Anime & Manga > Full Metal Alchemist
Ricorda la storia  |       
Autore: Fiamma Drakon    13/07/2009    3 recensioni
Era stato a quattro anni.
Un incidente, come tanti possono accadere a bambini vivaci come loro, che amano trascorrere le belle giornate all’aria aperta.
Sembrava una cosa da nulla, una piccolezza, una semplice botta alla testa.
Ma quell’incidente, per lui, era stato fatale.
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
1_Incidente fatale Era stato a quattro anni.
Un incidente, come tanti possono accadere a bambini vivaci come loro, che amano trascorrere le belle giornate all’aria aperta. Sembrava una cosa da nulla, una piccolezza, una semplice botta alla testa.
Ma quell’incidente, per lui, era stato fatale: un trauma cranico gli aveva irreparabilmente danneggiato il cervello e, da quel momento, aveva iniziato a vaneggiare, divenendo di giorno in giorno più violento.
Suo fratello e sua mamma si erano presi cura di lui con ogni premura possibile: non lo facevano mai sforzare più del necessario, lo seguivano sempre in ogni azione del vivere quotidiano, nonostante quelle costanti attenzioni non giovassero affatto alla loro salute, che era divenuta sempre più fragile.
La madre, poi, quando il più grande aveva solo nove anni, si ammalò gravemente e morì, lasciando nelle mani del piccolo Alphonse il compito di preservare la salute mentale di suo fratello maggiore Edward.

Ora aveva quattordici anni e suo fratello quindici.
Non ricordava più neppure quand’era stata l’ultima volta che erano riusciti a giocare insieme. Di certo, era stato prima dell’incidente.
Alphonse tossì rumorosamente, in preda ad uno dei suoi attacchi di tosse improvvisi, per qualche istante, prima di poter riportare la propria attenzione sul magro pasto che stava preparando per sé e suo fratello.
Da quando era morta la mamma aveva dovuto arrangiarsi con ciò che riusciva a fare. Aveva imparato a cucinare alla meglio, a fare il bucato e a rammendare i vestiti, ma non poteva dare più di così. Il suo fisico era la più lampante prova di ciò che aveva subito in tutti quegli anni, degli innumerevoli sacrifici cui aveva dovuto sottostare, non per obbligo, ma per bontà verso suo fratello.
Il suo fisico emaciato era alto seppur incredibilmente magro, tant’era che la camicia che portava ad undici anni ancora gli stava larga, come i pantaloni. Il viso era scavato, scheletrico, gli occhi infossati, circondati da scure occhiaie profonde.
Tolse la pentola arrugginita dal fornello e ne rovesciò il contenuto in due piatti, uno dei quali prese dirigendosi al piano superiore.
Barcollando, arrancò su per gli scricchiolanti gradini, per poi avviarsi un poco più sicuro verso la camera dove stava suo fratello.
Bussò timidamente alla porta.
- Fratellone... la cena... - mormorò, rauco, prima di aprire la porta.
Socchiuse l’uscio e si affacciò all’interno.
- Al...? -.
La voce di suo fratello lo raggiunse, calma, fin troppo calma.
In essa si poteva chiaramente percepire un che di folle.
- Sì, fratellone... sono io... ti ho portato la c... -.
Fu interrotto da un colpo crudo che lo scaraventò contro lo stipite della porta, mozzandogli il fiato.
Il piatto cadde a terra, frantumandosi.
- F-fratellone... - balbettò Alphonse, confuso, dolorante, mentre cercava di rialzarsi.
Dinanzi a lui si stagliò l’ombra di suo fratello.
- AAAAAAAL! -.
Era un grido folle, l’ennesimo grido che preannunciava altro dolore.
L’atroce agonia che si prospettava tuttavia, non era paragonabile a quella che provava in cuor suo vedendo suo fratello ridotto in quello stato a causa di uno stupidissimo incidente.
Negli occhi d’oro di Edward non c’era razionalità, solo puro delirio, furia e aggressività.
Era come una bestia dalla quale era fuggita ogni più piccola stilla di raziocinio, perché anche gli animali erano dotati di ragione, seppur in misura ristretta.
La schiena riprese a dolergli, mentre i numerosi lividi che gli percorrevano la spina dorsale mandavano nuove, dolorose fitte.
Quando lo sentì muoversi, Al si portò un braccio a coprire il viso, invano, perché Ed lo scansò sgarbatamente e lo afferrò per il colletto, portandolo all’altezza dei suoi occhi.
Lo colpì in faccia, forte, spostandogli di lato il capo.
Gemendo, Alphonse si toccò il labbro dolorante e constatò che sanguinava. L’avrebbe medicato poi, assieme alle altre ferite che, era sicuro, suo fratello gli avrebbe inflitto. Era troppo stanco per poter cercare di opporre resistenza, come sempre: la notte non riusciva a dormire a causa dei rimorsi che lo tormentavano. Era convinto di essere lui la causa di quell’incidente e ciò non gli permetteva di chiudere occhio.
Condannato all’insonnia per espiare una colpa che, in realtà, non aveva.
Ma lui era fortemente convinto del contrario e considerava la violenza del fratello su di lui come una giusta punizione per l’orribile colpa di cui si sentiva macchiato.
Non si sforzò di rialzare il capo né di fuggire: rimase lì, attendendo un altro colpo, altro giusto dolore, che non tardò ad arrivare. Edward lo colpì brutalmente allo zigomo e, successivamente, dopo averlo sbattuto contro la parete, il suo pugno si abbatté su di lui, colpendolo all’occhio.
Sì, credeva fosse giusto che sfogasse la sua ira su di lui.
Ripensò a sua madre e le lacrime invasero i suoi occhi: almeno non avrebbe dovuto vederla al suo posto, perché non c’era più e, soprattutto, perché era completamente estranea all’accaduto.
Non avrebbe più potuto vederla soffrire, non l’avrebbe più vista piangere calde lacrime pensando al suo Edward, ridotto a niente più di un animale preda dell’istinto, non l’avrebbe più vista mentre cercava di farlo ragionare.
Perché lei era morta.
Le lacrime gli offuscarono la vista e scesero in dolci fiotti lungo il viso, bagnandogli un poco le guance scavate e violacee a causa dei lividi.
La sua mamma...
Quel ricordo gli straziava il cuore in modo anomalo, molto peggio di qualsiasi altro dolore avesse mai provato.
Era una sofferenza che lo lacerava dentro, nei più profondi recessi del suo subconscio.
Edward lo colpì nuovamente, al braccio.
Altro dolore, nullo in confronto a quello che gli tormentava il cuore.
- F-fratellone... - esalò, stanco, in un sussurro appena percettibile.
Suo fratello lo colpì ancora, con più violenza di prima, sul viso.
Avrebbe sopportato finché non l’avesse lasciato, perché ormai nei suoi muscoli non c’era più la minima stilla di forza né lui aveva più la volontà di reagire.
Altri colpi, feroci, che gli inflissero nuovi lividi.
Lui continuava a piangere: il ricordo di sua madre era vividamente impresso nella sua mente e gli provocava un dolore profondo e incommensurabile.
Quando Edward s’accorse delle lacrime che, copiose, fuoriuscivano dai lati dei suoi occhi, lo lasciò improvvisamente, facendolo cadere pesantemente a terra, quindi si volse e s’avviò verso la finestra, sedendosi poi sul davanzale a guardare fuori, senza minimamente considerarlo.
Alphonse si appoggiò contro la parete, cercando in sé le forze per rimettersi in piedi, invano.
Strisciò carponi fin fuori della stanza, si chiuse la porta alle spalle, quindi si accasciò sul pavimento, sofferente, in lacrime, rannicchiandosi in cerca di un rifugio grazie al quale poter sfuggire, anche solo per pochissimi istanti, al dolore che l’affliggeva, impietoso.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Full Metal Alchemist / Vai alla pagina dell'autore: Fiamma Drakon