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Autore: Enchalott    06/11/2018    1 recensioni
La scena più straziante e profondamente coinvolgente di "Dragon Ball Z-Kai" è quella della morte di Vegeta, che sceglie il sacrificio. In seguito, lo ritroviamo inviato a combattere contro Majin-Bu e ci appare effetivamente diverso, anche se in realtà è trascorso pochissimo tempo. Che cosa è successo al principe dei Saiyan in quelle poche ore?
"Il principe si riscosse, preda di quel commento irriverente.
“Puah! Sei forse un nemico che ho dimenticato?”
“Il peggiore, oserei dire”.
“Vaneggi. Lui è ancora là…” rispose Vegeta, indicando gli eventi riflessi in cielo.
Goku ansimava vistosamente e aveva sciolto la trasformazione, riacquistando il suo aspetto naturale. Presto, le sue ventiquattr’ore sarebbero scadute e avrebbe fatto ritorno all’altro mondo. Era al limite. Majin-Bu, che non avrebbe più incontrato ostacoli, lo osservava con crescente curiosità.
“Andiamo… Non è certo Kakarott il tuo acerrimo nemico!”
“Che cosa ne sai, tu, dannato…”
“Lo so bene. Io sono la tua nemesi, sono quello che ha colto il tuo ultimo respiro, scaraventandoti quaggiù. Io sono quello che ti ha ucciso, Vejita” lo interruppe."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Faccia a faccia

Il sovrano dell’aldilà lo scrutò con interesse, calcandosi in testa l’elmo violetto e sporgendosi oltre il pesante tavolo di legno.
Il Saiyan appariva inquieto: i suoi occhi intensi erano rivolti a qualcosa di remoto e scintillavano come brillanti scuri, palesando una crepa nella sua consueta, sicura imperturbabilità. In lui si intuiva una tensione insolita e innaturale, considerando la sua usuale indole impassibile.
Se non fosse stato certo della sua identità, Enma avrebbe detto che quel guerriero implacabile sembrava sconvolto.
“Principe Vegeta! Un bel curriculum, non c’è che dire!” commentò rigoroso.
Il giovane sobbalzò, rientrando repentinamente nell’hic et nunc e realizzando di essere a tu per tu con il Dai-ou. Inarcò un sopracciglio e dedicò al gigantesco re orco un’occhiata di sufficienza, per poi girare il viso dal lato opposto.
“Al solito…” mugugnò Enma, che non avrebbe scommesso uno zeni sull’astenersi di Vegeta dall’abituale piglio altezzoso, solo perché non era più tra i vivi.
Eppure, in lui c’era di più. C’era un infinito che aveva rescisso i confini.
Il signore dell’oltretomba sapeva il fatto suo e, in migliaia di anni, non si era mai lasciato né ingannare né impressionare. E, soprattutto, non si era mai sbagliato. Scosse la testa e batté il martello, sancendo il destino di quell’anima.
Chinoko!” ruggì, chiamando poi uno degli Oni con un gesto della mano “Akuma! Accompagnalo al Lago di Sangue e fa’ in modo che ci resti!”
Il malcapitato si inchinò formalmente, sudando freddo, e si apprestò ad espletare l’ordine. Vegeta lo seguì senza recalcitrare.
“S-scusate, maestà…” balbettò l’assistente, che si era riparato preventivamente dietro al bordo della scrivania, lasciando spuntare solo le corna e un paio di occhi terrorizzati “Non gli avete cancellato i ricordi e neppure l’avete destinato alla metempsicosi… n-non capisco…”
Enma emise un grugnito, consapevole di aver agito in deroga alle leggi universali. Lanciò un’occhiata al principe dei Saiyan che si allontanava, la dignità che emanava da ogni sua fibra nell’incedere a testa alta, nel portamento regale, nel passo sicuro. Anche se il suo cuore era dolorosamente spezzato.
“Non dovrebbe finire laggiù” ammise con reticenza “Ma non posso mandarlo altrove. E’ indubbio, oggi ha mietuto tante di quelle vittime, eppure…”.
“Prego?” domandò il segretario, ancora più confuso.
“La situazione si è fatta drammatica sulla Terra e non solo. Ci stiamo giocando tutti l’esistenza. Questo è uno dei motivi per cui lui non deve sapere in alcun modo…” proseguì il Giudice Supremo con un’espressione travagliata “… che poco fa sua moglie è morta. Andrebbe a cercarla e non basterebbe il mio intero esercito per tenerlo a bada. La rintraccerebbe nel luogo di pace in cui si trova e rifiuterebbe di tornare a combattere contro Majin-Bu. Invece, io intendo rispedirlo indietro immantinente in caso di bisogno e, se non m’inganno, ce ne sarà presto. Lo so, non è una risoluzione molto corretta, però il bene comune ha la precedenza”.
“M-ma com’è possibile che…”
“Per rispondere alla tua richiesta implicita” lo interruppe Enma “Non ci sarebbero obiezioni a lasciarlo con lei. Là dove l’ho provvisoriamente inviato non potrebbe assolutamente stare, se ci trovassimo in altre congiunture. Non è il luogo per lui. Perché, vedi, in mezzo a quel groviglio inestricabile di orgoglio e impeto prova amore puro”.
 
Vegeta si arrestò di botto, dirigendo l’attenzione allo squarcio buio e inattivo che ancora slabbrava la volta di quel regno.
Il suo olfatto sensibile aveva captato un profumo inconfondibile di petali di sakura. Scrutò la desolazione del luogo, che non presentava altri sintomi se non quelli che lo caratterizzavano: dossi brulli e privi di colore, spaccature screpolate e una distesa immota di linfa vermiglia. Nessun albero.
Nessuna ragione per credere che lei potesse trovarsi lì.
Bulma…
 
Non aveva mai mostrato timore nei suoi confronti e Vegeta non era assolutamente preparato a un evento del genere. Era rientrato sulla Terra, in seguito a un’infruttuosa caccia all’uomo; lei gli aveva chiesto di restare.
“Perché non hai paura di me!? Spiegamelo una volta per tutte!” aveva urlato con rabbia. “Da quando sono qui mi hai aiutato senza chiedermi niente! Perché? Forse ti faccio pena?!”.
“Niente affatto. Tu sei forte e intelligente, Vegeta. Te la caveresti anche da solo, ne sono pienamente conscia”.
La sua collera aveva iniziato a sfumare.
Bulma gli aveva rivolto un sorriso disarmante e lui aveva atteso con impazienza che cercasse le parole opportune.
“Tutti ti hanno classificato come un essere spregevole, ma non io. Non sono una da valutazione superficiale. Anzi, lungi da me giudicarti. L’ho vista la terrificante solitudine che trascini con te, anche se tu sei un ottimo attore. Nessuno dovrebbe vivere così, sprecando l’esistenza. Io voglio sapere chi sei veramente, principe dei Saiyan. Non mi fermo a ciò che tu sei solito esibire con tanto eccesso”.
Lui era scattato in avanti, sentitamente offeso. Sprecare??
Lei aveva proseguito: “Qual è il tuo valore, Vegeta? Sei terribilmente ingiusto con te stesso e questo ricade anche su chi ti circonda. Datti un’altra occasione. Ti ho chiesto di rimanere a casa mia perché speravo che tu ti offrissi questa possibilità. Sta a te decidere se la meriti veramente… e poi in realtà tu sei…”
“Che cosa stai blaterando!?” l’aveva interrotta lui “Io sono il principe della stirpe guerriera, non un patetico terrestre! Che cosa credi di ottenere?!”.
“No. Tu hai il cuore in pezzi”.
Vegeta era trasecolato: non era riuscito né a ribattere né a muoversi. Non era riuscito neppure ad arrabbiarsi. Quell’affermazione aveva avuto l’effetto di un’esplosione e lo aveva intaccato fino al nucleo con inaudita enfasi.
Aveva digrignato i denti come una belva ferita, puntando la ragazza che lo stava affrontando nuovamente senza battere ciglio, che lo aveva appena fatto sentire vulnerabile, che aveva il potere di fargli saltare i nervi, di provocarlo e di placarlo in uno, di…
“Maledizione! Io sono un Saiyan! Se non te lo ficchi in testa, io…”.
 “Va bene” aveva sospirato Bulma, abbassando con un gesto lieve il suo pugno serrato a mezz’aria “Ero venuta solo per avvisarti che è pronta la cena…”
La sua furia si era sciolta definitivamente come neve fuori stagione, al calore di quel semplice invito. Andava a finire sempre così…
 
Con Bulma non avevano mai funzionato né i suoi introversi silenzi né le sue affermazioni sprezzanti né le sue rabbiose minacce né la sua rigida ostinazione. Perché, davanti a lei, l’alieno spietato, il guerriero impavido, il principe altezzoso, il Saiyan arrogante cessavano di esistere. Nel suo abbraccio, restava solo l’uomo che lui era.
Vegeta si portò una mano al petto, sperando che le pulsazioni violente che avvertiva smettessero di scuoterlo. Lei lo aveva considerato sin dal primo istante non nel suo svolgersi contingente, ma come futuro in potenza… e possedeva l’audacia di amarlo e lui…
La memoria si esaurì, lasciandolo solo a riflettersi nella risacca cremisi che lambiva la riva: aveva la stessa tinta del suo pianeta natale, mentre collassava sotto il colpo micidiale che gli era stato inferto a tradimento.
“… e tu la ricambi, anche se preferiresti reiterare la fine piuttosto che ammetterlo” interferì il suo alter ego “I tuoi ricordi sono intatti, a quanto pare. Un’altra prova a mio favore”.
Vegeta non si contenne più e si ribellò, irradiando frustrazione e dolore.
“Io ero un Majin! Un Majin, non ti è chiaro!? L’entità più abietta dell’universo! E tu osi prendermi in giro, parlandomi di amore e di altruismo! Qual è il tuo fine? Farmi gridare che ho commesso un errore imperdonabile? Convincermi che sono un folle? O un vile? Oppure ti è stato assegnato l’ingrato compito di farmi la morale?”
La creatura si proiettò, più nitida che mai, sulla superficie purpurea, palesemente divertita e insoffribilmente sicura di sé.
Non sono qui per spiegarti ciò che per entrambi è ormai pacifico. Per quanto riguarda la morale, la lascio alle favolette… qui siamo nel reale”.
“Io ti detesto!” esplose il principe, espandendo il ki in devastanti onde dorate e facendo tremare il suolo “Allontanati da me! Non voglio incontrarti mai più! Lasciami marcire quaggiù o te ne pentirai!”
Sono terrorizzato…” ironizzò l’essenza a lui identica.
“Vorrei vederti sparire…” ruggì Vegeta, piantando i piedi a terra.
La copia sogghignò. Poi qualcosa nel suo aspetto si alterò. Le iridi nere virarono al verde acqua e i capelli divennero biondi, scossi dall’energia danzante che lo circondava. Sarebbe stato un ordinario incremento di livello, se sulla sua fronte non fosse comparsa una M marchiata a sangue, se i suoi occhi non avessero esibito un orlo scuro e violaceo da cui scaturiva un male assoluto.
Allora combatti, Vejita…
Vegeta stentò a credere a quanto lo stava fronteggiando e si irrigidì nel rivedere quella mostruosità, perdendo la concentrazione. Il colpo dell’avversario lo prese in pieno, sbattendolo a terra in una polverosa strisciata di detriti. Si rialzò, constatando che quel ki smisurato era riuscito a causargli una ferita, sebbene non possedesse più un corpo.
“Maledetto…” ringhiò.
Che ti succede, non reagisci? Sei così rinunciatario?”
“Ho imparato a rialzarmi, dovresti esserne al corrente!”
Avresti dovuto imparare a cadere, piuttosto”.
L’affermazione riempì l’aria di significati altamente pregnanti.
Il principe lo incenerì con un’occhiata e fece convergere in sé il ki.
“Che diavoleria è mai questa!? Non riesco a concentrare l’aura! E’ opera tua, razza di feccia sleale!?”
Assolutamente no” flautò la controparte, refrattariamente calma.
“Sei un bugiardo! Ecco perché non puoi essere me! Io non mento mai!”
Iiah” rispose il nemico con un cenno di diniego “Non hai bisogno del tuo super Saiyan per contrastarmi. Perciò non ti stai trasformando come desideri”.
“Nan itteno?!”
Che diamine stava dicendo quella sottospecie di…
Sei distratto!”
Il nuovo attacco gli si abbatté addosso, ancora più micidiale e dirompente, scaraventandolo nel liquido vischioso e nauseabondo che era il Chinoko.
 
Ancora un urto come quello e sarebbe stato sconfitto da quell’inganno antropomorfo. Si lasciò affondare, inabissandosi in quel gorgo torbido e spaventoso. Ancora un impatto di quella sorta e avrebbe smesso di opporsi, di vedere, di sentire, di ricordare. Forse era la soluzione ideale. Morire da morto. Un’idea quasi spassosa. Ancora una scarica dell’energia ostile e avrebbe cessato di essere sicuro di meritarselo, di voler rialzare la testa senza vergogna, di pensare a come recuperare ciò che era andato in fumo, di mandare al diavolo Kakarott perché era troppo idiota per essere un Saiyan leggendario e per restare intenzionalmente defunto, di poter dire a Trunks che era fiero di lui, di bramare in ogni sua cellula di rivedere lei… e guardarla negli occhi e rimanere in silenzio a riempirsi del suo sorriso e non desiderare nulla, perché amore è sì una parola – da lui mai pronunciata, mai ammessa, mai restituita - ma non ha bisogno di parole… ed esiste come forza in ragione di sé, senza il permesso di nessuno, presente persino in uno come lui, e fa una paura terribile… ed è necessario avere coraggio per amare, ancora di più per essere amati e, per tutte le costellazioni, era incredibilmente, finalmente chiaro in quel fondale limaccioso che lo attendeva… lo sentiva, lo provava, lo aveva tra le mani, anche se lo aveva occultato, perché era introverso e arrogante e non era capace a esprimersi apertamente e si era lasciato passivamente cullare nel ricevuto…
L’essere che possedeva il suo volto era intessuto con quanto, nel bene e nel male, aveva rifiutato: cacciato da sé piuttosto che affrontato ed era composto della sua stessa risolutezza, perciò non si sarebbe arreso, non lo avrebbe risparmiato finché…
 
Si levò alto in volo, scrollandosi e suscitando un turbine scarlatto, che scemò in vapore. Atterrò su una roccia sporgente, sollevando il viso in direzione dell’oppositore.
“Hai vinto nel momento in cui non ti ho riconosciuto” disse “Hai perso nel momento in cui l’ho fatto. Un Majin? Iiah, un paradosso, ecco ciò che siamo. Nel momento stesso in cui sarei dovuto essere l’essenza più spregevole dell’universo, ho manifestato tutta la luce che avevo in me. Ho perduto le difese e sono riuscito a vedermi per la prima volta, senza paura, in faccia all’oscurità stessa. Ero conscio della sua presenza, ma non ho mai voluto metabolizzarla. Il cambiamento non l’ho mai fatto realmente mio. Chiamalo come vuoi, a me non interessa il termine che sceglierai, ma non mi oppongo alla sua esistenza”.
Gli occhi terrificanti del nemico sfavillarono di stupita attesa.
“Su una cosa non hai torto. E’ inutile la trasformazione contro di te.  Non devo attaccare e, soprattutto, non mi devo proteggere. Perché ti accetto, mi accetto. Non ha senso che tu sia un Majin e a fronte di questo… sei sconfitto!”.
Sulle labbra dell’antagonista si disegnò un lieve sorriso. Sospirò, soddisfatto, e i segni deturpanti della possessione maligna si annullarono, disperdendosi come ceneri nella tormenta.
Non esiste nulla di più grande in chi dà la vita per coloro che ama. Più eccelso ancora, se la dona anche per coloro che non ama. Non ho paura di percepirlo in me e di lasciarlo libero. L’amore che mi rende vivo persino nell’aldilà”.
“E’ così. Fa parte di me. Per questo Enma non mi ha privato di me stesso?”.
Hah. Non sei perduto. Non lo sarai mai più”.
“Che succederà adesso?”.
Non lo so. Dunque, che cosa desideri che accada, principe dei Saiyan?”
Lui raddrizzò le spalle e sogghignò sagace all’indirizzo dell’interlocutore. Il combattimento era concluso.
“Torna da me” ordinò.
L’alter ego ricambiò l’espressione con acuta complicità.
E tu” mormorò lieve, baluginando evanescente “Torna da lei…
   
 
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