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Autore: Angel_Strings    03/11/2018    3 recensioni
Due donne ma un solo segreto.
Due uomini ma una sola arma. 
Maledetti cuori
Maledetti destini
-//-
"Amore o solitudine?
Lui aveva scelto l’amore. Qualcosa per cui lottare e alimentare ogni giorno, aveva scelto la famiglia, che comportava il vivere non solo per se stesso, ma anche per il bene degli altri.
Io non avevo qualcuno per cui far battere il mio cuore, non avevo motivo di scegliere qualcosa che nessuno si era preso la briga di insegnarmi.
Non puoi fare del male se non conosci il bene. Privazione di privazione."
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jeon Jeongguk/ Jungkook, Min Yoongi/ Suga
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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♠CHAPTER VII - MALEDETTO BAR
 

Due giorni.
Erano già passati due maledetti giorni dall’incontro, e ancora non avevamo preso una decisione sul da farsi. Hei-Ran pensava fosse scontato per me approvare la sua scelta, viste le circostanze e visto ciò che si era ricordata quel pomeriggio, eppure avevo il sentore che accettare avrebbe scatenato qualcosa… qualcosa di molto brutto.
Quella sera, dopo essere rientrate, mi fece vedere il registro su cui era scritto l’acronimo della azienda di Sin Hyon-Su e, di nuovo, le cose non quadrarono. Si trattava di un manuale abbastanza grande e ricco di informazioni, dalla prima all’ultima pagina.
Per quale mistico motivo proprio su quel foglio non vi era allora nulla, eccetto “T&AR”?
Soprattutto, per quale assurdo motivo non ero stata subito messa al corrente di quella scoperta?
Sapeva che ogni frase, ogni numero e persino ogni virgola contenuta nei fascicoli era importante per le nostre ricerche, specialmente se si fosse trattato di cose ambigue come quella. Ero davvero abbattuta, sconfortata, ma anche un po’ ferita dalla sua scelta di tenermi all’oscuro di quel minuscolo particolare, dato che ai miei occhi non lo era affatto.
Decisi di maledire tutto, me stessa, la stupida regola del passare inosservate, la B.T.S e la situazione in cui ci trovavamo.
Non mi importava più nulla, pensavo solo alle strade di Seoul, a quel mondo caotico che per anni mi era stato negato a causa solo mia e del lavoro che facevo.
 
Lo schiaffo morale che mi diedi fu l’innesco che fece scoppiare una bomba di rimpianti a cui mai avrei creduto di soccombere.
 
Pensavo di essere felice, una donna appagata e pronta a combattere per la giustizia, una piccola Robin Hood intenta a cavalcare le onde della vita nel migliore dei modi, e invece quelle stesse nefaste onde mi stavano silenziosamente affogando a causa della pesantezza dei miei rimorsi intenti a trascinarmi sempre più a fondo.
Satura di quei pensieri, mi misi addosso lo stesso giubbottino nero che avevo indossato per l’incontro. «Dove diavolo pensi di andare adesso?» Mi chiese Hei-Ran, appoggiata alla porta di camera sua.
«Da qualche parte, basta che sia lontano da qui. Ne ho abbastanza di misteri per un giorno solo.» Presi il mio mazzo di chiavi e uscii, senza più voltarmi.
 
⁕⁕⁕
 
Non seppi esattamente quanto mi spinsi lontano da casa, né tantomeno la zona in cui mi ritrovai, ero consapevole solo del senso di inquietudine che stava insistendo nell’accompagnarmi lungo quella passeggiata senza meta.
L’autunno era ormai inoltrato, le strade coperte da un arcobaleno di foglie scricchiolanti e il cielo era tinto di un grigio così scuro che sembrava già notte, sebbene mancassero ancora parecchie ore. Nel complesso trovai il paesaggio meraviglioso, quasi fosse una rarità potervi assistere.
La magia della natura.
Dopo aver adocchiato un bar dall’aspetto più che confortevole in fondo alla via decisi di coccolarmi con una tazza fumante di the, e sperai che il calore, oltre a bruciarmi la gola, potesse anche ardere i miei pensieri.  
“Peaches and Cream”, il bar in questione, era magnifico. L’arredamento in legno gli conferiva un’aria vintage e, appena varcata l’entrata, si poteva odorare per tutto il locale un profumo di brioches appena sfornate.
 
Come per tutte le cose all’apparenza perfette, però, doveva esserci una crepa da qualche parte.
 
Mi avvicinai quasi felice alla cassa per ordinare la mia bevanda preferita quando mi cadde la mascella dallo stupore.
 «Ha-Nun? Ma che sorpresa! Non avrei mai pensato di vederti qui. In realtà non avrei mai pensato di rivederti e basta.» Due occhietti vispi color cioccolato mi salutarono dall’altro lato del bancone, regalandomi persino un sorriso mozzafiato che, ebbene sì, fece perdere un battito al mio cuore ghiacciato.
Kim Taehyung era semplicemente meraviglioso, dovevo ammetterlo.
Mai nella vita avevo visto un uomo così affascinante, così ammaliatore, specialmente con addosso quella divisa che sembrava più adatta ad un cuoco che un cameriere. Non mi piacque affatto l’effetto che mi fece, e dopo aver chiuso con finta indifferenza la mascella mi ricomposi.
«Agente V. Qual buon vento ti porta qui?» Maledetto sorriso.
«Beh, anch’io ho deciso di mollare. Non ero più in grado di indossare i panni di un agente speciale.»
Sei come me.
Lo guardai dritto negli occhi.
«Non la bevo, Taehyung. Pensavo fossi migliorato con le bugie.» Arricciò il naso sbuffando.
«Abbassa la voce. Sono sotto copertura. Come diavolo ti sei ridotta? Sembri una scappata di casa.» Aggiunse poi.
Fui io ad arricciare il naso, a quel punto. «Ci sei andato vicino. Allora?»  Non volevo parlare di me, non in quel momento. Non con lui.
Si guardò attorno con attenzione, preparò il mio the con nonchalance e finalmente mi rispose. «È un brutto ritrovo qui dentro.
Qualcosa a che fare con arroganti figli di papà e un giro di droghe ben assortito. Li stiamo tenendo d’occhio da un mesetto ormai.»
Bevvi un sorso di the inglese sperando che mi riscaldasse e, contemporaneamente, cercai di analizzare ciò che Taehyung aveva appena detto. In effetti quel locale era perfetto per loschi ritrovi, e visto l’aspetto elegante e raffinato nessuno lo avrebbe mai supposto.
Elementare, Watson.
Svuotata metà tazza, mi resi però conto di stare temporeggiando. Volevo rimanere più tempo con l’Agente V, osservare le sue movenze come facevo un tempo durante le missioni, o respirare l’aspro profumo che emanava il suo corpo per poi tentare di memorizzarlo il più a lungo possibile.
Non potevo cancellare il passato, né tantomeno ridisegnare il futuro, e Kim Taehyung non faceva sicuramente parte del mio.
Mi feci coraggio e ingurgitai l’ultimo sorso di the per poi voltarmi, chinare il capo in sua direzione come saluto e andarmene, quella volta mi ripromisi per sempre.
 
Non dimenticherò mai ciò che sei stato per me.
 
Ero quasi arrivata alla porta, quando un dolore fortissimo urtò la mia spalla sinistra e mi scaraventò un metro più in là.
Il colpo fu così forte che spaccò in mille pezzi il piccolo tavolino di ciliegio che mi aveva appena fatto da airbag.
Rimasi immobile per qualche secondo tentando di riacquistare la vista e il controllo dei miei sensi mentre un liquido cremisi stava scivolando lungo il braccio che aveva ricevuto la botta. Perdevo pure sangue.
Quando finalmente la vista tornò limpida alzai gli occhi per capire chi fosse il coraggioso in questione che aveva osato toccarmi, ma ciò che mi si presentò davanti -per quanto avessi visto di peggio- mi distrasse. Ogni tavolo della saletta era a pezzi e ogni muro imbrattato di vari fluidi, mentre un gruppo di uomini si stava ammazzando di botte fino allo stremo delle forze.
Realizzai in un millesimo di secondo che quegli uomini fossero i soggetti del discorso che feci poco prima con il mio ex collega, e fui felice del fatto che avrebbe finalmente potuto coglierli in fallo e sbatterli in prigione una volta per tutte. Vidi Taehyung uscire da dietro il bancone e dirigersi verso i tre con in mano un walkie-talkie probabilmente collegato alla centrale, mentre uno di loro, il più vigoroso, estrasse furtivamente un coltellino dalla tasca dei pantaloni.
Non potevo restare lì a guardare, dovevo fare qualcosa al più presto e far sì che V non si facesse male. Non doveva succedere.
Mi affrettai a raccogliere un pezzo di legno -dedussi fosse un resto delle sedie frantumate- per poi iniziare a correre verso il centro della sala, ma qualcuno fu più veloce di me. Quel qualcuno mi prese per il maglione tirandomi all’indietro e facendomi di nuovo volare a terra. «Che cazzo pensi di fare, ragazzina? È pericoloso per una donnina raffinata come te immischiarsi.»
Un ragazzo alto, muscoloso e dai semplici capelli scuri mi dava le spalle. Lo vidi poi avviarsi in direzione della rissa, con un atteggiamento fin troppo spavaldo. Colsi la palla al balzo per alzarmi -di nuovo- e quando gli fui abbastanza vicina arricciai una gamba attorno alle sue, tirai con tutta la forza che avevo in corpo e lo feci cadere rovinosamente a terra.
Senza perdere ulteriore tempo mi fiondai addosso all’omaccione e gli tirai una gomitata così forte sotto alla mascella da fargli saltare due denti. Urlò dal dolore e cercò di colpirmi sulla pancia con il coltello, ma fui più veloce e saltai a lato schivando il colpo.

Ginocchia, braccia, diaframma, viso.

Lo schema di lotta che mi avevano insegnato non fu molto d’aiuto in quella situazione, mentre il boccale di vetro in esposizione sì.
Presi una leggera rincorsa e scivolai tra sue gambe lungo il pavimento in parquet, annullando la distanza che mi separava dal bicchierone posizionato proprio alle sue spalle. L’azione fu rapida: colpii esattamente la parte superiore del cranio facendolo crollare privo di sensi a terra, terminando così lo scontro in maniera definitiva.
«Sempre così… sportiva.» Ridacchiò Taehyung intento ad ammanettare i tre uomini. Arrossii vistosamente. «Certe cose non cambiano mai.»
Una volta chiamata la polizia e portato via i tre uomini fui pronta per andarmene sul serio, ma qualcosa catturò la mia attenzione.
Anzi, qualcuno. Il ragazzo che aveva cercato di fermarmi era ancora nel locale e mi stava osservando da un angolo della stanza, divertito.
Brutto stronzo, come aveva osato interferire? Sarebbe potuto succedere il peggio!
Non potevo assolutamente lasciar correre, perciò andai a passo spedito verso di lui per dirgliene quattro.
«Chi cazzo ti credi di essere, il paladino del mondo? Forse non ti è chiaro che la vita non è una fottuta gara tra finti coraggiosi come te! Fai un favore all’umanità e sparisci, altrimenti ti faccio fuori.» Sputai velenosa.
Dovetti alzarmi in punta di piedi per poterlo guardare dritto negli occhi. Lui, in risposta, sogghignò con fare presuntuoso e io, fumante di rabbia per quell’affronto e perché non mi aveva palesemente ascoltata, gli tirai un pugno sullo sterno facendogli mancare il fiato e spegnendo quel sorrisino strafottente una volta per tutte. «Ridimi in faccia ancora e non sarai così fortunato.» Non aspettai una risposta, poco mi importava di quell’uomo, e mi voltai per andarmene il più velocemente possibile, scocciata dal fatto che non fossi riuscita a stare in pace nemmeno in quel momento.
 
Quel giorno capii che le regole esistevano per essere rispettate, e che evidentemente la mia vita era destinata a non essere ordinaria come quella di qualsiasi altra persona.
 
Il braccio smise di sanguinare quando arrivai davanti a casa e con esso scomparvero anche il dolore e il ricordo di Taehyung, lasciando però spazio ad una rabbia micidiale e un paio di occhi sconosciuti, occhi ambrati. Che frustrazione.
«Hei-Ran! Devo parlare immediatamente con qualcuno e quel qualcuno sei tu!»
Quel giorno capii anche quanto avessi bisogno di mia sorella nella mia vita.


N.D.A

Buona sera bellissimi e bellissime! Perdonate l'orario, di solito pubblico il sabato pomeriggio, ma c'erano cose che non mi convincevano e quindi ho tentato di procastinare fino alla fine, però non posso e voglio pubblicare un giorno in ritardo. 
Il capitolo, in effetti, è uscito lunghetto rispetto al solito e a tutti gli altri, ma è il capitolo fondamentale, il salto prima del vuoto. 

Dal prossimo aggiornamento si entra sul serio nel vivo della storia, perciò iniziate a prepararvi psicologicamente, perché sarà tosta! 
Ha-Nun è abbastanza stufa della situazione, e come si evince dalla lettura vorrebbe solo vivere una vita normale. Hei-Ran è della stessa idea? Boooh. Chi è questo ragazzaccio? Boooh. Lo scoprirete solo leggendo. 
Spero abbiate passato un Halloween macabro e in compagnia. Il mio è stato meraviglioso, sotto alle coperte. Sadness.

Smetto di parlare a vanvera e vi auguro come al solito di passare un buon weekend, un bacione grande e al prossimo capitolo! 
S.
 
  
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