The melting ice
Arya
Aveva così tanto
immaginato il
momento in cui avrebbe rivelato la sua identità al mondo che, quando
accadde
davvero, nemmeno se ne accorse più di tanto. Fu un gesto naturale
quello di
sfilarsi il volto di Myun e tornare a essere sé stessa, come non lo era
più
stata da quando aveva visto la lama abbattersi sul collo di Ned Stark.
Da quel
momento aveva avuto tanti nomi: Arry l’orfano, Cat la gatta dei canali,
Larra
la venditrice di vongole, Mercy e infine Myun. Ma ora, ora tornava a
essere
Arya, solo Arya.
Osservò con crescente
soddisfazione l’espressione di pura
incredulità, mista anche a timore, calare sulla faccia di Baelish. Non hai più
scampo, pensò e brandì Ago. Alle sue spalle Sansa doveva essere
caduta a terra
e la sentiva respirare affannosamente.
“Arya Stark è morta”
sussurrò Ditocorto.
Arya rise. “Se sono
qui davanti a te” osservò, “come potrei essere morta?
Comunque ti do una prova della mia identità. Al torneo in onore della
nomina a
Primo Cavaliere di mio padre tu ti sedesti accanto a Sansa e le
raccontasti la
storia dell’orribile bruciatura di Sandor Clegane e la raccomandasti di
non
farne parola con nessuno o il Mastino l’avrebbe uccisa.”
Baelish aveva perso
anche quel poco di colore che gli era rimasto.
“Arya…” mormorò Sansa
avvicinandosi “Com’è possibile? T-tu eri
lei? Non capisco…”
“Non è il momento per
le spiegazioni” obbiettò Arya
senza perdere di vista Ditocorto, “dobbiamo occuparci di lui…”
Baelish si voltò
e iniziò a correre verso l’uscita segreta. Era stata Arya a
mostrargliela,
tentando di attirarlo nel Parco degli Dei. Certo, non si sarebbe mai
aspettata
l’arrivo di Sansa.
“Sta scappando!”
esclamò Sansa ancora palesemente scossa
“Devo chiamare le guardie…”
“Non ce n’è bisogno”
replicò Arya e fischiò.
Dall’ombra uscirono i lupi del branco che si strinsero minacciosi
intorno a
Baelish. Le sue guardie, terrorizzate, l’avevano abbandonato ed era
fuggite.
Arya rise vedendo che l’unica arma a disposizione di Ditocorto era la
sua corta
daga. Gli si avvicinò. “Questa la prendo io” disse sfilandogliela dalla
mano.
Baelish oppose resistenza, ma Nymeria comparve ringhiando al fianco di
Arya.
“Ma quella è Nymeria?” chiese con
voce strozzata Sansa.
Arya si rigirò il
pugnale di Baelish fra le mani:
sembrava acciaio di Valyria ed aveva un’elsa di osso di drago decorata.
“L’ho
ritrovata sul Tridente” spiegò accennando alla meta-lupa.
Sansa stava scuotendo
la testa stupefatta. “Non ci posso credere…”
“Sansa” la chiamò
Baelish, “ti prego, lasciami andare… Ho fatto tutto questo per te…”
Ditocorto
tacque quando Arya gli puntò Ago alla gola.
Sansa le mise una
mano sulla spalla
e venne avanti. “Hai complottato contro la mia famiglia” sibilò e Arya
non
l’aveva mai vista così arrabbiata, “hai tentato di far uccidere mia
sorella.
Questo è imperdonabile.” Sansa sollevò il mento. “Sarai incarcerato”
disse con
voce fredda come il ghiaccio, “in attesa della tua condanna.” Baelish
strinse
le labbra.
In quel momento
sopraggiunse Cley Cerwyn con la sua scorta. “Cosa
succede, mia signora?” chiese preoccupato “Abbiamo sentito gridare e
poi ululati
di lupi…” Il suo sguardo si spostava nervoso da Sansa, a Baelish fino
ad Arya,
che aveva ancora un coltello e una spada braavosiana in mano.
“Abbiamo
catturato lord Baelish” spiegò Sansa con calma, “saresti così gentile
da
accompagnarlo nelle segrete?” Cerwyn chinò il capo e fece un cenno ai
suoi
uomini. Immediatamente i lupi si allontanarono e i soldati poterono
afferrare
Ditocorto. Stranamente Baelish non si divincolò, né tentò nuovamente di
fuggire.
Rimaste sole nel
Parco degli Dei, con solo il vento della notte a
colmare quel tetro silenzio, Sansa e Arya si guardarono. Poi lasciarono
cadere
le armi e si abbracciarono. Arya non ricordava nemmeno l’ultima volta
che si
era sentita così in pace. Affondò le dita nei capelli fiammanti di sua
sorellla
scompigliandoli, ma Sansa non protestò. Arya si accorse che stava
piangendo in
silenzio.
“Arya... mi dispiace,
mi dispiace tanto…” Si separarono e
Sansa aveva già gli occhi gonfi.
“Non è stata colpa
tua” disse Arya.
“Sono tua
sorella maggiore” singhiozzò Sansa, “avrei dovuto proteggerti e invece
ero così
egoista… Perdonami, ti prego…”
Arya trovò la forza
di sorridere. “Già fatto”
replicò, “tanti anni fa.” Sua sorella continuava a piangere e Arya le
mise una mano
sulla spalla.
“Vorrei essere
fuggita insieme a te da Approdo del Re” mormorò
Sansa, “sarei dovuta venire via… E’ stato orribile.”
Arya sapeva che era
meglio
non sottolineare tutti gli orrori che aveva dovuto affrontare lei. Le diede un colpetto gentile sulla
schiena. “Forza” la incoraggiò, “dobbiamo difendere il nostro castello,
non
credi?” Fece una piccola pausa. “Insieme” concluse stringendo forte la
mano di
sua sorella. Sansa annuì.
Raccolsero spade e
daga e si diressero nuovamente
verso le mura, i lupi che le seguivano tenendosi alla giusta distanza
insieme a
Nymeria e Spettro. I colpi d’ariete non erano cessati, ma non avevano
minimamente intaccato la resistenza del portone di legno. Arya ne fu
compiaciuta. Salirono sui bastioni e si sporsero. La situazione non era
cambiata e rimaneva in stato di stallo. Tutti le guardavano sorpresi,
ma
nessuno si azzardò a fermarle, forse anche per via dei due meta-lupi
che
venivano con loro.
“La vostra ribellione
è finita!” urlò Sansa “Abbiamo
catturato il traditore lord Baelish, ma tutti voi siete innocenti.
Sospendete
immediatamente l’attacco e saremo clementi. Scriverò io stessa a lord
Arryn,
sono sicura accetterà questa nuova situazione. Alzate la bandiera
bianca e noi
permetteremo ai vostri lord di entrare per dichiarare ancora una volta
la loro
fedeltà a casa Stark.”
I colpi d’ariete al
portone erano terminati. Sansa ed
Arya rimasero a guardare tutti quei cavalieri. Poi un cavallo venne
avanti e il
suo padrone scese a terra. Tirò fuori un fazzoletto bianco, una macchia
ben
visibile nella notte, e lo legò alla propria spada. In molti lo
imitarono. I
più reticenti tentarono di arretrare verso la Foresta del Lupo, ma Arya
vide
che la Fratellanza era lì ad aspettarli. Deve essere stata Sansa ad ordinare
così, realizzò.
Ormai il campo
sembrava punteggiato da piccoli pezzi di stoffa
candidi e Sansa annuì. “Che sia aperto il portone” ordinò, “e che a
tutti i
nobili signori della Valle sia permesso l’ingresso. I loro soldati
torneranno
all’accampamento.” Sansa scese nuovamente la scala di legno ed Arya la
seguì.
Una folla si stava accalcando vicino al portone che si stava
spalancando.
Sansa
si fece largo senza eccessiva cortesia. “Miei signori” disse ad alta
voce agli
alfieri di Grande Inverno, “accompagnate i nostri ospiti nella Sala
Grande e
reggiungeteci là. Accetteremo i giuramenti di fedeltà e terremo i
processi di
Petyr Baelish e Yohn Royce.”
“Mia signora”
obbiettò lord Glover, “forse non è
il caso di rimandare queste cose a domani mattina? Non credi abbiamo
tutti
bisogno di riposo?”
Sansa sollevò un
sopracciglio. “Qualcosa lo rimanderemo a
domani” assicurò, “le esecuzioni.” Detto questo, si diresse verso il
palazzo
con Arya che le veniva dietro.
Entrarono nella Sala
Grande, che nel frattempo
era stata rimessa in ordine, ed Arya provò un brivido di trepidazione
quando
tornò a sedersi al lungo tavolo di legno affianco a sua sorella.
Nymeria e
Spettro si accucciarono ai loro piedi e Sansa sorrise. “Bentornata a
casa”
sussurrò e la gente iniziò a entrare. I signori del Nord presero posto
ai
lunghi tavoli ancora visibilmente scombussolati.
Poi Podrick corse
dentro.
Quando vide Arya dovette riconoscerla, perché rimase paralizzato.
“Arya?”
chiese esterrefatto nella confusione che regnava in quella sala “Sei
davvero
Arya Stark?” Arya annuì e Podrick boccheggiò.
“Perché sei qui?”
chiese Sansa e
il ragazzo parve ridestarsi.
“Beric Dondarrion
dice che i bruti sono arrivati”
disse lui, “chiede quali siano gli ordini.”
Arya vide che sua
sorella si era
rilassata. “Dì a Beric di venire qui insieme a Thoros, il Mastino e
Tormund”
disse Sansa. “Gli altri possono tornare al loro accampamento.” Podrick
annuì e
uscì con la sua buffa corsetta a gambe larghe. Poi Sansa fece cenno al
primo
lord della Valle di avvicinarsi. Trascorsero quasi un’ora ad ascoltare
lo
stesso giuramento di fedeltà, a guardare uomini inginocchiarsi e posare
a terra
le proprie spade. Arya si stava annoiando a morte, ma Sansa non
mostrava cenno
di cedimento.
Alla fine fu portato
al loro cospetto Yohn Royce. Aveva le mani
legate davanti allo stomaco e sembrava smarrito. Appena vide Sansa,
cadde in
ginocchio. “Mia signora” balbettò, “ti scongiuro di credermi: ho fatto
quello
che ho fatto solo perché Baelish mi ha costretto.”
Sansa lo ignorò. “Yohn
Royce, lord di Runestone e tutore di Robin Arryn” iniziò con voce
profonda,
“sei accusato di aver cospirato insieme a lord Baelish per spodestare
il Re del
Nord. Come ti difendi?”
Royce sussultò. “Io
non c’entro!” esclamò con voce
strozzata “Mi ha costretto. Avrei dovuto obbedirli o mi avrebbe fatto
giustiziare… Ti prego, mia signora…”
Sansa lo stava
osservando. “Miei signori”
disse rivolgendosi alle tavolate, “chiedo il vostro parere.”
“E’ colpevole!”
gridò lord Cerwyn “E’ anche troppo vigliacco per ammetterlo.”
“Palesemente
colpevole” borbottò l’anziano Locke.
“Deve essere punito!”
esclamò Robett
Glover.
“Ma sentitevi!”
intervenne acida Barbrey Dustin “Sono qui da appena un
giorno e già mi sono resa conto del tormento a cui quest’uomo è stato
sottoposto da Baelish. Come potete essere stati così ciechi da non
accorgervene
tanto a lungo? E’ stato obbligato…”
“Poteva sempre
rifiutare, mia signora”
ribatté Robett, “e mantenere il suo onore intatto.”
“Ti ricordo, lord
Glover” si
intromise Lyanna Mormont, “che anche tu, così come la maggior parte dei
lord
qui presenti, hai obbedito per lungo tempo a Ramsay Bolton. Sai quindi
cosa si
prova quando si ha paura e nemmeno in quel caso ti ricordasti del tuo
onore o
di ciò che era giusto.” Robett Glover era ammutolito imbarazzato.
“Il nostro re
e la nostra signora sanno perdonare” andò avanti lady Mormont, “o le
teste di
più della metà della gente che ora è seduta in questa stanza sarebbero
dovute
essere infilate su delle picche.” La sala divenne silenziosa.
Poi Sansa si alzò
in piedi. “Lord Royce” chiamò e Yohn sollevò lo sguardo, “ti permetto
di fare
ritorno nella Valle con i tuoi uomini a due condizioni. Dovrai giurare
nuovamente fedeltà alla mia casata e convincere lord Arryn a cessare
ogni
ostilità nei confronti del Nord e a riconoscere mio fratello come suo
re. Il suo titolo di lord rimarrà intatto. Se
accetti queste condizioni sei libero di andare.”
Royce si prostrò ai
suoi
piedi. “Giuro che la mia fedeltà non vacillerà mai più” balbettò con
voce
tremante, “e mi auguro di poter servire adeguatamente casa Stark fino
al giorno
della mia morte. Parlerò con lord Robin e lo persuaderò ad abbandonare
l’idea
di questa follia, che, ne sono sicuro, non è partita da lui. Che gli
dei ti
benedicano, mia signora.”
Sansa annuì.
“Partirai domani all’alba” decretò, “per
ora ti permetterò di ritornare alle tue stanze.” Royce si inchinò
profondamente
e fu scortato fuori.
L’atmosfera nella
sala iniziò a scaldarsi e Arya seppe in anticipo
che stava per essere portato a giudizio Ditocorto. Baelish entrò nella
sala con
volto impassibile e non dovette neppure essere trascinato. Camminava
lentamente, con la schiena ben’eretta e guardava Sansa negli occhi.
“Lord
Baelish” disse lei con voce tagliente, “sei accusato di tradimento,
manipolazione, menzogna, cospirazione e tentativo di colpo di stato.
Tutto il
Nord è stato testimone delle tue azioni, ma hai qualcosa da dire a tua
discolpa?”
Ditocorto sorrise.
“Sono fiero” disse, “di averti fatto da maestro
di vita Sansa, provo orgoglio vedendoti oggi così.”
Non sembrava
intenzionato a
proseguire, perciò Sansa annuì. “Molto bene” disse asciutta, “se non
vuoi
aggiungere altro, sarai scortato nuovamente nella tua cella. Domani
mattina si
terrà la tua esecuzione.” Anche mentre veniva condotto via, Baelish non
smise
un attimo di sorridere. Arya moriva dalla voglia di prenderlo a pugni.
Sansa
scrollò appena il capo. “Ma ora è tempo di una meravigliosa notizia!”
esclamò
con voce commossa rivolta alla sala “E’ con immensa gioia che vi
presento mia
sorella, Arya Stark.”
L’annuncio fu seguito
da qualche secondo di puro
tangibile stupore. Poi i presenti esplosero in urla di felicità. Arya
venne
loro incontro, con Nymeria sempre al suo fianco, e sorrise. Tutti la
chiamavano, tutti le facevano domande e dicevano il suo nome. Non si
era mai
sentita così ben voluta in tutta la sua vita.
“Lupa di Sangue!”
esclamavano
delle voci dal fondo della sala ed Arya seppe che la Fratellanza era
arrivata.
Sansa le venne vicino e le strinse forte la mano. Casa Stark esiste ancora,
pensò Arya, ora e per sempre.
Quella notte andarono
a dormire che era quasi
l’alba. Le loro stanze erano ancora vicine e Sansa sorrise quando aprì
la
porta. “Sansa” la chiamò Arya e la sorella esitò, “come hai fatto ad
uccidere
Alys Karstark?”
Sansa fece una
risatina. “L’ho infilzata con la punta” rivelò a
bassa voce ed Arya provò ammirazione. Poi, incurante del cadavere che
ancora
giaceva ai piedi del suo letto, si mise sotto le coperte
addormentandosi
immediatamente.
Solo poche ore più
tardi erano nuovamente tutti riuniti nel
cortile. E’ strano portare di nuovo
i colori degli Stark, si disse Arya
giocherellando con la piccola spilla a forma di meta-lupo. Aveva
perfino
permesso a sua sorella di farle le trecce. Sansa invece appariva
radiosa,
nonostante le occhiaie bluastre, e salutava tutti i lord che si
riversavano in
quel fazzoletto di terra.
Quando il ceppo
sporco di sangue secco fu
posizionato, Arya non poté resistere e fece una smorfia. Ci siamo, pensò e Baelish fu fatto
rimanere in piedi, mani incatenate dietro la schiena,
davanti al pezzo di legno. Aveva i capelli scompigliati e indossava una
semplice camicia grigia mezza sbottonata, ma non sembrava spaventato.
Sansa ed
Arya gli si pararono di fronte, mentre i presenti si sistemavano in
cerchio
intorno a loro. Tra di essi c’erano anche i membri della Fratellanza,
Tormund
con i suoi bruti e il Mastino, che stranamente rimaneva in silenzio.
Sansa fece
un passo avanti, il vento che le gonfiava il mantello scuro. “Petyr
Baelish”
inziò con voce solenne tenendo in mano Ambra, “lord di Harrenhal e lord
potettore della Valle, in nome di Jon Snow Re del Nord, del Tridente e
della
Valle, io, Sansa di casa Stark, lady di Grande Inverno e di Forte
Terrore e
principessa del Nord ti condanno a morte.” Fece una pausa. “Hai delle
ultime
parole?”
Ditocorto sorrise.
“Ti auguro di essere felice” disse
solamente e piegò spontaneamente la testa sul ceppo. Arya ricordava
bene le parole
di suo padre: chi proclama la sentenza deve anche eseguirla. Sansa però
esitava.
Arya allora le si
affiancò. “Posso farlo io” sussurrò, “lascialo a
me…”
Sansa si voltò verso
di lei incerta. “Hai mai ucciso qualcuno?” chiese con
un filo di voce .
Arya trattenne a
stento le risa. “Ho ucciso io Walder Frey”
mormorò e gli occhi di Sansa brillarono di sorpresa e ammirazione. Poi
lei
annuì.
“Ago non può tagliare
teste” continuò Arya, “puoi prestarmi Ambra?”
Sansa le porse la
spada ed Arya se la passò da una mano all’altra. Era davvero
leggera, quasi snella quanto Ago. Baelish non si muoveva ed Arya gli
venne più
vicino. Sansa non stava distogliendo lo sguardo e aveva le labbra
serrate.
Quando Arya sollevò la spada poté sentire tutti i presenti trattenere
il respiro
con un sol uomo. Questo è per mio
padre, pensò facendo calare la spada sul
collo di Ditocorto. Il sangue spruzzò immediatamente, ma Arya non si
ritrasse e
neppure Sansa lo fece. Mentre la testa di Baelish rotolava lasciando
nella neve
fresca una tetra scia rossa, Arya e Sansa, a lati opposti del ceppo,
sollevarono contemporaneamente lo sguardo e si fissarono.
Il Nord era appena
stato liberato.
Jaime
Fu di gran lunga la
marcia più
estenuante di tutta la sua vita. Camminarono nelle basse acque gelide
del
Mander e risalirono verso nord. Presto Jaime non sentì più i piedi, ma
non
avevano altra scelta se non quella di proseguire. Non avevano nemmeno
cavalli
ed erano costretti a mantenere un passo sostenuto se speravano di non
essere
trovati dagli esploratori dei Tyrell. Jaime voleva solo uscire
dall’Altopiano
il più in fretta possibile.
Superarono Sala dei
Cedri, ma non sostarono: erano
ancora troppo vicini ad Alto Giardino. Quando arrivarono a Ponteamaro,
tuttavia, Jaime dovette cedere alle richieste dei suoi soldati sfiniti
e
fermare la comitiva in una locanda per la notte. Ebbero modo perciò di
lavarsi
e indossare abiti più comodi al posto delle pesanti armature di
metallo.
Jaime rimase sveglio tutta la notte tentando di scrivere una lettera a
Cersei che
non provocasse un suo istantaneo scatto di collera. Continuava a
scrivere e
stracciare fogli. Quando il sole sorse, si arrese e legò alla zampa del
corvo l’ultimo messaggio che aveva buttato giù. Che Cersei se la prenda pure,
pensò con amarezza vestendosi, stavolta
ha ragione.
La missione ad Alto
Giardino era stata un completo disastro e Jaime si era salvato solo
grazie
all’intervento di Brienne. Quando le aveva detto addio, sola sulle mura
e in
lacrime, Jaime aveva desiderato di poter fare una scelta diversa.
Avrebbe
potuto seguirla a Nord, ricominciare una vita normale lontano da quella
follia. Ma non posso, pensava
e quella convinzione feriva più di qualsiasi arma. Non
esisteva uno scenario in cui gli era concesso di trascorrere gli anni
che gli
restavano in pace. Davanti a lui c’era solo incertezza, dolore e morte.
Non
voleva abbandonare Cersei e in parte si incolpava per come era
diventata. Non
ero con lei quando avevo bisogno di me, si diceva tormentandosi,
non l’ho
aiutata abbastanza.
Tutto quello che
Cersei aveva subìto era stato a causa
della sua incapacità di proteggerla. Era probabilmente troppo tardi per
sperare
di rimediare, ma Jaime doveva tornare indietro e affrontare le
conseguenze
delle sue azioni: non c’era via di fuga.
Ripresero il cammino
il giorno seguente
e stavolta percorsero la Strada delle Rose. Correvano grandi rischi
lungo
quella via, ma fortunatamente la strada era deserta. Arrivarono sotto
le mura
di Approdo del Re al tramonto e Jaime fu sorpreso dal trovare un
accampamento
Lannister alle porte della città. E
questi soldati da dove saltano fuori? si
chiese mentre il portone veniva aperto.
Cersei non era lì ad
accoglierlo, non
che Jaime si aspettasse di vederla. Attraversarono esausti le spoglie
vie della
città e videro occhi spaventati che li spiavano dalle finestre e da
dietro
porte falsamente sbarrate. Jaime si impose di ignorarli e proseguì fino
alla
Fortezza Rossa. Fu accolto al portone da Qyburn, sorridente e subdolo
come al
solito.
Il Primo Cavaliere
chinò il capo appena lo vide. “Ser Jaime” lo salutò,
“i tuoi soldati troveranno posto nell’accampamento: spero il viaggio di
ritorno
non sia stato troppo arduo.”
Jaime fu costretto a
stirare le labbra in un
sorriso. “Una meraviglia” rispose con voce di miele. Poi fece cenno ai
suoi
uomini superstiti di ritornare all’accampamento. In effetti non avrei dovuto
portarli fino a qui. Quando erano entrati in città, però, la sua
testa era stata altrove.
Qyburn
sorrise. “Sua grazia vuole vederti” annunciò, “seguimi per favore.”
Jaime gli
venne dietro e presto realizzò non erano diretti nelle stanze di
Cersei.
Poi
Qyburn si fermò. “Devo avvertirti” lo mise in guardia, “sua grazia non
è del
suo umore migliore.” Jaime l’aveva immaginato, ma sentì lo stesso un
brivido
scendergli lungo la schiena. Qyburn aprì la porta e lo lasciò entrare.
Cersei
sedeva rigida sul Trono di Spade e la sala era deserta. Jaime venne
avanti, gli
occhi di ghiaccio di sua sorella che lo trapassavano.
“Grazie, Qyburn”
disse la
regina, “puoi andare. Ricorda a ser Gregor di rimanere a guardia della
porta e
poi torna a dedicarti ai tuoi compiti. Rafforza la rete di spie: voglio
sapere
cosa succede nell’Altopiano.”
Qyburn si inchinò.
“Sarà fatto, vostra grazia”
disse ed uscì chiudendosi la pesante porta alle spalle.
Jaime tornò a
concentrarsi su Cersei. Era vestita di nero, come succedeva sempre più
di
frequente ormai, e portava la corona d’argento sui corti capelli biondi
che arrivavano ora a sfiorare la nuca. Stringeva le dita intorno alle
lame dei
braccioli fino a far diventare bianche le nocche e a Jaime parve di
rivedere
Aerys Targaryen con le mani ferite ed eternamente sanguinanti.
“Non ti conviene
stringere così forte” l’avvertì accennando ai braccioli, “o finirai per
tagliarti.”
“Credi di essere
spiritoso?” lo apostrofò acida Cersei “Lo sai chi
era spiritoso? Il nostro caro fratellino…”
Jaime abbassò lo
sguardo. “Cersei…”
iniziò, ma lei alzò una mano per farlo tacere. Jaime ammutolì.
“Ti avevo affidato
il mio esercito. Dovevi solamente prendere un castello deserto
e…”
“Non era deserto.”
Cersei fece una
smorfia. “No, certo
che no” replicò, “sei addirittura riuscito a farti incastrare da una
donnetta.”
Jaime strinse le
labbra. “Alerie si è suicidata davanti ai miei occhi” disse
con voce grave venendo avanti, “dovresti ammirare il suo coraggio, non
denigrarlo.”
Cersei sbuffò. “Il
suicidio è l’arma dei deboli” replicò gelida,
“di coloro che sanno di non poter vincere e di non avere la forza per
controbattere.”
Jaime d’istinto pensò
a Tommen. E lui perché l’ha fatto
Cersei? pensò Forse perché
avevi distrutto tutto ciò a cui teneva, perché
avevi spazzato via il suo regno? Ma quelli restarono solo
pensieri. “Cersei” disse
tentando un’altra strategia, “ho fatto tutto quello che ho potuto, i
miei
uomini sono morti per te…”
“I miei
uomini vorrai dire. E hanno fatto proprio
quello che non dovevano: morire.”
Jaime indicò la
porta. “Abbiamo combattuto”
disse, “siamo stati traditi dai nostri stessi alleati, c’erano dei
Dothraki e
un labirinto…”
“Non mi interessano i
problemi che avete dovuto affrontare” ribatté Cersei. “Era una
battaglia, cosa
credevi di trovare? So solo che Alto Giardino è ancora nelle mani dei
nostri
nemici e che Daenerys è sempre più forte, mentre noi ci siamo
indeboliti.”
Jaime si morse il
labbro. “Ci rifaremo” promise, “ne sono certo, ti do la mia
parola.”
Cersei rise. “La tua
parola?” chiese sarcastica alzandosi in piedi “Credi
conti ancora qualcosa per me la tua parola? Mi hai promesso tante cose
in
questi anni, Jaime, e non hai mai tenuto fede alla tua parola.” Cersei
gli venne
incontro e Jaime non si mosse. “Mi avevi promesso che saresti rimasto
sempre al
mio fianco” sussurrò, “che non avresti permesso a nessuno di farmi del
male,
che avresti protetto i nostri figli…”
Non potevo proteggerli da te. “Mi
dispiace” disse Jaime, “davvero, so che in parte è
stata colpa mia, ma voglio rimediare… Sono tornato per questo…” Cersei
lo
fissava con uno sguardo indecifrabile. Le faccio ribrezzo, realizzò Jaime
e
sentì qualcosa dentro di lui risvegliarsi: la rabbia.
“Con le tue azioni
hai
messo in pericolo la nostra famiglia” stava dicendo Cersei, “e il mio
regno.
Non ti si possono affidare nemmeno i compiti più facili.”
“Avevamo Alto
Giardino” replicò Jaime alzando la voce, “avevamo alzato il vessillo
del leone,
i nostri soldati erano nei cortili…”
“E allora poi cos’è
successo?” chiese
freddamente Cersei “Se la missione stava procedendo così bene, allora
perché
sei tornato con ottanta uomini?”
“Ottantasei” non poté
far a meno di
correggerla Jaime e gli occhi di Cersei si infiammarono.
“E’ tutto uno scherzo
per te?” chiese la regina dandogli una spinta sul petto abbastanza
forte da
farlo barcollare.
“Ti ho già detto che
voglio rimediare!” ripeté Jaime quasi
urlando.
Cersei gli voltò le
spalle. Camminò fino all’unico tavolino presente
nella sala e si versò il vino. Poi si sedette nuovamente sul Trono di
Spade. “Allora
sentiamo” disse portandosi il calice alle labbra, “Cosa intendi fare
per
fermare Daenerys Targaryen?”
Jaime si ricompose.
“Tentare di prendere
l’Altopiano con la forza è stato un errore” disse, “forse avremmo
dovuto
convocare i lord e discutere.”
Cersei rise. “Non ci
sarà più niente da
discutere” ribatté, “Olenna Tyrell è morta.”
Jaime sussultò. “Come
è accaduto?”
chiese incredulo rifiutando di credere che fosse un crollo dovuto alla
vecchiaia.
“Di certo non per
merito tuo” replicò Cersei e Jaime incassò il
colpo, “pare sia stato veleno…”
“Che ne sarà
dell’esercito dell’Altopiano e dei
Dothraki?”
Cersei scrollò le
spalle. “Se somo saggi resteranno
ad Alto Giardino.”
Jaime era scettico.
“Garth Hightower ha il
comando” disse, “e vuole vendetta per sua sorella e per i suoi nipoti.
Non
credo si fermerà.”
Cersei sospirò. “In
ogni caso il nostro problema primario è
un altro” osservò, “Euron ha attaccato Roccia del Drago con tutti i
suoi Uomini
di Ferro e i miei mercenari riuscendo anche a perdere. Daenerys ha
ottenuto
l’alleanza di ventimila uomini delle Terre della Tempesta ed ha
lasciato
l’isola.”
Jaime era rimasto
immobile. La situazione era davvero degenerata. “Dove
è diretta?” chiese preoccupato “Credi vorrà attaccare Approdo del Re
ora?”
Cersei scosse la
testa. “Dovrà prima aspettare di riunirsi alla guarnigione di
Alto Giardino” spiegò, “per il momento tenterà di sbarcare da qualche
parte
nelle terre della Corona. Ho già mandato corvi a tutti i lord e detto
loro di
opporsi al suo arrivo con ogni mezzo.” Jaime sapeva che ciò non sarebbe
mai
stato possibile, ma non disse nulla.
“Quindi ora siamo
qui” proseguì Cersei
posando il gomito destro sul bracciolo, “cosa mi consigli di fare?”
Ah, adesso
chiede la mia opinione? pensò Jaime irritato Qyburn non è più disponibile?
In ogni caso tentò di pensare ad una soluzione. “Potremmo andarle
incontro”
suggerì, “spostando la battaglia lontano dalla città…”
Cersei fece una
smorfia.
“Sei uscito di senno?” chiese nuovamente rabbiosa “Affrontare quei suoi
sporchi
soldati stranieri in campo aperto? No, mai: resteremo all’interno delle
mura di
Approdo del Re.”
“Cersei, Daenerys ha
tre draghi” le ricordò Jaime, “potrebbe
mettere a ferro e fuoco la città.”
“Potrebbe” concesse
Cersei, “ma il mio esercito
la fermerà prima.”
Jaime capì che si riferiva ai soldati accampati alle porte di Approdo del Re. “Dove hai trovato così tanti soldati?” chiese sospettoso.
Cersei sorrise. “Ho
tolto la guarnigione da Castel Granito” spiegò, “e
reclutato ogni uomo in grado di tenere in mano una lancia in tutto
l’Ovest.”
Jaime era esterrefatto. “Nemmeno nei momenti più accesi della guerra nostro padre avrebbe mai anche solo pensato di lasciare sguarnito Castel Granito.”
Cersei alzò gli occhi
al cielo. “E tu come fai a sapere cosa pensava?”
chiese “Se ricordo bene eri a marcire in una cella…”
Jaime avanzò.
“Cersei, è
pericoloso” l’avvisò, “e se Daenerys decidesse di prendere Castel
Granito?”
“Non lo farà mai, è
troppo presa dalla sua ridicola rivendicazione al Trono”
replicò Cersei con noncuranza. “E se anche dovesse espugnare Castel
Granito,
cosa avremmo perso? Non c’è più oro nelle miniere di Lannisport…”
Jaime non
poteva credere stesse parlando sul serio. “E’ il castello della nostra
famiglia” disse tentando di mantenere la calma, “appartiena ai
Lannister da…”
“Oh, ti prego
risparmiami i discorsi di nostro padre” lo
interruppe annoiata Cersei, “li conosco molto meglio di te. I miei
soldati
servono qui, la questione è chiusa.”
Jaime sapeva bene non
aveva senso
insistere. “Bronn è morto” disse dopo un momento di silenzio, “è stato
ucciso
da Randyll Tarly.”
Cersei non parve
scossa da quella notizia. “Era solo un
mercenario” osservò, “se non fosse stato per lui Tyrion sarebbe stato
giustiziato a Nido dell’Aquila e tutte queste tragedie non sarebbero
avvenute.”
“E chi avrebbe
salvato la città da Stannis?” si lasciò sfuggire Jaime.
Cersei
lo fissò intensamente. “Tywin Lannister ha salvato la città da Stannis”
lo
corresse scandendo bene le parole.
“Il trucco
dell’Altofuoco però è stato opera
di Tyrion” insistette con amarezza Jaime.
“L’idea era stata
mia.”
Jaime sentì un vuoto
nello stomaco. Incapace di ribattere, preferì rimanere
in silenzio. Trascorsero momenti di tensione. “Posso andare?” chiese
infine
Jaime “Vostra grazia?” Cersei annuì senza guardarlo e Jaime le voltò le
spalle,
incamminandosi verso l’uscita. Aveva urgentemente bisogno d’aria. Uscì
sul
terrazzo e si aggrappò con l’unica mano al davanzale. Davanti a lui si
allargava Approdo del Re, le macerie del Tempio di Baelor ancora
polverose. La
città era quieta, come in attesa di qualcosa. La paura l’ha paralizzata,
realizzò con dolore Jaime, la gente
si è rassegnata.
Stranamente quel
pensiero risvegliava in lui uno strano desiderio di ribellione. Nessuno
proteggerà la città quando Daenerys arriverà con i suoi draghi,
pensò, perciò
lo devo fare io. Tutti avrebbero combattuto per il potere, per
la vendetta,
per il Trono di Spade, ma lui non avrebbe dimenticato il popolo che
tanto stava
soffrendo anche a causa sua. Proteggerò
Approdo del Re dai Dothraki, si disse
Jaime, dagli Immacolati, dalla
vendetta dell’Altopiano, dal fuoco dei draghi.
Ma soprattutto
avrebbe protetto la città da Cersei.
Daenerys
Dopo il cosiglio
Daenerys, Jon e
Tyrion erano scesi nei sotterranei a recuperare il Vetro di Drago.
Tyrion
faceva strada con la fiaccola in mano e, come primo esploratore, fu
quello che
più andò a sbattere contro le insidiose rocce affilate delle pareti.
Dany
procedeva a rilento, tastando bene la pietra con la mano prima di
proseguire.
Nel buio che li circondava riusciva a distinguere solo lo scintillio
dell’armatura di Jon, che la precedeva. Nessuno di loro sapeva
esattamente dove
fossero diretti, ma andavano avanti. Alla fine di un lungo corridoio
oscuro
Tyrion si fermò di colpo e Daenerys rischiò quasi di andare addosso a
Jon.
“Cosa c’è?” chiese
lui.
“Credo di aver
trovato qualcosa” disse Tyrion
chinandosi a terra. Raccolse quel qualcosa e lo porse a Jon, che lo
esaminò.
“E’ Vetro di Drago” decretò e lo passò a Daenerys, “vuol dire che ce
n’è altro
qui intorno.”
Dany si rigirò il
pezzo di Ossidiana fra le mani. Era a forma di
rozzo pugnale ed aveva i bordi sceggiati. Nonostante non fosse stato
ancora
lavorato, appariva liscio al tatto, proprio come il vero vetro. Tyrion
e Jon ne
avevano raccolti un’altra decina.
“Come hanno fatto ad arrivarci quaggiù?” chiese Daenerys.
Jon si voltò verso di
lei. “Non ne ho idea” ammise. “I Guardiani
della Notte ne hanno trovati alcuni al Pugno dei Primi Uomini, oltre la
Barriera, ma non sappiamo come ci siano arrivati.”
Daenerys abbassò
nuovamente
lo sguardo sulla strana arma. “Ma che cos’è esattamente?” insistette “E
come
mai può uccidere gli Estranei?” Jon non sembrava in grado di
rispondere.
“Alcuni ritengono il
Vetro di Drago derivi dal respiro di drago congelato” si
intromise Tyrion continuando a frugare in terra, “altri che sia stato
creato
tramite la magia dei Figli della Foresta, altri ancora che fu portato
qui dai
Primi Uomini.” Si sollevò in piedi, le braccia cariche di Ossidiana.
“Non credo
ci sarà dato sapere la verità” concluse, “ma se può uccidere gli
Estranei, è
l’arma perfetta.”
Presto si resero
conto che non sarebbe mai stato possibile
per loro tre trasportare tutto il Vetro di Drago in superficie, così
Daenerys
decise che avrebbe inviato gli Immacolati più tardi. Quando finalmente
lasciarono quel posto umido e scomodo, il sole era già tramontato.
“Non credo
qualcuno abbia voglia di cenare stasera” osservò Tyrion, “io penso
proprio me
ne andrò a letto.” Il nano represse un gigantesco sbadiglio dietro la
mano ed
accennò un saluto. Poi si allontanò fischiettando.
“Darò ordini ai
cuochi di
servire da mangiare a chiunque lo chieda” disse Daenerys, “ma neanch’io
ho
fame. Tu ne hai?” Jon scosse la testa. La battaglia l’aveva davvero
provato e
Dany sapeva di non star messa certo meglio. I miei draghi mi hanno
abbandonata, pensò, sono
stata tradita ed alcuni fra i mei più valenti soldati
sono morti.
Quel pomeriggio era
andata a trovare Jorah, nuovamente messo a
letto da maestro Pylos. “Khaleesi” l’aveva salutata Jorah, “sono felice
tu stia
bene.” Dany si era subito accertata che la ferita alla gamba di Jorah
non fosse
troppo grave.
Fortunatamente
maestro Pylos l’aveva tranquillizzata. “Non
preoccuparti, vostra grazia” aveva detto, “solo una ferita, neanche
troppo
profonda, domani mattina sarà già in grado di camminare in modo
corretto.” Jon
invece si era rifiutato di far esaminare da Pylos le sue di ferite e
Daenerys aveva
smesso di chiedere.
Era andata vicino a
Jorah ed aveva sorriso. “Continui a
salvarmi la vita” aveva sussurrato, “e io non so più come
ringraziarti.” Jorah
aveva abbassato lo sguardo imbarazzato.
“Daario Naharis ha
cercato di uccidermi”
aveva sussurato Dany prima di essere vinta dalla commozione, “m-mia ha
tradita
e poi…”
“E’ tutto finito”
aveva detto Jorah con una smorfia di dolore, “è
morto.”
“Ha detto era stata
colpa mia” aveva mormorato Daenerys piangendo, “ha
detto l’avevo abbandonato… Forse aveva ragione lui, io sono stata una
sciocca…”
“No!” aveva esclamato
Jorah prendendole i polsi “Non lo dire mai più! Se
davvero ti avesse amata, ti avrebbe saputo lasciar andare: l’ha fatto
solo per
oro.” Ma Dany sapeva Jorah si sbagliava. Daario era il tradimento per amore,
aveva pensato, l’oro non c’entra.
Quella notte,
nonostante il sonno arretrato
e l’incredibile stanchezza, Daenerys non era riuscita a dormire bene.
Continuava a muoversi, a sbadigliare e non si fidava a tenere gli occhi
chiusi.
La mattina dopo
invece non riusciva a tenerli aperti. Sembrava che gli altri
fossero riusciti a riposarsi molto meglio di lei, soprattutto Tyrion,
che
appariva piuttosto allegro. Scesero alla spiaggia dopo colazione e
Daenerys
diede ordine di preparare le navi. Tutto il Vetro di Drago raccolto fu
caricato
sulla Furia Grigia, una delle navi
dirette a Porto Bianco.
Anche quella mattina
Dany si sforzò di ripetere
l’ennesimo discorso preparato d’incoraggiamento e poi vennero i saluti.
Le
prime navi a salpare furono quelle di Yara, dirette alle Isole di
Ferro, e poi
fu il turno delle imbarcazioni degli Immacolati, che si apprestavano a
espugnare Castel Granito. Daenerys osservò commossa Missandei e Verme
Grigio
stringersi in un abbraccio e Tyrion agitare la mano dalla nave in segno
di
saluto. Non avrebbe mai voluto dividere in quel modo il suo esercito,
ma
non c’era scelta. I nemici erano forti e loro dovevano assicurarsi di
avere
terreno saldo su più fronti possibili.
Poi Jon era andato a
salutare Davos,
mentre Tyene, Benjameen, Missandei e Theon salivano sulla nave.
Daenerys aveva
dato disposizioni affinché Jorah fosse scortato nella sua cabina
all’alba, in
modo da lasciarlo poi riposare. Presto Jon fu di ritorno e Daenerys
vide Davos
e Gendry allontanarsi sul molo. Si voltò un’ultima volta verso l’isola.
Era
strano lasciarla così presto dopo averla sognata così a lungo.
Jon le prese la
mano. “Andiamo?” chiese a bassa voce e Dany annuì. Salirono insieme
sulla Raggio di Luce e rimasero a guardare la
costa che si allontanava. Avevano virato verso nord, e poi si sarebbero
diretti
ad occidente. Presto le navi della Tempesta, che per il primo tratto li
avevano
affiancati, non furono più in vista. Fu allora che Daenerys sentì Jon
sospirare, un sospiro lungo, quasi sconsolato.
“Qualcosa non va?”
chiese
girandosi verso di lui.
Jon tenne gli occhi
bassi, fissi sulla scia che la loro
nave lasciava sull’acqua. “Sarei dovuto andare con loro” disse in tono
mesto,
“sarei dovuto tornare da mia sorella. Sono settimane che non ricevo sue
notizie, sono preoccupato.”
Daenerys si morse il
labbro. “Io non avrei voluto
tenerti lontano dalla tua famiglia” confidò, “mi dispiace, non odiarmi
per
questo.”
Jon voltò la testa a
guardarla, i gomiti poggiati sul parapetto. “Io
non ti odio” replicò, “so che è mio dovere seguirti ora che noi…” Fece
cadere
la frase e tornò a fissare il mare.
Dany si sentiva
sempre più a disagio e non
sapeva cosa dire. “Non mi hai più parlato del Nord” riuscì a tirare
fuori
infine.
Jon sospirò di nuovo.
“Non so se ne ho voglia ora” rispose e raddrizzò
la schiena. “Dove sono i tuoi draghi?”
Dany non avrebbe
voluto rispodere.
“Rhaegal ci sta seguendo” rispose con un filo di voce, “Drogon l’ho
visto
stamattina: era ancora scosso, ma credo abbia capito che deve venire
con noi.
Di Viserion ancora nessuna traccia.”
“Dove credi sia
andato?” chiese Jon e
Daenerys pensò a quante volte aveva posto a sé stessa quella domanda.
“Non lo
so.”
Jon la stava
guardando.
“Ti ringrazio per
quello che
hai fatto con Euron” mormorò Daenerys senza guardarlo negli occhi,
“Verme
Grigio mi ha raccontato tutto. Hai rischiato di morire…”
Jon rise. “Si rischia
di morire tutti i giorni” osservò con voce leggera.
“Valar Morghulis”
mormorò
Dany prima di accorgersi di aver parlato in valyriano.
Stranamente Jon non
sembrava confuso. “Tutti gli uomini devono morire” tradusse
correttamente.
Daenerys annuì. “Hai
paura della morte?”
Jon abbassò
nuovamente lo
sguardo. “No” rispose con un’amarezza che Dany non comprese.
“Io ne sono
terrorizzata” disse lei e Jon la guardò, “non c’è sera in cui io non
vada a
letto con la paura e mattina in cui non mi svegli con questo stesso
pensiero.
Ho paura di morire prima di aver avuto l’opportunità di vivere la vita
che ho
sempre sognato, la vita per cui mi preparo da sempre.” Daenerys
sospirò. “Sai”
continuò, “forse sono sempre stata così ossessionata dall’idea della
morte e di
ciò che avrei potuto perdere da dimenticarmi di vivere il presente.”
“E’ un
problema di molti, dicono” osservò con gentilezza Jon.
Dany sorrise
tristemente. “All’inizio pensavo di non poter riuscire a vivere fra i
Dothraki”
rivelò, “erano un popolo così rude, così rozzo e ne avevo paura. La mia
relazione con Khal Drogo non era iniziata bene ed ogni notte
peggiorava. C’è
stato un momento in cui ho pensato di non poter più andare avanti, in
cui ho
creduto fosse meglio farla finita.”
Jon la ascoltava a
bocca aperta. “E che cos’è
che ti ha spinto a continuare?” chiese “Che ti ha dato la forza
necessaria…”
Daenerys sorrise. “Le
mie tre uova di drago” rispose. “Erano la cosa più bella
e preziosa che avessi mai posseduto e mi bastava guardarle per
ricordarmi chi
ero: io sono il sangue del drago ed i draghi non possono avere paura.”
Ora
anche Jon stava sorridendo. “Da allora ho saputo chi ero” continuò
Daenerys,
“cosa sarei potuta diventare e quando mi sono lanciata nelle fiamme
insieme al
cadavere di mio marito non ho avuto paura. E il giorno dopo erano nati
i miei
draghi.”
Jon sembrava
sinceramente colpito. “Vorrei avere la tua sicurezza”
disse in tono piatto, “sapere esattamente chi sono, a quale posto
davvero
appartengo, ma non l’ho mai saputo. Sono stato il bastardo di Grande
Inverno,
poi una recluta dei Guardiani della Notte, poi un disertore che si era
unito ai
bruti. Sono diventato Lord Comandante, Re del Nord e ora sto per
sposare la
regina dei Sette Regni, ma non ho mai trovato il mio posto.”
“Perché hai
infranto il tuo giuramento?”
Un’ombra calò sul
volto di Jon.
“Preferisco non parlarne.” rispose e Daenerys non insistette.
“Quando ci
sposeremo” disse lei dopo qualche momento, “ho intenzione di
legittimizzarti come
Jon Stark e…”
“Così che tu non
sfiguri davanti ai Sette Regni sposando un
bastardo?”
La voce di Jon era
tagliente e Dany ne fu ferita. “Non intendevo questo” si
affrettò a dire, “è solo che mi sembrava giusto, tutto qui.”
Jon si era
allontanato verso le cabine. “Che ne sai di che cosa è giusto?” chiese
“Che ne
puo’ sapere un Targaryen, voi che da sempre vi vantate del vostro
sangue?”
Daenerys era
ammutolita. Perché si è arrabbiato?
si chiese con le lacrime
agli occhi Cos’ho detto di sbagliato?
Poi Jon si passò una
mano sul viso e
Dany vide che era pentito. “Perdonami” sussurrò, “non so che cosa mi
sia
preso.”
Daenerys gli si
avvicinò. “Va tutto bene” lo rassicurò, “ma ti prego
dimmi perché non vuoi…?”
Jon sospirò e
all’improvviso era triste e stanco.
“Sono solo Jon Snow” replicò, “solo questo e niente di più. Non
chiedermi di
essere qualcosa di diverso: non ne sarei capace.”
Daenerys scosse la
testa.
“Non te lo chiederò mai più” promise e in quel momento arrivò
Missandei. La
giovane li osservò con un’espressione a metà fra il sorpreso e
l’imbarazzato.
Jon subito fece un passo indietro.
“Vostra grazia” disse
Missandei, “non vorrei
disturbare, ma il cuoco dice che è pronto a servire il pranzo.”
Daenerys
sorrise. “Grazie per avermi avvertita” replicò, “arriviamo subito. Puoi
chiamare anche gli altri per favore?” Missandei chinò il capo e rientrò
sottocoperta. Daenerys e Jon si guardarono.
“Sarà meglio andare”
disse Jon e
Dany annuì. Si recarono insieme nella cabina dove era stato imbandito
il
tavolo. Presto furono raggiunti anche da Tyene, Benjameen, Missandei e
per
ultimo Theon, che si portava sempre dietro l’arco di osso di drago.
Dany era
felice di vedere che si era così affezionato a quel dono. Per prima fu
servita
la zuppa di legumi e cipolle, che tutti sorseggiarono in religioso
silenzio.
Poi fu il turno della carne di maiale cotta al sangue, che risultò
particolarmente difficile da tagliare. A Theon sfuggì anche la
forchetta per
terra e ciò bastò a rompere la rigida atmosfera che aveva accompaganto
il
pasto.
Daenerys sapeva che
erano tutti prostrati dalla recente battaglia, che
aveva sentito in giro inziava ad essere chiamata la Battaglia delle
Cinque
Torri, e da quelle future. Tyene aveva perso la madre e due sorelle nel
giro di un paio giorni, Missandei era terrorizzata dall’idea di non
rivedere più Verme
Grigio e Theon era in pensiero per Yara. Poi ovviamente c’era Jon, i
cui
sentimenti rappresentavano in gran parte ancora un mistero per
Daenerys.
Il
pranzo si concluse dopo qualche scambio di battute di circostanza.
Tutti
sembravano avere fretta di tornare nelle proprie stanze. Presto quindi
si
separarono e ognuno andò per la propria strada senza dire una parola
più del
necessario. Daenerys vide che Jon stava per uscire e gli prese un
braccio. Lui
si voltò a guardarla confuso.
“Ti devo far vedere
una cosa” disse Dany, “puoi
venire nella mia cabina?”
Jon parve pensarci su
un attimo. Poi annuì e la seguì
fino alla porta della cabina che era stata assegnata alla regina.
Daenerys la
aprì ed entrambi entrarono. La stanza non era particolarmente grande ed
era
scarsamente arredata. Aveva un largo finestrino così basso sul mare che
le onde
spesso colpivano il vetro e una piccola libreria con una decina dei
libri più
famosi. Il letto però era spazioso e il materasso soffice scompariva
sotto le
coperte verde-erba. Al centro della stanza c’era il tavolo, con un
cesto di
frutta sopra. Daenerys lo prese in mano e lo spostò sul comodino. Poi
distese
un enorme foglio e si scansò per permettere a Jon di vedere.
Lui poggiò le mani
sul tavolo ed accarezzò la carta incredulo. “Ma questo è…”
“Il Nord” concluse
per lui Daenerys, “l’ho disegnata io stessa copiandola da un vecchio
libro:
pensavo sarebbe stato un esercizio valido per imparare un po’ di
geografia.”
Jon era rimasto senza parole.
“Ti piace?” chiese
Dany improvvisamente impacciata.
“E’ meravigliosa”
rispose Jon con un sorriso e Daenerys sentì il suo cuore
accelerare senza un vero motivo.
“Avanti” disse a
bassa voce, “raccontami
qualcosa…”
Jon si spostò in modo
che le fosse esattamente davanti, solo il
tavolo a dividerli. “Grande Inverno secondo la leggenda è stato
costruito da
Brandon il Costruttore” iniziò sbiarciando di tanto in tanto
l’espressione di
Daenerys, “il fondatore di casa Stark famoso per aver eretto anche la
Barriera.”
“E’
davvero alta come la descrivono?” chiese Dany curiosa.
Jon annuì. “Anche di
più” disse indicandola sulla cartina, “la prima volta che la vidi
pensavo sarei
morto prima di arrivare in cima. Quando c’è la nebbia poi non si riesce
nemmeno
a vedere dove finisce.” Jon indicò qualcosa sul disegno. “Io vivevo al
Castello
Nero” raccontò e Daenerys percepì qualcosa di molto simile a nostalgia
nella
sua voce, “insieme alla maggior parte dei Guardiani della Notte. Poi ci
sono
anche altre fortezze lungo la Barriera, come la Torre delle Ombre e il
For…”
“Basta con le nozioni
o non ricorderò nulla” scherzò Daenerys, “raccontami di
te: voglio sapere come vivevi…”
“Alla Barriera?”
Dany
scosse la testa. “Immagino lì la vita fosse noiosa” disse, “dimmi di
Grande
Inverno…”
Jon deglutì, ma
stavolta non si tirò indietro. “Cosa vuoi sapere?”
“Cosa vuoi
raccontarmi?”
Jon sorrise. Il suo
sguardo si
perse nel vuoto. “Da piccolo io e Robb correvamo sulle mura” iniziò con
calma.
“Ricordo che una volta litigammo mentre eravamo lassù su chi dovesse
fare il
lord di Grande Inverno nel nostro gioco e lui mi diede una spinta. Io
caddi sulla
scala e mi storsi una caviglia. Nostro padre mise Robb in punizione
dicendo che
doveva rimanere in camera da solo per tutto il pomeriggio, ma io lo
andai a
trovare lo stesso. Lui mi chiese scusa per la spinta e mi promise che
almeno
una volta mi avebbe fatto fare il lord di Grande Inverno. Ma
solo una volta, ricordo che disse.” Jon aveva gli occhi lucidi e
Daenerys si sentì in colpa.
“Mia sorella Arya
invece mi seguiva ovunque”
continuò però lui e sorrise, “era sempre là, con gli occhi sgranati, a
guardarmi mentre mi allenavo con la spada. Diceva di voler provare
anche lei,
ma nostro padre non lo permetteva. Arya non voleva cucire, danzare o
suonare
uno strumento e scappava sempre dalle sue lezioni facendo infuriare la
septa. Dicevano
tutti che ci assomigliavamo tantissimo e devo ammettere che con lei
avevo un
rapporto speciale. Quando ho dovuto dirle addio prima di partire per la
Barriera le ho regalato una spada e lei l’ha chiamata Ago.”
Jon sospirò,
nuovamente triste. “Sansa dice che Arya è fuggita da Approdo del Re
prima
dell’esecuzione di nostro padre” disse con voce spenta “e che da allora
nessuno
aveva saputo cosa le fosse successo. Poi Brienne l’ha incontrata, ma
Arya è
scappata di nuovo.” Jon tacque. Daenerys provava un sentimento strano
in quel
momento, mentre sentiva qualcuno raccontare della sua famiglia. Lei non
aveva
mai avuto una famiglia e non aveva ricordi da condividere. Tutto ciò
era
incredibilmente frustrante.
“Bran e Rickon invece
amavano le storie” continuò
all’improvviso Jon e Dany sollevò lo sguardo, “tutte le storie della
Vecchia
Nan. Ricordo una volta la Vecchia Nan si era ammalata e Rickon venne da
me e
Robb chiedendo una storia. Tentammo di raccontare loro quella del lord
che
viveva nella torre insanguinata, ma non ci ricordavamo il finale.
Allora
abbiamo inventato ed è venuto fuori il racconto più esilarante che
abbia mai
sentito. Alla fine erano arrivate anche Sansa ed Arya e stavamo tutti
ridendo.”
Sembrava quasi Jon volesse buttare tutto fuori, come necessitasse di
liberarsi
di un peso. Mi ha scelto come
confidente, realizzò all’improvviso Daenerys e
provò un moto d’orgoglio e commozione.
Jon aveva abbassato
gli occhi. “E mio
padre…” iniziò e Dany si sporse in avanti. Jon si era fermato di nuovo.
“Che
uomo era?” chiese allora Daenerys curiosa.
“L’uomo migliore che
abbia mai
conosciuto” replicò lui, “lo ammiravo tantissimo e il mio unico
desiderio era
di renderlo orgoglioso diventando come lui. Sognavo che un giorno mi
avrebbe
reso uno della sua famiglia a tutti gli effetti, uno Stark, e che mi
avrebbe
donato Ghiaccio, la spada della sua casata. Ma era un sogno stupido.”
“Non è
vero!” esclamò Daenerys e Jon la guardò interdetto “Volevi solo essere
accettato, non c’è niente di cui vergognarsi.”
Jon rise. “Ero
piccolo
all’epoca” disse, “non capivo come funzionava il mondo, speravo
addirittura che
avrei potuto ereditare Grande Inverno. Poi ho capito che non sarebbe
mai
successo ed ho abbandonato quei sogni.”
“Eppure sei qui”
osservò sorridendo
Daenerys, “sei Re del Nord, nonostante tutto.”
Jon la guardò negli
occhi. “Aye,
sono Re del Nord” replicò, “perché la mia famiglia è morta.”
Ma Dany scosse la
testa. “Sai, c’è soprattutto una cosa che ammiro di te” rivelò, “dove
sei
riuscito ad arrivare pur non essendo ambizioso. I tuoi uomini ti
seguono perché
credono in te, perché ti hanno scelto…”
“Così come fanno i
tuoi.”
Dany strinse le
labbra. “Metà del mio esercito pensa unicamente alla vendetta”
disse, “io rappresento solamente un’alternativa a Cersei.” Poi sollevò
la
testa. “Ma tu hai unito il Nord” proseguì, “e Tyrion dice che è stata
un’azione
molto complicata. Hai fatto pace con i bruti e loro hanno combattuto
per te.”
“Ho solamente detto
loro cosa sarebbe successo se il Nord non si fosse unito”
disse Jon.
“Non solo questo”
replicò Dany, “tu glielo hai fatto capire e il Nord
ha avuto fiducia in
te.”
Jon sembrava
sorpreso. Daenerys gli si avvicinò facendo ondeggiare
leggermente i fianchi. Le sue mani accarezzavano il tavolo e lisciavano
il
disegno. Jon non si mosse. Daenerys gli andò dietro e gli posò le mani
sulle
spalle.
Poi si protese in
avanti e gli sussurrò in un orecchio. “Sconfiggeremo
i nemici” mormorò, “i miei, i tuoi: tutti quanti. Insieme. E poi il
mondo sarà nostro.”
Jon si voltò di
scatto a fronteggiarla, le pupille dilatate
e il fiato corto. E Dany lo baciò con trasporto, mettendogli le braccia
intorno
al collo e chiudendo gli occhi. Inizialmente Jon tentò di ritrarsi, poi
Daenerys sentì che i suoi muscoli si stavano rilassando e le sue labbra
restituivano il bacio. Jon le mise le mani sui fianchi e assecondò i
suoi
movimenti. Dany affondò le dita nei suoi capelli e lo strinse a sé.
Rimasero
così per qualche secondo, poi, lentamente, si allontanarono.
Jon la guardava
con occhi grandi ed un leggero rossore sulle guance. Sembrava un bimbo
che è
stato colto in flagrante mentre tentava di rubare dalla dispensa. Aprì
la
bocca per parlare, ma Dany gli appoggiò l’indice sulle labbra. “Non
dire
niente” sussurrò e gli accarezzò una guancia, resa ruvida dalla barba.
Poi le
sue mani scesero e Daenerys iniziò a sciogliere i lacci del farsetto,
senza mai
staccare gli occhi dai suoi. Quando finalmente la giacca e la camicia
caddero a
terra, Daenerys fece un passo indietro per ammirare il suo lavoro. Vide
con
orrore che il petto di Jon era attraversato da cicatrici. Sembravano
essere
state causate da tagli profondi, che Dany stentava a credere si fossero
rimarginati. Accarezzò la cicatrice che correva sopra il suo cuore.
“Come te le
sei fatte queste?” chiese con un filo di voce, ma Jon le prese il viso
fra le
mani e la costrinse delicatamente a guardarlo negli occhi.
“Non dire niente”
mormorò e la baciò di nuovo.
Stavolta le sue mani
iniziarono timide a
spogliarla e Daenerys lo incoraggiò facendo ondeggiare il proprio
corpo. Presto
fu libera dal pesante mantello e subito dopo anche il vestito fu
sbottonato.
Rimasta nuda, Dany sorrise. Vedeva che gli occhi di Jon la stavano
divorando,
ma lui ancora non si muoveva. Sembrava combattuto. Daenerys allora gli
prese
una mano e lasciò che lui la accarezzasse. Poteva vedere la passione
risvegliarsi nei suoi occhi e ne fu piacevolmente sorpresa. Jon le era
sempre
apparso così freddo e controllato, ma evidentemente era capace di
provare
emozioni come tutti. Ci penso io a
fargli perdere il controllo, si disse
Daenerys e, afferratolo all’improvviso, lo spinse supino sul letto.
Jon emise
un verso acuto e Dany si lasciò scappare un risolino. Salì lentamente
sul
letto, avendo cura di continuare il contatto fisico. Jon aveva
sollevato il
capo e la stava osservando. Il suo petto si sollevava e si abbassava
velocemente e Daenerys era certa di poter udire il rumore del suo
cuore. Per un
attimo le sembrò di essere tornata nella tenda di Khal Drogo, ma poi
allontanò
quel pensiero. Il passato era cenere e non si può vivere di ricordi.
Ciò che
contava era il presente e l’uomo che aveva davanti.
Vide che fra i loro
corpi
esisteva ancora un ostacolo e si affrettò a slacciare le braghe di Jon.
Le fece
poi scivolare lentamente via e si stese sopra di lui. Appoggiò le mani
sul
materasso sopra le spalle di Jon per un attimo, poi sollevò la schiena.
Iniziò
con movimenti lenti, proprio come Doreah le aveva insegnato tanto tempo
prima,
e nemmeno per un attimo smise di guardarlo negli occhi. Presto Jon si
tirò su
per abbracciarla e le loro posizioni si invertirono. Dany si sentì
adagiare sul
soffice materasso e rilassò i muscoli.
Presto i loro respiri
si fecero corti e
rapidi e l’iniziale calma divenne frenesia nel tentativo di placare il
loro
bisogno. I movimenti divennero veloci e urgenti e Daenerys si ritrovò a
gemere
sottovoce. Alla fine urlò forte il suo nome. Rotolarono sul letto
esausti e
rimasero a fissare il soffitto per un po’. Dany cercava disperatamente
di
riprendere fiato. Non si era mai sentita così completa come all’apice
di quel
rapporto ed ora che l’eccitazione stava scemando tornava la lucidità.
Si voltò
verso Jon e lo abbracciò. Pochi secondi più tardi sentì le sue braccia
circondarla e si sentì a casa, per la prima volta nella sua vita,
nonostante
quella non fosse la Roccia del Drago, o Approdo del Re, o Pentos,
nonostante
quella fosse solamente una nave che puzzava di muffa e legno tarlato.
Dany alzò
il mento e guardò Jon negli occhi. Si accorse che stava sorridendo ed
il suo
cuore si riscaldò.
“Credo che mi sto
innamorando” mormorò lei sfiorando con le labbra il suo
orecchio e fu sicura di aver assunto la sfumatura del cielo al
tramonto.
L’espressione di Jon
cambiò bruscamente e Daenerys temette stesse per andarsene
o urlare o entrambe le cose. Invece l’abbracciò più stretta.
“Credo anch’io”
replicò Jon con un sussurro e Dany pensò di non aver mai vissuto un
momento
tanto felice.
Bran
Gli Estranei ai piedi
della
Barriera non sembravano avere fretta. Erano già quattro giorni che il
loro
esercito era fermo là sotto senza dare cenno di voler attaccare. I
non-morti
rimanevano immobili e non sentivano il freddo o la stanchezza, né
avevano
bisogno di cibo. I Guardiani della Notte invece e i soldati che erano
stati
inviati da Jon erano allo stremo delle forze. Ormai una tormenta
perenne
avvolgeva il Castello Nero e risultava impossibile inviare dei corvi
con
richieste di soccorso. Gli emissari di Edd non erano riusciti a
raggiungere
nemmeno il Forte Orientale o Torre delle Ombre e i Guardiani si erano
dovuti
rassegnare a rimanere del tutto isolati.
Bran e Meera
trascorrevano le giornate
nella stanza del Lord Comandante tentando di non permettere ai loro
arti di
congelare. I fuochi che venivano accesi morivano dopo pochi minuti ed
era
difficile anche cucinare. Meera aveva sempre la punta del naso
arrossata e
aveva preso l’abitutdine di sfregarsi le mani gelide ogni due secondi.
Bran si
era dovuto trattenere più di una volta dal manifestare il suo fastidio.
“Se
potessi vi manderei entrambi a Grande Inverno” continuava a ripetere
Edd, “ma è
impossibile con questa tempesta.”
Bran lo sapeva e non
si lamentava. Lo zio
Benjen l’aveva avvertito, gli aveva detto che si sarebbe trovato alla
Barriera
all’arrivo del Re della Notte. Aveva però anche detto che Bran sarebbe
stato
pronto e invece non era così. Bran non aveva la minima idea di quello
che
avrebbe dovuto fare.
La seconda notte
sognò nuovamente i Figli della Foresta.
Erano agitati e continuavano a parlare nella loro strana e
incomprensibile
lingua con voci acute. Poi iniziarono a lanciare esclamazioni anche
nella
lingua comune. Dicevano che ormai era tardi, che il Re della Notte
aveva
trovato ciò che cercava e gli uomini erano condannati.
Bran però non si
voleva
arrendere. “Cosa posso fare?” chiese e i Figli della Foresta si
voltarono verso
di lui “Cosa posso fare per fermarli?”
“Niente” rispose uno
dei Figli, “non c’è
più tempo, Brandon Stark.”
Bran si morse il
labbro. “Cos’è che il Re della Notte
ha trovato?” chiese disperato.
I Figli della Foresta
inclinarono la testa e si
apprestarono a rispondere, ma le loro parole furono portate via dal
vento e
Bran si svegliò. Quando si accorse di essere nuovamente nel suo letto
senza
aver appreso l’informazione che gli serviva, tirò un pugno alla parete
urlando.
Immediatamente Meera
si precipitò nella stanza. “Cosa succede?” chiese spaventata.
Bran scosse la testa.
“Stavano per dirmi cosa cercava” rispose, “ma poi mi sono
svegliato.” Meera non sembrò aver ben capito e Bran decise di non
parlarne più.
Il pomeriggio del
quarto giorno Edd convocò una riunione nel refettorio. A Bran
e Meera fu concesso il privilegio di sedere in prima fila davanti al
tavolo del
Lord Comandante. Edd sembrava più nervoso del solito, così come tutti i
presenti. L’inverno li sta consumando,
pensò Bran guardandosi intorno. Meera
gli prese una mano e la strinse forte.
Emmett il Ferrigno si
alzò in piedi e parlò per
primo. “Questa mattina Ulmer era di turno sulla Barriera con i suoi
ragazzi”
iniziò, “e ha riferito che i morti stanno serrando i ranghi. Dice di
aver
visto anche alcuni Estranei avanzare…” Ci furono molti mormorii ed Edd
dovette
battere due volte il bicchiere sul tavolo per riportare il silenzio.
“Dobbiamo
colpirli!” esclamò un uomo seduto vicino alla finestra che Bran ricordò
chiamarsi Kedge “Distruggerli prima che abbiano l’opportunità di
scalfire la
Barriera.”
“Se non te ne fossi
accorto” ribatté un altro confratello, “sono
troppi. Siamo riusciti gli dei solo sanno come a sconfiggere l’esercito
di
bruti di Mance Rayder, ma stavolta non ce la faremo.”
“Hai preso il ruolo
di
Edd come uccello del malagurio, Tim?” chiese Emmett e tutti risero.
“Dico solo
la verità” si difese Tim, “non possiamo sperare di ricacciarli
indietro, non
questa volta.”
“Notizie da Cotter Pyke e Denys Mallister?” chiese un uomo dal fondo della sala.
Edd scosse la testa.
“Non è possibile raggiungere in alcun
modo il Forte Orientale e la Torre delle Ombre” rispose, “gli uomini
che
abbiamo a disposizione sono qui.” Ci fu un momento di silenzio.
“Perché non
attaccano?” chiese poi Emmett guardano Edd.
“Non ne ho idea”
replicò il Lord
Comandante. “Al Pugno dei Primi Uomini e ad Aspra Dimora non hanno
certo
esitato: sono stati sempre i primi ad attaccare e non hanno lasciato il
tempo
di organizzare una difesa.”
“Forse stavolta sanno
di avere più tempo perché
siamo spacciati” suggerì tetro Tim e il suo vicino gli diede una
spinta.
“Jon
non aveva detto che il fuoco può uccidere i non-morti?” chiese d’un
tratto Iron
Emmett e Bran sussultò udendo il nome di suo fratello. Cugino, si corresse
mentalmente per l’ennesima volta.
“Aveva salvato
Mormont con una torcia”
continuò Emmett, “ricordo che stette tre giorni con la mano fasciata.”
Eddison
annuì. “Sì, lo ricordo anch’io” replicò, “cosa consigli quindi di
fare?”
Emmett
sospirò. “Colpirli con frecce incendiate” propose allargando le
braccia. Bran
sapeva già in principio che non avrebbe funzionato.
“Ci abbiamo già
provato”
intervenne infatti un confratello con il volto sfregiato, “ma le frecce
si
spengono quasi subito dopo essere state scoccate. Sembra quasi il fuoco
si
ritiri davanti al loro esercito. Sarà colpa di questo fottuto inverno.”
Il suo
commento ricevette i brontolii d’assenso di più di metà dei presenti.
“Abbiamo
ancora del Vetro di Drago?” chiese Kedge, ma il Lord Comandante scosse
la
testa. “Tutto perduto ad Aspra Dimora” rispose con amarezza. “Jon ha
promesso
che ce ne porterà dell’altro, ma non credo arriverà in tempo.” Le
terribili
implicazioni di quell’affermazione aleggiarono tetre sulla sala.
“In ogni caso
non sarebbe servito a molto contro i morti” proseguì quindi Edd, “sono
troppi.”
“Ma almeno avremmo
potuto tentare di uccidere gli
Estranei!” esclamò Kedge e ricevette il supporto di molti.
“Sì, ma non ce
l’abbiamo” tagliò corto il Lord Comandante, “quindi dobbiamo trovare
un’altra
strategia.”
“E quale sarebbe?”
chiese sarcastico Kedge “Aspettiamo forse che se
ne vadano da soli come stiamo facendo?”
“Piano con le parole,
Occhiobianco”
replicò duro Emmett, “stai parlando al tuo Lord Comandante.”
Kedge sbuffò. “Se
non facciamo qualcosa tra poco saremo tutti morti” ribatté acido, “e
allora non
sarà rimasto nessun Lord Comandante a
cui i nostri cadaveri dovranno ubbidire.”
“No” intervenne Bran
senza riuscire a
trattenersi, “ci sarà solamente un esercito di Estranei a cui i nostri
cadaveri
dovranno ubbidire.”
Kedge si voltò verso
di lui, il suo occhio cieco ancora più
minaccioso di quello sano. “Cosa ti fa credere di poter arrivare qui a
sparare
sentenze, ragazzino?” chiese con voce minacciosa “Non mi sembra indossi
i
vestiti neri, quindi non ti immischiare.”
“Sono Brandon Stark”
ribatté Bran
alzando la voce, “legittimo lord di Grande Inverno e si dà il caso che
io abbia
diritto a essere ascoltato.” Suo padre gliel’aveva detto tante volte
quando
tornava dalle sue visite alla Barriera. Kedge rimase in silenzio.
“Cosa hai da dire, Bran?” chiese Edd con gentilezza.
Bran si tirò su come
meglio poteva. “Io
ho visto il Re della Notte da molto più vicino di chiunque di voi”
iniziò
facendo scorrere lo sguardo sulle facce che lo fissavano, “e Meera ha
ucciso un
Estraneo con la sua lancia e il Vetro di Drago.” Ci furono mormorii
d’ammirazione.
“Finché la Barriera
si ergerà, saremo al sicuro” proseguì Bran,
“i morti non possono attraversarla.”
“Come fai a saperlo?”
chiese Edd inarcando
un sopracciglio.
“Me l’hanno detto i
Figli della Foresta” mentì Bran non
sapendo bene come spiegare la situazione di Benjen.
“I Figli della
Foresta si
sono estinti” dichiarò un confratello in prima fila, “non esistono più
da
millenni.”
“Proprio come gli
Estranei” ribatté Bran e nessuno parlò. “La
Barriera è protetta da incantesimi potenti” andò avanti, “e non
permetteranno
ai morti di oltrepassarla finché non saranno rimossi.”
Bran inspirò
profondamente. “Tuttavia non siamo al sicuro” proseguì. “Il Re della
Notte ha
un’arma, qualcosa che probabilmente permetterà al suo esercito di
oltrepassare
la Barriera…”
“Che cos’è?” chiese Emmett.
Bran abbassò il capo.
“Non lo so.”
“Allora come fai a
sapere che esiste?” chiese velenoso Kedge.
“Lo sa e
basta” intervenne Meera, “e vi conviene dargli ascolto se non volete
che…”
In
quel momento la porta sbatté ed entrò un uomo.
“Elron” esclamò Edd,
“che cosa
succede?”
Elron venne avanti.
“I morti si spostano” disse, “vengono verso la
Barriera.”
“Il Re della Notte è
con loro?” chiese Bran senza riuscire a
mascherare la sua urgenza.
Elron si voltò verso
di lui, ma fortunatamente non
fece domande. “Credo di sì” rispose, “ho visto un Estraneo a cavallo
separarsi
dal gruppo.”
Bran sussultò. E’ qui, pensò rabbrividendo, ha con sé quello che
ha trovato.
Edd stava dando
ordini. “Tutti quelli che non possono combattere
vadano sulla Barriera” disse, “gli altri davanti al portone.”
“Non basterà!”
esclamò Bran ed Eddison si voltò verso di lui. “Dobbiamo uscire ad
affrontarli”
continuò Bran e sentì Meera trattenere il fiato.
“Non abbiamo le armi”
esclamò
Emmett esterrefatto. “Bran, credo tu debba andare adesso…”
“NO” urlò Bran ed
Emmett fece un passo indietro. “Dobbiamo riuscire a portare via al Re
della Notte la sua arma segreta o tutti i vostri sforzi non saranno
serviti a
nulla.”
“Bran, è troppo
pericoloso” disse Edd inarcando le sopracciglia.
“E’ più
pericoloso rimanere qui” osservò Bran, “dobbiamo almeno tentare…”
Edd lo fissò
qualche secondo, poi annuì. “Molto bene” disse con voce profonda,
“andremo io,
Emmett, Kedge, Matthar e Bedwyck. Gli altri si divideranno fra la
Barriera e il
portone. Se non dovessimo tornare, sigillerete il tunnel.” Tutti
annuirono e i
prescelti da Edd si avvicinarono.
“Vengo anch’io” disse
Bran e in molti si
voltarono a guardarlo.
“Non credo sia una
buona idea…” iniziò Edd, ma Bran lo
interruppe subito. “Sarò utile” promise, “conosco gli Estranei meglio
di voi.”
Poi si voltò verso Meera. “Tu rimani qui.”
Lei scosse la testa.
“E
pretendere che sia uno di loro a trascinarti?” chiese sarcastica “Non
ci penso
neppure. Io vengo con te, Brandon, e non credo tu possa fare molto per
impedirmelo.” Bran non rispose, ma in cuor suo era felice Meera avesse
deciso
di accompagnarlo. Allora annuì e lei lo aiutò a scendere dalla panca.
Poi lo
adagiò sulla slitta improvvisata e inziò a tirarlo.
Nel cortile del
Castello Nero i confratelli correvano in direzioni diverse avvertendo i
capi
della guarnigione voluta da Jon. Edd e gli altri si erano diretti al
portone
che si stava lentamente sollevando. L’organo era in funzione e altri
uomini
erano in fila per essere trasportati sopra la Barriera. Quando il
portone fu
spalancato Meera portò Bran nel tunnel. Erano sette in tutto e Bran
poteva
vedere le espressioni spaventate dei suoi compagni, ma anche la loro
determinazione. Stiamo andando alla
morte, realizzò Bran e per un attimo fece
fatica a respirare.
Quando anche il
secondo portone fu alzato un vento gelido
li investì. Tutti d’istinto si protessero la faccia con il braccio.
L’esercito
dei morti si parò davanti ai loro occhi e Bran notò con orrore la
presenza di giganti.
Come avrebbero fatto a sconfiggerli? Sarà
il problema di qualcun altro, pensò
con amarezza quando Meera avanzò.
Davanti a tutti,
dritto sul suo cavallo
decomposto, il Re della Notte li stava osservando impassibile. Bran
immediatamente cercò con lo sguardo un oggetto che potesse assomigliare
all’arma, ma non notò niente di strano: almeno, niente di più
strano di un esercito di morti guidato da esseri di ghiaccio.
Edd gridò qualcosa e tutti estrassero le loro spade. Bran vide con
stupore che
anche Meera ne stringeva una fra le mani. Curiosamente aveva l’elsa
nera come
la pece e, guardando meglio, Bran poté vedere che era decorata da due
draghi sinuosi
che si attorcigliavano intorno all’impugnatura. Avevano gli occhi di
rubini.
“Dove l’hai presa?”
chiese lui incredulo.
“Dalla caverna del
Corvo con Tre Occhi”
rispose Meera, “prima che arrivassero…”
“E’ acciaio di
Valyria!” esclamò
esterrefatto Edd esaminando la spada “Jon ha ucciso un Estraneo con una
spada
così!”
Bran rimase a bocca
aperta e Meera quasi ebbe paura della spada.
“Possiamo uccidere il Re della Notte” mormorò poi lei e Bran annuì
pensieroso.
Qualunque cosa fosse quella spada, non era certo il momento di
pensarci: se
poteva uccidere gli Estranei, era una mano dagli dei.
In quel momento Emmet
gridò.
Bran si voltò di scatto e vide che i non-morti stavano caricando.
Superavano
senza difficoltà il Re della Notte e venivano loro addosso.
“STATE PRONTI” urlò
a pieni polmini Eddison, “DOBBIAMO COLPIRLI TUTTI INSIEME!”
Il vento ululava
forte e Bran vide che gli altri erano in difficoltà anche solo a
rimanere in
piedi. Meera tirò fuori l’arco ed inziò a scoccare frecce. Nonostante
centrasse
sempre il bersaglio, i morti non si arrestavano. Kedge andò avanti con
la
propria ascia e Bedwyck gli coprì le spalle. Insieme ne abbatterono una
decina,
ma Kedge fu ferito al petto e iniziò a sanguinare. Edd ed Emmett
combattevano
a destra, mentre Meera e Matthar saltellavano da una parte all’altra
scoccando
frecce. Bran teneva gli occhi fissi sul Re della Notte, aspettando una
sua
reazione, un suo minimo movimento.
L’urlo di Meera lo
riportò alla realtà. Bran
vide che un non-morto gli stava correndo incotro emettende versi
striduli.
Meera mollò l’arco in terra e corse avanti brandendo la spada. Si mise
di
fronte a Bran e tagliò in due il cadavere che tentava di accoltellarla.
Bran la
vide stupirsi per quel risultato inaspettato, per poi continuare a
combattere
avanzando. Bedwyck era caduto e Kedge era rimasto solo ad urlare nella
neve
ormai rossa di sangue che vorticava loro intorno. Matthar corse verso
di lui
colpendo i morti che tentavano di finirlo. Poi però le frecce finirono
e
Matthar cadde in ginocchio tentando di proteggere l’amico. Le spade dei
morti
calarono su entrambi e Bran distolse lo sguardo.
Vide che i non-morti
correvano
verso il portone rimasto aperto. Stava per urlare qualche inutile
avvertimento,
ma poi vide che i morti, non appena misero piede nel tunnel, si
dissolsero come
avveunto nella grotta del Corvo con Tre Occhi.
Edd era rimasto a
bocca aperta. “Avevi
ragione!” esclamò “I morti non possono passare!” E ricominciò a
combattere con
rinnovata fiducia.
Sembrò per un attimo
che l’assalto dei morti avesse subìto
una battuta d’arresto. Bran spostò lentamente lo sguardo sul Re della
Notte e
vide che aveva estratto qualcosa dalla sella del suo destriero morto.
Sembrava
essere un corno, uno di quegli strumenti che i soldati suonavano in
tempo di
guerra. Da piccolo Bran aveva sognato il momento in cui gli avrebbero
permesso
di diventare uno scudiero e si era allenato a soffiarci dentro. Il
corno che il
Re della Notte stringeva fra le mani sembrava semplicissimo, senza
particolari
incisioni e decorazioni, e anche di dimensioni modeste. Eppure esso
risvegliò
qualcosa in Bran, una favola che la Vecchia Nan aveva raccontato a lui
e Rickon
così tante volte da perdere il conto. Il gelo del terrore si impadronì
del suo
corpo già provato dal freddo mentre Bran ascoltava nuovamente la favola
del
tredicesimo Lord Comandante dei Guardiani della Notte. La Vecchia Nan
terminava
il racconto sempre allo stesso modo.
“La pace fra Joramun
e Brandon il
Distruttore fu duratura” era solita dire con voce misteriosa, “e il Re
Oltre la
Barriera decise di disfarsi del suo corno magico. Perché sapete, egli
diceva di
possederne uno in grado di risvegliare i giganti dalla terra e far
tremare il
mondo. Non abbiate paura dei bruti, piccoli lord, temete questo corno,
perché
semmai verrà ritrovato e qualcuno ci soffierà al suo interno la
Barriera cadrà
e gli Estranei torneranno.”
Bran vide il mondo
intorno a sé girare, folgorato
com’era da quella rivelazione. Non
vogliono oltrepassare la Barriera, pensò
con crescente orrore, la vogliono distruggere.
Mentre i non-morti
tornavano
alla carica, Bran afferrò Meera per la pelliccia che indossava. “Meera”
sussurrò faticando a respirare per il freddo pungente, “il corno… Il
corno è
l’arma…”
Meera lo guardò con
occhi sgranati. “Bran, sono in troppi!” esclamò
con le lacrime agli occhi “Non ce la faremo mai a prenderlo…” Si girò
nuovamente verso l’orda che si stava avvicinando. Edd ed Emmett si
erano
avvicinati a loro e tentavano di proteggersi a vicenda. Emmett aveva un
brutto taglio sull fronte, mentre Edd zoppicava.
“Che facciamo?” urlò
Emmett
per farsi sentire sopra il frastuono “Ne arrivano altri…”
“Resistiamo” rispose
Eddison puntando la spada contro gli aggressori, “finché ci
riusciremo…”
Continuarono a combattere e il cuore di Bran perdeva un battito ogni
volta che
un pugnale dei morti passava troppo vicino a Meera. Non aveva più fiato
neanche
per avvertire della minaccia del corno di Joramun. Si stavano
difendendo bene,
le spalle alla Barriera, semplicemente i nemici erano troppi.
Poi un’ombra lucente
scese dal cielo e
l’aria arse di fumo. I non-morti più vicini presero fuoco, mentre
l’ombra
planava davanti a loro. Tutti sollevarono lo sguardo increduli e Bran
riconobbe
il drago del sogno. Era una bestia magnifica ed enorme, con scaglie
dorate che
a causa del candore della neve assumevano sfumature bianche.
“Quello è un drago?” chiese Edd appoggiandosi alla
propria spada per non cadere.
“Il suo fuoco è
l’unico che funziona contro
l’inverno degli Estranei” disse Bran improvvisamente riacquisendo
energie, “ma
non basterà a fermarli. Dobbiamo prendere il corno del Re della Notte.”
“Perché?”
“Perché…”
Le parole gli
morirono in gola. Il Re della Notte aveva portato il corno alla bocca.
NO,
pensò Bran disperato e provò il desiderio irrefrenabile di mettersi a
correre,
ma le sue gambe rimasero paralizzate come sempre. Forse percependo
l’immane
pericolo, il drago smise di eruttare fiamme e scese a terra alle loro
spalle.
Bran si voltò verso l’animale, che lo stava fissando con i suoi occhi
gialli.
Aveva le ali ancora spiegate e sembrava in attesa. Bran non fece in
tempo a
chiedersi nulla che il cielo crollò sulle loro teste.
Il suono che udirono
non
aveva niente di naturale. Fu come se ogni singola pietra della terra si
fosse
frantumata, come se il mare avesse creato un’onda così alta da
inghiottire il
mondo, come se il vento avesse spazzato via tutti gli alberi delle
foreste. Il
drago ululò di dolore e Bran poté solamente tapparsi le orecchie così
forte da
farle sanguinare. Vide che anche gli altri erano sbiancati, come
rendendosi
all’improvviso conto del loro destino.
Poi fu tutto
silenzio, innaturale
proprio come il suono che l’aveva preceduto, la calma prima della
tempesta. E
la tempesta non tardò ad arrivare con il volto di cupi scricchiolii
alle loro
spalle. Bran si voltò lentamente e vide profonde fessure aprirsi nella
Barriera.
“Per i Sette
Inferi...” mormorò solamente Edd quando i primi blocchi di
ghiaccio iniziarono a precipitare, frantumandosi davanti al portone e
di fatto
bloccando l’unica via di fuga. L’esercito dei morti arretrò e il Re
delle Notte
fece girare il suo cavallo cadavere. Voltavano le spalle alla fine dei
Guardiani della Notte.
Bran guardò Meera e
la scoprì pallida come un cencio.
“Mi dispiace…” sussurrò mentre la Barriera si sgretolava davanti ai
loro occhi.
Dalla cima già potevano udire le urla disperate dei confratelli.
Poi il drago
ruggì di nuovo. Bran lo guardò e vide che stava sbattendo le ali
inquieto. Perché è venuto fin qui?
non poté far a meno di chiedersi.
Edd gli mise una
mano sulla spalla. “Andate...”
Bran alzò lo sguardo
di scatto. “Dove?”
chiese incredulo.
Edd sorrise. “Salite
su quel drago” disse, “fuggite via di
qui o morirete.”
Bran era
esterrefatto. “Ma non possiamo cavalcare un drago”
disse e Edd scosse la testa. “So che puoi farlo” sussurrò.
Bran voleva
mettersi ad urlare, ma poi vide il volto teso di Meera che lo guardava.
Devo
portarla via di qua, si disse e annuì. Poi scivolò nella mente
del drago.
Provò un dolore lancinante e sentì che il drago si stava dibattendo,
tentando
in tutti i modi di cacciarlo via. Abbiamo
bisogno del tuo aiuto, pensò Bran
mentre il buio l’avvolgeva, dobbiamo
fuggire… Ti prego… All’improvviso
nell’oscurità che l’avvolgeva si accesero due fiammelle gialle e Bran
riaprì
gli occhi.
Il drago lo stava
studiando e, mentre il mondo intorno a loro
precipitava, Bran ulrò a Meera di andare in quella direzione.
Fortunatamente
lei non perse tempo con domande inutili e lo trasportò fino alle zampe
del
drago. Un blocco di ghiaccio cadde poco più in là e Bran capì di avere
poco
tempo. “Dobbiamo salire” disse e Meera sgranò gli occhi, “aiutami.”
“Bran…”
“AIUTAMI” urlò lui e
Meera lo sollevò, le lacrime che le solcavano le guance.
Bran si aggrappò alle squame del drago e si issò con grande fatica.
L’animale
emise un cupo brontolio. Meera era titubante.
“Meera” disse Bran
mentre altro
ghiaccio si staccava dalla Barriera, “sali, adesso.”
Trattenendo i
singhiozzi,
Meera saltò e Bran la prese per mano mentre si sistemava sul dorso del
drago.
Poi Meera si accasciò e il drago inziò a battere le ali. Quando si
sollevò da
terra Bran provò una strana sensazione in fondo allo stomaco. Il rumore
del
ghiaccio che continuava a creparsi era insostenibile e Bran sentì Meera
tremare
alle sue spalle. Vide Edd ed Emmett correre verso la Barriera e rimase
a
guardare con gli occhi umidi quando questa venne loro incontro. Volevano
morire come Guardiani della Notte, realizzò con il cuore
pesante, vicino a ciò
che hanno protetto tutta la vita.
La Barriera si era
ormai incrinata e Bran
rabbrividì quando vide che ciò avveniva in tutta la sua lunghezza e non
solo in
un unico punto. Sembrava la fine del mondo. Forse lo era davvero. Il
drago continuò a volare verso
sud e passò sopra il Castello Nero, che ancora si ergeva come ultimo
baluardo.
Poi il ghiaccio lo spazzò via e ci fu un boato che Bran era certo fosse
stato
sentito fino a Grande Inverno e oltre. E’ fatta, pensò con tristezza
indescrivibile osservando le macerie avvolte dal fumo e dalla polvere.
Presto
il ghiaccio iniziò a dissolversi e il vento ammantò tutto di bianco.
Bran
sospirò e chinò il capo, il drago che continuava il suo folle volo
verso chissà dove.
La Barriera era crollata e la Grande Guerra cominciava.
"With our backs to the Wall, the darkeness would fall: we never quite
thought we could lose it all."
N.D.A.
Eccomi!!
Perdonate tutti il ritardo (per fortuna solo di un giorno... dai,
poteva andare peggio XD), ma ieri non ho avuto neanche un attimo libero
e non sono riuscita a pubblicare. Ho rimediato subito però ^_^
Che dire di questo capitolo in più di quanto scritto... Consideratelo il primo turning point di questa storia: la Barriera è crollata e ora tutti i personaggi sono chiamati a reagire. Cosa sceglieranno? Dalle loro decisioni dipende tutto e vedrete che non sarà così semplice come potrebbe sembrare (quando mai qualcosa è semplice nell'universo di Got? XD)...
Almeno
Baelish è morto dai XD qualcosa di positivo... E i fan della Jonerys
spero saranno soddisfatti XD ovviamente la scena in questione non è
esplicita per rimanere nelle regole per il rating arancione della
storia. Quando scrissi la scena in questione la settima stagione ancora
non era uscita, ma c'era nell'aria il rumor della famosa "boat scene"
(che poi si rivelò vera) e per questo decisi di utilizzarla anche nella
mia storia. Stranamente anche la dinamica tra i due è molto simile a
come è uscita fuori nella serie XD
A questo
punto molti personaggi stanno prendendo le loro decisioni più
importanti: abbiamo visto Sam e Brienne lo scorso capitolo (e anche
Arya, ma per lei c'è ancora molto che la attende) e ora
anche Jaime ha preso posizione. I nodi cominciano a venire al pettine,
ma per i personaggi principale non sarà così facile XD
Ringrazio infinitamente i recensori dello scorso capitolo: __Starlight__, leila91 e Red_Heart96... La risposta alla storia ultimamente è un po' più tiepida del solito (lo so, è probabilmente colpa mia che non riesco a concepire che voi tutti abbiate una vita XD XD), quindi se ci siete vi invito a farvi sentire: le recensioni, dalle più corte alle più lunghe, sono ciò che mi spinge sempre a dare il massimo nel rivisionare questi capitoli e continuare a scrivere (sono quasi arrivata alla fine, correntemente al capitolo 30 ^_^) e sentirvi mi riempie sempre di gioia. Quindi ringrazio immensamente quelli che continuano a farmi sapere i loro pensieri con tanto impegno ^_^, non ho parole per dire quanto vi sia grata. E il primo capitolo di questa storia ha da poco superato le 2000 visite e tutto questo è fantastico! Grazie mille!
E niente, spero il capitolo vi sia piaciuto e alla prossima! Spero puntuale XD
NB: la citazione di
oggi è dalla canzone "Ready, aim, fire" degli Imagine Dragons. Mi sono
presa la libertà di scrivere "wall" con la maiuscola per indicare la
Barriera (che nella versione inglese, per quelli che non lo sapessero,
si chiama appunto "the Wall") però per il resto era troppo perfetta la
situazione XD