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Autore: vali_    24/10/2018    3 recensioni
[Seguito di "Wash Away"]
Sam, dopo aver perso Jessica, è tornato a cacciare con suo fratello, nonostante continui a credere che la sua vita potrebbe essere molto di più che inseguire mostri e un incubo infinito. Dean si sente meglio ora che ha nuovamente suo fratello al suo fianco, ma Ellie gli manca più di quanto voglia ammettere e, quando una persona a lui cara lo cerca per chiedergli di occuparsi di un problema che la riguarda, non esita un istante a prendere l’Impala e correre da lei.
… “«Scusa Sam, ma non andiamo in Pennsylvania».
La smorfia che compare sulla faccia di suo fratello è un misto tra il disperato e lo spazientito, ma a Dean poco importa di come prenderà questo cambio di programma. «Come? Ma se avevamo detto—»
«Non importa quello che avevamo detto» prende fiato e lo guarda intensamente; non ha voglia di discutere, ma almeno deve dargli qualche informazione su questo cambiamento improvviso. Tanto poi sa che, durante il viaggio, Sam lo riempirà di domande comunque
”…
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, John Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Prima stagione, Seconda stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Some things are meant to be'
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Note: Qui le settimane passano alla velocità della luce, così tanto che siamo già all’ottavo capitolo O.o La strada da fare è ancora lunga, però :D
Salve a tutti e buon mercoledì! Come ve la state passando?
Io – strano a dirsi – sono di frettissima, ma come al solito ci tenevo a lasciarvi due paroline.
Il capitolo precedente ha appianato un po’ il “dramma” e spero che di questo ne siate felici :D non è tutto ancora rose e fiori, ma la tempesta grossa ce la siamo lasciati alle spalle.
Questo di oggi, invece, è uno di quei capitoli che mi mette un po’ in crisi, perché vengono citate delle robine che si sono viste nella serie e quindi ho sempre paura di dire troppo – o troppo poco, dipende dai casi XD spero che, leggendo, non avrete questa sensazione. Fatemi sapere comunque cosa ne pensate.
Detto questo vi auguro uno splendido proseguimento di settimana e una buona lettura! A mercoledì prossimo! :**


Capitolo 8: Please tell me who I am
 
There are times when all the world’s asleep
The questions run too deep
For such a simple man
Won’t you please, please tell me what we’ve learned
I know it seems absurd
But please tell me who I am.
 
(The logical song – Supertramp)
 
 
La tavola calda non è affollatissima, nonostante sia ora di fare colazione da un po’: c’è una coppietta che sembra abbastanza affiatata e che parla animatamente di qualcosa che pare interessare parecchio lei – i capelli biondi e un sorriso luminoso –, un po’ meno lui – brizzolato, lo sguardo stanco di chi stamattina aveva voglia di fare tutto tranne alzarsi; poco più in là, seduto su uno sgabello accanto al bancone, un signore anziano – i capelli ingrigiti dal tempo e la schiena curva, un bastone di legno chiaro appoggiato lì accanto – sfoglia distrattamente il giornale sorseggiando ogni tanto da una tazza bianca il cappuccino che ha ordinato.
 
Sam osserva quelle persone un istante prima di rituffare il naso tra le pagine del giornale aperto sul tavolino accanto al quale è seduto. Si accomoda meglio sulla poltroncina di pelle bordeaux e sospira appena, sfogliando un’altra pagina.
 
«Tu hai ordinato qualcosa?» la voce di Dean lo distrae e lo porta ad alzare gli occhi verso di lui, seduto lì di fronte.
Sam annuisce «Caffè e una brioche» e suo fratello spalanca gli occhi «E basta? Ma perché non avete mai fame voi due?»
 
Sam stringe le spalle e la domanda è posta ovviamente anche a Elisabeth, seduta accanto a Dean, che stringe le labbra in una linea sottile e non risponde, appoggiando poi il gomito sul tavolo, la mano aperta sulla sua guancia sinistra.
 
Non è che Sam abbia capito proprio bene come questi due abbiano fatto a fare pace.
Il mattino dopo quella furiosa litigata, Dean non era nella loro stanza e Sam stava per chiamarlo, temendo che gli fosse successo qualcosa o che avesse trascorso la notte sotto il temporale senza riuscire a trovare Elisabeth. Prima di farlo, però, si è affacciato alla finestra e si è accorto che l’Impala era parcheggiata fuori, deducendo che quindi Dean era nei paraggi e sicuramente con lui anche Elisabeth, altrimenti è sicuro che non sarebbe stato lì a quell’ora, che probabilmente avrebbe continuato a cercarla.
Dopo un po’, Dean si è presentato nella stanza comune con una faccia luminosa come mai nelle settimane precedenti e gli ha spiegato a mezza bocca che Elisabeth era tornata sui suoi passi e che sarebbe andata con loro, tutto qui. Ha aggiunto qualcosa sul fatto che gli ha chiesto scusa e che hanno parlato un po’ solo dopo che Sam ha cominciato a fargli domande, ma ovviamente ha smesso quando ha capito che non avrebbe avuto altre informazioni. Alla fine, quello che gli basta sapere è che Dean adesso è contento e lo sembra davvero.
 
Certo, il rapporto tra lui ed Elisabeth non è proprio rose e fiori e si vede che c’è ancora dell’irrisolto tra di loro, ma Dean pare molto più fiducioso di qualche settimana fa. Sì, perché ormai sono più di quindici giorni che hanno chiarito – almeno in parte – i loro contrasti e che è tornata insieme a loro e, nonostante lei sembri ancora molto rigida e un po’ fredda nei confronti di Dean, lui non pare aver intenzione di mollare. Non è che ci prova, solo cerca di fare di tutto per non farla rimanere da sola e per starle accanto e Sam potrebbe dirsi orgoglioso di lui in questa occasione. Almeno ce la sta mettendo tutta per farla tornare ad essere quella che lui dice di aver conosciuto, una persona completamente diversa da quella che è adesso, e questo è ammirevole.
 
Si è accorto di un certo cambiamento tra di loro: sono più rilassati, più complici ed Elisabeth lo guarda in modo diverso, più intenso, come se adesso fosse davvero convinta che Dean possa aiutarla. È qualcosa di nuovo, una piccola scintilla nel suo sguardo, e magari non vuol dire niente, ma Sam lo crede un buon inizio o perlomeno spera che sia così, sia per lei che per Dean che sembra tenerci ogni giorno di più.
 
Appoggia il giornale sul tavolo e si guarda intorno: sono i primi di giugno, l’aria fuori è già piuttosto calda e il sole filtra dalle ampie vetrate del diner, riscaldando le loro figure. Il locale è ben arredato e ordinato: i tavoli sono marroni e le poltroncine rosse sono in tinta con tutto il resto, soprattutto con le mattonelle quadrate del pavimento che, essendo una bianca e una rossa alternate, creano una specie di grossa scacchiera.
 
La cameriera – castana e sorridente, di bell’aspetto, i capelli raccolti per metà con una pinzetta colorata – che porta le loro ordinazioni attira la sua attenzione, facendo in modo che distolga lo sguardo dal resto della stanza.
Sam la guarda appoggiare i rispettivi piatti di fronte a loro – uno con un paio di pancake alle fragole per Elisabeth, la brioche per lui e i due piatti di Dean, uno pieno di bacon e uova strapazzate e l’altro di quattro o cinque pancake – e tornare dietro il bancone continuando a sorridere.
 
Scosta il giornale un altro po’, intento a portare il suo piatto più vicino a lui, e addenta la sua brioche. Non ha tanta fame, non mangerebbe neanche quella a dir la verità, ma è sempre meglio riempire lo stomaco di prima mattina.
 
Alza gli occhi un attimo e si ferma a osservare Elisabeth che, mentre mastica piano un piccolo pezzetto dei suoi pancake – che sono molto invitanti, tra l’altro, con quella bella fragola sporca di sciroppo e panna che capeggia sopra la pila di frittelle –, scruta con una certa curiosità il piatto di Dean, quello pieno di pancake che suo fratello ha già assaggiato prima di tuffare la forchetta tra le sue uova strapazzate accompagnate da belle strisce di bacon fumante. Dopo un po’ Dean deve accorgersi del suo sguardo curioso, perché alza la testa e la guarda. «Vuoi assaggiare?» le sorride appena «Li ho presi con lo sciroppo ai mirtilli».
Elisabeth sembra rifletterci un istante prima di annuire; prende la sua forchetta e ne taglia un piccolo pezzetto, per poi infilzarlo e portarlo alla bocca.
 
Finisce di masticare prima di dire qualcosa. «Buoni. Ci sta bene questo sciroppo».
Dean annuisce, mandando giù un pezzo di bacon. «Non sono male, ma mi piacciono di più i tuoi».
 
Il sorriso sul viso di Elisabeth che segue quell’affermazione non è solare e spensierato, è un po’ spento, triste. Dean non sembra badarci, però, e continua a mangiare come se niente fosse.
 
Fa così ogni volta che le fa una battuta o un complimento e lei non risponde come lui vorrebbe – perché Sam conosce bene suo fratello e non ha dubbi sul fatto che ricevere almeno un sorriso più convinto gli farebbe piacere. Quello che Sam non sa è se fa finta di nulla o gli sta bene veramente, ma sembra essersi abbastanza abituato alla freddezza di Elisabeth, al modo apatico in cui lei gli risponde certe volte. Forse ha finalmente capito che solo con la pazienza potrà arrivare a raggiungere un equilibrio con lei. Per questo Sam si può ritenere abbastanza orgoglioso del suo attuale atteggiamento.
 
Con Sam, invece, Elisabeth è sempre la stessa e la cosa lo rallegra, soprattutto alla luce di quello che è successo ultimamente.
 
Sospira al pensiero, mandando i capelli all’indietro con la mano sinistra mentre con l’altra porta nuovamente la brioche alla bocca per poi masticare il boccone quasi controvoglia.
 
Le ultime settimane per lui non sono state affatto semplici. Ha avuto un’altra visione, un incubo tipo quello in cui vedeva morire Jessica o quando ha visto che c’era qualcosa di strano a Lawrence; in questa vedeva un uomo morire nella sua auto, uno che apparentemente non c’entrava nulla né con Lawrence né con Jessica e tantomeno con lui.
 
Nonostante la diffidenza iniziale di Dean, si sono comunque precipitati a Saginaw, nel Michigan, per scoprire se era vero ciò che Sam aveva sognato ed effettivamente era successo tutto proprio come nel suo incubo, anche se loro sono arrivati a cose già fatte. Sono rimasti qualche giorno ad indagare, perché quello di Jim Miller sembrava un suicidio ma Sam era fermamente convinto che ci fosse sotto tutt’altro. Era una sensazione strana, ma non poteva farci nulla, se lo sentiva e basta.
 
All’incubo sulla morte di quell’uomo sono seguite un paio di allucinazioni – riguardanti altri due omicidi di componenti della famiglia Miller –, qualcosa che ha spaventato Sam a morte perché non capiva – e non lo fa tutt’ora – che diavolo gli stava succedendo e perché sognava e vedeva capitare delle cose che non riguardavano affatto la sua famiglia.
 
Pian piano, però, sono arrivati alla verità: il vero legame tra Sam e il caso era il figlio della prima vittima, Max Miller. Il ragazzo aveva dei poteri paranormali simili ai suoi, solo che lui riusciva a muovere gli oggetti con il pensiero. Era stato lui, dopo aver subito degli abusi da parte del padre e dello zio, entrambe vittime, a volersi vendicare e ad ucciderli, facendoli passare per dei suicidi.
 
A nulla è valso il tentativo di Sam di parlare con lui e provare a spiegargli le loro affinità: Max si è sparato un colpo in testa sotto gli occhi di tutti loro, compresa la sua matrigna che aveva già tentato di far fuori, credendola complice in qualche modo degli abusi dei due uomini.
 
Prima che morisse, però, Max Miller ha confessato che le sue capacità sono affiorate nello stesso periodo in cui sono emerse quelle di Sam e che anche la sua madre naturale è morta bruciata sul soffitto della sua cameretta quando lui aveva sei mesi, proprio come la mamma. Sam non riesce a capire ancora bene, ma crede che ci sia un legame più profondo tra di loro e che questo riguardi la cosa – che papà ha scoperto essere un demone [1] – che ha ucciso lei e Jessica. Ha questa forte sensazione.
 
È arrivato anche a un’altra conclusione: che lui e Dean sono stati fortunati con papà, molto. Sarebbero potuti finire come Max, carichi di odio nei confronti dei suoi cari per il male che gli avevano fatto, e Sam ha realizzato che, nonostante John certe volte sia stato tutto meno che un genitore modello, poteva andargli decisamente peggio.
 
Dean, comunque, tutta questa storia sembra averla presa bene. Pareva più preoccupato quando ha scoperto che gli incubi di Sam si avveravano. Le allucinazioni… mah, non sembra essere in ansia per quelle. O per le due cose insieme e neanche per il fatto che, dopo aver visto Dean morire in un’allucinazione, Sam sia riuscito a spostare un armadio che lo teneva prigioniero con la sola forza del pensiero, proprio come faceva Max. Neanche quello sembra averlo sconvolto tanto, o comunque non come si aspettava Sam, ma probabilmente è solo una facciata, perché di solito Dean cerca di sdrammatizzare sempre quando qualcosa di grosso lo impensierisce.
 
Gli ha detto che “finché lo avrà intorno non potrà capitargli niente di male” [2] e Sam crede fermamente nella sua buona fede, nella tenacia che ha nel volerlo salvare da ogni pericolo, ma la verità è che Dean non è un supereroe e che forse questa storia è più grande di lui, di tutti loro, anche di papà che Sam non vede decisamente l’ora di trovare, a maggior ragione dopo tutte le stramberie che gli accadono.
 
Anche Elisabeth non sembra essere scossa da tutta questa storia. Sam è certo che non ne sapesse nulla, perché la sua faccia era davvero sincera quando gli ha chiesto con vera apprensione nella voce che cosa gli stava capitando. Ricorda di aver guardato Dean che teneva gli occhi incollati sulla strada, proprio durante il tragitto verso Saginaw, e di aver puntato i suoi su di lei per raccontarle quello che era capitato durante la sua assenza. A quanto pare, Elisabeth era a conoscenza solo del fatto che lui e Dean erano dovuti andare a Lawrence per risolvere una faccenda soprannaturale che riguardava la loro vecchia casa, quella dove la mamma è bruciata [3], ma nient’altro. E non l’ha guardato in nessun modo strano quando le ha detto delle sue capacità paranormali. Sembrava solo… preoccupata per lui, niente di più.
 
Non ha idea del perché Dean glielo abbia nascosto, visto che, da quello che ha capito, si sono sentiti moltissimo nei mesi che hanno vissuto separati, quelli in cui Sam era con suo fratello ma era totalmente all’oscuro dell’esistenza di Elisabeth, ma a lei non sembra essere dispiaciuto molto. O forse non ha imparato ancora a decifrare bene le sue emozioni dal suo viso; in fondo, la conosce ancora poco.
 
Sam non sa come sentirsi a riguardo di tutta questa faccenda. Anche perché queste premonizioni vanno e vengono, spariscono completamente dopo essersi manifestate in modo tanto intenso, quindi non ha idea di come fare per poterci capire qualcosa e forse l’unica soluzione è aspettare un po’ e vedere cosa succede. Non ha molte alternative.
 
*
 
Le sue giornate, spesso, sono molto lente da quando è tornato a fare il cacciatore. A Stanford in qualche modo riusciva sempre a trovare una maniera per occupare il tempo, mentre adesso è un po’ più complicato.
 
Dopo aver fatto colazione, Sam, Dean ed Elisabeth sono tornati alle stanze di motel che hanno preso a Toluca, la piccola cittadina dell’Illinois dove alloggiano in questi giorni di calma. Elisabeth ne ha una per conto suo, come sempre da che Sam la conosce, e lui e suo fratello ne spartiscono una, anche se Dean non ci passa poi così tanto tempo.
 
Sam è disteso sul suo letto, cercando di pensare a qualcosa da fare per tenere il cervello occupato. La doccia di un quarto d’ora fa lo ha solo annebbiato di più, visto che per tutto il tempo non è riuscito a far altro che riflettere su tutta questa storia delle visioni e tutte le merdate paranormali che gli stanno piovendo addosso, così sta meditando sul da farsi, tentando di auto dissuadersi dall’idea di andare a dormire.
 
È ormai sera e Dean sta pulendo le pistole seduto sul letto accanto al suo; anche lui sta per lo più in silenzio, ma ogni tanto dice qualcosa, cercando di intavolare una qualche conversazione che però Sam non vuole continuare. Lo osserva silenzioso, notando quant’è concentrato mentre con quel panno praticamente grigio a causa dello sporco che c’era dentro le canne delle armi che ha lucidato in precedenza pulisce tutta la superficie degli strumenti che lo aiutano a uccidere i cattivi, e Sam riflette per l’ennesima volta su quanto fosse diversa la sua vita fino a qualche mese fa, quando il suo problema più grande era quello di passare un esame tosto all’università o cercare un modo carino per fare pace quando litigava con Jessica, anche se accadeva raramente per fortuna.
 
Espira appena dal naso, pensando che ha voglia di un po’ più di compagnia e forse anche Dean. Si alza dal letto e guarda il fratello «Vado… vado a chiamare Elisabeth».
 
Dean lo guarda e annuisce, stringendo le spalle. Sam esce, dirigendosi verso la sua camera che è a poche porte dalla loro.
 
Di solito a quest’ora, in serate così tranquille, se non ha nient’altro da fare Sam si mette a sfogliare il diario di papà, per imparare qualcosa di più sui mostri che ha cacciato o sulla sua vita passata, perché ha annotato un sacco di cose in quei fogli di carta e, tra una pagina e l’altra, compaiono anche delle note che lo riguardano più da vicino. Sono rare, ma molto interessanti. In fondo, trattandosi di un uomo così strano come John Winchester, c’è sempre qualcosa di nuovo da sapere.
 
Oggi, però, ha voglia di una compagnia in carne ed ossa e poi è sicuro che anche Dean ne sarà contento. Fa per avvicinarsi di più alla porta della stanza di Elisabeth per bussare quando questa si apre. Lei – i capelli legati in una treccia che tiene da un lato, un paio di jeans scoloriti e una maglietta in tinta unita celeste a maniche corte addosso – rimane sulla soglia, gli occhi visibilmente sorpresi, e gli sorride.
Sam si gratta la nuca e tira le labbra in una linea sottile; per qualche strano motivo si sente come colto sul fatto. «Ti stavo per bussare».
«Ed io stavo venendo da voi. E… cercavo proprio te».
 
Sam la guarda un po’ perplesso e lei si sposta per farlo passare, allungando una mano verso l’interno. Sam entra nella stanza, rendendosi immediatamente conto dell’ordine che vi regna. Da quello che ha capito in queste settimane, Elisabeth è una persona precisa, che ci tiene a mettere tutto a posto. Non sa come abbia fatto a dividere in precedenza il suo spazio vitale con Dean, che già è tanto se piega i pantaloni sulla sedia prima di andare a dormire. Di solito li lancia sul primo posto vuoto, un po’ come gli asciugamani una volta uscito dalla doccia.
 
Per il resto, la stanza è praticamente uguale a quella che hanno loro: il letto appiccicato alla parete destra – anche se loro ne hanno due –, l’armadio di fronte, la porta del bagno sulla sinistra e il tavolo addossato all’angolo sinistro della parete, accanto alla finestra. L’unica differenza vistosa è il colore della carta da parati: verde marcio il loro, celestino quello della stanza di Elisabeth che chiude la porta e gli si avvicina, allungando un braccio nella sua direzione. Nella mano stringe un libro che Sam afferra con un po’ di titubanza, quasi fosse qualcosa di pericoloso.
 
Lo rigira tra le dita e ne osserva la copertina, capendo senza leggerne il titolo di che libro si tratta: l’illustrazione mostra un albero con una chioma verdissima da cui spunta tra le fronde un grosso gatto sorridente ed una bambina voltata verso di lui, i capelli biondi ed un vestitino bianco e celeste, calze bianche e scarpette nere. [4]
 
Sam sorride e aggrotta un po’ la fronte tornando a guardare Elisabeth. «“Alice nel Paese delle Meraviglie”?»
Lei stringe le spalle. «Volevo dartelo da un po’, ma non riuscivo a trovarlo. Pensavo di averlo lasciato da Bobby o, peggio, in qualche motel chissà dove» butta un occhio sulla copertina «Non so se l’hai mai letto, ma… a me ha insegnato che la normalità è un concetto relativo e che tutti siamo un po’ matti, in fondo».
Sam la guarda e forse comprende un pochino ciò che lei sta cercando di dirgli, ma non completamente. Dean gli ha sempre detto che è strana, ma solo parlandoci Sam sta constatando che, a volte, gli ci vuole proprio un po’ per capire a cosa allude quando parla. Anche se poi i suoi ragionamenti sono sempre piuttosto illuminanti, per certi versi. «Beh, avevo… avevo chiesto a Dean di farmi vedere il cartone quando eravamo piccoli, anche se a lui non era piaciuto un granché».
 
Elisabeth sorride. «Lo so. Una volta mi ha guardata strano quando mi ha visto leggere questo libro, ma… beh, lui mi guarda sempre in quel modo quando leggo qualcosa. Dice che mi piacciono solo le cose strampalate».
 
Sam piega le labbra in un sorriso più convinto, guardandola negli occhi. Devono essere davvero poche le cose che lei non ha condiviso con suo fratello e viceversa.
 
Elisabeth si porta una mano dietro il collo, massaggiandolo piano. «Quindi… non so come ti era sembrato il cartone, ma a me il libro piace tanto. C’è tanta logica, molto più di quanto possa sembrare».
Sam annuisce, rigirando il piccolo volume tra le dita. «Sì, ma… non capisco cosa c’entra con me».
Lei tira le labbra in una linea sottile e lo guarda negli occhi «Perché credo che… che dopo la storia di Max Miller tu abbia bisogno di qualcosa che non ti faccia sentire un pazzo». Continua a guardarlo e gli sorride in modo più deciso. «Non ti conosco ancora molto bene, ma… non so, a volte ho l’impressione che tu non ti senta adeguato».
 
Sam la guarda sbattendo le palpebre un paio di volte. E credeva di essere lui quello che capiva le persone… come cavolo ha fatto lei a mettere alla luce così bene il suo disagio?
 
La guarda leccarsi le labbra «Non… non voglio sembrarti invadente o impicciarmi, io—»
Sam prende un respiro prima di replicare. «No, lo capisco, solo… solo non so cosa dire».
Lei sorride appena «Non devi dire niente, infatti. Devi prenderlo e dirmi se ti piace quando l’hai letto, tutto qui».
Continua a sorridergli e Sam annuisce, abbassando lo sguardo per un attimo. «Grazie». Elisabeth stringe le spalle e Sam decide di essere sincero, di condividere almeno un po’ dei pensieri che gli ronzano in testa. «Sai, io… dal primo momento ho avuto l’impressione che tu sapessi un sacco di cose su di me. Pensavo che Dean ti avesse detto anche questo».
 
Elisabeth scuote la testa, decisa. «È vero, Dean mi ha parlato molto di te, ma questo è più intimo, è una… cosa di famiglia. Giusto?» Sam la guarda e annuisce, comprendendo quello che lei vuole dirgli. «Ma tranquillo, a me non importa nulla. Qualsiasi cosa ti sta succedendo, tu e tuo fratello riuscirete a uscirne, ne sono sicura».
 
Sam stringe le spalle, quasi a dirle speriamo sia davvero così, e rigira ancora una volta quel libro tra le dita.
A guardarla adesso, Elisabeth sembra di buon umore, un po’ diversa da com’è stata anche negli ultimi giorni. O forse è solo qualcosa di momentaneo, ma quello che è davvero sorprendente è che parla di Dean. Sam ha notato che prima non lo faceva mai, mentre adesso ogni tanto lo fa quando lui non c’è. Di certo è una di quelle cose che gli farebbe piacere sapere.
 
Si gratta ancora dietro la nuca, cercando di sciogliere il silenzio che è calato tra di loro «Vuoi venire di là a farci compagnia? Dean è ancora sveglio» ma lei scuote la testa, decisa «No, grazie. Voglio farmi una doccia e poi mi sa che vado a dormire».
Sam annuisce e tira le labbra in una linea sottile, per poi dirigersi verso la porta. La apre e la tiene con una mano, guardando Elisabeth ancora una volta. «Allora… allora ancora grazie. A buon rendere». Lei gli sorride facendo cenno di sì con la testa. «Buonanotte, Elisabeth».
«Buonanotte» Sam fa per uscire, voltando la testa verso l’esterno «E… Sam?» si gira di nuovo, restando in attesa. «Ci tieni tanto a chiamarmi Elisabeth?»
Lui dapprima la guarda senza capire a cosa allude, poi sorride impacciato «No, affatto» sorride ancora, passandosi una mano tra i capelli e spostandoli dalla fronte. «Allora… buonanotte, Ellie».
Lei ricambia immediatamente il suo sorriso «Così va meglio».
 
*
 
In tutti i viaggi che ha fatto, Dean ha imparato che le stanze di motel non sono tutte uguali, per quanto talvolta lo sembrino. Alcune, ad esempio, sono talmente malandate da non avere neanche delle tende, mentre questa ne ha: sono bianche e piuttosto fine, consumate dal tempo e probabilmente dalla poca manutenzione e pulizia di questo posto.
 
Dean le osserva svolazzare piano, muoversi verso di lui senza riuscire a prenderlo. Fa caldo stanotte, così si è alzato poco fa per aprire un pochino la finestra e, da che l’ha fatto, si è incantato a osservare la danza di quella stoffa leggera che si muove seguendo il ritmo del vento.
 
Stira un po’ le gambe perché indolenzite sotto le coperte e si muove verso sinistra, sdraiandosi di lato e cercando di fare meno rumore possibile per non disturbare chi gli dorme accanto.
 
È notte fonda, ormai, e Dean sospira appena; si è svegliato perché aveva caldo, ma adesso, non sa come mai, non riesce a richiudere gli occhi e si ritrova un’altra volta così, come in chissà quante notti da un paio di settimane a questa parte, a osservare con attenzione l’esile schiena di Ellie che è lì, a qualche centimetro da lui, addormentata e apparentemente serena.
 
Sì, perché da quando hanno chiarito Dean non se l’è mai sentita di lasciarla da sola e si ferma a dormire da lei ogni volta che riescono a chiudere gli occhi. Ellie non glielo ha mai chiesto, ma non se n’è mai lamentata né ha mai mostrato di essere infastidita da questa cosa, perciò Dean continua a intrufolarsi nella sua stanza e lo fa praticamente ogni notte.
 
Non che non provi a dormire nella sua stanza insieme a Sam. Lo fa, tenta di addormentarsi ma poi si ritrova a rigirarsi nel letto e a pensare ad Ellie e non gli piace l’idea di essere così vicini – separati solo da un paio di porte – e non poterle stare accanto come vorrebbe così si alza, si riveste e sgattaiola via, cercando di fare il minor rumore possibile per non svegliare Sammy.
Oltretutto, di certo non ha la chiave di riserva per entrare nella stanza di Ellie, perciò si arma di “strumenti del mestiere” – forcine e affini, quelli che usa per scassinare le porte in caso di bisogno – e si intrufola lì dentro, sperando che Ellie dorma o che, se non lo fa, almeno non lo rimproveri.
 
In realtà, non gli ha mai detto nulla. È sicuro che almeno una volta – ma sicuramente anche più di una – lei si sia accorta di questa sua intrusione nella sua camera e soprattutto nel suo letto, che facesse solo finta di dormire, ma non gli ha mai detto niente. Nemmeno la mattina seguente.
 
Sono rare le volte in cui si fa trovare il giorno dopo. Non tanto nel letto, ma proprio nella sua stanza. Dean, ogni volta, si rannicchia tra le coperte per non svegliarla, cercando di non fare il minimo rumore, e rimane vigile a fissarla per minuti interi prima di addormentarsi, ma la mattina lei non c’è mai al suo fianco: o esce dal bagno dopo essersi fatta una doccia rigorosamente vestita e asciutta, senza neanche una gocciolina tra i capelli o se n’è già andata e torna poco dopo con la colazione o con Sam. A volte Dean ha l’impressione che necessiti della sua presenza per sentirsi a suo agio con lui, ma crede di poterlo sopportare. Almeno ora gli parla.
 
A volte si sente un intruso a infilarsi nel suo letto senza che lei gli abbia dato un esplicito permesso, ma gli sembra uno dei pochi modi che ha per dimostrarle quanto vuole aiutarla, perciò vivrà volentieri con i sensi di colpa. Ha fatto di peggio nella vita.

Stringe le braccia al petto, gli occhi ancora spalancati che proprio non ne vogliono sapere di chiudersi, rimanendo dalla sua parte e tentando di non accostarsi troppo ad Ellie.
Cerca sempre di non toccarla quando condividono lo stesso letto, neanche sfiorarla. Non perché non voglia farlo, anzi, ma preferisce farle sentire che c’è piuttosto che farle pensare che voglia in qualche modo forzarla. Le sue intenzioni sono ben altre.
 
Le ultime che hanno passato insieme sono state settimane difficili. Già le cose tra di loro – nonostante sembrino andare comunque meglio di com’erano prima di litigare in quel modo – non sono rose e fiori, poi ci si è messo in mezzo tutto il casino di Sam a cui Dean cerca di non pensare troppo per non uscire di testa. Ovviamente senza risultato, perché quando la notte non riesce a chiudere occhio i suoi pensieri sono sempre lì, a quello che potrebbe accadere a Sammy.
 
Era con Ellie la notte in cui suo fratello ha sognato la morte di Jim Miller. È venuto a chiamarlo di corsa – ancora ricorda i suoi occhi fuori dalle orbite, tremendamente spaventati e confusi – per dirgli che dovevano partire e Dean l’ha fatto, l’ha assecondato per quanto credesse che fosse una follia perché non gli sembrava possibile che suo fratello avesse incubi su una persona che non aveva neanche mai visto. Passi Jessica, che era la sua ragazza, ma quella volta non aveva senso. Poi hanno cominciato a indagare e la cosa si è fatta più pesante perché esisteva una sorta di legame tra Sammy e quel ragazzo, qualcosa che ha a che fare col demone che ha ucciso la mamma.
 
Dean fa finta di niente, che sia tutto a posto e che Sam non debba avere nulla di cui preoccuparsi, ma non è affatto tranquillo. Questa cosa si sta facendo seria e, per quanto al momento Sam sembri aver smesso di avere incubi di quella natura, non sa se o quando questa cosa si ripresenterà – ovviamente Dean spera di no, ma mai dire mai – e, in tal caso, non è certo di sapere come affrontarla.
 
Ha anche pensato di chiamare papà, ma non ha mai risposto a nessuno dei messaggi che gli ha lasciato in segreteria da che è sparito, anche quelli seri – tipo quando erano a Lawrence e avevano bisogno di aiuto o quando Sam l’ha chiamato per dirgli che il suo figlio maggiore stava per crepare in un insulso letto d’ospedale [5] – quindi non gli pare affatto il caso.
 
Si è ripromesso di non farle pressioni, ma vorrebbe tanto che Ellie la piantasse di prendere una stanza per conto suo così Dean potrebbe stare accanto a entrambi, ma lei non sembra volerne sapere e Sam gli ha detto di non farsi problemi, che se vuole stare con lei deve farlo perché lui sa badare a se stesso. Dean non è molto convinto, ma la mattina, quando gli fa il terzo grado e gli chiede se sta bene veramente, Sam è sincero e Dean lo capisce quando mente perché lo conosce come le sue tasche, perciò è davvero sicuro che non sia questo il caso.
 
Si sono uniti parecchio negli ultimi tempi e Dean non crede che sia solo perché è riuscito a spostare un armadio con la forza del pensiero per salvarlo. Forse è perché, nonostante tutti i casini e quel grosso litigio che hanno avuto un paio di settimane fa, adesso Dean è un po’ più sereno. È sempre preoccupato per un casino di cose, sì, ma l’idea che Ellie gli stia almeno concedendo di starle accanto lo rende un po’ meno agitato. O forse sono altri i fattori, non lo sa, ma anche Sam sembra un po’ meno nevrotico nonostante continui ad avere una grossa smania sul fronte “papà”. Lo capisce, altroché, ma vorrebbe fargli comprendere che John Winchester non si farà trovare finché non ne sentirà il bisogno per qualcosa. Dean sa che è così, lo conosce troppo bene.
 
Il fruscio della maglietta di Ellie che si muove velocemente sotto le lenzuola lo desta da quei pensieri.
Punta nuovamente gli occhi su di lei; gli è capitato più di una volta di svegliarsi e trovarla in preda agli incubi – a quanto pare è circondato da persone che ne hanno, ultimamente. Se ne accorge da quanto trema, dal modo in cui muove le gambe sotto le lenzuola o da come si rannicchia, portandole al petto e cercando di stringersi in se stessa il più possibile.
Di solito si limita a tirarle più su le coperte, aspettando silenziosamente che le passi, ma stanotte gli sembra più grave del solito, un incubo più spaventoso a giudicare da quanto la sua schiena sta tremando. La osserva ancora mentre si muove nervosamente, i brividi che le scuotono ogni parte del corpo mentre sbiascica parole che Dean inizialmente non capisce, mormorii e cose praticamente balbettate finché non riesce a comprenderne una, scandita meglio delle altre: papà. E il modo in cui la pronuncia – la voce tremante e spaventata – è tale da mettere i brividi a Dean che non ce la fa più a sentirla agitarsi così e di slancio si allunga verso di lei, le braccia a stringere il suo corpo scosso dal tremore e la abbraccia così forte da svegliarla.
 
Ellie apre gli occhi di scatto, respirando forte e Dean le sposta i capelli dal viso, stringendola ancora; oltre a scoprire che le sue guance sono umide, scorge piccole lacrime ad imperlarle le ciglia. Ellie si affretta a portare le mani sul viso per poi passarle su entrambe le guance, cercando di cancellare ogni traccia di pianto.
 
Dean ha notato che non le piace farsi vedere così. Certo, le volte in cui l’ha vista crollare si contano sulle dita di una mano, ma tende sempre a nascondersi e lui non ha di certo intenzione di costringerla a mostrare le sue debolezze se non vuole farlo.
 
Rimane in silenzio mentre Dean la stringe forte e la guarda; lei sembra non riuscire a smettere di tremare.
 
«Era solo un brutto sogno, calmati» Ellie annuisce a quelle parole, ma sembra non riuscire a farlo e Dean cerca di far aderire ogni parte del suo corpo con quello di lei, facendosi più vicino – il petto contro la sua schiena tesa, le braccia che le circondano il busto e le mani a cercare le sue – e provando a darle più calore possibile, come se dovesse tenerne insieme i pezzi, come se si stesse disintegrando. La tiene stretta a sé e lei sembra cominciare a calmarsi dopo un po’, nonostante tremi ancora. «Sta tranquilla, sei con me. Sei al sicuro».
 
Ellie tira su col naso e rimane ancora immobile, gli occhi spalancati. Non stringe Dean a sua volta; muove le sue mani solo per asciugarsi nuovamente le guance e gli occhi, ma non fa assolutamente niente per ricambiare l’affetto che Dean le sta mostrando.
 
Alza il viso per avvicinarsi un poco, ma Ellie non glielo permette e si fa più distante, scostando il braccio che la tiene stretta a lui e muovendosi verso il bordo del materasso per poi spostare le coperte e mettersi seduta. Afferra la bottiglia d’acqua – che fortunatamente ha rimpiazzato la vodka; non che Dean si scandalizzi per certe cose, ma non vuole che Ellie prenda i suoi stessi vizi – che tiene sopra il comodino con un gesto quasi rabbioso e la stappa per poi berne un lungo sorso – il collo piegato all’indietro e i capelli che le scendono un po’ di più lungo la schiena ricoperta dalla lunga maglietta blu con su disegnato un panda sonnacchioso, una di quelle con cui dorme di solito.
 
Dean la osserva senza dire nulla, preoccupato, chiedendosi ancora una volta quanto dev’essere stato terribile quello che è successo a Jim per ridurla così. Ellie appoggia nuovamente la bottiglia sul comodino – la plastica che si scontra con il legno che emette un piccolo tonfo e taglia il silenzio calato nella stanza buia – e abbassa la testa, stringendo con entrambe le mani il bordo del materasso, la schiena curva. La raddrizza un po’ prima di parlare. «È successo altre volte?» la sua voce è poco più alta di un sussurro.
Dean si muove leggermente, poggiando un gomito sul materasso per tirare su la schiena. «Cosa?»
Ellie gira appena la testa verso di lui, abbastanza da poterlo guardare con la coda dell’occhio. «Che ti sei accorto dei miei incubi». Dean annuisce. «Lo immaginavo». Sospira, voltando di nuovo il capo per poi passarsi una mano sugli occhi stanchi e sicuramente ancora lucidi. «Non sei obbligato a restare. Sto già meglio, perciò… »
«Io non mi muovo da qui».
Ellie sbuffa appena, incrociando le gambe. «Invece dovresti, perché io non posso darti ciò che cerchi».
 
Quelle parole sono come lame nel petto di Dean, dure e fredde come il ghiaccio, perché per una volta vuole solo aiutare, vuole dividere un letto con qualcuna senza pretendere nulla in cambio. Ha capito che questo è il suo modo di ferirlo, che Ellie pensa che così riuscirà ad allontanarlo e a restare da sola, ma Dean ha compreso il gioco quindi non si muove e resta, perché fuggire vorrebbe dire dargliela vinta. Si è ripromesso che non l’avrebbe più lasciata da sola, ed è quello che vuole fare nonostante lei continui a fare così, a volergli sfuggire quando il problema si accentua.
 
Si gira e si tira un po’ su, appoggiando la schiena alla testiera del letto, le mani appoggiate sul risvolto delle lenzuola e gli occhi addosso a Ellie che volta ancora il capo dopo una manciata di istanti, lo sguardo mortificato. «Scusa, non volevo dire che—»
«È tutto ok».
 
Ellie si muove ancora, piegando una gamba sul letto e voltando anche il busto verso Dean. Espira aria dal naso «No, mi dispiace. A volte parlo senza riflettere» si morde il labbro inferiore e fissa Dean che non risponde perché ha come l’impressione che lei voglia dirgli qualcos’altro. Disegna dei piccoli cerchi sul copriletto, apparentemente concentrata, con la testa bassa che poi alza ancora, in cerca degli occhi di Dean. «Ti chiedo scusa».
Lui fa spallucce, continuando a osservarla mentre lei si inginocchia sul materasso, gli occhi nuovamente bassi, come se fosse tremendamente dispiaciuta. «Senti, io… io non voglio sembrare quello che vuole sapere per forza come sono andate le cose, però… sei sicura di non volermi dire niente? O se pensi che io non possa capirti, prova a parlare con Sam. La sua ragazza è morta bruciata su un soffitto, magari può comprendere meglio di me come ti senti». L’ultima cosa di certo non lo farebbe sentire benissimo, perché sarebbe un po’ come preferire suo fratello a lui che ha condiviso così tanto con lei, ma è per il suo bene perciò lo accetterebbe, perché Dean crede davvero che dovrebbe parlare con qualcuno di tutta questa storia.
Il problema non si pone, però, perché lei scuote la testa decisa. «Non è una questione di comprensione. Con tutto il rispetto per tuo fratello e per il suo dolore, non me la sento».
«Ma rischi di impazzire così».
Ellie fa nuovamente segno di no con la testa. «Starò meglio solo quando avrò fatto fuori chi me lo ha portato via».
 
Dean abbassa gli occhi e annuisce, tentando di reprimere la sensazione che sente al solo pensiero che una come Ellie – una ragazza comprensiva e dolce, generosa e sempre sorridente – si sia ridotta in questo modo, a parlare così. Sa che sono rabbia e dolore a muovere la sua lingua, ma gli sembra comunque insolito e gli dispiace così tanto che debba provare una sofferenza tanto grande che non sa cosa darebbe per alleviare. Oltretutto, gli sembra di non fare abbastanza, perché nonostante lui abbia cambiato atteggiamento e le stia più vicino, lei continua a trincerarsi dietro silenzi e a uno scudo che ha costruito e che non sembra voler abbandonare.
 
Alza la testa solo quando avverte Ellie muoversi; la osserva con attenzione mentre lei gli si avvicina lentamente strisciando le gambe sul copriletto e restando in ginocchio. Si ferma solo quando è a qualche centimetro, gli occhi fissi sulle mani di Dean su cui poi appoggia le sue, fredde e ancora un po’ tremanti. Dean è sorpreso da questa sua nuova vicinanza, ma non fa niente per scostarla. Rimane immobile a osservarla, in silenzio.
«C’è una cosa che non capisco» alza la testa e lo guarda dritto negli occhi «Mi… mi chiedo perché rimani, perché non mi hai cacciata via. Io… io sono stanca e non voglio più stare male, ma quando chiudo gli occhi ricomincia tutto da capo e tu sei qui ogni volta anche se non me lo merito. Ti ho trattato male, ti ho urlato cose che ti hanno ferito e anche adesso ti ho risposto male e tu sei ancora qui. Non… non riesco a capire il perché».
 
Gli occhi le si fanno nuovamente un po’ lucidi – la voce quasi spezzata e profondamente triste – e Dean stringe a sua volta le sue mani, cercando le parole perché davvero non sa come replicare a quest’ammissione di colpe. È vero, Ellie ultimamente non è stata proprio gentile con lui, ma non per questo non merita aiuto ora che ne ha così bisogno.
Deglutisce e stringe le sue mani appena più forte, carezzando la sua pelle chiara con il pollice «È perché voglio aiutarti… starti vicino. Anche se ogni tanto mi sembra che tu non mi voglia neanche al tuo fianco».
Ellie lo fissa, mortificata «Non è così».
«Tu dici? Perché a me pare che a volte tu non voglia neanche lasciarti toccare» cerca di non essere brusco nel dirle queste cose, ma crede che se c’è un problema da affrontare è bene che lo facciano, altrimenti non riusciranno mai a ritrovare un equilibrio.
Ellie si morde il labbro inferiore e abbassa lo sguardo, la schiena curva. «È che ho… ho paura che tu desideri qualcosa che per adesso non… non posso darti» stringe le labbra per un lungo istante «Perché io… io vedo come mi guardi. So cosa vuoi».

In un altro momento, Dean avrebbe fatto di tutto pur di negare questa cosa. Avrebbe esibito il suo sorriso paraculo migliore e le avrebbe detto che si sta sbagliando e anche di grosso. Ma, arrivati a questo punto, perché negare l’evidenza? Perché fingere che non vuole di più, che gli basta andare a letto con lei una volta all’anno e poi vivere mesi separati da chissà quale catastrofe? Non serve a niente. Anche perché sa benissimo che, se mille incomprensioni e urgenze inderogabili non ci avessero messo lo zampino, avrebbe voluto stare con lei fin da subito, da quella maledetta mattina in cui non l’ha trovata al suo fianco dopo averci passato la notte insieme, a casa di Bobby. Riflette ancora un istante su questa cosa e… davvero, chi vuole prendere in giro? Lo voleva anche da prima. Era solo troppo testardo e convinto che lasciarsi andare fosse una colossale cazzata per ammetterlo.

Ringrazia il cielo che siano praticamente al buio perché si sente arrossire e almeno questo gli va di tenerlo per sé. La sua bocca si piega in un sorriso stanco «Perché, tu non vorresti lo stesso?» sente gli occhi di Ellie addosso ed è bello e terribilmente rassicurante vederla annuire in risposta.
Il suo sguardo è un po’ confuso. «È che ora… ora sento tutto in modo diverso e forse non hai voglia di aspettarmi ancora. L’hai fatto per mesi».
 
Dean sa che si riferisce al periodo che hanno trascorso lontani prima che Jim morisse. «Quando mi stancherò sarai la prima a saperlo» le sorride ancora; stavolta il suo intento è solo quello di sdrammatizzare un po’ ed Ellie sembra comprenderlo perché piega appena le labbra in una smorfia simile a un sorriso. Poi Dean si fa appena più serio, allungando una mano verso il suo viso per farle una carezza e la paura fottuta che sente all’idea che possa scansarsi non riuscirebbe a descriverla neanche a parole, ma fortunatamente Ellie non lo fa e Dean ne approfitta per accarezzarla con più decisione. «Non comportarti come se fossi ancora da sola, perché non è così. Non sei più da sola».
 
Ellie annuisce, la testa di nuovo bassa e i capelli a coprirle il viso. Scosta un po’ le lenzuola e si infila nuovamente lì sotto; non lo guarda mentre lo fa, neanche quando gli si avvicina e lo stringe, circondandogli il busto con le braccia sottili e appoggiando la testa sul suo petto. Dean rimane un po’ perplesso da quel gesto, da quell’abbraccio così sentito, ma fa finta di nulla e la stringe a sua volta, posandole un bacio sulla fronte. Poi Ellie si volta verso il comodino, allungando un braccio per raggiungere il cassetto da cui estrae il suo iPod. Ne srotola le cuffiette e ne porge una a Dean per poi accoccolarsi di nuovo tra le sue braccia.
Cerca qualcosa muovendo le dita su quei pulsantini minuscoli «Magari così riesco a dormire».
 
Dean annuisce e sbircia lo schermo finché Ellie non sceglie una canzone di Eric Clapton che parla di andare avanti e di lacrime versate in Paradiso [6] e Dean non è proprio sicuro che uno come Jim meriti un posto del genere, ma non sa neanche se esiste o no quindi va bene così. Ellie può immaginare ciò che vuole per suo padre, qualsiasi cosa la faccia sentire serena.
 
Si accomoda meglio sul materasso e la tiene ancora stretta e rimane vigile finché non sente il suo respiro cambiare e addormentarsi e solo allora lascia che la stanchezza abbia la meglio anche su di lui.
 
Il mattino dopo, però, Ellie non è nel letto accanto a lui. È uno strano tonfo a svegliare Dean che stiracchia le gambe e le braccia, sbuffando appena quando si accorge della sua assenza. Non poteva aspettarsi niente di diverso, in effetti, ma la speranza è l’ultima a morire e credeva che almeno, dopo aver capito che scoparsela è l’ultima delle sue prerogative al momento, Ellie sarebbe rimasta.
 
Si stropiccia gli occhi con le dita e si mette a sedere per un secondo per poi alzarsi, intento ad indagare sulla natura del rumore che l’ha destato. È ancora molto assonnato, perciò si muove lentamente; intorno al letto non c’è nulla, così si avvicina alla porta del bagno che è socchiusa. Bussa, pensando che ci sia Ellie e, quando non trova risposta, la apre piano e quello che si trova di fronte lo fa spaventare: Ellie è seduta a terra, appoggiata alle mattonelle del bagno tra il water e il lavandino, vestita con un paio di jeans e una canottiera rossa, gambe e braccia rilassate e la testa ciondolante da un lato, priva di conoscenza.
 
Dean si getta su di lei, gli occhi spalancati dalla paura, e prova a darle dei colpetti sul viso e a chiamarla, ma Ellie non si muove, pallida in viso. Dean si alza di nuovo e si precipita verso il suo comodino, afferrando velocemente il telefono che vi aveva appoggiato sopra e componendo il numero di Sam che gli risponde dopo un paio di squilli.
«… perché mi telefoni? Stiamo a un paio di stanze di distanza».
Dal tono che ha, sembra che Sam stia sorridendo, ma Dean non ne è assolutamente in vena adesso «Non è il momento di fare lo spiritoso. Nella tasca laterale del mio borsone c’è una bottiglia di scotch, portamela qua subito».
Riattacca prima di sentire la risposta e va ad aprire la porta della stanza per permettere a suo fratello di entrare per poi tornare da Ellie.
 
Sam compare dopo neanche un minuto, gli occhi fuori dalle orbite per la preoccupazione quando vede quella scena.
«Che è successo?»
«Non lo so, l’ho trovata così» gli prende la bottiglia di mano e la stappa velocemente. La sposta un po’, facendo in modo che si sdrai sul pavimento freddo. «Alzale le gambe». Sammy obbedisce e si abbassa per prenderle su le gambe fasciate da un paio di jeans scoloriti come il fratello gli ha ordinato mentre lui le si inginocchia accanto, sollevandole la testa con una mano mentre con l’altra le mette la bottiglia sotto il naso.
 
L’odore di quel liquido forte penetra nelle narici di Ellie che ben presto apre gli occhi, sbattendo forte le palpebre tre o quattro volte e guardando entrambi con aria spaesata.
 
Dean appoggia la bottiglia per terra e la scruta con attenzione, preoccupato. «Come ti senti? Stai meglio?»
«S-sì, credo» fa per alzarsi su, ma Dean scuote la testa deciso, spingendole appena una spalla verso il basso per non permettersi di alzarsi. «Col cavolo che ti alzi. Aspetta un pochino». Lei lo guarda, gli occhi grandi, ma Dean non la fa parlare nuovamente «Che è successo?»
Ellie sposta lo sguardo da lui a Sam che le appoggia le gambe nuovamente a terra e la guarda un po’ preoccupato. «Sono venuta in bagno e, dopo essermi lavata il viso, mi sono accorta che mi girava tutto e sentivo un gran calore qui» appoggia una mano sul davanti, tra il collo e il seno «Mi sono seduta per non cadere, ma non sono riuscita a rialzarmi».
«E ti è già successo altre volte?»
Ellie sbuffa appena «Perché mi fai sempre il terzo grado?» il suo tono non è arrabbiato, solo stanco.
«Perché non è stata una bella sensazione alzarmi dal letto e trovarti per terra!»
 
Ellie lo guarda e sembra un po’ mortificata, chissà per quale strano motivo. Dean si volta verso Sam «Hai già fatto colazione?» che scuote la testa. «Ok, allora ti dispiace… »
Sam lo interrompe prima di fargli finire la domanda. «Vado a prendere qualcosa da mangiare».
Dean tira le labbra in una linea sottile «Grazie fratellino. E… mi raccomando, prendi la cosa più grassa e calorica che esiste, una roba da diabete» sorride sghembo «Anche per te, naturalmente».
Sam rotea gli occhi prima di uscire dalla stanza, un gesto che fa allargare il sorriso divertito di Dean ancora di più.
 
Guarda nuovamente Ellie che se ne sta stesa per terra con le braccia incrociate al petto e un’espressione di finto disappunto dipinta sul volto; a vederla così, a Dean viene quasi da ridere. «Mi posso alzare adesso, papi
Dean la guarda male e sbuffa aria dal naso prima di alzarsi e riabbassarsi subito dopo verso Ellie per tenderle una mano che lei afferra per poi mettersi in piedi. Si avvicina al letto – i passi lenti e incerti – e Dean le cammina di fianco, gli occhi che non si staccano da lei che poi si siede, toglie le Converse rosse che aveva ai piedi e si stende. Chiude gli occhi per un attimo quando appoggia la testa sul cuscino, passandosi una mano sulla fronte.
 
Dean si siede sul bordo del materasso, proprio accanto a lei. «Ti senti meglio?» Ellie – gli occhi ancora chiusi – annuisce, ma Dean non ha intenzione di mollare e vorrebbe capire cos’è successo. Magari le è capitato altre volte. «Vedi, se non dormissi qui chissà quando saresti rinvenuta» cerca di metterla sullo scherzo; Ellie apre gli occhi – stanchi e un po’ opachi ma sempre così belli – e lo guarda, poi piega leggermente le labbra per fargli un piccolo sorriso e forse questo è il suo modo per dirgli che gli è grata per averla soccorsa. «Ti è successo altre volte?».
Lei fa spallucce. «Quando ero più piccola, sì. Era un po’ che non mi capitava, ma non è niente di grave» ma Dean continua a guardarla senza comprendere, perché per lui non è tanto normale svenire da un momento all’altro a meno che una persona non soffra di sbalzi di pressione o sia incinta e dubita fortemente che Ellie lo sia, considerando che adesso sarebbe una cosa piuttosto vistosa dato che l’ultima volta che l’hanno fatto risale a più di sei mesi fa. Ciò non toglie che potrebbe essere stata con qualcun altro nei mesi che hanno passato lontani ma, a differenza dell’anno che Ellie ha trascorso a Buckley, stavolta Dean non ha tante paranoie a riguardo. In fondo lei stava sempre con Jim, perciò… «È solo che sono stanca, Dean» la sua voce un po’ flebile interrompe il suo flusso di pensieri «Dormo e mangio poco e sono debilitata, semplicemente il mio fisico non ha retto, non c’è niente di cui preoccuparsi» Ellie gli sorride appena e Dean annuisce, senza comprendere fino in fondo cosa intende dire. «Sono solo arrivate nel momento sbagliato, è tutto ok».
Dean la fissa, ancora un po’ confuso. «Cosa?»
 
Ellie sbatte le palpebre un paio di volte, forse per nascondere che ha allargato un pochino gli occhi, come colta da una qualche sorpresa; si mette una mano davanti alla bocca e non riesce a contenere una risata e Dean la guarda senza muovere ciglio e si sente un idiota ma non può farci niente se non ha capito a cosa allude.

«Le mestruazioni, Dean!» lei ride ancora un pochino e Dean sente le guance andare a fuoco. Beh, almeno non è incinta. «Ti facevo più perspicace».
Dean si passa una mano sulla nuca, sviando lo sguardo. «Non sono un ginecologo».
«Di donne però ne hai avute parecchie».
«Sì, ma non mi raccontano delle loro… va beh, parliamo di qualcos’altro per favore?» Ellie sorride di nuovo e annuisce, guardandolo divertita e a Dean non dispiace così tanto aver fatto la figura dell’idiota se quello che ci ha guadagnato è un sorriso così sincero, uno di quelli che Ellie ha mostrato raramente negli ultimi tempi.
 
Come anche altre volte, si sorprende a guardarle la bocca un po’ troppo a lungo e distoglie lo sguardo, prima che lei possa farsi strane idee. È una cosa che si è accorto di fare spesso, in realtà, e talvolta vorrebbe assecondare l’istinto e allungarsi il tanto che basta a raggiungerla, ma a frenarlo c’è la consapevolezza che forse lei non ricambierebbe. Non perché non vuole, perché, soprattutto dopo stanotte, sa che non è così, ma piuttosto perché Ellie gli ha chiesto un po’ di tempo e gli sembrerebbe di farle un torto a fare tutto il contrario.
 
Non fa in tempo a dirle altro che sente bussare; si alza in piedi e si avvicina alla porta per poi aprirla. Ovviamente è Sammy che ha portato la colazione. Suo fratello entra e si avvicina al letto; Ellie lo guarda e gli sorride e deve capire cosa vuole chiederle quando dice «Sì, Sam, sto meglio, grazie. Anche per la colazione».
Lui le sorride e le porge un bel bicchierone di caffè – infilato in uno di quei cartoni da sei insieme ad altri due – e un sacchetto bianco. Ellie sbircia al suo interno e ne estrae due belle brioche, di cui ne addenta una in modo davvero buffo e a Dean spunta un sorriso a vederla mangiare con appetito, per una volta, e non controvoglia. Un po’ come faceva quando l’ha conosciuta, che di certo non aveva problemi a ingurgitare grandi quantità di cibo come adesso.
 
Sam porge la sua colazione anche a Dean e, mentre toglie la sua brioche dal sacchetto, tira le labbra in una linea sottile e questo è segno evidente che deve dire qualcosa. «Io, comunque, avrei trovato un caso».
Appunto. Dean lo guarda, sorridendo sbieco «Allora dopo questa colazione da campioni partiamo» sposta lo sguardo su Ellie «Che ne dici? Te la senti?»
Lei annuisce e sorride appena, continuando a masticare soddisfatta la sua brioche, e un altro tassello nel mondo di Dean sembra tornare al suo posto all’idea che, ancora una volta, lei abbia deciso di seguirli.
Una volta lo avrebbe dato per scontato, ma ora le cose sono diverse e non si è ancora abituato all’idea che Ellie non sembra avere alcuna voglia di fuggire ancora, qualcosa che, al solo pensiero, lo riempie di speranza e che lo spinge a continuare a starle accanto e ad aiutarla, sperando che lei ne tragga più beneficio possibile.

 

[1] John comunica ai suoi figli che ha scoperto la natura della cosa che ha ucciso la loro madre nell’episodio 1x11 “Scarecrow”.
[2] Traduzione letterale della frase «As long as I’m around, nothing bad is gonna happen to you» che Dean dice a Sam proprio nell’episodio 1x14 “Nightmares”, di cui Sam riassume a grandi linee la trama nei paragrafi precedenti.
[3] Riferimento all’episodio 1x09 “Home”.
[4] La copertina descritta è della versione inglese illustrata da John Tenniel di “Alice’s adventures in Wonderland”, il primo libro su Alice di Lewis Carroll.
[5] Le telefonate a John riportate sono precisi riferimenti rispettivamente agli episodi 1x09 “Home” e 1x12 “Faith”.
[6] La canzone di Eric Clapton citata è “Tears in Heaven”.
  
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