Film > Basil l'Investigatopo
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Autore: alicew in wonderland    30/10/2018    1 recensioni
Lo “Sherlock Holmes dei topi” torna a investigare, assieme a vecchi e nuovi personaggi.
Il Dr. David Q. Dawson trova il coraggio di scrivere il resoconto dell’avventura più pericolosa vissuta insieme al suo associato e amico: Basil di Baker Street. Questa volta l’Investigatopo più famoso di Londra dovrà districarsi tra diversi casi e, contemporaneamente, scoprire chi sta attentando alla sua vita e a quelle dei suoi famigliari e amici fino ad arrivare a servire l’Impero britannico dei Topi nel periodo del primo conflitto mondiale.
Tra risvolti inaspettati, prende forma un racconto unico direttamente narrato da uno dei protagonisti.
Genere: Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Otherverse | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Disney Fanfiction'
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Capitolo 1

La storia che ho cominciato a trascrivere, dopo tanti anni da quando è avvenuta, si estende su di un vasto arco temporale. Prego il lettore di seguirmi con calma e pazienza, troverà, quando sarà necessario, delle indicazioni che lo informeranno del periodo a cui mi riferisco e in alcuni casi inserirò delle ellissi. Sta al lettore ricomporre il puzzle per intero, una volta messo al corrente di tutti i fatti.
Per una volta, da quando sono biografo ufficiale di Basil di Baker Street, mi sento di dire che a differenza dei miei precedenti racconti ove esponevo in maniera lineare e sintetica la storia, trattandosi di brevi avventure, mi sono spinto a costruire un racconto dove ho cercato di applicare alcune nuove caratteristiche del genere poliziesco, che di recente sta riscuotendo molto successo di pubblico. Desidero, inoltre, informare che il prologo, che il lettore si è trovato innanzi prima di apprendere che a scrivere fossi io, è il racconto che la stessa Mlle. Relda, che più avanti presenterò descrivendola nel dettaglio, mi ha gentilmente fornito in una lettera di circa tre anni fa, inviatami dalla prigione in cui è rinchiusa, dopo che la pregai di narrarmi come si erano svolti i fatti di quella notte. Ho pensato che mettere al corrente il lettore di ciò che stava accadendo all’epoca, a insaputa mia e di Basil, fosse il modo più facile per introdurlo ai fatti che seguiranno, ma è inutile soffermarsi su queste frivolezze da scrittore. Comincerò ora a narrare i vari accadimenti, senza più troppi indugi.
 
Era il dodicesimo giorno di aprile del 1907. Con il nuovo secolo aveva fatto la comparsa l’elettricità. Le strade cominciavano a non essere più illuminate a gas e si pensava anche a come sfruttare la nuova tecnologia per gli spazi chiusi. Era palpabile nell’aria un certo fermento per questo nuovo periodo storico, ma la primavera di quell’anno rimarrà memorabile per la pioggia. Pioveva spesso, che fosse dì o notte. Ricordo che nel mese di marzo il tempo fu più clemente, ma dall’inizio di aprile i giorni soleggiati si ridussero drasticamente.
I casi di Basil, a cui collaboravo assiduamente, procedevano a rilento a causa della partenza del nostro fidato Toby. Nel 1904, fu un enorme dispiacere per entrambi apprendere che Sherlock Holmes avrebbe presto lasciato la sua dimora a Baker Street, come la sua professione di Detective, per trasferirsi sulle colline del Sussex ad allevare api. Dicendo addio a Toby, avevamo dovuto dire addio anche al nostro personale mezzo di trasporto e alla possibilità di seguire con precisione tracce olfattive.
Quel dodicesimo giorno di aprile Basil aveva risolto un caso importante: il principe di Boemia era venuto di persona pochi giorni prima a chiedere il suo aiuto per un ricatto fattogli da una cantante d’opera francese con cui aveva avuto, un decennio prima, una relazione. La cantante d’opera in questione era Mlle. Relda, nominata poc’anzi, che esercitò una certa influenza su Basil tanto che pensai che si sarebbero sposati, visto che egli la conobbe antecedentemente al caso del principe. Già mi vedevo Basil trasgredire al suo ferreo patto morale di non trovare una compagna per non alterare le sue capacità investigative, ma la topolina aveva altri progetti: sposarsi con un ricco industriale e avvocato americano. Il fatto curioso, che né io né Basil riuscimmo a spiegarci, era la presenza dell’invito ufficiale alla cerimonia nella posta di quella mattina. Basil non rimase impassibile, come avrebbe fatto in qualunque altra occasione, ma abbandonò la sala e si rifugiò nella sua stanza.
Il violino di Basil non si trovava nella sua solita collocazione, accanto alla poltrona rossa, e me ne accorsi solo quando udii il mio coinquilino suonare. Sapevo che lo strazio per le mie orecchie sarebbe durato a lungo. Pur essendo un eccellente violinista, Basil ama l’improvvisazione e la sperimentazione che spesso lo conducono a produrre suoni al quanto sgradevoli.
Erano trascorse due ore buone da quando Basil aveva cominciato a suonare e, come ho appreso vivendo sotto il suo stesso tetto, ci sono principalmente due occasioni in cui Basil suona: quando deve riflettere su come risolvere un problema che lo assilla, o quando si sente giù di morale. La questione è che solo Basil sa, con certezza, quale delle due sia la circostanza tutte le volte che mette mano allo strumento. Nelle quasi inesistenti volte in cui suona per semplice diletto, per questo dico che suona solo per le due ragioni sopra descritte, chiede a me cosa mi piacerebbe ascoltare. Riesce sempre ad essere ambiguo nei suoi comportamenti; è come se volesse proteggere la sua mente da stimoli esterni, o da supposizioni altrui. Quella volta continuare a udire l’eco del Mousevarius di Basil mi fece preoccupare. C’era qualcosa di diverso dall’usuale che mi fece pensare che stesse suonando per un’altra questione: si era, per l’appunto, chiuso a chiave nella sua stanza e non era seduto sulla sua poltrona favorita nel salone. Era un chiaro segnale che non voleva essere disturbato da niente e da nessuno.
Che fosse per via del fatto che Mlle. Relda lo avesse ingannato e lui ne soffrisse ancora?
I miei pensieri furono interrotti quando udii bussare alla porta. Basil non accennò a smettere di suonare e così mi dovetti alzare io stesso dalla mia poltrona, sulla quale mi stavo ancora rigirando l’invito al matrimonio tra le zampe, per vedere chi fosse giunto all’ingresso della nostra dimora.
«Mrs. Judson!» esclamai vedendo la padrona di casa entrare con un enorme pacco contenente i viveri appena acquistati al mercato che mi affrettai a prendere lasciandole la possibilità di chiudere l’ombrello.
«Grazie infinite, Dottore!» mi disse posando l’ombrello e togliendosi l’impermeabile. «Che tempaccio!» esclamò e si fermò ad ascoltare il suono del violino, mentre io entravo in cucina a posare la spesa. «Dottore!» mi chiamò allarmata ad un tratto.
«Eccomi!» esclamai correndo da lei.
«Cosa sta facendo Mr. Basil in camera sua con quel violino?» chiese abbassando la voce.
«Ѐ da quando è arrivata la posta che non esce più dalla sua stanza.» le spiegai, mantenendo anch’io la voce bassa. «Credo sia causa di un invito a un matrimonio. Anzi,» precisai muovendomi verso la poltrona che occupo sempre quando sono nel salotto e mostrandole la busta «Direi che è proprio questo!»
Mrs. Judson lesse con attenzione il cartoncino, prendendolo dalle mie dita. «In nome del cielo! Non starà prendendo sul serio in considerazione di andarci?» mi domandò con fare irato. «Quella piccola ed insulsa cantante d’opera! Spero che il topo che ha intenzione di sposarla capisca al più presto possibile che Diavolo si sta portando in casa, o sarà peggio per il suo conto in banca!»
Sentii un cigolio provenire dal piano superiore. Mrs. Judson aveva gridato talmente forte che non avevo neppure udito la musica interrompersi.
«Mrs. Judson, cos’era tutto quel baccano?»
Mi voltai e scorsi Basil con uno sguardo accigliato, seduto sull’ultimo gradino della scala che conduce al piano superiore. In una zampa teneva l’archetto e nell’altra il suo prezioso Mousevarius. Capii che in lui c’era qualcosa che non andava: il tono della sua voce era roco e i suoi occhi erano leggermente arrossati. Sapevo cosa aveva fatto; non c’era bisogno di essere un medico per saperlo e anche Mrs. Judson apparve turbata.
«Mr. Basil, volete che il Dottore vi visiti?» propose lei guardandomi con risolutezza.
«Non è necessario. Sto bene!» rispose lui scuotendo il capo. «Si può sapere, o no, la motivazione delle vostre grida e bisbigli?» domandò alzandosi in piedi. «In caso vi fosse sfuggito, ho ancora le orecchie e sono pure piuttosto grandi!»
Lo guardai scendere gli ultimi gradini. Sembrava diverso dalle volte in cui lo avevo visto spossato, o, semplicemente, chiuso in se stesso.
«Basil, la vostra pipa non è sul caminetto.» gli feci notare.
«Hm, hm!» asserì lui non del tutto certo su cosa dire. «A cosa alludete, Dottore?» mi chiese sprofondando nella sua poltrona.
«Ditemi che non l’avete fatto di nuovo!» gli dissi in tono supplichevole.
«E se anche fosse?» mi domandò con mera sufficienza.
Mi avvicinai a lui sentii un forte odore ti tabacco.
«Avete fumato di nuovo nella vostra stanza?»
«Lo avete sentito anche voi che stavo suonando, Dawson!» esclamò stizzito Basil.
«Devo salire a controllare di persona, Dottore?» mi chiese Mrs. Judson.
«Non è necessario.» dissi con calma. «Basil, ora, ci dirà la verità!»
Basil si mise a sedere ritto, poggiando la schiena sullo schienale della poltrona.
«Sì! Ho fumato in stanza!» ammise guardandomi. «E no, non l’ho “affumicata” come l’ultima volta!» disse volgendosi verso la nostra padrona di casa.
«Non vi riconosco più Mr. Basil!» lo apostrofò Mrs. Judson. «Da quando siete uscito a cena con quella piccola…»
«Mrs. Judson!» Basil scattò in pedi quasi gridando. «Per favore,» proseguì riprendendo il controllo e sedendosi come se nulla fosse accaduto «Potremmo, anche solo per un momento, non parlare male di una topolina a cui mi sono stupidamente affezionato tre mesi fa, che ho scoperto ricattare il futuro re di Boemia solo una settimana fa e che adesso si fa beffe di noi tutti invitandoci al suo matrimonio? Grazie!» sospirò afflosciandosi nella poltrona.
«Ah, non esistono pene peggiori di quelle d’amore!» disse dirigendosi in cucina Mrs. Judson.
«Avete assolutamente ragione!» convenni io bisbigliando.
«Nessuno può saperlo meglio di voi, Dawson.» sospirò Basil, voltandosi con il viso verso di me. «Volete parlarne? Deve fare male tenere tutto dentro!»
Sospirai a mia volta.
Erano otto mesi che ero ritornato a dividere l’appartamento di Baker Street con Basil, dopo il lutto che mi aveva colpito. Lei si chiamava Marion Eleanor Mouse. Quando la incontrai per la prima volta faceva l’infermiera in una casa per un anziano Lord caduto in disgrazia. Chiese a me e Basil di trovare suo padre, scomparso durante il ritorno da una missione in India. Sei mesi dopo la risoluzione del caso, le chiesi di sposarmi. Era l’Aprile del 1900.
«Perché dovrei parlare di Mary proprio adesso?» chiesi divenendo triste e sedendomi sulla mia poltrona, innanzi alla sua.
«Perché non ne avete mai parlato con me.» disse posando al suo fianco l’archetto e il violino. «Per quanto la vostra signora fosse perfettina, precisina e orgogliosa non posso dire che non mi manchi. In un paio di occasioni, se lei non ci fosse stata non ne saremmo di certo usciti vivi!»
Era importante per me sapere che anche Basil si era affezionato a lei e che le fosse riconoscente. Non gli è mai risultato facile intrecciare relazioni con il prossimo e, solitamente, quando si accorge di essersi affezionato a qualcuno quella persona esce dalla sua vita in maniera rapida e silenziosa, o, come nel caso della mia defunta moglie, in maniera traumatica prima che lui possa mostrare le sue reali emozioni.
«Quando Mary è finita sotto quella carrozza, io non c’ero.» cominciai a narrargli. «Mi era venuto a chiamare un ragazzo di strada a casa di un mio paziente. Mary sapeva che giro avrei fatto quel giorno.» continuai e vidi lo sguardo di Basil farsi perplesso. «Dovevamo incontrarci da un altro paziente per assisterlo insieme.» precisai e lo sguardo del mio interlocutore tornò a farsi attento, come se non volesse perdersi una sillaba. «Lei aveva perso sangue da una gamba. Ho fatto tutto il possibile, ma…» mi bloccai. Temetti di cominciare a piangere.
Basil si levò in piedi e si mise al mio fianco, posandomi una zampa sulla spalla. «Siete rimasto a vegliarla tutta la notte, nella speranza che il vostro intervento fosse servito a salvarle la vita.» si accucciò davanti a me. «Non è stata colpa vostra, Dawson! Vorrei che capiste questo.»
Rimasi al quanto sorpreso nel vederlo così comprensivo e meno egoista del solito.
«Ho soccorso io vostra moglie.» proseguì, facendomi sobbalzare per la sorpresa. «Ho mandato io il ragazzino a chiamarvi. Mary, poi, mi ha “gentilmente” invitato ad andarmene poco prima che arrivaste voi e di non farvene parola mai. La carrozza era sbucata dal nulla e…»
«Cosa ci facevate vicino a St. James Park? Seguivate Mary?» lo interruppi incuriosito. Ero a dir poco stupefatto da ciò che mi stava narrando e volevo capirne di più.
«No!» esclamò Basil rialzandosi in piedi e cominciando a camminare su e giù davanti a me. «Non sapevo che ci fosse Mary tra le vittime, finché non mi sono avvicinato.» si fermò e mi guardò fisso negli occhi. «I cavalli di quella carrozza non si sono imbizzarriti per caso.»
«Cosa state cercando di dirmi? Che cosa stavate facendo là?» chiesi imponendomi.
«Un mio informatore per un caso di omicidio, che avevo risolto l’anno in cui ci siamo incontrati, aveva delle informazioni che mi avrebbero finalmente condotto dal mandante dell’esecuzione.» mi spiegò fermandosi ad osservare la mia espressione confusa. «Era una trappola, Dawson, e la vittima innocente è stata Mary che, casualmente, camminava sul marciapiede opposto al mio, sul quale anche io mi sarei dovuto trovare.»
«Quel pomeriggio, Mary non è stata la sola vittima. Altri tre topi sono morti!»
«Uno era il mio informatore.» aggiunse reclinando il capo in avanti.
«Chi può essere stato?»
Basil mi guardò sollevando un sopracciglio. «Non vi viene in mente proprio nessuno?»
Un nome c’era, ma apparteneva a qualcuno che era in carcere; dopo averlo creduto morto e dopo aver ostacolato tutti i suoi piani malvagi dal giorno del suo ritorno lo avevamo consegnato alla giustizia. Credevo che finalmente fosse finita.
«Non posso credere che il Professor Ratigan possa…»
«Credeteci, Dawson!» esclamò Basil. «Anche dalla prigione può essere molto influente. Ho già giurato a me stesso che avrei trovato il modo di fargliela pagare e ora lo ribadisco davanti a voi!»
Avevo appena scoperto che il mio socio e amico mi aveva celato la verità per volere di mia moglie. Non ebbi tempo per dire una sola parola al riguardo che Basil prese tra le mani l’invito al matrimonio di Mlle. Relda.
«E anche tu la pagherai, mia cara!» disse con perfidia. «Dawson, preparatevi! Andiamo a un matrimonio!»
 
A tre giorni di distanza da quei fatti, eravamo pronti a recarci alle nozze di Mlle. Relda. Dovevamo raggiungere St. Paul’s Cathedral e ricorderò sempre di aver pensato che non potevo essere più imbarazzato. Basil meditava sul suo piano di vendetta, mentre Mrs. Judson era stata la prima a promettergli di aiutarlo, qualora ne avesse avuto bisogno.
Quando, finalmente, passò una carrozza a Baker Street, ci saltammo su, senza pensarci troppo. Dovemmo cambiare carrozza almeno due volte. Mrs. Judson era stressata dal fatto che avessimo sempre dovuto prendere solo carrozze in corsa e anche io ero piuttosto contrariato, sebbene sapessi che se non avessimo fatto in quel modo saremmo arrivati in ritardo alla celebrazione nuziale.
Alla cattedrale apprendemmo che ci erano stati riservati i posti in terza fila, nel settore della navata riservato ai famigliari e amici della sposa. Sapevamo bene che Mlle. Relda non avesse parenti stretti in vita e che con ogni probabilità ci saremmo trovati molto vicino alla scena. Mi auguravo che Basil resistesse fino alla fine e che non si umiliasse davanti a tutti quegli sconosciuti tra cui vi erano anche dei giornalisti che ci avrebbero fatto sicuramente una pessima pubblicità.
Pensavo che dopo aver visto l’avvocato Godfrey Mouserton entrare e prendere posizione davanti l’altare sarebbe arrivata presto anche la sposa, ma non fu così: arrivò con trenta minuti di ritardo. La carrozza della Nobildonna umana che doveva sposarsi alla sua stessa ora non era partita per tempo e questo aveva causato non poco scompiglio tra i famigliari dello sposo, ma io notai principalmente il sorriso compiaciuto di Basil.
«Sembra che il caso sia dalla mia parte oggi.» aveva detto.
«Caso?» domandai. «Ma se siete il primo ad affermare che il caso non esiste!»
«Mr. Basil» mi fece eco Mrs. Judson con sospetto. «Cos’avete combinato?»
«Diciamo che pagare topolini per mordicchiare tulle bianco di ignare spose umane potrebbe diventare la mia nuova mansione.»
Ero sconcertato. Basil aveva architettato un piano minuzioso nei dettagli, ma, secondo me, si era spinto troppo oltre.
Quando Mlle. Relda fece il suo ingresso trionfale nella cattedrale, Basil si bloccò per un attimo. Mi aveva confessato di essersi sentito ingannato e tradito anche la notte prima del matrimonio. Sono anni che ci conosciamo e non avevo mai visto Basil lasciarsi coinvolgere dalle emozioni, quella era la prima volta. Non mi sorpresi per nulla quando si alzò dalla panca e si spostò nella navata laterale, dove la voce del Celebrante era poco più che un bisbiglio. Io e Mrs. Judson rimanemmo al nostro posto e lo perdemmo di vista. Ad un tratto, con mia grande sorpresa, comparve un altro Celebrante che informò quello che stava presiedendo la cerimonia di un fatto gravissimo in una workhouse, per cui era necessaria la sua presenza. Fu così che quel Celebrante, arrivato da poco, si ritrovò a terminare la celebrazione del matrimonio.
«E io vi dichiaro, marito e moglie!» proclamò solennemente.
Dopo il bacio, i due sposi si voltarono verso i presenti che li applaudivano. Mlle. Relda guardò nella mia direzione, cercando Basil, e sorrise nel vedere che c’era solo Mrs. Judson al mio fianco. Gli sposi, infine, andarono in sagrestia, a firmare i documenti del matrimonio.
Mentre la Cattedrale cominciava a svuotarsi, Basil ricomparve, come dal nulla, al mio fianco e insieme ci dirigemmo al ricevimento seguiti, con riluttanza, da Mrs. Judson. Potevamo restare per poco alla festa, ma Basil voleva assolutamente augurare di persona alla sposa buon viaggio per l’America. Quando lo vidi sulla pista da ballo insieme a lei e lo notai sorridere mi chiesi cosa si stessero dicendo. Il discorso completo mi fu riferito da Basil in persona, solo quando fummo tornati a casa.
«Bella festa!» aveva esclamato Basil. «Aspetto con ansia la prossima, magari per la nascita di un erede del grande patrimonio dei Mouserton!»
«Basil, ho vinto io.» gli disse lei con fare fiero. «Un ricco avvocato per marito che vuole che ci stabiliamo dove sono nata, dopo la nostra luna di miele oltreoceano. Cosa potrei desiderare di più?»
«Non lo so… Un’avventura al giorno, magari?»
«Con un bimbo in arrivo non si possono fare certe cose!»
Basil rabbrividì. «Avete fatto presto, neanche ventiquattr’ore dal: “sì”! Il mio, poco fa, era solo sarcasmo!»
«Come speri che abbia potuto convincerlo a sposarmi altrimenti?» gli chiese la neo-sposina guardandolo negli occhi. «Oh, non fare quella faccia, Basil! Credevi davvero che noi due avremmo potuto avere un futuro insieme? Sei davvero senza speranza!»
«Sono più di tre mesi che ci conosciamo. Se avessi mai avuto l’intenzione di sposarti, te lo avrei chiesto da almeno un mese.» rispose Basil freddamente. «Visto che ora mi viene negata anche la tua amicizia, concedimi di salutarti come meriti!» smise di ballare, si staccò da lei e fece un rispettoso inchino. «Addio, Mlle. Relda. Vi auguro di essere felice.»
Lei lo guardò allontanarsi con sospetto. «Mi avete chiamata con il mio cognome da nubile, Mr. Basil! Sono Mrs. Mouserton da oggi!»
«Quello che volete!» esclamò in risposta lui invitandomi a seguirlo.
Fu così che lasciammo i festeggiamenti.
 
Rientrati nell’appartamento di Baker Street, sentii la fragorosa risata di Basil riempire l’ingresso.
«Oh, Dawson! La più grande interpretazione di tutta la mia carriera!»
«A cosa vi riferite, Basil?» domandai curioso.
«Non mi avete riconosciuto?!» esclamò. Sembrava sinceramente sorpreso davanti al mio silenzio. «E voi, Mrs. Judson?»
Anche la nostra padrona di casa era senza parole.
«Aspettate!» esclamai ad un tratto. «Il giovane Celebrante che ha proclamato Mr. Mouserton e Mlle. Relda uniti in matrimonio…»
«Ma che bravo, Dottore!» mi lodò Basil, sedendosi sulla cima dello schienale della sua poltrona rossa. «Sapevo che ci sareste arrivato!» disse gettandomi un foglio accartocciato che teneva sotto la giacca.
«Ma questo è il documento che attesta che il matrimonio è avvenuto!»
Mrs. Judson si avvicinò e si aggiustò gli occhiali per poter leggere.
«Ci sono le firme degli sposi!»
«Notevole, nevvero?» Basil aveva un sorriso compiaciuto. «Peccato che il documento in sé sia un falso.»
«Questo significa che il matrimonio è come se non fosse stato celebrato!» dedussi guardandolo assumere un’aria trionfante.
«Perspicace, Dottore!»
«Mr. Basil, non avrete intenzione di proporre a Mlle. Relda di diventare Mrs. Basil?» chiese allarmata Mrs. Judson.
«No! Assolutamente no!» chiarì Basil con un’espressione quasi di disgusto sul viso. «Che razza di topo sarei se mi lasciassi abbindolare una seconda volta da quella topolina?»
«Ne sono sollevata! Ora potete scendere da là sopra? Non è bene per un gentiltopo, come voi, comportarsi come state facendo ora! Non troverete mai una degna compagna se continuate così!»
Basil sbuffò accavallando le gambe e incrociando le braccia. «Questa casa sta diventando una prigione!»
«Scendete giù subito!» ordinò Mrs. Judson. «Se cadete, rischiate di rompervi l’osso del collo!»
Basil si convinse a scendere dalla poltrona e salì al piano superiore. Non passò molto tempo da quando la porta della sua stanza si chiuse che udii dei suoni concitati.
«Basil, cosa sta succedendo?» chiesi approcciandomi alle scale.
Basil si precipitò nella mia direzione. L’ansia e la sorpresa sul suo viso erano visibili.
«Siamo stati derubati, Dawson!»
«Come sarebbe a dire, derubati?!»
«Sarebbe a dire che qualcuno è entrato in camera mia e ha trovato la cassaforte e non solo: anche la borsa portavalori nascosta tra le due travi del controsoffitto.»
Trasalii tutto ad un tratto. «Tutti i soldi che avevamo appena incassato dal Principe!»
«E quelli che dovevo depositare in banca del caso precedente!» aggiunse Basil affondando le zampe nel ciuffo ribelle sulla sua testa.
Mrs. Judson ebbe un mancamento e dovetti assisterla.
«So già chi è il mandante: Relda!» esclamò Basil precipitandosi verso la porta. «Forse riesco a raggiungere il porto prima che salpi per le Americhe!»
«Ma, Basil, non potete andare solo!» esclamai, cercando di farlo ragionare.
Troppo tardi. Basil era già uscito, ma, quando arrivò al porto, vide dal molo la nave già salpata e sul ponte principale intravide Mlle. Relda salutarlo al fianco di quello che lei credeva essere suo marito a tutti gli effetti.
«Goditi il viaggio! Avrai una bella sorpresa appena arriverai dall’altra parte dell’oceano…» sogghignò Basil prima di tornare a casa.
   
 
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