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Autore: shilyss    04/11/2018    11 recensioni
I Nove Regni sono rimastati schiacciati sotto il pugno di ferro di un nemico invincibile: Thanos, il Titano Conquistatore. Coloro che non sono morti nel tentativo di combatterlo, cercano di sopravvivere come possono. Mentre il potere del nuovo signore di aumenta a vista d’occhio, si dice che ci sia qualcuno che lavora nell’ombra per fermarlo. Che si tratti di una vana speranza?
Dal cap. 1: “Thanos aveva preteso la sua vendetta comunque (…) Il destino di un traditore doppiogiochista era inevitabilmente tinto di rosso. Loki Laufeyson non era andato da Thanos nelle vesti di capo di stato, ma col ghigno beffardo di uno che non aveva niente da perdere, come un lupo solitario egoista e crudele pronto a recuperare in fretta il tempo perduto e il prestigio svanito.”
La mia personale visione dell’Infinity War (assolutamente NO spoiler). Seguito delle mie fanfic “Tutte le tue bugie” e "Oltre l'inganno." Non è necessario averle lette.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Sigyn, Thor
Note: Lemon, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La tela degli inganni'
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4

Progetti

 

Il ministro delle finanze di Vanheim era un uomo quasi calvo, decisamente anziano, fin troppo magro e con una voce cavernosa e roca. Spiegava concetti e strategie utilizzando continuamente metafore, e Sigyn ricordò distrattamente che suo marito lo trovava divertente quanto suo nonno insopportabile. Loki lo ascoltava con le mani incrociate dietro la schiena e lo sguardo attento, quasi volesse bere ogni parola del suo interlocutore, come se si fidasse ciecamente della sua opinione. Non era vero: ricontrollava minuziosamente conti e statistiche anche a costo di rimanere sveglio fino all’alba. In quei casi, lei si alzava un po’ prima del sorgere del sole con un lieve broncio sulle labbra, rimproverandogli dolcemente di averla lasciata sola. Poi lo cingeva per le spalle, lo baciava sul collo e gli metteva davanti una tazza di tisana calda fatta con dei semi che toglievano il sonno e rinvigorivano lo spirito (1). Lui non la ringraziava apertamente, ma la fissava con quei suoi occhi chiari increspando leggermente le labbra sottili in un sorriso.

“Ti amo,” gli diceva lei. “Ti amo, Loki: non ti stancare così tanto.”

Lui la studiava in silenzio – una volta Sigyn pronunciò quella frase e l’ingannatore la scrutò con quel suo sguardo rapace che dicevano avesse rubato a Odino in persona, e non le rispose – non lo faceva mai. No, di fronte a quell’ammissione incondizionata e coraggiosa, totale, lui non replicava, limitandosi a baciarla se stavano facendo l’amore o a sorriderle appena se erano in pubblico. Ma, nella luce incerta dell’alba, talvolta incassava quel tributo con meno artificio del solito e le prendeva la mano per posarle un bacio sul dorso liscio – l’omaggio di un cavaliere alla sua dama.

 

Passeggiando con il vecchio nobile le tornò in mente questo e altro ancora, come sempre. I giardini attorno al palazzo reale di Vanheim erano in fiore e regalavano lo spettacolo magnifico di una natura che traboccava di colori e odori.

“Mia regina?!”

“Approvo ogni punto del vostro progetto,” si riscosse Sigyn, “tranne le misure relative alle nostre difese. Vanno aumentate.”

Il ministro si fermò, stupito da quella risposta che riteneva assurda. “A Thanos non piacerà, mia signora, e sarebbe una mossa del tutto inutile, lasciate che ve lo dica. Se volesse schiacciarci, manderebbe il solo in grado di sconfiggerci. Colui che conosce ogni varco, ogni debolezza del nostro esercito e del regno intero.” Deglutì, non osando aggiungere il nome della figura altera che gli si era disegnata nella testa.

Sigyn piegò le labbra in un sorriso amaro. Loki non veniva nominato apertamente nemmeno quando era ancora il principe esiliato di Asgard, il profugo inquietante che suo nonno aveva accolto in casa sua non in nome di qualche riguardo o favore, ma della politica. Il fabbricante di bugie, l’ingannatore, il figlio maledetto di Odino; così lo chiamavano le sue amiche quando venivano a trovarla per passeggiare in quei medesimi giardini, ridendo e bisbigliando ogni volta che incrociavano l’Ase.

Com’è il dio dell’inganno, cosa fa? È crudele e spietato? Infastidita da quelle domande, lei fissava senza capire la figura altera di quello straniero che si muoveva con passo felpato nelle sale di casa sua e parlava fittamente con sua zia Freya. Non era che una ragazzina, allora, e di Loki le sfuggivano ancora troppe cose. Sapeva che doveva guardarsi da lui e temerlo, eppure era stato a quell’Ase che suo nonno aveva chiesto il favore di farla ballare, la sera del suo debutto a Corte. Sigyn non era ancora sbocciata come un fiore, nel lento passaggio dall’infanzia all’età adulta. Si sentiva impacciata, stretta com’era in abiti che non le appartenevano e rischiavano di farla sembrare ridicola. La giovane principessina di Vanheim non era bella come sua zia Freya, e ne pagava lo scotto rimanendo in disparte in un angolo della sala, ad annoiarsi e a riflettere su cosa le mancasse per essere come le sue amiche già belle e civettuole. A metà serata, ricordò di aver visto Njord chiamare con un cenno della mano Loki, bisbigliargli all’orecchio qualcosa indicandola. L’Ase si era voltato, aveva annuito dopo averla squadrata appena e si era diretto verso di lei tendendole la mano.

“Non mi piace ballare,” aveva detto Sigyn in fretta abbassando gli occhi.

“E a me non piacciono le ragazzine imbronciate. Tuo nonno desidera vederti al centro della sala, io accontentarlo.” Loki le aveva preso la mano scostandola finalmente dalla parete per condurla verso il centro della sala. La sua presa era sicura, decisa, ma a suo modo fredda, libera da qualsiasi coinvolgimento. Eseguiva il compito assegnatogli con estrema efficienza, conducendola in giri e passi senza alcun tipo di trasporto, limitandosi a suggerirle dove fosse la pausa quando lei, agitata per tutte le paia d’occhi che la fissavano dubbiose, smarriva il tempo (2). Infine, Sigyn aveva rotto il suo silenzio.

“Si aspettavano fossi diversa? Come Freya?”

Lui l’aveva squadrata rapidamente “Di Freya ne abbiamo già una, non credi? Sei solo troppo giovane,” si era lasciato sfuggire, e lei aveva abbassato gli occhi pensando a quello che le sue amiche le avrebbero detto il giorno dopo – che il bel dio dell’inganno l’aveva invitata a ballare solo per compiacere suo nonno.

 

Era stata felice? Il suo cuore aveva accelerato i suoi battiti, mentre lui la faceva volteggiare? Meno di quattro anni dopo, lui non l’avrebbe deliberatamente invitata a ballare, ma sarebbe rimasto in un angolo a scrutarla, mascherando abilmente l’attenzione selvaggia che riservava a ogni suo gesto per poi venirla a cercare in qualche angolo remoto e buio del palazzo, strappandole baci lunghi e intensi che erano un accarezzarsi di labbra e di lingue, sfiorandole il corpo sottile e tremante sotto la seta dei suoi begli abiti colorati, finché il desiderio non avrebbe annebbiato gli occhi di entrambi. Cosa rimaneva in quei momenti di lei, di Sigyn? La voglia che lui andasse avanti. Che ne facesse, finalmente, la sua amante. Allacciata alle sue spalle, non poteva fare a meno di desiderarlo, di cercarlo, di baciargli la pelle parzialmente protetta dal colletto della tunica, di passare le dita sulla schiena dritta e altera. Di sceglierlo, perché si era insinuato nel suo cuore e nelle sue vene – perfido dio dell’inganno, mi sono innamorata di te e non dovevo, ma è successo e non riesco a dimenticarti, né lo voglio.  (3)

 

“Loki Laufeyson,” disse Sigyn scacciando dalla sua testa il ricordo dei baci rubati, dei sospiri spezzati, “non è invincibile, come nessuno. Ce lo ha insegnato lui stesso, mio caro ministro, quando ha costretto Asgard e Odino a trattare con noi da pari. Più che invocare il suo nome come fosse un talismano in grado di proteggerci, dovremmo raccogliere ciò che di buono ci ha lasciato, io dico, e farne tesoro.”

Il ministro la guardò a lungo, prima di rispondere. “Siete saggia, mia regina. E fedele.”

Lei annuì con un cenno lieve del capo. Leveresti la tua spada verso questa terra che hai contribuito a rendere grande, amore mio? Contro la casa di tua moglie e dei tuoi figli? Lo faresti, se Thanos te lo ordinasse? Era, questa, una domanda muta che Sigyn si era già posta infinite volte. Ogni volta che i suoi bambini si stropicciavano gli occhi e sbadigliavano perché era finalmente giunta l’ora di alzarsi, si chiedeva se quello sarebbe stato il giorno in cui il Titano avrebbe ritenuto Vanheim un possedimento inutile, indegno di vivere. Sonje arricciava le labbra replicando inconsapevolmente il broncio di Loki, Vali la fissava con i suoi begli occhi verdi, e lei giurava a se stessa che avrebbe fatto ogni cosa per proteggerli e credeva, sì, lo credeva, che anche il dio dell’inganno avrebbe fatto lo stesso. Doveva essere così.

“Con l’acciaio dei Nani costruiremo anche delle armi,” soffiò. “Non rimarremo inermi, in attesa che il Titano si stanchi della nostra presenza. Vanheim c’era prima di Asgard e continuerà a esserci anche dopo.”

 

***

 

“Spie.” Thor ripeté quella parola accarezzandone il senso crudo e inequivocabile, mentre Loki continuava a fissarlo con quel suo sguardo aguzzo e terrificante. C’era, nei suoi occhi, una luce nuova, diversa. Un brillio folle che il tonante non vedeva da molto, troppo tempo negli occhi di suo fratello, ma che non aveva dimenticato mai, nemmeno per un momento. Era il sintomo più evidente della stessa furia cieca che aveva convinto, un giorno lontano, Loki a recarsi a Jotunheim seguendo sentieri noti a lui solo per proporre a Laufey in persona uno scherzo che si sarebbe rivelato anzitutto crudele e, che per un contrappasso amaro, avrebbe trascinato l’ingannatore stesso in un abisso di follia e disperazione e rabbia (4). Una scintilla di cui il giovane e arrogante Thor non si era accorto, che il vecchio Odino aveva tragicamente sottovalutato e che ora brillava lì, di nuovo davanti a lui, coperta dalle sopracciglia corrucciate del suo inafferrabile fratello.

“È per questo che non devi mai più metterla in mezzo,” disse Loki a denti stretti. “Noi possiamo crepare anche domani, Thor. Siamo guerrieri Asi e la morte non ci spaventa, ma lei, lei la devi lasciare fuori. Vanheim esiste ancora perché Thanos non ha il tempo materiale di vedere quale regno gli è utile e quale, invece, no.” (5)

“Pensavo lo sorvegliasse per te,” replicò torvo il re della distrutta Asgard fissando negli occhi suo fratello. Fu tentato di bere ancora la pessima birra, ma il sopracciglio inarcato dell’altro lo fece desistere quando già le sue dita sfioravano il manico del boccale. “Davvero crede che non ti importi nulla di loro?”

Stavolta fu Loki, a fissare il liquido ambrato. “Vanheim esiste ancora anche perché così può ricattarmi meglio. La distruggerà davanti a miei occhi o testerà la mia immortale fedeltà facendomela radere al suolo,” ammise il dio degli inganni e, nel pronunciare quelle parole, abbozzò un sorriso triste, pesante come un macigno. “Non permetterò che si ricordi prima del tempo dell’arma che ha in mano,” soffiò, e quelle parole suonarono, alle orecchie di Thor, come delle minacce nient’affatto velate. (6)

“Non potevo farne a meno, lo sai. Dovevo contattarti e tu eri sparito.” Thor aveva risposto in maniera stizzita, irritato, come sempre, dalla querula perfida di del fratello che voleva sempre avere ragione, forte dei suoi ragionamenti precisi come il filo delle lame forgiate dai Nani.

“Finalmente abbiamo un esercito, Loki. Uno abbastanza grande da fermare una volta per tutte quel figlio di puttana e liberarci per sempre della sua presenza. Il momento in cui vendicheremo Asgard è finalmente vicino. E quello che hai concesso a Sigyn ci serve. Con l’acciaio di Nidavellir, il sole tornerà a splendere su di noi.”

Le belle dita di mago del dio degli inganni tamburellarono sulla superficie unta del tavolo di legno. Attorno a loro, le voci strascicate degli avventori ubriachi si confondevano con le grida del locandiere intento a riportare l’ordine nel suo locale sudicio e malamente illuminato. Era il posto perfetto, per parlare di una congiura e di un colpo di stato. Il solo possibile, anche. Arricciò le labbra, incerto se mettere a parte il fratello di una notizia che avrebbe scalfito inevitabilmente quell’incrollabile fiducia di cui Thor si ricopriva come fosse un abito. La cieca resistenza del dio del tuono, in qualche modo, era confortante. Rendeva possibile il crogiolarsi ancora nell’illusione che Thanos potesse essere vinto, sconfitto.

“Cosa sa, lei?” Una domanda secca, guardinga, pronunciata con filo tetro di voce. “Cosa sa lei davvero? Di quello che dobbiamo fare, intendo.”

“Tutto ciò che lei hai confessato quando l’hai ripudiata. Che stai lavorando ai fianchi per tradirlo.” Thor avrebbe voluto aggiungere anche altro. Parlargli dei dubbi e delle ansie che avevano stretto il cuore della regina di Vanheim quando erano giunte notizie cupe e contrastanti sul suo operato, raccontargli di quanto stessero crescendo Sonje e Vali, condividere il ricordo del bambino con indosso la sua bandoliera. Del magnifico stupore che gli aveva letto negli occhi quando si era specchiato con indosso quell’accessorio troppo grande. Chiedergli il conto del nervosismo che Loki riusciva a malapena a sfogare con quel suo tamburellare leggero, anche quello voleva.

“Non coinvolgerla ancora, Thor. Per nessuna ragione.” Il dio degli inganni lanciò un’occhiata torva al locale ancora rumoroso nonostante l’ora tarda, alla gente sfatta e con la testa svuotata dall’alcool che dimenticava problemi e speranze accanto a un boccale colmo di chissà che schifezza.

“Siamo tutti coinvolti.” (7)

Loki continuò a guardare altrove, in ogni luogo e in nessuno. “Ha chiesto ai Nani di fabbricargli il guanto, fratello.” Lo disse con una voce distante e priva di emozione, ma Thor fu certo di riconoscere un lieve sussulto nelle spalle coperte dal mantello dell’altro. Un brivido di terrore improvviso che, solo a osservarlo, spaccò a metà tutte le certezze con cui era entrato in quella locanda fetida e sporca.

“Io c’ero,” proseguì Loki con voce torva, “c’ero e l’ho visto ordinare che fosse forgiata quell’arma tremenda. Utilizzerà tutto quel potere per spazzare via metà dell’universo.” Si leccò le labbra e tornò a guardarlo negli occhi con quelle sue iridi chiare capaci di trapassargli la pelle, entrargli nel cuore, leggere nella sua mente, forse. “Dicono che gli basterà uno schiocco di dita.”

Rimase in attesa della reazione dell’altro, le labbra congelate in una piega amara che raccontava di massacri ed empietà: eccolo, il prezzo scottante della sopravvivenza, del compromesso, dell’attesa. L’obbedienza cieca, la saliva mandata giù di fronte all’esecuzione di un ordine particolarmente crudele, le catene invisibili che gli impedivano di essere ciò che era – caos, nient’altro che questo.

Thor deglutì, pronto ad ascoltare le nefandezze che certo sarebbero seguite. Ecco perché Loki aveva mancato il loro appuntamento. Aveva fatto carriera e il Titano aveva deciso addirittura di portarlo con sé. Le voci sinistre e perfide che lo avevano rincorso nei lunghi mesi in cui non si erano né visti né sentiti tornarono a mordergli il cuore. Il dio degli inganni aveva fatto ogni cosa lecita e illecita per rientrare nelle grazie di Thanos, perché l’unico modo che aveva per sconfiggerlo era stargli tanto vicino da poter respirare la sua stessa aria. Un compito sgradevole e oltremodo orrendo, che forse aveva avvelenato e corrotto ciò che la bella e fertile Vanheim era riuscita a curare con le sue lunghe primavere e gli inverni miti e placidi, che le labbra morbide di Sigyn avevano lenito nelle dolci notti che aveva condiviso con lui.

“Te lo immagini, Thor?” Quasi compiaciuto, Loki riprese a parlare con voce bassa e quasi trasognata, sottolineando ogni parola con ampi gesti delle belle mani eleganti. “Un solo schiocco, un unico, semplicissimo gesto e metà dell’universo sparirà senza un ordine preciso né una regola. Un’imparzialità devastante calerà come una mannaia su ogni anelito di vita. Chi sopravvivrà, non continuerà a esistere per merito, selezione o scelta, ma solo per un regalo del caso.”

C’era una nota stonata, nel discorso del dio dell’inganno. Un’agitazione strana, che incupì il tonante. Si chiese se non fosse ammirazione. Se, in qualche parte nascosta del petto di Loki, il piano del Titano non esercitasse un certo osceno fascino.

“Sarà il caos,” lo provocò, per testare una volta di più le intenzioni del suo alleato più caro e del suo nemico più terrificante.

Loki gli rivolse un ghigno tetro, ma dovette percepire l’improvviso dubbio del fratello, perché si ritrasse poggiando la schiena sulla sedia. “Sarà il caso a decidere un ordine innaturale. Il caos è diverso. È vita, possibilità, incertezza, libertà. Thanos vuole l’universo ai suoi piedi. Vuole decidere cosa è giusto e cosa sbagliato, pretende di conoscere la ricetta giusta per la felicità e la prosperità.”

“Tutte cazzate.”

“Un’utopia irrealizzabile e pericolosa che sperimenterà sulla nostra pelle,” precisò il mago, calcolando mentalmente le probabilità che lo strettissimo manipolo di persone di cui gli importava qualcosa potessero sopravvivere allo schiocco. Quattro anime che, secondo un fato impossibile da decifrare, sarebbero potute sparire senza avere nemmeno il tempo di rendersene conto o, viceversa, avrebbero conosciuto quanto costasse sopravvivere all’incubo. Cosa sarebbe rimasto di Sigyn – di lui stesso – se i loro piccoli eredi fossero morti? Se lo schiocco, crudele e senza leggi, ma tutt’altro che neutrale, avesse spezzato proprio le loro giovani vite, distruggendo la perfetta combinazione con cui i lineamenti di lei si erano fusi con i suoi? Quante possibilità esistevano che tutti loro fossero risparmiati? A Thanos, che gli rinfacciava di aver perduto un’intera armata di Chitauri, Loki aveva risposto un tempo con furba arroganza che preferiva chiamare le sconfitte opportunità. Un fallimento non era che un tentativo andato male, da cui una mente astuta e brillante come la sua avrebbe potuto ricavare una futura vittoria; una scatola piena di informazioni e possibilità da custodire con cura. Un modo di ragionare, questo, che aveva difeso a testa alta per tutta la vita, ma che, da tempo, non valeva più. Perdere, adesso, voleva dire rischiare di veder svanire per sempre qualcosa di importante e immeritato.

Thor vide lo sguardo del fratello incupirsi, osservò la smorfia tirata che avevano assunto le sue labbra sottili, tagliate da un’antica cicatrice verticale che da tempo s’era fatta bianca.

“Quante gliene mancano? C’è chi dice che le abbia prese tutte, chi sostiene che stia ancora brancolando nel buio.”

“Una. Gliene serve una. L’ultima.” Loki lo disse articolando ogni sillaba con una lentezza estrema. Il tempo non era dalla loro parte, e nemmeno il destino. L’altro si irrigidì, sorpreso da quella notizia inaspettata e l’ingannatore gli rivolse un sorriso triste e breve. “Siamo in pochi, a saperlo,” spiegò. “All’interno del suo stesso esercito, solo uno stretto manipolo conosce il numero di gemme effettivamente raccolte e, cosa più importante, il suo piano idiota. Solo i suoi generali più fidati,” aggiunse arricciando le labbra ironiche.

“Cos’hai fatto per meritarti questo privilegio dopo tutto quello che gli hai fatto?”

Il baccano, nella locanda, pareva destinato a non cessare affatto. Il dio degli inganni giocherellò con una delle monete che il fratello aveva poggiato sul tavolo per pagare la pessima bevanda ordinata. “Credo che tu lo abbia sentito dire in giro.”

“Ho sentito dire tante cose, Loki.”

Un lampo fugace attraversò gli occhi dell’ingannatore. “È abbastanza probabile che siano vere. Dovresti preoccuparti di altro, tuttavia. Delle spie che circolano a Vanheim e negli altri luoghi dove gli Asi sopravvissuti si sono nascosti. Dell’ultima gemma che deve ancora trovare,” suggerì perfido.

“Hai un piano, a proposito?” Gli occhi di Thor continuavano a essere puntati sul viso affilato e pallido del fratello. Era giunto il momento di rendere concreta la congiura, di dare un senso ai sacrifici operati dalla Resistenza che aveva tirato su con fatica negli ultimi, difficili anni. Asgard doveva essere vendicata, e così tutti gli altri regni o pianeti che erano stati ridotti in cenere dal Titano pazzo. Mentre le guglie della città degli Asi bruciavano, pochi minuti prima di arrendersi di fronte alla potenza di Thanos, Loki, citando un poema antico, gli aveva promesso che la sconfitta di quel giorno tremendo sarebbe servita a ottenere la vittoria in futuro. Il momento di mantenere quella promessa era arrivato, ma suo fratello continuava a essere quello che era sempre stato: il dio degli inganni ambiguo e inafferrabile, che poteva concedere il suo aiuto così come negarlo non perché fosse folle o particolarmente crudele, ma per seguire uno dei suoi piani rischiosi e azzardati, geniali e teatrali.

“Quando Thanos radunerà tutte le gemme e schioccherà le dita,” cominciò a dire Loki, “non solo l’universo si dimezzerà, ma anche il suo esercito. Il punto è, fratello, che noi non avremo alcun vantaggio da tutto ciò. La morte potrebbe portarsi indistintamente via sia i suoi generali che noi. Capisci, Thor?”

“E quindi il tuo progetto qual è?”

L’ingannatore smise di dedicarsi alle poche monete sul tavolo. “La conoscenza ci salverà e ci renderà liberi. Dobbiamo impedirgli di usare l’ultima gemma, non di trovarla. E abbiamo bisogno che la voce di quello che è davvero il suo piano circoli ovunque e allontani quanti, assurdamente, ancora lo appoggiano. Useremo le tue spie. Quelle che si sono infiltrate in mezzo alla Resistenza, che vivono vicino a mia moglie per controllarla, che sanno che sei qui, ma non hanno idea di cosa tu stia facendo, da solo in una locanda,” aggiunse.

Thor si guardò attorno. Suo fratello era davvero invisibile a tutti tranne che a lui? “Un’operazione delicata,” commentò. Si ritrovò a sorprendersi come quando era poco più di un bambino di fronte all’incantesimo magnifico creato da suo fratello, quell’essere geniale e mutevole sempre in vena di fare scherzi con cui, da quando aveva memoria, si era ritrovato a dividere ogni cosa. Erano stati alleati, amici, compagni di stanza e d’arme. Avevano bevuto dallo stesso corno e si erano guardati le spalle così tante volte da non ricordarle tutte. Loki.

“Avrai bisogno anche di un’altra cosa, Thor.” L’ingannatore socchiuse leggermente le palpebre, s’inumidì le labbra, quasi cercasse le parole giuste da dire. “Di qualcuno cui passare il testimone in caso Thanos riuscisse a mettere anche l’ultima gemma nel guanto e noi venissimo scoperti e uccisi. La Resistenza deve proseguire anche dopo di noi. E di questo, vorrei non facessi parola con lei,” precisò l’Ase sollevando leggermente il mento altero, quasi glielo stesse ordinando come il re che non era mai stato.

Fu allora che Thor comprese. Si passò una mano tra i capelli che ora teneva corti, masticò un’imprecazione veloce alle Norne beffarde. “Loki,” iniziò, ma l’altro fu più veloce e lo interruppe.

“Gli sottrarremo la pietra dopo che l’avrà trovata e prima di metterla nel guanto e forse moriremo nel farlo, fratello. Ma è l’unico modo. Taglieremo direttamente la testa al mostro con una congiura ben fatta. Non sacrificheremo centinaia di migliaia di vite, come abbiamo fatto ad Asgard. Sarà un’azione rapida, letale, velocissima: avremo una sola occasione.”

“È davvero il piano migliore che ti è venuto in mente?”

Loki Odinson increspò le labbra in un sorriso laterale e breve. “Ho scartato a malincuore chiamate aiuto,” chiosò.

 

 

Continua

L’angolo di Shilyss

Cari Lettori che siete arrivati fin qua,

Voglio ringraziare tutti coloro che hanno recensito, preferito, ricordato e seguito questa storia. Grazie davvero, ogni riga è per voi ♥ Per quelli che non lo hanno fatto, vi ricordo che su Efp è possibile utilizzare delle liste: usatele, non vi costa niente e farete un Autore felice! ^^

Mi dispiace di avervi fatto aspettare tutto questo, ma prometto di aggiornare questa storia con un po’ più di regolarità. Come avete visto, il canone MCU è stato (e sarà) da me plasmato e ridotto a qualcosa di totalmente differente da quanto avete visto. Vi avverto: nei prossimi capitoli succederanno cose, e tante. La Fatina dell’Ispirazione necessita sempre delle vostre cure per poter spandere i suoi glitter! Per ulteriori info e un po’ di divertimento… c’è la mia pagina facebook ♥ https://www.facebook.com/Shilyss/

Ricordo che Vanheim e l’Impero di Thanos così come QUI sono intesi e descritti, con questo ordinamento sociale, politico e culturale sono una mia idea: vi pregherei di non utilizzarla o, di inserire un disclaimer apposito in cui dichiarate i credits . Anche il personaggio di Sigyn, tolto quello che trovate alla voce “Sigyn” su Wikipedia, è una mia personale interpretazione/reinterpretazione/riscrittura.

1 Una sorta di caffè.

2 Per ballare, occorre ascoltare la musica e sentire il tempo.

3 Come viene raccontato nella mia long “Tutte le tue bugie.”

4 Come nel primo Thor.

5 Come forse ricorderete, nel cap. 1 Sigyn porge a Loki un biglietto che viene bruciato nel caminetto.

6 Qui e altrove vengono citate delle frasi tratte da Avengers: Infinity War.

7 Poteva mancare Faber?

 

Shilyss

   
 
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