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Autore: Chainblack    02/11/2018    0 recensioni
In fuga dalla disperazione dilagante della Hope's Peak Academy, sedici talentuosi studenti vengono rapiti e rinchiusi in una località sconosciuta, costretti a partecipare ad un nuova edizione del Gioco al Massacro senza conoscerne il motivo.
Ciò che sanno è che, per scappare da lì, dovranno uccidere un compagno senza farsi scoprire.
Guardandosi le spalle e facendo di tutto per sopravvivere, i sedici ragazzi tenteranno di scoprire la verità sul loro imprigionamento sapendo che non tutti potrebbero giungere illesi fino alla fine.
Ambientata nell'universo narrativo di Danganronpa, questa storia si svolge tra i primi due capitoli della saga.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Il risveglio di Michael Schwarz fu accompagnato da un forte malessere al cranio ed una lacerante fitta al fianco; un amaro risveglio, ma il chimico realizzò immediatamente che il solo fatto di aver aperto gli occhi, ripercorrendo i suoi ultimi ricordi lucidi, era un segnale positivo.
Girò lentamente lo sguardo, cercando inutilmente di distinguere i dintorni; i suoi occhiali non erano al loro posto, e anche ispezionando a tentoni con la mano non riuscì a recuperarli.
Maledisse la sua scarsa vista e tentò di utilizzare un altro tipo di approccio: decise di indagare sulla propria situazione andando per gradi.
Si rese conto di essere steso sul pavimento, supino e con la testa poggiata su un corpo morbido, probabilmente di tessuto, che fungeva probabilmente da cuscino.
Ancora non aveva un quadro preciso di come fosse finito lì, e soprattutto a causa di chi o cosa; il primo istinto fu di non fare alcun rumore.
Trovandosi nel dubbio, era da sempre abitudine dell'Ultimate Chemist di partire dai presupposti peggiori.
Di suoni ve ne erano davvero pochi: al massimo qualche cigolio, più un ricorrente rumore meccanico che andava avanti con insistenza.
Annusò l'aria, storcendo vagamente il naso; vi era odore di metallo e macchinari, più un peculiare olezzo salino dalla provenienza sconosciuta.
Troppe informazioni non collocabili non provocarono in Michael un miglioramento d'umore.
L'unico modo per capire ciò che stava accadendo era in modo diretto, coi propri occhi.
Non cessò di esercitare la dovuta cautela; la sua prima mossa fu di girare lentamente il collo verso destra.
Adocchiò una parete lunga e circolare con un portone metallico sigillato. Senza le lenti gli era impossibile scorgere i dettagli, ma la mole dell'ingresso era abbastanza grossa da poter essere percepita. 
Un altro elemento importante catturò la sua attenzione: una sagoma umana seduta sul pavimento, con la schiena rivolta contro il muro.
Michael aguzzò la vista e si concentrò sui dettagli peculiari; vi era un fitto bendaggio che ricopriva metà del volto della persona, ma i vestiti blu e il fermaglio bianco ne rivelarono l'identità in modo esplicito: era Judith.
Che fosse addormentata, svenuta, o addirittura in una circostanza peggiore, lo ignorava. Tutto ciò che Michael fu in grado di vedere era che non fosse cosciente.
La sensazione sgradevole che lo perseguitava non accennò a diminuire d'intensità.
Michael alzò poi lo sguardo verso il soffitto; vi erano diverse piccole lampade a muro che fornivano un'illuminazione completa, ma nient'altro che catturasse il suo interesse.
Finì col muovere il collo in direzione opposta a quella di Judith, in modo da avere un quadro completo dei paraggi.
Non appena lo fece, ebbe un repentino colpo al cuore.
Ad appena due metri da lui, sul lato sinistro, June Harrier era appoggiata con la testa su un ripiano metallico, profondamente addormentata.
Aveva le nocche sbucciate, la felpa e le gambe piene di tagli, e sangue riversato su tutto il volto e i vestiti.
Ciocche dei capelli slegati le cadevano lungo le spalle coprendole parte del viso con una matassa disordinata.
Teneva entrambe le braccia stretta alla vita e le gambe rannicchiate su se stesse.
Il primo impulso di Michael fu di alzarsi in piedi e correre a verificare che stesse bene, ma qualcosa lo fermò: un rumore inatteso, imprevisto.
Un lento, posato suono di passi in direzione dell'arciera.
Michael Schwarz si irrigidì con immediatezza, avvertendo un gelido brivido lungo la schiena. Paralizzò autonomamente il proprio corpo, bloccando braccia e gambe e mozzandosi il respiro riducendolo ad una tenue ed impercettibile inalazione d'ossigeno. 
Intravide con la coda dell'occhio due gambe passargli di fianco; la persona lo sorpassò e si fermò di fronte a June.
Non ebbe bisogno degli occhiali per riconoscere i pantaloni scuri, la giacca e la capigliatura corvina con il ciuffo ribelle sulla sommità.
Sentì i muscoli contrarsi dalla tensione e il bruciore della ferita aumentare a dismisura. Lo stomaco gli sobbalzò, e la mano gli tremò visibilmente.
Ipotizzò un elevato numero di situazioni e possibilità alle quali ricollegare ciò che stava avvenendo, ma il suo cervello smise di funzionare razionalmente nel momento in cui il ragazzo che aveva di fronte si chinò sull'arciera, allungando il braccio verso di lei.
Una scarica adrenalinica attraversò le fibre del corpo di Michael Schwarz che, senza neppure accorgersene, gettò alle ortiche ogni briciolo di raziocinio in favore di un'azione tempestiva. Il suo corpo si mosse da solo, ignorando qualunque logica e qualunque ragionamento sensato; cessando di considerare cause ed effetti,  conseguenze e ripercussioni, vero e falso. 
Tutto ciò che sapeva era che il suo corpo gli stava urlando sonoramente di alzarsi e muoversi.
Il dolore al fianco era come svanito, seppellito da una valanga di ormoni. 
Si alzò in piedi di scatto e spiccò un balzo in avanti, tutto nel giro di appena un secondo.
Spalancò le braccia e atterrò sulla schiena di Xavier, cingendogli il collo con il braccio sinistro e la spalla con il destro.
Riuscì a percepire nel suo grido di sorpresa e nella resistenza disperata che era riuscito a coglierlo di sorpresa, unico fattore a suo vantaggio.
Xavier si alzò in piedi dimenandosi come un ossesso, ma Michael si aggrappò a lui con ancora più forza avvinghiandosi alle sue gambe utilizzando le proprie, bloccandolo sul posto.
L'avversario alzò la mano nel tentativo di rimuovere il braccio di Michael, senza però riuscire a spezzare la sua presa. 
Annaspò in cerca di aria e poi prese a sgomitare freneticamente sul fianco ferito del chimico sperando di provocargli un dolore abbastanza acuto da spingerlo a desistere.
Nel mezzo del furioso scontro, gli occhi di Michael avvistarono uno spostamento appena di fronte: una seconda sagoma si era appena messa in piedi e stava correndo verso di loro.
Svegliatasi di soprassalto a causa del frastuono, June Harrier non aveva avuto neppure il tempo di realizzare ciò che stava accadendo, ma sapeva di dover agire con sveltezza.
- MICHAEL, NO! - urlò a pieni polmoni - LASCIALO ANDARE! -
Si gettò sui due contendenti e afferrò il braccio del chimico, facendo leva affinché lasciasse la presa. 
Furono necessari alcuni secondi prima che Schwarz realizzasse l'intervento dell'arciera e si decidesse a dare ascolto a ciò che gli stava gridando contro.
Avvertendo il repentino alleggerirsi della morsa, Xavier inspirò aria con avidità e si gettò in avanti, crollando in ginocchio sul pavimento ed allontanandosi strisciando.
Il corpo di Michael era ancora carico di energia accumulata e di pura eccitazione furente, e fu necessario che June continuasse a tenerlo saldamente per evitare che scattasse di nuovo.
Il volto disperato e terrorizzato di Harrier servì a fargli raffreddare l'animo, e in alcuni attimi l'Ultimate Chemist sentì ripristinarsi la propria freddezza mentale.
Lo sforzo era stato notevole, e Michael si ritrovò ad ansimare per lungo tempo sia a causa della fatica che dal dolore della ferita riaperta.
Un rivolo di sangue gli scese lungo il fianco, destando nuovamente le preoccupazioni dell'Ultimate Archer.
Quest'ultima, però, notando lo sguardo minaccioso sul volto del chimico, che non accennava ancora a calmarsi del tutto, si ritrovò costretta a modificare le priorità.
- ...maledizione - tossicchiò Xavier, rimessosi in piedi a fatica - Te lo hanno mai detto che sei forzuto, per essere un topo da laboratorio...? -
Michael strinse i pugni.
- ... sta indietro! - gridò - INDIETRO! Non ti avvicinare...! -
- Michael, smettila! - si intromise June - Non è nostro nemico! Torna alla calma! -
- Non mi calmerò fino a che non sarò certo che le nostre vite non siano IN PERICOLO! - sentenziò, rabbioso - E tu, dannato traditore che non sei altro... hai un minuto per convincermi a non strangolarti fino a farti uscire l'anima dal corpo! -
Soppesando cautamente l'entità di quella minaccia, Xavier sospirò e pensò bene di alzare le mani.
- Avrò bisogno di un po' di tempo in più per raccontarti l'intera storia, Mike... - deglutì - Ma almeno lascia che ti tranquillizzi... non sono qui per farvi del male -
- Sai meglio di chiunque altro che mi ci pulisco il culo, con le parole! - lo aggredì in risposta - Fa parlare i fatti! -
A quel punto, June sbatté il piede a terra con forza.
- Ti ho detto di calmarti, razza di caprone! - sbottò Harrier, dandogli uno scossone alla spalla - Devi fidarti! Se non fosse stato per lui, adesso Pearl sarebbe...! -
Si bloccò a metà frase. L'arciera capì che avrebbe fatto molto prima ad indicare ciò a cui si stava riferendo.
Lo sguardo confuso di Michael si piazzò sul punto che l'indice di June stava indicando: distesa sul pavimento, dall'altro lato della stanza, Pearl Crowngale giaceva inerte a faccia in su, con l'intero corpo ricoperto di bende e fasciature. 
Ogni arto, ogni centimetro visibile era stato seppellito da spessi strati di nastro disinfettante e garze ospedaliere.
I capelli biondi erano sciolti e sparpagliati sopra la sua giacca nera, appositamente utilizzata come cuscino.
A sbucare in mezzo a quel mare di bendaggi vi era un singolo occhio color azzurro cristallino completamente aperto, indicante che Pearl era sveglia e cosciente.
Non avendo la forza di muoversi né di parlare, l'Ultimate Assassin dovette esprimere la propria opinione con un debolissimo cenno del capo.
Michael storse il naso con confusione di fronte alla mummificazione di Pearl, ma si sentì comunque sollevato nel vederla ancora viva, per quanto mal ridotta.
Adocchiò Xavier, poi June, e di nuovo Xavier, in un giro di sguardi rapidi e sospettosi.
Quest'ultimo mostrò uno sguardo di supplica; Michael mostrò una smorfia contrariata, ma alla fine si arrese agli occhi lucidi dell'Ultimate Archer.
- ...e va bene - sospirò - Adesso ci spiegherai tutto, per filo e per segno -
- Non chiedo niente di più, credimi - rispose l'altro, ancora sulla difensiva.
June smise solo in quel momento di avvertire il cuore alla gola, e le sue spalle si rilassarono così come i suoi nervi fortemente provati.
Lasciò andare i polsi di Michael, che non necessitavano più di essere tenuti a bada, e fece per raggiungere Pearl.
Stava per avvenire un confronto importante, e non voleva che qualcuno mancasse di parteciparvi.
Sospinta da quel pensiero, June Harrier si bloccò a metà strada voltandosi in direzione di Judith, realizzando solo in quel momento che il chiasso dello scontro aveva svegliato anche lei.
- Judith! - gridò, gettandosi verso l'amica.
L'Ultimate Lawyer si alzò barcollando, quasi incapace di reggersi perfettamente in piedi.
Appoggiò la mano al muro e con l'altra si toccò la fronte; una sconfortante sensazione le cingeva il capo e la parte destra del viso. Si sentì come se i pori della pelle fossero ostruiti e non riuscissero a far traspirare aria.
Si tastò la sezione bendata, ma ritirò subito la mano; il dolore lancinante la colse alla sprovvista.
Il tempestivo arrivo di June Harrier la aiutò a stabilizzare i pensieri.
- ... June - mormorò.
- Piano! Fai piano... - la incitò lei - Non sforzarti -
L'Ultimate Lawyer accolse il consiglio e approfittò della spalla di June per avere un sostegno più stabile.
La prima cosa che le venne in mente di fare fu di guardarsi attorno, ma ancor prima di riuscire a capire dove fosse e cosa stesse accadendo la sua attenzione fu  catturata dalla figura che le era esattamente davanti.
Appena oltre l'Ultimate Chemist, Xavier era in piedi e appoggiato a quella che sembrava una console di comandi; il volto pallido e l'occhio sfregiato non lasciarono spazio a dubbi, e Judith si convinse che non si trattava né di una svista né di uno scherzo dovuto alla poca lucidità.
Ne rimirò per alcuni istanti i tratti efebici segnati da un indicibile dolore nel vedere il viso della compagna ridotto in quello stato pietoso.
Judith Flourish non disse una parola.
Scansò garbatamente la mano di June, ignorando le ragionevoli suppliche di quest'ultima sul fatto che dovesse rimanere ferma e a riposo.
Mosse passi rapidi e ad ampie falcate, mantenendo un'andatura costante ed un volto neutro. 
Non emise un sussurro, né un battito di ciglia.
Superò celermente Michael, il quale si guardò bene di frapporsi tra lei e il suo bersaglio.
Pearl, dal suo angolino, osservò l'intera scena con una scintilla di curiosità.
Xavier vide il rapido approcciarsi di Judith, ed ebbe un nodo alla gola.
Tossicchiò brevemente, deglutendo.
- Judith... io... - balbettò.
Dovette rimandare qualunque cosa stesse per dirle.
Non appena Judith si fermò ad appena pochi centimetri da lui, gli stampò una dirompente cinquina sulla guancia.
Fu uno schiaffo così potente e pregno di energia che il cervello di Xavier impiegò un attimo di troppo a realizzare di essere stato colpito.
Di fronte allo sguardo allibito di June, all'espressione vagamente turbata di Michael, e al sorriso velatamente divertito di Pearl, Xavier si ritrovò ad accettare quella punizione plateale con una certa filosofia. Socchiuse gli occhi, e sospirò.
Fece per aprire bocca, tentando di fornire ogni sorta di chiarimento volto a dare un significato alle azioni che avevano meritato quella sberla, ma si ritrovò zittito da un secondo manrovescio che lo colse nuovamente alla sprovvista, stavolta sulla gota opposta.
D'istinto fece per proteggersi entrambi i lati del viso prima di rivolgere nuovamente gli occhi verso Judith, la quale stava ansimando con l'aria di chi avrebbe tranquillamente potuto continuare ad elargire doverosi schiaffi.
- ... bene - mormorò infine Judith, circondata dal silenzio di tomba dei compagni - Ora... non sono più arrabbiata -
Detto ciò, si tuffò tra le sue braccia e gli affondò il volto nel petto, stringendolo a sé con ogni briciolo di forza residua.
Xavier evitò di pronunciarsi in merito e lasciò che lo sfogo avesse luogo senza interruzioni.
Era stata una lunga giornata, e gli sembrò giusto che si concludesse in quel modo: con un sospiro di sollievo da parte di June, un'occhiata complice di Pearl, una liberazione emotiva da Judith, e uno sguardo ancora vagamente contrariato sul volto di Michael. Tutto come ricordò che doveva essere.
Carezzò dolcemente la chioma di Judith, aiutandola a calmarsi.
- ... credo sia ora di raccontarvi tutto dal principio - disse loro.
Nessuno emise obiezioni, per quanto Michael Schwarz avesse comunque qualcosa di impellente da aggiungere prima di immergersi in quella necessaria conversazione.
Puntò l'indice davanti a sé, indicando la vetrata oltre Xavier con un'espressione al contempo confusa e incredula.
- ...ma quello è il fottuto oceano!? -






Il rumore del motore, inizialmente incessante e roboante, si attenuò pian piano dando modo ai passeggeri di abituarsi prima al suono, e poi alla velocità.
Attraverso la larga finestra anteriore del piccolo sommergibile adibito alla fuga d'emergenza era possibile scorgere il paesaggio circostante cambiare rapidamente;  l'acqua scivolava sul vetro provocando una lieve schiuma man mano che il mezzo accelerava, superando scogli ed enormi massi sommersi.
Judith si avvicinò per osservare più da vicino quello spettacolo irripetibile; intravide con la coda dell'occhio gli ultimi residui visivi dell'enorme sottomarino che aveva svolto il ruolo di prigione nel corso di quel periodo.
Lanciò un'occhiata amara a quel sommergibile colmo di orrendi ricordi e a tutto ciò che costituiva, elargendogli un ultimo addio.
Non le sarebbe mancato, nemmeno per un istante, ma dovette ammettere a se stessa di aver lasciato un pezzetto di sé tra i corridoi di quella scuola fittizia.
Osservò poi ciò che aveva davanti: la gigantesca imbarcazione era stata ormeggiata all'interno di quella che appariva essere una grotta abissale, un antro sommerso dove nessuno sarebbe potuto finire nemmeno per errore. Judith ipotizzò che quel luogo doveva trovarsi in un punto imprecisato al largo dell'oceano.
Realizzò solo allora quanto fossero state vane le speranze che qualcuno sarebbe potuto venire a portarli fuori di lì.
Dopo alcuni minuti, la scialuppa aveva varcato l'uscita della cava e si era immersa nel vasto blu al di sotto della superficie.
L'assenza di luce era palese, ma all'Ultimate Lawyer quell'oscurità sembrava attraente in una maniera che non sapeva definire.
Il fatto che quello spettacolo fosse unico nel suo genere, e probabilmente non si sarebbe mai più ripresentato, contribuì ad accrescere il suo bizzarro fascino.
Nel frattempo, anche June si era fatta coraggio e si era avvicinata al vetro, trascinandosi dietro Pearl.
La sistemò con cura in un punto in cui, anche da seduta, sarebbe riuscita a godersi un po' il panorama.
L'Ultimate Assassin, da oltre le bende che le ricoprivano il viso, le mostrò un caldo segno di gratitudine; infine, perse a sua volta il proprio sguardo nel mare sconfinato.
Dietro al gruppetto di ragazze ammaliate, una singola figura guardava invece altrove.
Lo sguardo torvo di Michael Schwarz non era riuscito ad indirizzarsi verso l'oceano poiché qualcos'altro lo distraeva; un pensiero che negli ultimi minuti era divenuto un chiodo fisso e che aveva completamente catturato l'attenzione del chimico.
I suoi occhi erano fissi sulla console di comando del sommergibile, dove un ragazzo dai capelli scuri e non ancora sollevato da ogni sospetto stava facendo scivolare le dita tra i tasti con l'aria di chi aveva tutto perfettamente sotto controllo.
La mano di Xavier si poggiò delicatamente su alcune leve e poi tornarono a poggiarsi saldamente sul piccolo timone, controllando il moto del mezzo efficientemente.
E più il tempo passava, più Michael si rese conto che nella sua testa era sorto un quesito che non riusciva più a tenere a freno, al quale sentì di dover dare voce.
- ...nessuno se lo sta davvero domandando? - disse all'improvviso, facendo girare il resto del gruppo.
- Come...? A cosa ti riferisci? - gli chiese June.
Judith e Pearl condivisero il suo fare interrogativo; Xavier alzò un sopracciglio.
Di fronte a quel plateale silenzio, Michael sospirò con una vena di irritazione.
- E va bene, lo puntualizzerò io... Xavier... tu stai... - mormorò, tamburellando con le dita sul proprio braccio - ...tu stai guidando un maledetto sottomarino!? -
Xavier si grattò la testa, vagamente imbarazzato.
- Ah... si tratta di questo? - disse, facendo spallucce.
- Non porlo come un argomento di poco conto! - sbottò l'altro - Da che parte la si guardi, non è una situazione normale! E mi meraviglio che voi altre non vi siate poste il dubbio! -
June si irrigidì di fronte a quell'attacco verbale.
- B-beh... se la metti in questi termini, in effetti è un po' strano... - gemette lei, arrossendo.
Xavier scosse la testa lentamente.
- Dalle mie parti ti insegnano a fare certe cose direttamente a scuola, non sorprendetevi - li rassicurò lui - Anzi, fidati, Mike: non è nemmeno il mezzo più strano che ho guidato -
- Questo non migliora le circostanze! - sbraitò - E non mi interessano chissà quali altre diavolerie tu sappia comandare...! -
- No, aspetta, io lo voglio sapere...! - protestò Judith, con una strana scintilla negli occhi.
- A tal proposito... -
Il tono di Xavier, a quel punto, si fece più serio. L'atmosfera cambiò radicalmente, e tutti si ammutolirono per permettergli di parlare.
Era stata promessa una spiegazione, e a tempo debito era giunta.
Senza distogliere gli occhi dalla guida, Xavier pregò il resto dei compagni di prestare la massima attenzione.
- ...colgo l'occasione data da questa "stranezza" del mio paese per ricollegare l'argomento - cominciò lui - Io vengo da Novoselic. Avete presente? -
Vi fu un momento di blocco momentaneo.
June Harrier arrossì visibilmente e voltò lo sguardo, tentando di non dare a vedere che non aveva idea di che cosa stesse parlando.
- ...credo sia un piccolo stato autonomo situato nel centro dell'Europa - accennò Judith - E' uno dei pochissimi esempi di monarchia assoluta sopravvissuta in tempi moderni... giusto? -
- Una descrizione giusta, ma approssimativa - asserì Xavier - Coloro che conoscono il mio paese lo ricordano per i motivi più disparati: c'è chi rimane incuriosito dal  nostro bizzarro folklore, chi anche ci vede come un ottimo esportatore di vini e cioccolata, chi ancora ci rammenta a causa di uno strano stereotipo sulla nostra  fantomatica puntualità. Ma in pochi ricordano che il nostro governo è tra gli organi più antichi esistenti, e che a causa del suo essere retrogrado è scoppiata una guerra civile di proporzioni preoccupanti... -
- Un conflitto interno, dunque... - mormorò Michael - Credo di aver letto qualcosa al riguardo. I giornali esteri parlavano di atti di terrorismo -
- La verità mediatica è spesso accuratamente filtrata, ma credo si possano definire tali - affermò Xavier - Se dovessi tirare ad indovinare, direi che Pearl ne sa qualcosa in più di voi, vero? Dopotutto il tuo lavoro ti ha portato un po' ovunque -
L'Ultimate Assassin alzò lo sguardo fino ad incrociare il suo.
- ...sì - mormorò flebilmente.
Nell'udire la voce di Pearl, il cuore di June si alleggerì di un grosso peso che si portava sullo stomaco.
Quella singola, semplice parola poteva stare a significare un sintomo di rapida ripresa. L'arciera si limitò a sorridere candidamente.
- E questo che cosa ha a che fare con te, Xavier? - domandò il chimico, in modo diretto.
- Molto semplicemente... - sospirò lui - Io sono una spia... al servizio della monarchia novoselita -
Judith deglutì silenziosamente. Sentirselo dire dalla bocca del diretto interessato era una sensazione completamente diversa.
Aveva già iniziato ad intravedere Xavier sotto una luce diversa da molto tempo, ma in quel momento era come se appartenesse ad un piano del tutto differente.
- Una spia... - biascicò June. Quella parola aveva un sapore amaro.
- Bah! Quindi non avevamo torto... - sibilò Michael.
- Per favore, lasciatemi concludere il discorso - li pregò Xavier - Dopo potrete decretare liberamente qualora io sia un traditore o meno. Me lo concedete? -
June e Judith si scambiarono una speranzosa occhiata di intesa. Michael si limitò a compiere un cenno di approvazione senza pronunciarsi oltre.
Pearl rimase in silenzio, ad ascoltare ogni parola e bisbiglio.
Xavier prese coraggio, inalò una gran quantità d'aria, e cominciò a raccontare.
- ...tutto cominciò quando venni mandato in missione in Giappone. La guerra civile aveva raggiunto un punto di svolta e ad alcuni agenti, come il sottoscritto, era stato dato il compito di sorvegliare la principessa di Novoselic per prevenire un attacco da parte dei nemici. Attualmente, la principessa Sonia è l'erede al trono di Novoselic; in quel periodo, stava attendendo ai corsi della Hope's Peak Academy come studentessa in trasferta. Il mio compito era di recarmi lì sotto falso nome e di tenerla al sicuro... ma ancora non sapevo cosa si era messo in moto in quella scuola -
- Quindi hai approfittato del nostro viaggio di orientamento per accedere alla scuola senza dare nell'occhio... - concluse Michael.
- Precisamente - confermò Xavier - Inizialmente ero convinto che stesse filando tutto liscio... ma ciò che non avevo previsto era l'arrivo di una minaccia diversa da quella che mi ero figurato. Un nemico inatteso che ha gettato non solo il Giappone, ma l'intero mondo, nel caos: Junko Enoshima -
Dallo sguardo di Pearl fu lampante capire che ne sapeva qualcosa. 
Essendo un argomento noto oramai a chiunque, Xavier non sentì il bisogno di dilungarsi.
- Enoshima... - June mormorò quelle parole con una punta di disgusto.
- Proprio lei, la ragazza che ha scatenato una vera e propria guerra - proseguì il ragazzo - La stessa a cui Pearl stava dando la caccia. Ha trascinato nella disperazione una gran quantità di studenti, e alcuni di essi hanno finito per divenire suoi fedeli seguaci. Tra di loro... vi era anche la principessa Sonia -
- La sovrana di una nazione è diventata una pedina nelle mani di una psicopatica!? - esclamò Michael, terrorizzato.
- Inutile dire che si trattava di un'alleata fuori dal comune... - sospirò Xavier, con sguardo triste - Eppure... ancora non bastava. Dopo la morte di Enoshima, i suoi più leali sostenitori, tra cui anche Sonia, hanno preso il suo posto iniziando a far dilagare il disastro in ogni parte del globo. Ma, a quanto pare, hanno trovato un ostacolo alquanto difficile da gestire. Un muro invalicabile, erto a difesa dell'umanità: la Future Foundation -
- Oh...! Q-questo lo so! - June alzò la mano - E' un'organizzazione para-militare che si occupa di incidenti internazionali di questa portata... giusto? -
- Corretto - fu la risposta - E' un ente neonato, ma è cresciuto rapidamente in un gruppo grande e ben strutturato. Il baluardo difensivo definitivo, a protezione della speranza. I seguaci della disperazione sapevano che non sarebbero riusciti a distruggerlo con metodi convenzionali: avevano bisogno di un metodo più radicale... ed è qui che entriamo in scena noi -
I quattro compagni titubarono. Quella frase sibillina non lasciava presagire nulla di positivo.
- ...noi? - fece Judith - Che... che vuol dire? -
- Noi sedici... partecipanti al progetto "Eye's Deception". Fin dal principio noi eravamo una sorta di... asso nella manica. Un espediente da utilizzare nel caso la situazione fosse andata a loro sfavore -
- "Eye's Deception"... - borbottò Michael - Ho già letto questo nome, ma cosa sta ad indicare? -
Xavier sospirò con profonda amarezza. Era la parte che più di tutte aveva difficoltà a pronunciare.
- ...è ciò a cui abbiamo partecipato in questo mese e mezzo - disse, stringendo i pugni - Non era soltanto un gioco al massacro... era una selezione. Una competizione per verificare il più idoneo ad unirsi a loro... -
- Co-cosa!? - gridò June, col cuore in gola - Ma che stai... unirsi a loro!? -
- Avete capito bene - sbuffò la spia - Il vincitore non avrebbe ottenuto la libertà: sarebbe stato tramutato nell'Ultimate Despair, proprio come Sonia. Volevano vedere chi di noi era più incline alla disperazione, e renderlo una pedina da far infiltrare nella Future Foundation e... disintegrarla dall'interno -
Michael picchiettò col piede sul pavimento, in un movimento continuo e sempre più rumoroso.
- Assurdo... - fremette lui - Quindi tutto ciò che è accaduto... è stato del tutto inutile...? -
- Alvin, Hayley, Rickard, Kevin, Pierce... - gemette June - Non avevano idea di ciò che sarebbe accaduto loro... -
- ...una trappola - sibilò Pearl, con un filo di voce.
Xavier annuì con mestizia.
- Già... un tranello architettato fin nei minimi dettagli - ammise - Ogni tassello del puzzle è andato al suo posto -
- Un momento... - li fermò Judith - E che cosa mi dici della questione del... traditore? -
Gli occhi di Michael si illuminarono; la domanda che più lo premeva era finalmente saltata fuori.
Interpellò Xavier seduta stante per soddisfare quel tarlo che lo rodeva insistentemente da settimane.
- Esatto, Xavier...! Il traditore... - ringhiò lui - Cosa hai da dirci in merito!? -
- Mike, calmati! - gli fece June, rimproverandolo aspramente - Non partire dal presupposto che lo sia! -
- Non ha tutti i torti, ma anche in questo caso era un'insidia ben congegnata - replicò la spia - Monokuma ha detto a tutti di trovare "la spia". Con ciò, infatti, intendeva che l'obiettivo ero io, pur essendomi presentato come detective... ma era solo un metodo per inculcare paura e sfiducia. Non c'è mai stato un traditore: d'altronde, Monokuma non ha mai nemmeno pronunciato quella parola -
- Che vai dicendo!? Certo che la ha...! - obiettò Michael, bloccandosi però a metà frase.
Ripescando nella sua memoria non fu capace di trovare un ricordo nitido di quanto stava per affermare.
Vinto dal dubbio, preferì zittirsi e meditare.
June, Judith e Pearl non mancarono di notare quell'atteggiamento sospetto, e iniziarono a ponderare a loro volta.
- Quindi... il traditore... -
- E' stato un nostro costrutto. Non so chi, né esattamente quando, ma qualcuno ha iniziato a parlare della "spia" come "traditore", e a quel punto il pensiero serpeggiante si è tramutato in un chiodo fisso. Siamo stati vittime di noi stessi e del nostro terrore -
- Quindi ti hanno usato per dare a tutti noi... un motivo per guardarci le spalle - gemette June, avvertendo una fitta allo stomaco - Solo a pensarci mi viene la nausea... -
- ...fermi tutti -
Ognuno si voltò: le parole secche e improvvise dell'Ultimate Chemist risuonarono lungo le pareti arrotondate del sommergibile.
June notò un'espressione contratta e le spalle tremanti; Michael pareva aver realizzato qualcosa di particolarmente pauroso.
Gli occhi del chimico si voltarono lentamente verso Xavier, squadrandolo da cima a fondo: pupille serrate, paralizzate.
- M-Mike...? - gli si avvicinò June - Che succede...? -
- ...Xavier - lo richiamò lui.
La spia aggrottò la fronte. Quel tono e quell'espressione lo mettevano a disagio.
- Michael? -
- Tu, poco fa... hai detto che "ogni tassello del puzzle è andato al suo posto"... come ad indicare che il piano di Sonia abbia avuto successo - deglutì - Non starai mica a dire che... sono riusciti nel loro intento...? -
Il quesito sembrò coglierlo di sorpresa.
L'espressione di Xavier rimase imperscrutabile, e ciò non contribuì a rasserenare l'animo vacillante del chimico, il quale passò istintivamente sulla difensiva.
Notando come Michael avesse già iniziato ad indietreggiare e che anche June pareva mostrarsi vagamente irrequieta, Xavier si trovò costretto a valutare attentamente le proprie argomentazioni. Judith, dal canto suo, non ostentò alcun segno di timore; rimase in silenzio ad ascoltare ciò che aveva da dire.
- ...Mike, rilassati - tentò di calmarlo - Non sono vostro nemico. Perché mai prendermi la briga di venire fin qui e raccontarvi tutto, altrimenti? -
- F-fino a che ci sarà anche solo la minima possibilità che faccia parte di un tuo piano contorto e deviato mi sentirò in diritto di avere paura, chiaro!? -
- Siamo alle solite... - sbuffò June, strattonando Michael per la camicia - Mike, smettila di pensare e concentrati sull'ascoltare gli altri, per una volta! Magari non tutto, in questo universo, sta cercando di ucciderti! -
- Ah, perdonami, ma dopo questa esperienza sono poco abituato ad avere a che fare con situazioni innocue! -
In mezzo al rumoroso battibecco, Judith non mancò di notare come Xavier stesse trovando più di una difficoltà nell'approcciarsi al modo di fare del chimico.
Il solo fatto di essere al centro dei sospetti era per lui fonte di malessere; fino a lì era chiaro.
L'Ultimate Lawyer intuì che vi fosse il bisogno di una spinta ulteriore per sbloccare la conversazione.
- ...Xavier, alla luce di quanto accaduto preferisco partire da presupposti più ottimisti - asserì lei - Ti va di darci una mano a capire? Se il loro intento era di renderti un loro schiavo, come hai fatto a sfuggire alle loro macchinazioni? -
Il sottomarino fu avvolto dal silenzio; persino Michael decise di tacere e dargli modo di parlare, principalmente per avidità di risposte piuttosto che per mera fiducia.
Xavier esitò inizialmente, ma si rese conto che quella era la migliore opportunità per discolparsi.
Incrociò gli occhi di June e Judith, e poi lo sguardo di Pearl; quest'ultima si limitò a compiere un cenno silente, che valeva più di mille parole.
- ...ho preso le mie precauzioni - confidò Xavier - Quando ho confessato a Monokuma di essere la spia sapevo che, in qualche modo, avrei incontrato la persona che  guidava quel robot. Ciò che temevo maggiormente era che sarei potuto morire, certo... ma vi era un altro fattore cruciale che mi assillava -
- Sarebbe a dire? - lo incalzò Judith.
Il ragazzo incrociò le braccia, assumendo un tono malinconico.
- La cosa che più mi terrorizzava, oltre alla mia probabile dipartita... - mormorò, deglutendo - ...era di finire come Pierce. E, anzi, è stato proprio quest'ultimo a suggerirmi indirettamente come agire -
- ...Pierce? - pronunciò debolmente Pearl, sussultando.
Il resto dei compagni esibirono espressioni perplesse.
- Che intendi dire, Xavier? -
- Vedete, ragazzi, ho riflettuto a lungo su ciò che gli era accaduto... - proseguì lui - Il suo cervello è stato manipolato, ma in maniera del tutto differente da come è accaduto nel caso di Karol -
Judith ripercorse memorie estremamente sgradevoli; storse il naso.
- Già... al Prof era stato innestato un dispositivo dotato di elettrodi, se non erro... - sospirò lei.
- E' proprio quello il punto - Xavier alzò l'indice - A Karol fu posto quell'affare infernale tramite una delicata operazione chirurgica. Nulla da meravigliarsi, se si tratta dell'operato dell'Ultimate Surgeon. Ma che dire, allora, dello stesso Pierce? Anche il migliore dei chirurgi non può operare se stesso, e dubito ci fosse qualcun altro
in grado di eseguire la medesima pratica in modo efficiente. Inoltre, Pierce non aveva neppure un segno, una ferita o una cicatrice che tradissero questo processo -
Michael Schwarz si grattò il mento, a metà tra l'interesse e la mancata consapevolezza di dove volesse andare a parare.
- Sì, mi trovo d'accordo... - commentò lui - E allora come spieghi il fatto che Pierce fosse stato manipolato a sua volta? -
- Molto semplice, in realtà - Xavier abbozzò un sorriso confidente - Se non è stata apportata alcuna modifica al suo corpo, il condizionamento mentale deve essere stato... indotto in un'altra maniera. Oserei dire a livello del subconscio, forse tramite ipnosi. Il che mi ha portato a pensare... se il nemico avesse a disposizione un modo per soggiogare la volontà altrui senza ricorrere ad una lobotomia, vuol forse dire che attaccherebbero direttamente il cervello con un segnale, o qualcosa di intangibile? -
- M-ma... non capisco... - si lamentò l'arciera - Anche in questo caso, come avresti fatto a prevenirlo!? -
La spia si schiarì la voce.
- Beh, se l'unico bersaglio è proprio il cervello... allora basta proteggere solo quello, no? - disse, con una naturalezza quasi arrogante - Anzi, nel mio caso... direi che lo ho "spento". Dico bene, Mike? -
Vi fu un attimo di incertezza; poi, ogni singola persona all'interno del sommergibile si voltò verso l'Ultimate Chemist, che si trovò improvvisamente travolto da occhiate esterrefatte.
- U-un attimo...! Che cosa c'entro io!? - obiettò lui.
- Non ricordi? - domandò poi Xavier - Prima della mia confessione ho chiesto un favore in particolare a ciascuno di voi. Erano tutti volti ad assecondare il piano che avevo in mente -
- A tal proposito... - June parve lievemente inviperita - Sbaglio o tu non hai mai specificato che cosa ti aveva chiesto Xavier...? -
Michael sciolse a fatica il nodo che aveva alla gola, quasi sentendosi a sua volta responsabile.
Deglutì un grumo di saliva mentre le tre ragazze lo squadravano da cima a fondo.
- B-beh... mi aveva chiesto di... - tentennò per un istante - ...di prestargli una delle mie pasticche speciali... -
- Più precisamente: il composto di sua invenzione che ha sviluppato assieme a te, June - puntualizzò l'altro.
- E perché accidenti non lo hai detto prima!? - strepitò l'arciera, furibonda.
- Ma suvvia, con tutto quello che è accaduto con quei maledetti Monokuma pensavi che avessi pure il tempo di stare a pensare a quello!? - si giustificò lui - Avevamo cose più urgenti di cui occuparci! -
Judith gonfiò le gote con un cenno di disapprovazione.
- Avresti almeno potuto menzionarlo... - si lamentò - E comunque mi meraviglio che tu ti sia lasciato convincere a cedergli qualcosa di simile! -
- Già! Che fine ha fatto il Mike paranoico che non avrebbe mai prestato un'arma a qualcuno!? - si accodò June.
A quel punto, fu Xavier ad intervenire prontamente in sua difesa. 
- Fidatevi, è stata un'impresa... - disse, col morale a terra - Siamo stati per tre quarti d'ora a discutere delle contromisure che avrebbe adottato nel caso avessi voluto pugnalarlo alle spalle con la sua stessa medicina... -
- E non lo rimpiango affatto! - aggiunse Michael, chiarendo la sua posizione.
- Ma sta di fatto che... ha funzionato. Giusto...? -
Senza distogliere le mani dalla console dei comandi, Xavier si girò ed elargì loro un sorriso compiaciuto; un'espressione vittoriosa che poteva stare ad indicare ben pochi esiti.
- Per una volta sono stato io ad anticipare loro - gongolò con una vena di sfacciataggine - Ho nascosto la pastiglia in bocca e ho atteso il momento opportuno per  ingerirla. Era così piccola che non se ne sono accorti, ma ha fatto il suo lavoro. Hanno tentato di friggermi i neuroni con un video, e quindi... -
- ...hai "spento" il cervello - concluse Judith, meravigliata.
- Precisamente -
La complessità della strategia fu ciò che maggiormente lasciò stupiti i quattro ragazzi, ma dopo la spiegazione fornita da Xavier vi fu un altro dubbio da esporre.
O, per meglio dire: vi era qualcosa che aveva lasciato loro un profondo senso di insoddisfazione.
- ...è stato un azzardo - sussurrò Pearl.
Le mani della spia vibrarono sensibilmente.
- ...un rischio calcolato, ma pur sempre un rischio: ne prendo atto - rispose lui.
- E non sarebbe stato più semplice affrontare la questione assieme a tutti noi? - fece Judith, facendo da portavoce al pensiero comune che aleggiava tra tutti loro.
Un rivolo di sudore gli scese lungo la tempia; Xavier aveva sperato di poter sorvolare l'argomento, ma era stata una speranza inutile.
Erano parole che non voleva dire, che aveva il timore di pronunciare; avrebbero fatto male a loro e a se stesso.
Pur sapendo ciò, era cosciente che non avrebbe potuto evitare di pronunciarsi all'infinito.
Sospirò, inserì il pilota automatico, e si voltò per guardare ognuno di loro dritto in volto.
- ...perché hai agito da solo, Xavier? - gli domandò Judith, con sguardo mesto - Se solo ci avessi... -
- Ragazzi... - la interruppe Xavier - Io ho... commesso molti errori. Tra questi vi è il fatto di aver insistito a fare per conto mio, certo... ma non ce la facevo. Non avevo la forza... né il coraggio di rivolgervi il mio sguardo. Abbiamo volutamente evitato di menzionarlo, ma... so che cosa pensate. So bene che... oramai avete realizzato che se i nostri undici compagni sono morti è in gran parte colpa mia... avrei potuto evitarlo, ma ho preferito sopravvivere a spese altrui. E sapendo ciò... ho vigliaccamente scansato il confronto con voi -
- Xavier... - gemette Pearl, debolmente.
Il ragazzo continuò imperterrito.
- Ero terrorizzato dal vostro giudizio... avevo paura che mi avreste odiato. Ma la verità non si può sotterrare in questo modo - sospirò - Sono tutti morti... e lo si deve a me. E non sono così arrogante da pretendere che mi si perdoni. Ma, se almeno potete credere a questo... sappiate che, per proteggere voi, sarei disposto a compiere azioni che appena un mese fa non avrei mai minimamente ponderato. E lo dico perché... siete i miei preziosi amici - 
Avvertì sullo stomaco il peso di quella frase solo appena dopo averla pronunciata.
Realizzò di aver lasciato che la sua mente si esprimesse senza inibizioni, che la sua bocca si muovesse senza contrarsi.
Aveva sentito il bisogno di lasciare andare quel fardello per alleggerire la propria coscienza, ma una volta fatto ebbe quasi difficoltà a mantenere il contatto visivo con gli altri.
Desiderò ardentemente di distogliere lo sguardo per evitare il loro; di velare il rossore che aveva in viso e l'enorme sforzo che aveva compiuto nel rivelare quel pensiero gelosamente custodito nel suo animo tremante.
Eppure, Xavier si costrinse a guardarli, a fissare i loro occhi e ad assorbire tutto ciò che emanavano, ogni sentimento piacevole o doloroso che fosse; decise che quella sarebbe stata la prima delle numerose conseguenze dei suoi gesti che avrebbe dovuto accettare, volente o nolente.
Passò da un viso all'altro in rapida successione; con sua sorpresa, notò che Pearl e Michael stavano ostentando più empatia di quanto non si attendesse.
Attraverso il fitto bendaggio che le ricopriva il viso, la pupilla chiara dell'Ultimate Assassin trasudava una certa compassione verso la situazione del compagno.
Xavier si domandò se la ragazza non avesse rivisto in lui qualcosa che le ricordava se stessa e i dubbi che aveva affrontato in passato.
Michael si limitò a rimuovere gli occhiali e a pulire le lenti insistentemente, senza pronunciare una parola.
Era un comportamento peculiare al quale Xavier aveva già assistito diverse volte: nel caso in cui Michael evitasse di pronunciarsi in una situazione complicata era principalmente dovuto al fatto che voleva evitare di esprimere commenti controversi. Nonostante tutto, gli parve quasi comprensivo.
La sorpresa più amara fu però il riscontro nelle espressioni delle altre due.
Judith era rimasta a braccia conserte e sguardo basso, sconsolato, mentre un sentimento bruciante stava ardendo sulla faccia di June.
L'arciera si ritrovò a fare i conti con pensieri in forte contrasto, e si tenne il petto con la mano quasi come ad impedire che esplodesse.
- ...sì, hai ragione - disse Harrier, muovendo un passo in avanti - Avresti potuto salvarli... ma hai preferito rimanere zitto, e quelle undici persone sono decedute... anche Pearl e Michael hanno rischiato grosso, e Judith rimarrà per sempre col viso sfigurato... -
Col sangue raggelato, Xavier si girò verso l'Ultimate Lawyer; questa scostò lo sguardo a propria volta. Non era felice che June avesse utilizzato la sua ferita per attaccarlo, ma nemmeno poteva mentire a se stessa dicendo che la cosa non la tangeva.
- June, aspetta... - la implorò Pearl, pur venendo ignorata.
- Non torneranno mai più, Xavier... ma questo lo sai bene - continuò - Spero tu sia mentalmente preparato... perché è un fardello che ti porterai dietro per tutta la vita... -
Pur essendo convinto di essersi predisposto all'eventualità di quelle parole, fecero male; più del previsto.
Non ebbe neppure la forza di darle ragione; sapeva che sarebbe stato un commento futile.
Il rimorso cominciò a divorarlo interiormente con rapidità; sentì le viscere contorcersi e il cuore palpitare a mille.
La testa gli sembrò andargli a fuoco; quel responso era il motivo principale per cui aveva evitato il confronto diretto, e avvertirne il peso concretamente sulla coscienza gli ricordò come mai ne avesse così tanta paura.
Un terrore tale da spingerlo a voler scappare, a nascondersi per sempre alla loro vista.
- ...Xavier, ascolta -
Appena prima di balbettare qualche parola confusa in preda al panico, Judith gli aveva poggiato una mano sulla guancia.
Serrò gli occhi; avvertì le sue dita poggiarsi con fermezza sugli zigomi, costringendolo a fissarla dritta nella pupilla. Era uno sguardo severo, ma al contempo pacifico.
- Judith, io... -
- Ciò che June voleva dire... è che non puoi cancellare ciò che hai fatto. Non potrai mai farlo; puoi solo imparare a conviverci - inspirò profondamente, addolcendo il tono della voce - ...ma non vuol dire che devi farlo da solo. Saresti disposto, per una volta, a lasciarti aiutare? -
Con sua sorpresa, anche June si unì a quel gesto di affetto completamente contrapposto a ciò che aveva appena detto.
Judith prese per mano l'arciera e la avvicinò a Xavier; la ragazza si asciugò gli occhi lucidi, facendo crollare la maschera di collera e fermezza che aveva costruito, e afferrò a sua volta la mano di Xavier.
- ...non sei da solo, ok? - mormorò - Non ti abbandoneremo alla prima difficoltà... -
Prima di riuscire a replicare, sentì un'altra mano affondare la propria presa sulla sua spalla.
Michael Schwarz lo stava saldamente tenendo con tutte le dita, ma in una stretta più amichevole; quasi rassicurante.
Oltre le lenti degli occhiali, la spia vide un volto tutto nuovo dell'Ultimate Chemist, che pur conservando la sua aria arcigna emanava un'intenzione del tutto differente.
- Basta segreti, però - comandò il chimico - Mi sono spiegato, bastardo? -
Ebbe come un tuffo al cuore. Una forte sensazione di calore lo avvolse; un sentore raro, quasi sconosciuto.
In mezzo a quel misto di emozioni, Xavier abbozzò per la prima volta un sorriso sincero.
Allargò le braccia e cinse tutti e tre i compagni in un abbraccio vigoroso, stringendoli a sé.
Stettero immobili e in silenzio, trascorrendo secondi preziosi in una piacevole armonia che non necessitava parole.
Dalla sua posizione, Pearl osservò la scena con volto sereno; l'epilogo di quella assurda vicenda si era rivelato migliore delle previsioni, e fu contenta così.
Ben presto, però, la sua assenza iniziò a farsi sentire. Non ci volle molto affinché June trascinasse tutti con sé per coinvolgere anche Pearl in quel momento di unione.
I quattro si chinarono, portando l'Ultimate Assassin, sopraffatta dalla sorpresa, al centro dell'insieme.
Tutti e cinque, tenendosi per mano, celebrarono una fine ed un nuovo inizio.
Rimasero in quella posizione fino a che il panorama alle loro spalle, oltre la vetrata, non cambiò repentinamente.
Si girarono all'unisono, sorpresi da quel bagliore ceruleo che gli si manifestò davanti.
Il blu scuro degli abissi aveva lasciato il posto ad un colore più chiaro: un celeste cristallino e solcato da increspature.
La superficie del mare si avvicinò sempre di più, inondando gli sguardi dei cinque sopravvissuti con la sua effimera bellezza.
Xavier inspirò profondamente; allungò la mano verso quella di Judith e la afferrò per le dita sottili e morbide, alzando la testa verso quella distesa azzurra simile ad un cielo terso.
Quando quest'ultima ricambiò il gesto, si sentì rinvigorito da una nuova energia.
- ...torniamo a casa - disse, godendosi appieno quell'interminabile momento di pace.




Lo sportello sulla sommità del sommergibile si aprì verso l'esterno con un cigolante rumore meccanico e si accasciò con un tonfo sordo di lato; Judith sporse la testa al di fuori della scialuppa e lasciò che una moltitudine di sensazioni nostalgiche le inondassero il volto stanco e pallido.
Avvertì un tiepido tepore sulla pelle, gettato dai raggi di un sole mattutino filtrati da appena un paio di nuvole bianche.
Una leggera brezza le accarezzò la chioma e le scompigliò le ciocche corvine tenute a fatica dal fermaglio, mentre un intenso odore salino penetrava a fondo nelle sue narici.
Davanti a lei vi era solo acqua; mare a perdita d'occhio. Una distesa blu che non finiva mai, di una vastità sconfinata a tal punto da fare quasi spavento.
Eppure, la ragazza non provò né paura né perdizione.
Inspirando a pieni polmoni salì gli ultimi pioli della scaletta e mise piede sulla prua, allargando le braccia al vento e lasciandosi trasportare da quella sensazione di libertà.
Era da tempo che bramava di ritrovare quel piccolo, semplice piacere che aveva sempre dato per scontato: la possibilità di respirare all'esterno.
Quel mattino aveva un sapore piacevole; vecchio, e al contempo nuovo. Simboleggiava la fine di una terribile epopea, ma anche l'inizio di qualcosa di diverso.
Judith Flourish lo sentiva nel profondo del proprio animo: la vita, dopo quell'esperienza, non sarebbe tornata a scorrere allo stesso modo.
Si beò di quella meravigliosa emozione per pochi istanti, e poi tornò all'imbocco della scala.
Gettò uno sguardo verso il basso: i compagni avevano trovato non poche difficoltà a sollevare Pearl lungo i pioli, e a quest'ultima non pareva piacere affatto l'idea di essere trasportata in maniera simile ad un pacco. A Judith venne quasi da ridere nel vedere il suo sguardo palesemente rassegnato.
Allungò le braccia e raggiunse la compagna con le dita, sollevandola per le ascelle.
La trascinò sul ponte fino a che non fu completamente distesa su di esso.
Asciugandosi alcune gocce di sudore, passò poi a sollevarle la schiena in modo da permetterle di vedere ciò che avevano conquistato.
L'occhio dell'assassina si illuminò a sua volta di fronte a quella vista semplice, ma maestosa. Il chiarore della sua iride si ricoprì di riflessi lucidi.
- ...guarda, Pearl - sorrise Judith, carezzandole le spalle - Siamo fuori -
Crowngale non disse nulla. Si limitò ad annuire, continuando a contemplare il cielo azzurro che si dilungava fino ad oltre l'orizzonte.
Rumori di passi alle loro spalle fecero capire a Judith che anche gli altri tre li avevano raggiunti.
June fu la prima a superarle, correndo in gran fretta verso il bordo dello scafo.
Sprizzando eccitazione da tutti i pori, a malapena riuscì a trattenere alcune lacrime di commozione; alzò le braccia al cielo e lasciò andare un grido d'euforia, risuonando lungo le onde increspate.
Michael la seguì a piccoli, cauti passi per non perdere l'equilibrio. Si tolse gli occhiali e si passò la giacca sugli occhi inumiditi, esalando un lungo sospiro di sollievo.
- ...ce l'abbiamo fatta - gemette, cascando in ginocchio - Siamo sopravvissuti... santo cielo... -
Il chimico necessitò di sedersi e assimilare mentalmente la portata di quell'impresa, ad assaporare il fatto di essere riuscito ad evitare la morte celata ad ogni angolo e di essere giunto fino a quel punto, alla fine di tutto. Ma il suo momento di respiro durò poco, poiché l'euforia dell'arciera finì per travolgerlo in più di un senso.
June gli si gettò addosso allungando le braccia fino a cingergli la vita e stringendo con tutta la forza che aveva; un abbraccio che Michael avvertì con ogni vertebra del suo corpo.
- Siamo fuori, Mike! - esultò a gran voce - Siamo usciti da quell'inferno! -
L'Ultimate Chemist non riuscì a capire se il dolore fisico proveniva dalla ferita riaperta sul fianco o dall'esagerata reazione della compagna al raggiungimento della libertà; ciononostante, si sorbì i suoi assordanti schiamazzi e la sua forza sovrumana senza emettere fiato o battere ciglio.
Sentì quasi di doverglielo, ma sarebbe passato molto prima di ammetterlo in modo esplicito.
In mezzo al gioioso quadretto giunse, infine, Xavier. 
Camminò verso il bordo del ponte e si sporse, rimirando la propria immagine riflessa sulla superficie increspata.
Si chinò in ginocchio ed affondò la mano per metà all'interno del mare, quasi come per convincersi che fosse reale; che quella fuga miracolata non era frutto della sua immaginazione o di un tranello di Sonia.
Il suo profilo specchiato divenne più nitido; il ragazzo non rivide in quella faccia la stessa che aveva sempre avuto. Si domandò se il se stesso di un mese prima avrebbe riconosciuto quei tratti come propri; se quella pupilla non avesse assistito a così tanti orrori da averne abbastanza per una vita intera.
E gli parve che lo stesso valesse per i suoi compagni; ognuno di loro aveva un'espressione molto diversa dal giorno in cui li aveva conosciuti.
Che fosse per le esperienze vissute, per il legame stabilito, per gli attriti o le intese, lo ignorava. Erano cinque persone differenti, nel bene e nel male.
E, per la prima volta nel corso della sua carriera, Xavier sentì di non essere in dovere di scartare quell'identità come al termine di ogni missione precedente.
Quella gli sarebbe rimasta impressa, che lo volesse o meno, fino alla fine dei suoi giorni.
Sospirò; tornando verso i compagni, si accorse che i festeggiamenti non erano ancora conclusi, per quanto li ritenesse prematuri.
La vasta distesa oceanica che li circondava non gli faceva presagire nulla di buono. Pur essendo riusciti a scappare dal sottomarino, la via di casa era ancora incerta, ignota.
Ancora perso nelle proprie elucubrazioni su come fare per orientarsi, avvertì una lieve stretta alla caviglia.
Abbassò lo sguardo istintivamente; la pallida mano di Pearl lo stava tirando dal pantalone per attirare la sua attenzione.
Al contempo, con l'altra mano, aveva richiamato anche Judith.
- Cosa c'è, Pearl? - domandò il ragazzo.
La ragazza con occhi di ghiaccio si limitò a fissare un punto indefinito verso l'alto, tra le nuvole e l'azzurro del cielo.
Incuriositi, e al contempo preoccupati da quel comportamento, Xavier e Judith volsero lo sguardo in quella direzione.
L'Ultimate Lawyer fu la prima ad accorgersene; per quanto distanti, vi erano dei corpi scuri dalle dimensioni indefinite che stavano solcando i cieli proprio sopra le loro teste.
Judith dovette sforzare la vista dimezzata per comprendere di cosa si trattasse; attribuì a quelle sagome l'identità di grossi uccelli, ma ad una seconda occhiata realizzò che non era così.
La formazione di volo e l'andatura non erano affatto naturali, bensì meccanici; non si trattava di volatili, ma di velivoli.
E in breve tempo, entrambi notarono come si stessero facendo sempre più vicini.
- ...vengono verso di noi? - sussultò Judith.
- Cosa...? Come!? - esclamò Michael, visualizzandoli a sua volta - Che cosa diavolo sono!? -
June fece affidamento alla propria vista per definire una risposta sicura.
- ...elicotteri - mormorò - E si stanno avvicinando... -
Fu questione di minuti prima che divenissero abbastanza vicini da poter essere intravisti meglio; erano completamente neri e dalle sfumature metalliche. 
Persino il vetro del parabrezza era oscurato in modo da non far vedere all'interno.
Erano tre in tutto, e quello che comandava la squadra scese di quota fino a pochi metri dalla superficie dell'acqua.
Il vigoroso movimento delle pale provocò forti raffiche che costrinse i ragazzi ad indietreggiare, coprendosi gli occhi, e spazzando via le onde generando un piccolo vortice.
Il sommergibile traballò sensibilmente, e i cinque si strinsero tra loro circondando Pearl, l'unica incapace di muoversi, per evitare che venisse sbalzata fuori bordo.
La paura giunse spontanea per l'intero gruppo; Michael maledì il momento in cui aveva cantato vittoria, e June con lui.
Judith si parò istintivamente davanti a Pearl, mentre quest'ultima prestava la massima attenzione ai movimenti dal grosso velivolo.
Tra loro, però, Xavier sembrò l'unico a non essere stato colto dal panico: pur essendo in guardia, i suoi muscoli erano rilassati e il volto non era teso.
Regolò il respiro e si limitò ad attendere lo svolgersi degli eventi; era cosciente di aver predisposto tutto.
Sapeva che, per una volta, ogni cosa era andata secondo i propri piani.
L'elicottero rimase a fluttuare nella stessa posizione per alcuni istanti prima che il portone laterale si aprisse, rivelando al suo interno la presenza di almeno una decina di persone vestite con divise militari scure e munite di elmi protettivi. L'elevato numero di individui fece pensare a June di aver giudicato male le proporzioni e la capienza di quel mezzo.
Avevano con loro armi di vario calibro e un distintivo scintillante bene in mostra sul petto; tra loro spiccava l'unica persona vestita con indumenti completamente differenti e che destabilizzava il perfetto ordine di quella squadriglia armata.
Pearl lo osservò con discreto interesse: era un uomo con una capigliatura elegante, ma fortemente in contrasto con i suoi vestiti spartani, quasi rozzi.
Un lungo cappotto logoro con una pelliccia sintetica scura ricopriva una semplice canottiera bianca e scendeva fino alle ginocchia. Il fisico scolpito dell'uomo risaltava meno solo a causa dello sguardo truce che quest'ultimo pareva ostentare perennemente, occhi che avrebbero intimidito chiunque a prescindere dalla situazione.
Con sorpresa del gruppo, quest'ultimo spiccò un balzo dall'elicottero ed atterrò con i piedi ben piantati sul sommergibile dopo una caduta di quasi tre metri.
Dopo aver squadrato ognuno dei ragazzi che aveva di fronte da cima a fondo camminò a passo spedito verso di loro, fermandosi a poca distanza.
Nel vederli ammutoliti e spaesati, pensò bene di fare la prima mossa.
- ...Judith Flourish, June Harrier... - disse, spostando gli occhi di viso in viso - Michael Schwarz, Pearl Crowngale... e Xavier Jefferson. Dico bene? -
Judith deglutì silenziosamente ed annuì; nessun altro osò fiatare.
L'uomo dall'aspetto feroce sospirò, sentendosi sollevato. Accennò un sorriso, ma era fin troppo evidente quanto fosse forzato.
- Avrò studiato le vostre facce e i vostri nomi per oltre un mese, oramai... - sbuffò - Sono Sakakura, della Future Foundation. E, da questo momento, siete sotto la nostra protezione -
Si girò di scatto e fece al resto dei suoi uomini un cenno con il braccio, dando loro un segnale di via libera.
Michael assunse un'aria sognante: intravide in quella persona un salvatore avvolto da una luce mistica, come un angelo disceso a condurlo alla salvezza.
- S-siete alleati...? - domandò, tremante - Non volete... farci del male, vero...? -
Juzo Sakakura scosse la testa, rassicurandolo.
- Ci abbiamo messo un sacco a trovarvi, non mi meraviglio che siate impauriti - disse con tono apologetico - Non dovete temere più nulla: siamo qui per portarvi al sicuro -
- Oh, grazie al cielo...! - esultò June, con le lacrime agli occhi - Ah! Vi prego, dovete aiutare la nostra amica! Non è in grado di camminare autonomamente... -
L'uomo sporse lo sguardo oltre l'arciera e notò come Pearl fosse ricoperta di bende e con le gambe inerti. Dopo essersi accertato che non fosse in pericolo di vita, la sollevò con entrambe le braccia e la prese in braccio, portandola con sé.
- A lei ci penso io - disse loro - Voi riuscite a muovervi? -
- Sì... sì, noi siamo a posto - rispose Judith con una certa riverenza.
- Perfetto. Ah... ancora una cosa... - disse, realizzando di dover ancora porre una domanda importante - Ci siete solo voi, qui? -
Cadde nuovamente il silenzio, stavolta dettato da un'atmosfera più grave.
Fu Xavier a fare da voce al gruppo, sentendosi quasi in dovere.
- ...siamo gli unici rimasti vivi -
Juzo Sakakura avvertì un brivido percorrergli la pelle, ma non si scompose. Celò alla vista dei ragazzi il proprio sguardo affranto e proseguì verso l'elicottero trasportando l'Ultimate Assassin.
- Forza, venite - concluse, infine - Andiamo a casa -
Michael e June lo seguirono a ruota, avviandosi assieme verso la scaletta che avevano appena calato dall'elicottero.
Judith osservò la scena, ancora incredula; era accaduto tutto così in fretta, e in maniera incredibilmente conveniente. Dopo quell'esperienza si era disabituata alle situazioni in cui tutto andava per il meglio. Ma ciò che più le dava da pensare era che, a differenza degli altri tre, Xavier non sembrava così sorpreso di quanto accaduto.
E se c'era un'altra cosa che aveva imparato in quel periodo, e nella sua carriera, era il riconoscere un'espressione sospetta.
- Dì un po'... - gli disse, in modo schietto - Sapevi che sarebbe andata a finire così, vero? -
Xavier si grattò distrattamente la nuca, colto alla sprovvista. Evitò il contatto visivo con Judith per non creare ulteriore imbarazzo.
- ...Sonia e il suo gruppo sono scappati con un altro sommergibile, o almeno così mi è parso di capire prima che se ne andasse - spiegò lui - E, considerando come il suo piano prevedesse che io facessi il resto del lavoro, era difficile che tornasse personalmente qui, soprattutto in elicottero. Inoltre... mi pareva avesse menzionato che la Future Foundation fosse nei paraggi -
- E come al solito ti tieni tutto per te senza metterci al corrente, vero? - sbottò lei, sbuffando sonoramente.
- D-dai, non fare così... - replicò lui, immediatamente ponendosi sulla difensiva - Non era mia intenzione... -
- Xavier, non dimenticare che ci hai fatto una promessa: niente più segreti - gli disse, addolcendo però la voce e appoggiandogli una mano sulla guancia - Non ne hai più bisogno -
Il caldo tocco del suo palmo riuscì a sciogliere ben più della sua tensione. Una forte sensazione di calore al cuore sorprese Xavier, provocandogli un inatteso tremore alle gambe.
Pose la propria mano su quella di Judith e la guardò in viso; la vista della metà destra sfigurata gli provocò un enorme dolore. Sarebbe stato un continuo promemoria degli errori che aveva commesso, di che effetti avevano avuto su chi gli stava intorno. Quelle ferite garantirono che non avrebbe mai dimenticato.
Eppure, il profondo blu dell'iride di Judith riuscì in qualche modo ad acquietarlo; l'effetto mansuefante di quell'occhio ebbe un che di miracoloso, come se bastasse solo rimirarlo da lontano per sentirsi in pace.
Xavier decretò che Judith aveva ragione: non vi era più alcun motivo per mantenere segreti. Anzi; doveva a quelle persone la verità più di qualunque altra cosa.
- Judith -
- Cosa c'è? -
- Inizierò a rispettare questo buon proposito da subito - asserì lui - C'è una cosa che devo dirti: vedi... "Xavier Jefferson" non è il mio vero nome... -
Si bloccò per un istante, attendendo una risposta da Judith, anche solo una parola per smorzare la tensione.
Ma l'Ultimate Lawyer non gli diede quella soddisfazione: rimase ferma a guardarlo, attendendo che finisse, con sguardo deciso e impassibile.
Il ragazzo deglutì, realizzando che non se la sarebbe cavata con poco.
- ...è solo uno dei tanti pseudonimi che ho usato durante le mie missioni - disse, arrancando - Il mio vero nome è... -
Fece per pronunciarlo, ma le parole gli rientrarono in gola.
Judith appoggiò a bruciapelo le proprie labbra sulle sue stampandogli un bacio silenzioso, interrompendo ogni parola superflua, congelando quel momento nel tempo.
Xavier le appoggiò d'istinto una mano sul fianco e reggendole la testa con l'altra.
Dopo un momento durato un'eternità, Judith si staccò rivolgendogli finalmente un sorriso caldo.
L'imbarazzo sul volto di Xavier fu una ricompensa più che abbondante, e lui stesso capì di essersi lasciato soggiogare da quel viso chiaro e dallo sguardo mellifluo.
Lei gli allungò un'ultima, calda carezza sul viso, lasciando che le dita scivolassero candidamente sulla sua pelle, oltre la cicatrice, fino al collo.
Poi, lo prese per mano, e lo tirò con sé.
- Andiamo, Xavier -
L'Ultimate Spy si lasciò trascinare senza opporre resistenza, seguendo con lo sguardo la scia di capelli corvini che svolazzavano al vento, tenuti assieme da una rosa bianca.
Sorrise sinceramente: ancora una volta si rese conto che non avrebbe mai potuto rispettare la regola d'oro che la sua famiglia gli aveva imposto.
Si era decisamente affezionato a quel nome.
 

   
 
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