare tutta la forza di volontà che aveva in corpo per ignorare quel grido e uscire dal suo nascondiglio con le zanne ben visibili e gli occhi rossi fiammeggianti. Corse in direzione di quello che, ne era sicuro, era l'Anuk-ite, e gli si gettò addosso, conficcando gli artigli nella sua schiena, ruggendo ferocemente, più per far coraggio a sé stesso che per incutere timore. Il ragazzo emise un lamento soffocato, mentre si girava, cercando di colpire Scott, ma l'altro schivò il colpo, calciandolo allo stomaco e facendolo sbattere contro uno degli alberi dietro di lui.
Vedendolo a terra, si illuse che fosse finita, ma le palpitazioni del suo cuore gli impedivano di rilassarsi. Gli si avvicinò lentamente, pensando a come avrebbe fatto a portarlo al bunker, e solo quando gli fu abbastanza vicino da toccarlo, l'altro si sveglio improvvisamente, prendendolo alla caviglia e facendolo cadere a terra. I suoi occhi si erano illuminati di un colore indefinito fra l'azzurro e il viola, mentre si era buttato sul lupo mannaro, tenendolo a terra con la facilità con cui avrebbe tenuto un bambino.
Scott provò a divincolarsi dalla presa, ma il ragazzo gli si sedette sopra con tutto il suo peso, rendendo l'operazione impossibile.
“Dov'è?” la voce era roca e particolarmente bassa. La rabbia che trasmetteva era quasi palpabile.
Scott, per quanto cercasse di non darlo a vedere, era terrorizzato. Il cuore gli batteva a mille, la testa era invasa da troppi pensieri per fare un ragionamento logico
“DOV'E'?” quel mostro con le sembianze di Aaron portò una mano al collo dell'Alfa, cominciando a stringere con forza, mentre l'altro si dimenava in cerca di aria.
A quel punto l'istinto di sopravvivenza ebbe la meglio su Scott, che allungò la mano cercando di raggiungere un qualsiasi oggetto che gli permettesse di salvarsi la vita. I polmoni cominciavano a bruciargli, mentre il mondo diventava sempre più nero, quando infine riuscì ad afferrare qualcosa. Non sapeva cosa avesse fra le mani, ma la scagliò ugualmente alla testa dell'altro con tutta la forza che gli era rimasta. Quest'ultimo mollò la presa e il lupo mannaro sentì nuovamente l'ossigeno che entrava in circolo, fra un colpo di tosse e l'altro. Non perse nemmeno un secondo, si alzò e morse il ragazzo al collo, ancora con la vista appannata e coperta in parte da puntini neri. Sentì il sangue inondargli la bocca e colargli sul mento, per poi scendere fino al collo. Si allontanò da quella cosa, sentendosi svenire e cercando di far arrivare più aria possibile ai polmoni.
Non fece in tempo ad alzare lo sguardo che il suo assalitore era già di nuovo su di lui, il sangue che continuava ad uscire copioso dalla ferita. Lo colpì in faccia, era un semplice pugno ma la forza che quella cosa era in grado di sprigionare lo fece andare a tappeto. Cercò velocemente di alzarsi ma un calcio lo colpì allo stomaco, con ancora più forza di prima, tanto da fargli mancare il respiro per un secondo. L'Anuk-ite non si fermò, continuò a colpirlo ripetutamente. Sembrava aver abbandonato l'idea di interrogarlo su dove fosse la sua altra metà, cercando semplicemente di ucciderlo.
Scott sentiva i colpi dell'altro arrivare, senza perdere mai la loro potenza. Cercò di alzarsi più volte, ma inutilmente. L'ultima cosa che riuscì a sentire furono altri passi che si avvicinavano velocemente, prima di venire colpito nuovamente alla testa e perdere i sensi.
 
 
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“Aspetta... quindi Dio avrebbe una sorella?”
“Sì” la parola uscì accompagnata da un sospiro di esasperazione
“Ma... com'è possibile? Insomma se sono fratello e sorella significa che qualcuno deve aver creato anche loro, quindi Dio ha un padre?”
L'angelo appoggiò la testa alle mani, a loro volta appoggiate sulle ginocchia, ed emise un altro sospiro. Il gruppo che lo circondava e che restava affascinato dalle sue storie si era dileguato da ore ormai. Tutti tranne Stiles. Quel ragazzino era rimasto tanto esaltato quanto lo era al suo arrivo, e non accennava a calmarsi. I suoi occhi non lo avevano lasciato nemmeno per un secondo e, per quanto continuassero a parlare, non restava mai senza domande. Castiel lo aveva trovato interessante all'inizio, forse un po' invadente, ma pur sempre simpatico. Ora avrebbe voluto solo cucirgli la bocca.
“Non lo so, io sono stato creato dopo, come voi non posso sapere cosa ci fosse prima di me” disse queste parole con il volto ancora nascosto dalle sue mani, e una sensazione di spossatezza che aveva conosciuto solo quando aveva perso la sua grazia. Se ne fosse stato in grado si sarebbe messo a dormire.
Stiles continuava ad osservarlo e, nonostante lo stesse facendo da ore, solo in quel momento si rese conto dell'esaurimento che stava per avere l'altro.
Bene... sono riuscito a mettere k.o. un angelo solo con le parole. Potrei meritare un qualche tipo di medaglia per questo.
“Castiel...” chiamarlo per nome lo faceva sentire ancora un po' a disagio
“Sì?” l'altro alzò la testa, tenendo però lo sguardo fisso di fronte a sé
“Giuro che questa è l'ultima domanda...” questo avrebbe potuto farlo sentire meglio, se quella non fosse stata la milionesima volta che sentiva quella frase. Ma il tono di voce del ragazzo era molto più serio di prima, quasi malinconico, tanto che gli fece alzare gli occhi azzurri su di lui, notando che non lo stava più fissando in modo ossessivo, ma aveva spostato lo sguardo sul pavimento, le mani che si stavano torturando l'un l'altra
“Per caso hai visto mia madre lassù? Si chiama Claudia Stilinski...” il ragazzo non alzò lo sguardo, aspettò pazientemente una risposta.
Castiel si addolcì immediatamente, osservandolo quasi stupito dalla velocità con cui era passato ad un argomento così delicato. Forse tutte quelle domande e quello sproloquio erano servite solo a fargli trovare il coraggio di chiedergli questo.
“Claudia... sì me la ricordo. Penso che il suo paradiso fosse una casa, la vostra casa, con la sua famiglia”
Stiles alzò lo sguardo, trovandosi davanti quei due oceani azzurri che non lo avevano lasciato per un secondo. Sentiva gli occhi che stavano diventando lucidi e un nodo in gola che rischiava di tradirlo se avesse detto qualcosa. Si limitò ad annuire, sbattendo più volte le palpebre per far andare via quelle lacrime indesiderate, mentre l'altro gli metteva una mano sulla spalla, cercando di confortarlo come meglio poteva.
Vide il ragazzo passarsi velocemente il palmo delle mani sugli occhi, alzarsi di scatto, per poi guardarsi intorno confuso.
Tutti gli altri stavano già dormendo, da ore ormai, ma lui sembrò accorgersene solo in quel momento
“Che ore sono?”
“Penso le sei”
Stiles spalancò gli occhi, sentendosi improvvisamente in colpa ma l'angelo sorrideva.
Giusto, gli angeli non dormono.
“Be ormai è tardi per dormire, penso mi farò un caffè” dicendo questo si alzò, dirigendosi verso la cucina. Gli sembrava di essere più leggero, come se si fosse tolto un peso dal petto che non sapeva nemmeno di avere.
Castiel lo osservò, felice di essere riuscito a resistere. Alla fine è valsa la pena di sopportarlo. Portò involontariamente, o forse per abitudine, lo sguardo in direzione di Dean. Stava dormendo su una delle brandine, un braccio penzolante che poggiava sul pavimento, l’altro sotto al cuscino, che stava probabilmente impugnava la pistola. La coperta, se si poteva chiamare tale, non gli copriva nemmeno le spalle, e i piedi sbordavano all'esterno della brandina. Il viso era rilassato e sereno.
Cas non poté trattenere un sorriso. Era questo il vero motivo per cui lo guardava dormire. Era l'unico momento in cui sembrasse in pace. Gli piaceva vederlo così, lo faceva stare bene, perché sapeva che lui stava bene.
“Ne vuoi un po'?” la voce di Stiles, decisamente troppo alta per passare attraverso una stanza piena di persone addormentate, distrasse l'angelo dai suoi pensieri, riportandolo sulla terra ferma.
“Sì, grazie” si allontanò dalla sala principale, ma non prima di aver lanciato un'ultima occhiata al cacciatore.
 
 
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La sensazione di freddo lo colpì all'improvviso, come uno schiaffo. Sentì l'impatto, poi l'acqua che colava lentamente sul collo bagnandogli la maglietta. Sentì il familiare sapore metallico del sangue in bocca, e non poté evitare di sputarne una copiosa quantità
“Scott!”
Il lupo mannaro aprì lentamente gli occhi, ancora una volta accecato dalla luce del sole, molto più forte di quanto se la ricordasse. Dovette sbattere più volte le palpebre prima di riuscire a mettere a fuoco la figura di fronte a sé.
Si ritrovò con due occhi preoccupati che lo fissavano, erano verde scuro, tendenti al marrone, e due folte sopracciglia nere, accompagnate da una barba e capelli ordinati. La bocca era leggermente socchiusa, e una mano era sul suo braccio, mentre le vene diventavano sempre più scure e sempre più visibili, e il dolore che Scott provava in tutto il corpo cominciava ad affievolirsi.
“Derek?” la voce gli uscì molto più roca di quanto si aspettasse, solo dopo, toccandosi il collo, capì dal dolore che ne derivò che doveva essere ancora ferito, nonostante la sua guarigione soprannaturale.
“Ti ha conciato per le feste, he?” l'altro cominciò a sorridere, non appena vide che l'Alfa era sveglio e cosciente.
“Come sei arrivato?” parlare era particolarmente difficile, non riuscì a trattenere diversi colpi di tosse dicendo quella semplice frase. Fu estremamente grato all'altro quando gli diede una borraccia da cui bere.
“Mi hai mandato a chiamare tu, ricordi? Argent mi ha dato le coordinate per il bunker, mentre lui è andato a cercare Deucalion. Andando in quella direzione ho sentito il tuo ruggito, e a quanto pare sono arrivato appena in tempo” di nuovo quel sorriso spavaldo si fece largo sul suo volto, mentre Scott cercava inutilmente di alzarsi.
“Hey, piano tigre, ti ci vorrà ancora un po' per riprenderti”
“Perché non guarisco?”
“Perché sei stato picchiato da una creatura di cui nessuno di noi aveva ancora sentito parlare e che non sappiamo come uccidere?”
“Sì ma... mi ha praticamente solo preso a pugni...”
“Ripeto: è una creatura di cui non sappiamo nulla, sei fortunato ad essere vivo”
Scott alzò lo sguardo sull'altro, che gli stava nuovamente passando la borraccia
“Grazie”
“Figurati”
bevve un generoso sorso d'acqua, e questa volta, anche se con qualche sforzo, riuscì a mettersi seduto
“Cerca di rimetterti in fretta, dobbiamo raggiungere gli altri”
L'Alfa si bloccò improvvisamente. Se già prima voleva evitare qualsiasi contatto con il suo branco, ora la situazione era ancora peggio. Non solo avrebbe dovuto sopportare tutti i come stai? E i mi dispiace ma ci sarebbe stata anche la compassione e la preoccupazione per il suo stato fisico.
“No, io non andrò al bunker”
Derek abbassò lo sguardo verso di lui, la fronte corrugata, gli angoli della bocca che tendevano verso il basso.
“E dove vorresti andare?” nel dire questa frase una delle sopracciglia si alzò, quasi in senso di sfida.
Scott rimase spiazzato dalla domanda. Non gli aveva chiesto perché, non si era preoccupato, aveva semplicemente fatto notare l'ovvio. Cosa poteva fare se non tornarci?
Apprezzò questo lato del lupo, in quel momento era esattamente quello di cui aveva bisogno, ma la cosa non cambiava. Non aveva intenzione di tornare lì, o almeno non ancora.
“Non lo so, al momento me ne starò qui”
“Nella foresta? Con quel mostro che potrebbe tornare da un momento all'altro, o dei cacciatori che potrebbero ucciderti?”
quel sopracciglio era ancora alzato, e sulle labbra era tornato il suo sorriso derisorio.
“Non devi farmi da balia”
“Ti faccio notare che se non lo facessi saresti già morto”
Scott fece per rispondere, ma non seppe nemmeno lui cosa dire. Aveva ragione, se non fosse intervenuto probabilmente sarebbe morto.
“Intanto pensa a guarire, poi vedremo cosa fare”
 
 
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Sam si stava rigirando per l'ennesima volta. Aveva dormito pochissimo quella notte, anzi non era nemmeno sicuro di esserci riuscito completamente. Maledì mentalmente Bobby per aver preso delle brandine così piccole. Non aveva idea di quando avesse costruito quel posto, né se gli fosse mai tornato utile prima di allora, ma la sua stazza necessitava di un letto più grande, e la persona che considerava come un secondo padre avrebbe dovuto esserne al corrente.
Si mise seduto, sconsolato, e ormai senza speranze sentendo gli altri che si stavano lentamente svegliando e stavano cominciando a preparare la colazione. Si strofinò gli occhi, per poi passarsi una mano fra i lunghi capelli. Stava per alzarsi quando si vide arrivare una tazza di caffè fumante di fronte agli occhi. Alzò lo sguardo per incontrare il volto gentile del Dr. Deaton. Il cacciatore la prese, ringraziando il veterinario, che gli si sedette di fronte, con un cenno del capo. Il suo sguardo era ancora sognante, la rivelazione dell'esistenza degli angeli e del paradiso lo aveva fatto tornare speranzoso, e una gioia incontrollabile si era impossessata di lui. La sua curiosità scientifica era la sola cosa che lo teneva ancora con i piedi per terra.
Sam lo notò, ricordando il suo primo incontro con Castiel. Era così emozionato, così grato, così felice che tutte le sue preghiere fossero state effettivamente ascoltate da qualcuno. Solo per sentirsi dire che era il ragazzo col sangue di demone e che sarebbe stato destinato ad essere il tramite di Lucifero. Un brivido gli corse lungo la schiena a quel ricordo. Aveva imparato che non tutti gli angeli sono gentili e disponibili. Diavolo, la maggior parte sono dei coglioni, ma aveva anche imparato a conoscerne alcuni di buoni. Alcuni che provavano a fare la cosa giusta. Uno di questi era Castiel. Gli aveva salvati più di una volta e il cacciatore gliene sarebbe stato per sempre grato. Vedeva quanto ci tenesse a loro. E vedeva quanto ci tenesse a suo fratello. Un sorriso gli scappò dalle labbra, mentre beveva un sorso dell'amara bevanda scura, per poi rivolgersi a Deaton.
“Allora? Com'è stato conoscere un angelo?”
L'altro lo fissò come se la risposta fosse ovvia, la luce che illuminava quegli occhi scuri
“Io ne ho viste di cose nella vita, ma un angelo? Non avevo mai nemmeno osato sperarlo. Questo... ti fa vedere tutto sotto una nuova prospettiva...” la luce si spense improvvisamente, e il sorriso diventò quasi amareggiato. Sam corrugò la fronte.
“E ti fa chiedere se veramente esiste un Dio allora perché non ci ha mai mostrato alcun interesse?
La compassione si fece strada negli occhi del cacciatore, si mise una ciocca di capelli dietro l'orecchio, quasi a disagio dalla domanda. Chi era lui per parlare a nome di Dio? Certo lo aveva conosciuto ma non sapeva veramente perché avesse abbandonato gli esseri umani a sé stessi. Come del resto aveva fatto con gli angeli e con la sua stessa sorella. Certo qualcosa avrebbe potuto dirgli, ma la cosa lo metteva comunque a disagio
“Be... da quello che so era stanco di vederci fallire, e pensava che fosse arrivato il momento per noi di cavarcela da soli... Non so molto di più, mi dispiace...”
L'altro sorrise, sinceramente divertito
“Non mi aspettavo nemmeno di avere un'effettiva risposta a questa domanda” una piccola risata gli sfuggì dalle labbra “Wow, quindi anche tu hai parlato con...” fece una pausa, non poteva credere che una frase del genere stesse uscendo dalle sue labbra “...Dio?”
Sam sorrise a sua volta, visibilmente più rilassato
“Sì, ci ha dato una mano nel momento del bisogno” non volle aggiungere altro, non sapeva se Castiel avesse parlato loro anche di Amara, ma nel caso non lo avesse fatto riteneva fosse troppo rivelare una cosa del genere così alla leggera.
“E com'è?”
“Bé...” Sam non seppe bene da dove cominciare, tutto ciò che sapeva di Dio era che gli piaceva il bacon, il cibo cinese e che come padre non era stato proprio il massimo
“E'... molto più alla mano di quanto si immagini... preferiva che lo chiamassimo semplicemente Chuck, e ha vissuto fra gli esseri umani per molto tempo”
Deaton spalancò gli occhi, cercando di ricordare ogni persona con cui avesse mai avuto un'interazione e immaginandosi che avrebbe potuto essere Dio in persona
“Ora posso dire di averle sentite tutte” rispose, con un sorriso “E di te cosa mi dici? Il vostro amico è ancora disperso...”
Sam si rabbuiò, per poi far emergere un sorriso amareggiato
“Bobby se la sa cavare... lo troveremo, e prenderemo a calci chiunque abbia provato a fargli del male” lo sguardo sicuro e minaccioso fece quasi rabbrividire il veterinario
“Sei molto fiducioso”
“Ne abbiamo passate tante insieme, ho visto quell'uomo sopravvivere a molto peggio che a una manciata di cacciatori incazzati” Sam sorrise, perché a quelle parole ci credeva veramente. Nonostante avessero già setacciato la base di Gerard, sapeva che il vecchio cacciatore era tenuto da qualche parte, doveva essere così.
Deaton lo osservò attentamente, e la speranza e la sicurezza che gli lesse negli occhi gli fece spuntare un timido sorriso sulle labbra. Sapeva che avrebbe dovuto prepararlo al peggio, che Bobby probabilmente era già morto, ma non ce la fece. Non riuscì a spegnere quella luce che vedeva negli occhi dell'altro. Non voleva farlo.
Bevve un altro sorso di caffè, per poi portare la conversazione ad argomenti più leggeri.
 
 
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“Allora? Hai deciso cosa vuoi fare?” Derek e Scott stavano camminando in direzione del bunker. L'Alfa stava lentamente recuperando le forze, per lo meno tanto da riuscire a rimanere in piedi. Stavano comunque camminando lentamente anche per degli standard umani, ma la cosa non era dovuta unicamente al suo stato fisico
“E' la decima volta che me lo chiedi, la risposta è sempre la stessa”
“Nonostante questo, mi stai ancora seguendo” Derek sorrise, lanciando uno sguardo furtivo all'altro, che fece roteare gli occhi.
“Sei tu che stai seguendo me, volendo saresti già arrivato”
“Lo stesso vale per te”
Era vero. Non stava così male come voleva far credere, anche a sé stesso. Stava prendendo tempo. Una parte di lui avrebbe voluto tornare a casa, stare da solo e magari spaccare qualcosa. Un'altra parte, quella più responsabile, sapeva che doveva tornare dagli altri e aiutarli a risolvere la situazione. Avevano una squadra di cacciatori ben addestrata alle costole, una creatura molto più potente di qualsiasi cosa avessero mai affrontato che ancora non sapevano come eliminare, e un amico disperso, che nel migliore dei casi era stato fatto prigioniero. Non poteva abbandonarli, non poteva abbandonare il suo branco, eppure ogni fibra del suo corpo avrebbe voluto farlo. Stava cercando di convincersi, stava cercando di superare la perdita di Kira e andare avanti. Ma qualcosa glielo impediva.
“Io sono ferito, ricordi?”
“Puoi prendere in giro te stesso, Scott, ma non me”
Si sbagliava. Non riusciva a prendere in giro nemmeno sé stesso
“Senti, posso capire come ti senti, ma ora ci sono cose più importanti in ballo. Argent mi ha detto tutto riguardo all'Anuk-ite, tu devi-”
“Pensi che non lo sappia?!” sbottò l'altro improvvisamente, fermandosi per poter guardare l'altro negli occhi “So quello che dovrei fare. Loro sono il mio branco, spetta a me prendermi cura di loro! E' solo che...” la verità lo colpì come una doccia di acqua fredda. Non voleva stare lontano dagli altri, voleva che gli altri stessero lontani da lui.
Derek aspettò pazientemente che continuasse a parlare, lo sguardo serio e quasi preoccupato.
“Non sono riuscito a proteggerla...” le parole gli uscirono quasi come un sussurro, sentì una tenaglia stringergli il cuore e gli occhi che cominciavano a pungergli a causa delle lacrime che finalmente avevano avuto il coraggio di uscire allo scoperto.
“Io... non ero nemmeno con lei... avrei dovuto tenerla al sicuro... avrei dovuto...” il nodo che gli si formò in gola gli impedì di continuare. Abbassò lo sguardo sentendo di non riuscire più a trattenere le lacrime
“Non sono riuscito a salvarla, come non sono riuscito a salvare Allison... non sono un Alfa, sono solo uno stupido ragazzino con troppa gente che crede in lui” si sedette a terra, le lacrime che ormai uscivano copiose dagli occhi. Si portò le mani al volto, cercando di nasconderlo, o per lo meno di darsi un contegno. Odiava essere visto in questo stato, soprattutto da Derek, ma non riuscì ad evitarlo. A stento nascose i singhiozzi. All'improvviso sentì una mano poggiarglisi sulla spalla, alzò lo sguardo, il volto rigato di lacrime, incontrando gli occhi rassicuranti dell'altro.
“Non è stata colpa tua. Scott tu sei un Alfa. Non solo, tu sei il vero Alfa. Nessuno può essere più degno di te per guidare un branco”
“E se fallissi di nuovo?” la voce gli uscì quasi come un lamento, tanto che nemmeno lui la riconobbe come sua. Si schiarì la voce, cercando di darsi un contegno, e asciugandosi le lacrime dagli occhi “Se facessi morire qualcun altro?” nonostante la sua voce fosse tornata quella di prima, il suo sguardo era ancora in cerca di aiuto, di una risposta, della certezza che nessun altro dei suoi amici sarebbe morto.
Derek sospirò prima di parlare
“Essere il capo non è facile, lo so. Tutta la responsabilità grava su di te, ma rispondi a questa domanda: se tu ora li abbandonassi, ci abbandonassi, e uno di noi dovesse morire, la colpa non sarebbe ugualmente tua?”
Scott spalancò gli occhi a quella frase. Non ebbe il coraggio di rispondere. Abbassò lo sguardo, sentendosi pugnalare al cuore da quelle parole. Fece un respiro profondo, prima di alzarsi nuovamente in piedi.
“Allora? Che cosa stiamo aspettando? Il branco ha bisogno di noi” le guance erano ancora bagnate dalle lacrime, ma il suo solito mezzo sorriso era tornato sulle sue labbra. Derek sorrise a sua volta, alzandosi da terra e seguendo il suo capobranco.
 
 
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“Allora, ti sei divertito ad essere la diva del momento” si formò un sorriso divertito sul volto del cacciatore, mentre teneva una tazza fumante di caffè in mano, appoggiato al tavolo della cucina. Ne bevve un sorso, senza distogliere lo sguardo dall'angelo, i cui occhi si erano ridotti a due fessure minacciose
“Avresti potuto anche aiutarmi”
“E perché mai? Te la cavavi così bene” diede una pacca sulla spalla all'amico, facendo allargare sempre di più il sorriso sulle labbra.
Castiel, suo malgrado, sorrise. Non vedeva Dean così sereno da tempo, nonostante ci fosse comunque qualcosa, lo vedeva attraverso quei luminosi occhi verdi, che ormai conosceva anche troppo bene. Avrebbe voluto chiedergli scusa, ma quello che aveva fatto non si poteva risolvere così facilmente. Aveva permesso che il diavolo si impossessasse di lui, e lo aveva liberato nuovamente dalla gabbia. Pensava fosse la cosa migliore, pensava che fosse l'unico modo per uccidere Amara, ma sapeva che c'era un motivo più profondo. Non voleva ammetterlo nemmeno a sé stesso, ma sapeva bene il vero motivo per cui l'aveva fatto.
Continuava a fallire, ogni cosa facesse, ogni decisione che prendeva, lo portava solo a creare problemi o, peggio, a far del male agli unici due esseri umani ai quali avesse mai tenuto veramente. Si sentiva inutile, si sentiva indegno di essere chiamato angelo del Signore.
Aveva detto di sì a Lucifero perché pensava di essere sacrificabile e che, qualsiasi cosa sarebbe successa, avrebbe contribuito almeno in questo modo.
Ma aveva fallito di nuovo. Aveva deluso tutti. Aveva deluso Dean.
Il cacciatore lo stava ancora fissando, e Castiel aveva sostenuto il suo sguardo costantemente. Era bravo a nascondere ciò che pensava. O almeno così credeva
“Tutto bene?” il volto dell'altro si era fatto improvvisamente serio, quasi preoccupato. L'angelo non era l'unico in grado di leggere attraverso i suoi occhi.
“Dean... io...” non ci riusciva. Gli sembrava così ridicolo, così riduttivo chiedere semplicemente scusa per una cosa del genere. A quel punto fu quasi costretto a distogliere lo sguardo dall'altro. Avanzò lentamente, lasciandosi il cacciatore alle spalle, in cerca di quelle parole che fossero state in grado di esprimere quello che provava. Metatron aveva copiato nella sua memoria ogni libro e ogni film esistente sulla terra, ma in nessuno di essi l'angelo trovò qualcosa che lo aiutasse nell'impresa.
Dean nel frattempo stava per dare i numeri. Il cuore gli batteva all'impazzata, faceva quasi fatica a respirare, mentre la sua mascella diventava sempre più rigida. Rieccolo, il nervosismo che aveva provato prima di chiamare Castiel, ma in forma amplificata. Cosa doveva dirgli di così importante? Di così difficile da esprimere a parole?
L'attesa gli sembrava stesse durando ore, ma non voleva intervenire. Non avrebbe nemmeno saputo come farlo. Cercò di controllarsi, fece alcuni respiri profondi, senza dare troppo nell'occhio, continuando a fissare quei capelli corvini. Fece quasi un infarto quando l'altro finalmente parlò
“So perché non volevi chiamarmi” le parole uscirono quasi come un sospiro. Dean rimase sorpreso e sinceramente curioso, essendo che nemmeno lui aveva capito il perché, tuttavia il suo cuore cominciò a battere ancora più velocemente. Sembrava non averne più il controllarlo e la cosa cominciò quasi a spaventarlo. Non voleva parlare, aveva paura di come sarebbe uscita la sua voce, quindi si limitò ad aspettare che l'altro continuasse.
“Vi ho delusi. Vi ho delusi così tante volte che ormai non ne tengo più il conto. Ma questa è stata la cosa peggiore che potessi fare. Non ti biasimo se non vuoi nemmeno starmi vicino...” le parole uscivano dalle labbra di Castiel accompagnate da un senso di colpa tale da farle diventare pesanti come massi. Dean spalancò gli occhi, incredulo. Tutte le sue sensazioni incomprensibili passarono in secondo piano di fronte alla vulnerabilità e alla tristezza che percepiva nella voce dell'angelo.
L'altro non si girò, non voleva vedere il suo volto, sapeva che non sarebbe stato in grado di continuare.
“Volevo... Avevo bisogno di farvi avere una vittoria, ma quello che ho fatto... è imperdonabile, e per di più è stato tutto inutile. Io...” chiuse gli occhi per qualche secondo, facendo un respiro profondo prima di dire quelle due parole che, nonostante tutto, era inevitabile pronunciare
“Mi dispiace”
Ancora non riusciva a voltarsi. Il silenzio stava riempiendo la stanza e Castiel ebbe l'orribile tentazione di sparire, pur di evitare di vedere lo sguardo di delusione negli occhi di Dean.
Fu il cacciatore a doversi avvicinare. Aveva posato la tazza di caffè e si era messo di fronte all'angelo, una mano sulla sua spalla.
“Pensi davvero che possa incolparti per questo?” gli occhi blu dell'altro si spalancarono, sinceramente sorpresi dalla sua reazione
“Cas, tu hai fatto quello che hai fatto perché pensavi fosse l'unico modo, ed effettivamente non avevamo molte altre alternative”
“Ho rischiato di uccidervi”
“No, lui ha provato ad ucciderci, tu...” un sorriso si fece strada attraverso il volto preoccupato di Dean  “Tu sei stato il più coraggioso di tutti”
Castiel corrugò la fronte, schiudendo leggermente le labbra
“Quindi non sei... arrabbiato?”
“No” disse questa parola con il sorriso sulle labbra. Era un sorriso comprensivo, un sorriso che esprimeva più di mille parole. Un sorriso che contagiò anche l'altro, che non sembrò sollevato, piuttosto sembrò grato. Grato che Dean non fosse arrabbiato con lui, che non lo ritenesse un essere debole e inutile, come lui stesso pensava di sé.
“Grazie, Dean”
Quegli occhi azzurri, così penetranti, così pieni di potenza, in quel momento al cacciatore sembrarono quelli di un cucciolo a cui era stato concesso un premio.
Ormai conosceva Castiel. Sapeva che non era solo un soldato, non era solo un angelo del Signore, c'era molto di più in lui, ma in quel momento vide un suo lato che ancora non aveva conosciuto. Non avrebbe saputo dargli un nome, se non gratitudine. Ma non era solo questo, c'era qualcos'altro. Qualcosa che Dean non riusciva ad identificare. La cosa lo faceva impazzire, ma quello sguardo svanì, prima che riuscisse a decodificarlo. Le sopracciglia si corrugarono, e gli occhi si fecero più piccoli. Dean quasi si spaventò di quel cambiamento così repentino.
“Ma se non sei arrabbiato, allora perché non volevi che venissi?”
Eccola. La domanda che temeva sarebbe uscita dalle sue labbra. La domanda a cui nemmeno lui sapeva trovare una risposta. La domanda che fece ricominciare il suo cuore a battere a mille, e fece diventare la sua gola il deserto del Sahara.
Il cacciatore aprì e richiuse la bocca un paio di volte, per poi far passare la lingua sulle labbra, facendole poi sporgere leggermente, formando quelle due adorabili fossette ai lati della bocca.
Castiel continuava a fissarlo, facendo un passo verso di lui, e piegando leggermente la testa di lato.  Il cuore di Dean cominciò a battere ancora più velocemente, potendo quasi immaginare il contatto con il corpo dell'altro.
Quel pensiero gli fece fare un passo indietro, e un sorriso di puro nervosismo gli sputò sulle labbra.
A cosa diavolo stava pensando? Perché l'idea dell'altro così vicino a lui lo faceva andare in quello stato?
Cas rimase sorpreso, quasi ferito, dal suo allontanamento. Cosa c'era che lo turbava tanto da farlo indietreggiare? Avevano parlato più volte dello spazio personale, ma Dean non si era mai effettivamente allontanato da lui. Cosa era cambiato?
L'angelo aprì la bocca per chiederglielo, ma si distrasse improvvisamente. Il suo sguardo si staccò dagli occhi dell'altro, andando verso la direzione della porta del bunker, nonostante ci fosse un muro che ne impediva la visuale. Dean seguì il suo sguardo, confuso, per poi riportare gli occhi su quelli dell'angelo. Stava per chiedergli cosa stesse succedendo, ma l'altro lo precedette.
“Qualcuno si sta avvicinando al rifugio” con queste parole, ed un leggero battito d’ali, l'angelo scomparve, sotto gli occhi increduli e confusi del cacciatore.
Dean dovette sbattere le palpebre un paio di volte prima di rendersi conto di cosa fosse successo e fiondarsi nell'altra stanza, dove tutti erano ancora tranquilli e mezzi addormentati
“C'è qualcuno qui fuori” comunicò il cacciatore, a voce non troppo alta per non farsi sentire dagli eventuali aggressori.
Recuperò una pistola, imitato da suo fratello e da Theo, che ci aveva preso gusto con le armi da fuoco. Stiles afferrò la sua mazza, mentre il restante del branco fece uscire zanne e artigli, pronti ad attaccare.
Dean si stava avviando alla porta, quando Castiel si ripresentò, al centro della stanza, con ai suoi piedi due corpi svenuti, un ragazzo dai capelli corvini, e un uomo dalla barba folta e il volto quasi imbronciato.
Gli occhi di tutti si spalancarono, riconoscendo Scott e Derek.
“Devo ucciderli?”
   
 
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