Libri > Le Cronache di Narnia
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Autore: Dhialya    08/11/2018    2 recensioni
Il legame profondo tra una ragazza divenuta Regina e una guerriera dallo sguardo dolce e le frecce dalle piume bianche.
Un passato di cui pochissimi sono a conoscenza, risalente a prima dell'arrivo di Jadis e dei cento anni d'inverno.
Il compito di una lupa dagli occhi di ghiaccio ed un destriero dal manto nero come la notte.
Cosa si cela realmente dietro la Grande Magia e il cui potere è conosciuto solo dal grande Aslan?
C'erano regole che erano state rotte, accordi strappati e segreti che non potevano più essere taciuti, legami che andavano ripristinati e compiti da svolgere. E tutto ciò sarebbe venuto a galla, presto. E non osava - o non voleva - immaginare le conseguenze che tutto ciò avrebbe comportato.
Sulle persone coinvolte e sull'equilibrio di Narnia stessa.

Sullo sfondo della guerra contro Telmar un segreto, tenuto nascosto per più di milletrecento anni, sta per essere rivelato.
[Revisione totale programmata alla sua conclusione.]
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Caspian, Edmund Pevensie, Famiglia Pevensie
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Spirits Within - The Just and the Sly special moments.'
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Narnia's Spirits
Sguardi perduti in parole di gratitudine.









-Buongiorno Evelyn.-

-Buongiorno Lia, come stai?-

La risata leggermente roca della lupa si espanse per la stanza. La Narniana osservò la figura della Pevensie scattare seduta, stiracchiarsi e tirarsi in piedi nel giro di qualche minuto.

Si sentì sollevata nel rivederla piena di vita e pronta per tornare a quella che era diventata la sua routine al campo di Aslan durante quelle settimane passate al rifugio.

-Forse dovrei chiedertelo io.-

Eve lanciò un'occhiata alla lupa mentre si sistemava i vestirsi, quasi avesse paura che potesse fermare da un momento all'altro ciò che stava facendo.

Era stata giorni ferma in quella stanza, con i fratelli, Caspian e Lia che avevano fatto avanti e indietro per farle compagnia quando si sentiva meglio o si stava annoiando. Era sicura di aver visto anche Dhemetrya qualche volta, venuta forse a sorvegliarla di nascosto, probabilmente convinta che stesse dormendo – ma non sapeva dire se fosse veramente lei o l'immagine causata dai deliri dati dalla malattia.

La febbre ci aveva messo un po' a scendere, a differenza di quello che aveva pensato, e lei non aveva potuto muoversi per quasi una settimana, salvo gli ultimi paio di giorni in cui le avevano permesso di uscire per qualche passeggiata all'interno del rifugio.

Aveva passato il tempo dormendo e rimuginando su tutto ciò che era accaduto, contemplando la figura di Aslan incisa nella pietra con il solo silenzio a farle compagnia interrotto talvolta dal rumore del ferro battuto, lo scoppiettare delle fiamme o la delicata presenza di Lucy.

Gli aveva rivolto domande e riflessioni, domandosi se mai avrebbe avuto una risposta a tutto ciò che erano le questioni irrisolte che si aggiravano nella sua testa.

Nel frattempo Narnia aveva donato loro di un temporale: le truppe di Telmar che stavano costruendo il ponte erano state costrette a fermarsi qualche giorno per non rischiare di finire trasportate via dal fiume in piena.

Quello che dai Telmarini era stato visto come un contrattempo aveva migliorato l'umore di Peter, perché in questo modo avevano guadagnato tempo per prepararsi ed Evelyn avrebbe avuto più tempo per riprendersi. Mai i suoi fratelli lo avevano visto sorridere soddisfatto guardando le gocce di pioggia cadere ininterrottamente dal cielo come in quelle giornate.

-Sono pronta per riprendere la vita di sempre, mi sento benissimo.-

La ragazza si diresse verso la porta a passo svelto: non si ammalava quasi mai, le poche volte che succedeva però riusciva a stare davvero male e inoltre stare per forza ferma a letto non le piaceva più come un tempo. Soprattutto considerando che si trattava di dormire su un pavimento di pietra. Per quante coperte le avessero messo sotto, la durezza dei sassi le aveva dato dolori alla schiena non indifferenti.

Dovette ammettere, però, che quei giorni le avevano permesso di dissipare tutta la stanchezza accumulata in precedenza. Si sentiva carica come da tempo non succedeva.

-Mi fa piacere.-

Lia si limitò a seguire la ragazza per le varie gallerie della Casa di Aslan, silenziosa come un'ombra, accompagnandola con la sua presenza in quel giro tortuoso che la stava portando verso l'esterno del rifugio.

Quando sentì i raggi del sole posarsi sopra il vestito e la luce accecarle gli occhi Eve sorrise, ispirando a pieni polmoni l'aria aperta e la sensazione di non essere più come rinchiusa in gabbia.

Ci mise qualche attimo per riuscire a focalizzare l'ambiente circostante in cui si trovavano, ma come poche volte vedere quel piccolo spiazzo di erba ed alberi in cui erano in qualche modo relegati le diede un senso di sollievo quando se lo trovò davanti allo sguardo.

Finalmente poteva tornare a godere dell'aria fresca, dell'aria tra i capelli, dei rumori della natura e della vita di quella terra che per troppo tempo le era mancata.

Non aver potuto uscire come desiderava le aveva messo addosso quasi la stessa tristezza di quando era a Londra – seppur senza motivo reale –, perché la vista di quel luogo già dal giorno dopo le era iniziata a mancare – per quanto diversa rispetto ad un tempo. Voleva cogliere ogni più piccolo dettaglio di Narnia, imprimerselo nella memoria, recuperando tutti i momenti persi e passati in una città troppo grigia, troppo distante e soffocante, per poter essere chiamate casa.

-Guarda chi è tornata dal mondo dei morti.-

Eve si voltò con tutta la serenità che riuscì a trovare, sorridendo, avendo già associato alla figura che si avvicinava in controluce la voce canzonatoria di Caspian.

-Eh, hai visto? Sono ancora qui... per tua fortuna.- disse, con tono malizioso e facendogli l'occhiolino. Caspian alzò gli occhi al cielo capendo a cosa alludesse.

Ogni giorno aveva chiesto a Lucy se ci fossero stati sviluppi tra il moro e la sorella maggiore, ma quella le aveva sempre risposto che più di qualche tempo passato insieme tra allenamenti e dialoghi abbastanza sterili la relazione tra i due sembrava come bloccata.

Non faticava a credere che per Caspian potesse essere difficile intraprendere dei discorsi con Susan che riguardassero altro oltre alla vita di corte o le truppe, nonostante lei avesse cercato di convincerlo a provare ad avvicinarsi di più, perché per quanto Sue fosse ai suoi occhi attenti irrimediabilmente presa – come mai l'aveva vista verso altri ragazzi – ancora non riusciva a lasciarsi andare.

-Preferivo quando avevi la febbre.- le confessò il Principe, alzando un sopracciglio. Almeno quando era a letto poteva andarsene dalla stanza quando il discorso si faceva troppo imbarazzante senza che quella lo tediasse troppo.

Evelyn alzò le mani in segno di resa e Lia accanto ai due rise.

-Va bene, va bene. Ti lascio stare solo perché sono appena guarita.- gli disse, alludendo con un cenno del capo a quella che era stata la sua dimora fino a quel momento.

Caspian le sorrise, soddisfatto di averla avuta vinta, dandole un leggero buffetto sulla guancia e portandole poi davanti al viso la balestra, che quella osservò leggermente dubbiosa.

-Dai vieni, facciamo qualche tiro.-


***


-Cosa ci fai qui?-

Dhemetrya si bloccò dal prendere le frecce quando la voce di Susan le trafisse le orecchie come una pugnalata.

Con tutti i rumori di sottofondo dei Narniani che stavano lavorando e occupata a seguire il dialogo che l'aria le portava tra Evelyn e Caspian non l'aveva sentita arrivare. Si diede della stupida per quella mancanza di attenzione.

-Prendevo le mie cose.- Ruotò il busto per poter osservare in volto la Pevensie, lasciando cadere stancamente il braccio lungo il fianco.

La Regina non sembrava ostile, però riusciva a metterle addosso un velo di soggezione con quello sguardo perennemente sospettoso con cui guardava tutti e che le stava riservando in quel momento. Forse era colpa della continua freddezza che sprigionava, così diversa dal suo dover cercare di vedere sempre le cose con spensieratezza, che la rendeva diffidente nei suoi confronti.

La Pevensie si avvicinò di qualche passo, studiando l'arco in mano alla ragazza e le frecce risposte con cura nella faretra verso cui l'aveva vista allungare la mano. Non ricordava che Dhemetrya avesse messo le proprie cose in armeria, ma si limitò a tenere quel pensiero per sé.

-Usi frecce bianche?- le domandò, accennando ai dardi sullo scaffale. Dhem aggrottò la fronte, infastidita per quell'analisi che sembrava stesse facendo alla sua persona e a tutto ciò che la riguardava.

-Si, da sempre- si limitò a dirle, prendendo le proprie cose. Sentire sotto i polpastrelli il legno intarsiato del suo arco riuscì a infonderle la calma necessaria per sopportare quella presenza non richiesta.

Susan la sorprese sbattendo una mano a pugno sul palmo dell'altra, indicandola con un dito e un'espressione che Dhem non riuscì a decifrarle.

-Aspettami qui!- le disse, sparendo oltre la porta prima che potesse ribattere.

La ragazza sospirò pesantemente, non capendo quell'improvviso cambiamento di atteggiamento. D'istinto avrebbe voluto uscire subito da quel posto, ignorando la richiesta della Regina, ma la parte più razionale e comprensiva di se stessa le ricordò che non c'era bisogno di comportarsi come dei maleducati rischiando di creare altri attriti.

Qualche attimo in più non le avrebbe cambiato le cose, con tutto il tempo che aveva a disposizione.

Osservò le spade non ancora utilizzate, le else dalle varie forme e intarsiature, le frecce, gli archi nuovi, i pugnali dalla lama semplice ma sicuramente letale se utilizzati a dovere.

Forse avrebbe dovuto affilare anche il suo...

Tutto in quella stanza richiamava alla guerra e al sangue e a Dhemetrya iniziava a stare seriamente stretto. Sentì una vampata di caldo e le sembrò di fare fatica a respirare.

Era stanca della guerra, delle grida, del dolore, dei pianti... pur sapendo che non c'erano altre soluzioni. Per secoli era dovuta restare a guardare, senza poter fare niente per cambiare il corso delle cose.

-Chi ha lasciato l'armeria aperta? Quante vol-... ah-

Dhemetrya sussultò nuovamente nel giro di pochi minuti quando la figura di Peter fece la sua comparsa sulla soglia della porta con una leggera irruenza, strappandola bruscamente dai suoi pensieri.

Il ragazzo s'immobilizzò, lasciando la frase a metà e rimanendo imbambolato a fissarla leggermente spaesato con ancora la mano sulla maniglia.

-Pensavo l'avessero lasciata aperta per distrazione.- si giustificò, grattandosi la nuca e riprendendo il controllo della situazione. Con tutta la gente che lavorava o che si allenava ed aveva bisogno di prendere e riporre le armi non era insolito trovare la porta di quella stanza aperta. Peter aveva più volte ripreso tutti chiedendo di fare attenzione, dal momento che non si trattava di giocattoli.

-Si... figurati, nessun problema. Stavo per andarmene.- tagliò corto la Narniana, distogliendo lo sguardo e portandosi davanti agli occhi l'arco che teneva in mano.

Ogni volta che vedeva il volto di Peter ricordava ancora di come l'avesse liquidata quando si era appena unita al gruppo e aveva cercato di fargli cambiare idea sull'attacco, di come avesse portato alla morte quei pochi restanti Narniani che ancora abitavano quelle terre.

Le ricordava di come avrebbe potuto imporsi per cambiare la sorte di quelle vite e invece si era limitata a chiudersi nel silenzio, quello stesso silenzio che per decenni l'aveva accompagnata diventando parte di lei.

Peter le ricordava di come di lucente e positivo, in lei, non ci fosse più niente, se non dei finti sorrisi e una speranza che ogni tanto si ricordava di riaccendere.

Il Pevensie si schiarì la voce un paio di volte, indeciso se portare avanti il discorso con quella ragazza che ogni volta gli riservava sguardi ostili e distacco.

Aveva più volte provato a intraprendere un discorso nei giorni precedenti, perfino con Caspian le cose sembravano essersi appianate, ma Dhemetrya continuava imperterrita a tenerlo lontano e sembrava decisa a non volergli dare nemmeno per sbaglio l'occasione di avvicinarsi e lui non trovava il coraggio di iniziare un discorso mettendo da parte l'orgoglio con quella che era una sconosciuta.

Sospirò stancamente, Peter, facendo qualche passo in direzione della ragazza che ostinatamente non lo guardava in faccia se non per qualche secondo. Rhindon al suo fianco tintinnò leggermente, catturando l'attenzione di Dhem sull'elsa della spada.

Il Re approfittò di quel momento per studiare nuovamente il volto della mora, la pelle sempre molto pallida e il corpo troppo magro per i suoi gusti, anche se non sembrava più nelle condizioni trasandate con cui era riapparsa quasi una settimana prima.

-Puoi smetterla di fissarmi?-

Peter sbatté un paio di volte le palpebre, rendendosi conto che Dhemetrya lo aveva nuovamente inchiodato con lo sguardo. Si ritrovò a sentirsi quasi affogare nel blu dei suoi occhi e una scossa gli fece venire la pelle d'oca, facendogli ingoiare il boccone amaro dell'imbarazzo.

-Ci siamo già incontrati?- si lasciò sfuggire, ancor prima che potesse capire ciò che stava per dire. La Narniana alzò un sopracciglio, dubbiosa.

-Cosa?- mormorò, poco convinta. Un sorrisetto sghembo di scherno le comparve sul volto senza che potesse farci nulla, osservando l'espressione dubbiosa con cui la stava guardando il ragazzo.

-Non penso sia possibile.- lo liquidò, prendendo la faretra con un gesto quasi seccato e dandogli quasi le spalle. Si morse un labbro senza farsi vedere.

-Eppure sono convito di aver già visto i tuoi occhi. Hanno un colore particolare.- continuò, ormai vinto dalla curiosità.

Sapeva che era impossibile, ma una parte di lui voleva sapere. Doveva sapere. Quegli occhi così particolari avevano tormentato molte delle sue notti insonni in quelli che per Narnia erano secoli addietro.

-Vi sbagliate, Re Peter. Non ero io. Prima di queste circostanze non vi ho mai incontrato.- Dhem sbuffò palesemente e una vocina nella mente del Pevensie gli sussurrò che aveva ragione e lui forse stava dando di matto. Erano passati centinaia di anni e il ricordo della figura di Dhemetrya non compariva da nessuna parte nella sua mente.

-Forse qualche tua parente, che tu sappia?- Azzardò ancora, avvicinandosi maggiormente. La mora arretrò un poco, studiando il volto del ragazzo ed i suoi occhi pieni di domande, frapponendo tra loro l'arco. Si morse la lingua reprimendo l'istinto di dargli uno spintone e scappare fuori da quella stanza, sentendo addosso la dubbiosità con cui la stava guardando il ragazzo pungolarla come tanti spilli e percependo di venire messa alle strette.

-Lo escludo- si limitò a dire, superandolo e avvicinandosi alla porta. Peter sembrò deluso da quella risposta tanto che abbassò leggermente il capo, pensieroso. Poi tornò a guardarla, sorridendo leggermente e avviandosi verso l'uscita, lasciandola interdetta per quel cambio di espressione repentino.

-Allora devo essermi sicuramente sbagliato. Scusami.-

Peter se ne andò via così come era arrivato, lasciandola nuovamente sola con i propri pensieri e l'arco stretto spasmodicamente tra le mani come se fosse l'unica cosa a tenerla ancorata alla realtà.

-Cosa ci faceva qui mio fratello?-

La figura di Susan fece nuovamente capolino nella stanza pochi secondi dopo che il Pevensie se ne era andato via. Dhemetrya evitò di roteare gli occhi per tutte quelle presenze che sembravano essere stranamente attirate da lei quel mattino, desiderando ardentemente un po' pace.

-...Qualcosa riguardo l'armeria.- borbottò, alzando le spalle con indifferenza. Si era completamente dimenticata di Susan e del fatto che le aveva detto di aspettarla.

La ragazza la osservò con rinnovato sospetto per qualche secondo, poi sembrò rilassarsi e le si fece vicina.

-Questa è tua?- le domandò, quasi sventolandole davanti al viso una freccia dalle piume bianche.

Aveva detto ad Evelyn che l'avrebbe tenuta per lei, ma dopo aver visto la faretra di Dhemetrya le si era accesa una lampadina e la sua testa aveva lavorato da sola alle possibili conclusioni.

La ragazza osservò perplessa il dardo, pensierosa e senza sapere cosa rispondere, sentendo su di sé lo sguardo attento della Pevensie.

Dire di si avrebbe comportato ammettere che li aveva seguiti e spiati fin da quando aveva appena rimesso piede in quella terra. Non sapeva come avrebbero potuto reagire a quella verità. Era anche ovvio, però, che quel dardo le apparteneva... Optò per dire una mezza verità.

-S-si... Si, è mia. Quel giorno passavo per caso e ho vis-...- Si interruppe, Dhem, sconcertata nel ritrovarsi le braccia di Susan attorno al collo e una serie di ringraziamenti mormorati all'orecchio con voce quasi spezzata. La Pevensie, quella l'aveva guardata sempre male, la stava... abbracciando?

Rimase immobile per quel gesto improvviso ed inaspettato, percependo il calore del corpo di Sue a contatto con il proprio, finché non fu la Regina a staccarsi per poterla guardare in viso, rivelandole di avere gli occhi leggermente lucidi.

Alzò un sopracciglio, non capendo quella reazione, restando rigida nella posizione che aveva assunto. Susan le prese una mano tra le proprie, lasciando indietro un po' della compostezza che si portava sempre dietro.

-Ti ringrazio, ti ringrazio davvero per essere intervenuta. Se non ci fossi stata tu, a quest'ora Lucy...- lasciò la frase in sospeso, percependo la gola secca sotto quell'ipotesi e la mente riportarle agli occhi quelle immagini che avevano sfiorato la tragedia.

Dhemetrya annuì, capendo dove volesse andare a parare, continuando a osservare gli occhi carichi di gratitudine della Pevensie quasi come se vedesse per la prima volta una persona commossa – effettivamente, non era roba da tutti i giorni vedere la Regina piegarsi così apertamente alle emozioni.

-E' stato un caso...- mormorò, continuando con quella versione. Susan le sorrise, allontanandosi da lei e lasciandole le mani. Alla Narniana quasi dispiacque non percepire più il tocco gentile della ragazza sulle dita.

Scosse la testa allontanando quelle riflessioni inopportune. Stare in mezzo a quelle persone le stava dando alla testa, non erano da lei certi pensieri.

-Te la restituisco, è tua. Ti ringrazio ancora moltissimo, anche da parte dei miei fratelli.- La Dolce le mise in mano la freccia prima che potesse ribattere.

Dhemetrya guardò l'arma e poi la Regina, facendo passare lo sguardo da una all'altra un paio di volte e tossendo imbarazzata dalla piega che aveva preso la situazione.

Per la prima volta dopo tanto tempo sentì un moto di felicità farle vibrare l'anima di soddisfazione. Sapere di avere aiutato qualcuno era qualcosa che riusciva sempre a metterle il buonumore e quei ringraziamenti non potevano che farle piacere, specialmente in mezzo a tutta la sofferenza patita e le difficoltà che erano successe fino a quel momento.

-... Figurati.-


***


Era una sera di festa a Cair Paravel, una delle tante che venivano organizzate per poter migliorare i rapporti con i regni vicini e creare alleanze. Era ormai diventata abitudine che saltuariamente i Pevensie organizzassero banchetti in cui si premuravano di invitare i nobili ed i regnanti che governavano le terre oltre Narnia.

Dal momento che la loro terra era stata per più di cento anni sotto l'influenza della Strega Bianca che aveva fatto terra bruciata attorno a sé era necessario che il nome di Narnia venisse ripristinato.

Peter si stava dando da fare in ogni modo possibile per poter essere un Re degno del suo ruolo e finalmente, dopo pochi ma intensi anni di lavoro e trattati stipulati con il supporto dei fratelli, sembrava essere riuscito nel suo intento di portare Narnia alla gloriosa età dell'oro.

Da tempi immemori non si vedeva una prosperità simile in quei luoghi abitati dalle creature più bizzarre e ogni occasione era buona perché i Narniani si complimentassero con lui.

-Anche stasera sembrano tutti soddisfatti.-

Peter allontanò il calice dalle labbra percependoci sopra il sapore del vino e lanciò uno sguardo ad Edmund da sotto la maschera, vedendo che come sempre aveva in mano un piattino pieno di dolci.

-Bevono e mangiano in quantità, mi sorprenderei del contrario.- rispose, poggiando il bicchiere su uno dei tanti tavoli posizionati attorno alla grande sala da ballo.

Edmund represse una risatina e fece dardeggiare gli occhi per la stanza, individuando le figure delle sorelle dietro le maschere che avevano indossato intente a parlare con un gruppetto di persone di cui sicuramente faticava a ricordare il nome senza poterle vedere in faccia.

Il suo sguardo indugiò qualche secondo di troppo su Evelyn, che dialogava con quello che a prima vista sembrava un condottiero, ma distolse lo sguardo prima di incappare in qualche cosa che avrebbe preferito non vedere.

Nemmeno a farlo apposta, l'orchestra iniziò a suonare una nuova canzone e delle coppie si diressero verso il centro della sala per poter ballare.

Il moro avrebbe tanto voluto andare via da quel posto per starsene un po' in pace, ma il senso del dovere glielo impediva fin dentro le ossa. Non avrebbe fatto sicuramente una bella figura sparendo nel nulla.

A tirarlo fuori dalle sue riflessioni ci pensò Peter: il fratello gli tirò una leggera gomitata ma assestata quanto bastava perché gli facesse mancare l'aria per qualche secondo.

Il Giusto si voltò irritato verso il biondo, fulminandolo con lo sguardo per quel gesto, ma prima che potesse dire qualcosa una ragazza gli si parò davanti e fu costretto a lasciare perdere tutte le imprecazioni che sentiva premere sulla punta della lingua per rivolgerle la sua totale attenzione.

-Volete ballare con me, Re Edmund?- La ragazza fece un inchino e lui le rispose con un baciamano, notando come per l'imbarazzo non avesse il coraggio di guardarlo fisso negli occhi nemmeno con il volto nascosto. Provò un moto di tenerezza nei suoi confronti e non se la sentì di rifiutare.

-Volentieri.-

Peter osservò soddisfatto suo fratello andare in pista a ballare – almeno si sarebbe distratto un po'. Fece dei cenni ad un gruppo di invitati, restando fermo nella sua posizione per poter osservare con estrema calma ciò che succedeva per la stanza.

La sua idea era sempre quella di controllare che tutto andasse per il meglio, passare tra la gente e assicurarsi che stessero bene, ma non poteva rifiutarsi dal ballare o intraprendere dei dialoghi se qualcuno gli si avvicinava. Cosa che, come per Edmund pochi minuti prima, successe anche a lui.

Si ritrovò a volteggiare al centro della sala nel giro di pochi secondi, seguendo il ritmo della canzone più per abitudine e mantenimento dell'etichetta che per reale trasporto.

Forse complici i troppi calici di vino bevuti che lo avevano reso brillo, la confusione del parlare attorno a lui, gli sgargianti colori degli abiti, non seppe dire come si fosse ritrovato a ballare anche la danza che veniva dopo, e quella dopo ancora.


Preso dal volteggiare insieme alla dama di turno in un misto di noia e confusione si perse ad osservare tra la folla, vedendo scorrere in poco tempo davanti ai propri occhi sempre le stesse maschere, gli stessi sorrisi, le stesse espressioni. Finché non ci fu un dettaglio che catturò la sua attenzione in quel mare di confusione in cui gli sembrava di stare annegando, spiccando tra la marea di dettagli in un modo a dir poco anormale seppur nella sua semplicità.

Qualcuno lo stava fissando dal bordo della pista.

Qualcuno con due occhi così profondamente blu da riuscire ad attirare la sua attenzione per quel colore particolare perfino a quella distanza.

Peter continuò a ballare, cercando spasmodicamente ad ogni movimento di non perdere il contatto con quei baratri che erano riusciti ad ammaliarlo così tanto, ma il minimo di compostezza che riuscì a racimolare con fatica gli fece evitare di lasciare la ragazza con cui stava ballando nel bel mezzo della pista.

-Re Peter?-

Fissò quegli occhi che lo osservavano, cercando di dare un volto alla proprietaria, accorgendosi vagamente che indossava un abito altrettanto blu e domandandosi perché non riuscisse a collegare quello sguardo a nessun nome di nessuna invitata e perché era la prima volta che li vedeva in tutta la serata.

Era sicuro che se li sarebbe sicuramente ricordati se li avesse visti qualche altra volta prima di quella sera. 

Un'intrusa?

-Re Peter?-

Il biondo riportò lo sguardo sulla sua compagna di ballo, notando la vena di preoccupazione che le oscurava gli occhi per la sua distrazione sempre più palese.

-Scusatemi, devo aver bevuto troppo e ora ne sento gli effetti.- si giustificò, provando un lieve senso di colpa per essersi fatto cogliere sul fatto. Sperò che la ragazza non si fosse offesa.

-Se volete possiamo interrompere.- gli venne incontro quella, gentile. Se lo facesse solo perché era il Re o perché davvero ci tenesse alle sue condizioni non seppe dirlo.

-Ve ne sarei molto grato.- la accompagnò verso bordo pista, lasciandola con un inchino e rinnovando le scuse ma internamente sollevato. Ora avrebbe potuto avvicinarsi a quella sconosciuta senza dover inventare qualche scusa.

Si ritrovò a guardare tra la folla, ricercando quel contatto che tanto lo aveva scombussolato nell'ultimo punto in cui l'aveva lasciato, ma non trovando nessuno sguardo ad attenderlo. Si avvicinò a passo svelto a quel punto della sala, guardandosi spasmodicamente intorno, invano.

Finché non se li trovò di nuovo davanti agli occhi in un modo così inaspettato che lo fece sussultare sul posto.


La ragazza gli diede le spalle nel giro di qualche secondo e scomparve in mezzo alla folla, non lasciandogli il tempo di fare nulla.

Non la rivide mai più.


***


Peter si fermò sulla soglia dell'entrata ad osservare la figura di sua sorella affiancata da Caspian.

Aveva ancora in testa la conversazione con Dhemetrya e quel ricordo che era tornato a galla più vivido di quanto avesse creduto possibile, ma non poteva che pensare che la ragazza avesse ragione.

Sicuramente si stava confondendo o i ricordi gli stavano facendo un brutto scherzo, non era possibile che una ragazza di vent'anni avesse vissuto con le stesse sembianze per più di un millennio, nessuna creatura magica o della foresta possedeva tale longevità - che lui sapesse.

Inoltre era sicuro che avrebbe riconosciuto quello sguardo in mezzo ad altri mille se lo avesse rivisto, ma con il tempo il ricordo si era cancellato, finendo dimenticato in un angolo della sua mente, e lui aveva smesso di cercare tra le invitate, arrendendosi. Era stato qualcosa di intenso e fugace senza possibilità di un futuro.

Fece dardeggiare gli occhi per la radura, individuando le figure di Evelyn e del Principe insieme a qualche arciere davanti ai bersagli per allenarsi al tiro con l'arco.

Il biondo sospirò, sollevato, vedendo Eve ridere e scherzare indicando qualcosa che aveva a che fare con il tiro che aveva appena fatto, non potendo fare a meno di sentirsi coinvolto da quei sorrisi.

Sicuramente Caspian aveva notato quanto poco portata fosse la minore rispetto a Susan e la stava prendendo in giro, come talvolta era capitato a loro quando facevano a gara a Cair Paravel ed Evelyn perdeva quasi sempre – per quanto fosse testarda nel riprovarci ogni volta per migliorare. Non era un caso se l'arco era stato dato solo alla Dolce secoli prima. Erano cose che erano già state scritte nella storia, forse prima ancora che nascessero.

-Sembra stare bene.-

Il Re Supremo non ebbe bisogno di voltarsi, riconoscendo nel suono che gli arrivò alle orecchie la voce delicata e rassicurante di Susan. Sua sorella lo affiancò, non distogliendo lo sguardo dalla scena che lui stesso stava guardando da qualche minuto con così tanta attenzione.

Si limitò ad annuire, beandosi di quel momentaneo sprazzo di pace che gli veniva offerto senza l'intenzione di romperlo. L'aria era fresca, complice il cambio del tempo di qualche giorno prima e la fine della stagione estiva, l'erba verde si muoveva al tempo delle leggere folate di vento, ma nonostante ciò il sole aveva ancora il potere di rilassare i muscoli sotto il tepore che sprigionava.

-E' vero.- Si voltò leggermente verso Susan, posandole una mano sul braccio: la sorella lo fissò in viso qualche attimo, specchiandosi nel suo sguardo rilassato, domandandosi per quanto ancora avrebbe mantenuto quella serenità che anche solo con il suo tocco riusciva a trasmetterle.

Peter era fatto per le battaglie, per regnare, era sempre stato pronto a battersi per proteggerli, eppure in quel momento Susan si rese conto di quanto il non doversi preoccupare – seppur momentaneamente – di niente lo rendesse ancora più raggiante, di come quegli occhi azzurri liberi dai tormenti la facessero sentire più tranquilla senza bisogno di parole.

Era sempre stato il suo punto di riferimento e niente avrebbe cambiato ciò: nemmeno le decisioni sbagliate che aveva preso, o le sconfitte che avevano subito, o le litigate date dalla divergenza di opinioni. Avrebbe sempre trovato il modo di tornare a credere in lui, perché erano sempre stati loro due, fin da ragazzini, e non poteva ignorare il fatto che se lui era tranquillo automaticamente si sentiva anche lei più sicura.

La Pevensie si schiarì la voce, rendendosi conto che le proprie riflessioni le stavano facendo diventare gli occhi lucidi riportandole alla mente tutto ciò che avevano passato, sia a Narnia che a Londra. La guerra, i bombardamenti, il dover fare praticamente da genitori per Edmund, Lucy ed Evelyn... tutti quei compiti troppo grandi per due ragazzini senza nessuno se non loro stessi.

-Tutto bene?- Peter aggrottò la fronte, vedendo come Susan non avesse più detto niente per vari minuti. Quella sbatté le palpebre un paio di volte, cercando di trovare la forza di ricacciare indietro quei pensieri ormai a briglia sciolta per la sua mente.

-Si, scusami. Riflettevo sugli ultimi avvenimenti.- mentì. Sperò che il fratello non la guardasse in faccia e la sua voce non risultasse troppo tremula – la conosceva troppo bene perché riuscisse a nascondergli qualcosa.

Il Pevensie le circondò le spalle con un braccio, facendo scorrere lo sguardo per la radura, individuando Lucy ed Edmund con Trumpkin che si avvicinavano ai soggetti delle loro attenzioni di poco prima.

Non seppe dire se non capì davvero o se fece solo finta di essersi bevuto quella spiegazione per non pressarla troppo.

-Ti capisco. Ma bisogna concentrarsi sul futuro ora. Ci aspetta una guerra, e dobbiamo vincerla.-


***


-Credo mi abbia riconosciuto.-

Lia sospirò pesantemente, lanciando delle occhiate in giro per essere sicura che non ci fosse nessuno nei paraggi.

-Sei sicura? E' quello che ha detto?- Antares le si avvicinò, allungando il collo verso il ramo su cui Dhemetrya continuava ostinatamente a restare ormai da giorni. Non era sfuggito a nessuno come il prendere una posizione elevata la facesse sentire più sicura.

Un lieve movimento di foglie scosse la chioma del grande albero secolare e la testa della riccia fece capitolino tra i rami.

-Non ha detto proprio così.- disse, individuando le due figure sotto di lei.

Lia storse leggermente il muso. Forse Dhemetrya si stava preoccupando troppo. In risposta a quei pensieri la ragazza le lanciò un'occhiataccia, poi sospirò.
-Mi ha solo chiesto se ci fossimo mai incontrati, perché gli sembrava di aver già visto i miei occhi.- mormorò, con un filo di voce. Quella confessione che le aveva fatto il Re la metteva in imbarazzo, per quanto le sue intenzioni fossero mosse solo da sincera curiosità.

Nessuno le aveva mai detto una cosa simile.

Anche se non lo avrebbe mai detto ad alta voce, anche se era una cosa che nemmeno avrebbe dovuto pensare, da qualche parte recondita di sé aveva trovato gratificante che qualcuno avesse riconosciuto la sua figura dopo millenni – seppur per un motivo che le sembrava così futile.

Lei che era sempre stata condannata ad essere uno spirito della foresta, una presenza di sottofondo ad eventi più importanti e incontrollati, per la prima volta nella propria esistenza aveva lasciato la propria presenza nella vita di qualcuno.

Sorrise inconsapevolmente e Lia tossì per rompere il silenzio e riprenderla.

-Ti avevo detto di non andare a quella festa.- le ricordò, memore della litigata che avevano avuto. Non era ancora il loro tempo e non potevano immischiarsi negli affari altrui rischiando di far alterare l'equilibrio degli eventi, per quanto pesante potesse risultare dover vivere come ombre.

-Si, si, lo so.- minimizzò la ragazza, irritata. Ormai era andata, che bisogno c'era di ricordarle ancora che non era stata d'accordo con la sua decisione?

Antares le lanciò un'occhiata eloquente e quella gonfiò le guance, irritata, voltando lo sguardo al cielo.

-Volevo solo vederli un po' più da vicino.- borbottò, incrociando le braccia al petto. Lia le diede le spalle, non intenzionata a riprendere quel discorso. Il fatto che Peter avesse dei dubbi le dava già ampiamente ragione e tanto le bastava.

-Comunque sia, non sembrava molto convinto di quello che diceva.- riprese la mora, pensierosa, ricordando gli sguardi incerti che le aveva lanciato.

Era normale che il ragazzo pensasse fosse impossibile che una persona potesse vivere per così tanti anni senza cambiare aspetto – e lei non aveva mai specificato a nessuno che non era umana, o che non era una elementale.

Tutti quelli che aveva conosciuto nella sua epoca d'oro erano morti, quindi anche quella ragazza misteriosa che tanto gli era rimasta in testa pur avendola vista di sfuggita se ne sarebbe ormai essere dovuta andare da tempo. Lei era andata la solo per spiarli un po', non pensava che quello scambio di sguardi fosse rimasto così impresso nella mente del Re.

-Cerca di stare attenta a quello che dici e avere ancora un po' di pazienza.- le suggerì Antares, dolce. La ragazza annuì, guardandolo con un misto di rassegnazione e stanchezza.

Il vento le accarezzò i capelli e lei prese a torturarsi le mani, occhieggiando Caspian insieme ai Sovrani del passato. Automaticamente il suo sguardo si fermò sulla figura di Peter e sbatté gli occhi, sorpresa, come se lo vedesse davvero per la prima volta.

L'Alto Re di Narnia era sempre stato affascinante a modo suo nel corso degli anni, ma vederlo in quel frangente, che rideva genuinamente, con il sole che gli illuminava il viso e gli occhi azzurri che spiccavano in contrasto con i capelli biondi, sembrava quasi una persona nuova. Una persona diversa.

Si perse vari minuti a fissarlo, inculcandosi negli occhi ogni gesto o espressione, tanto che sia Lia che Antares si schiarirono la voce per distoglierla da quella sua fissazione.

Dhemetrya arrossì d'imbarazzo sotto gli sguardi eloquenti dei due Narniani e si voltò, dando loro le spalle. Incrociò le braccia al petto e si rimise nella sua solita posizione, mordendosi un labbro per il nervoso.

A che diamine stava pensando?


***


La mattinata era passata in fretta, più veloce di quanto non fosse abituata a ricordare scorresse il tempo.

Evelyn non ricordava di essersi mai sentita così felice e sollevata negli ultimi giorni li a Narnia. Passare delle ore in compagnia dei fratelli e dei Narniani era stata la cura più buona e potente che avesse potuto prendere dopo quei giorni costretta a letto.

Si era anche sorpresa di come Peter si fosse unito a loro, lasciando perdere per un paio d'ore i doveri che tanto gli affollavano la testa. Aveva apprezzato sinceramente quel tempo che il fratello le aveva dedicato con gli altri, quasi fosse stato un regalo per la sua guarigione.

Eve si diresse all'interno del rifugio decisa a passare dei momenti in solitudine nella stanza della tavola di pietra lasciando scorrere liberamente le proprie riflessioni. Era come se le si fosse inculcato quel rituale e ora non potesse farne a meno.

Si incamminò verso il tunnel, quando una folata di vento la costrinse a coprirsi gli occhi per l'improvviso cambio di direzione della fiamma che ardeva sulla fiaccola che stava usando per illuminare la strada.

La luce del fuoco le portò all'attenzione i graffiti incisi nel muro e che tanto li avevano lasciati perplessi la prima volta che li avevano visti.

Evelyn posò una mano sulla pietra fredda, percependo il ruvido sotto i polpastrelli, facendola scorrere fino a quando non arrivò a passare le dita sulle figure di lei ed i fratelli all'incoronazione.

Si morse un labbro, riportando alla mente lo stato di rovina in cui si trovava Cair Paravel, sentendo una fitta al cuore che la costrinse a chiudere gli occhi per ricacciare indietro le lacrime che infide glieli stavano già facendo diventare lucidi.

Passò poi a cercare la figura di Tumnus sotto il lampione, sorridendo vedendolo disegnato con l'ombrello: quello stesso ombrello che gli era sfuggito di mano per lo spavento finendo in mezzo alla neve quando si era ritrovato faccia a faccia con lei e Lucy.

Certe volte dimenticava tutto ciò che si erano lasciati dietro, presa dai serrati ritmi di ciò che li aspettava ed i cambiamenti a cui si erano dovuti adattare, ma quando i ricordi ritornavano prepotentemente a galla come in quell'istante a sconvolgerle la mente, Evelyn aveva la netta sensazione che prima o poi si sarebbe lasciata andare per la troppa nostalgia.

Era come sentirsi annientata sotto il peso di quella vita che le aveva lasciato un grande vuoto, sentirsi sommersa da un mare in tempesta a cui non trovava le forze per opporsi.

Sospirò pesantemente, passandosi il dorso di una mano sulle guance per asciugarsele e cancellando le prove di quel momento di debolezza.

Occhieggiò solo di sfuggita il disegno di Aslan con in groppa Susan e Lucy, decisa a non volersi soffermare maggiormente davanti a quei ricordi.

Un'ennesima ventata d'aria fece tremare la fiamma tanto che Evelyn credette si sarebbe spenta e sbuffò, non capendo da dove venissero quelle folate di vento che non le sembrava ci fossero mai state all'interno del rifugio. E poi... da quando aveva iniziato a sentire freddo?

Una sensazione sinistra la fece mettere sull'attenti e si guardò intorno, sospettosa, constatando però di trovarsi da sola nel tunnel. Percepiva chiaramente che la temperatura si era abbassata e non ne capiva il motivo. Forse i fuochi si erano spenti a causa dell'aria improvvisa?

La Pevensie decise di muoversi, incuriosita nel cercare di trovare una risposta, percependo la temperatura scendere mano a mano che si avvicinava alla sala della tavola spezzata.

Un brivido le corse lungo la schiena, trovando quell'aria pungente e quasi rarefatta anormale per il periodo ed il luogo in cui si trovava. Le ricordava quasi il gelo che l'aveva accolta a Narnia la prima volta che...

-Oh no.- Evelyn si portò una mano alla bocca, sconvolta dai suoi stessi pensieri.

Possibile... ? No... impossibile. Era impossibile.


Istintivamente si spiaccicò più che poté contro il muro, strisciando nel modo più silenzioso possibile verso la stanza ed abbandonando la torcia esattamente dove si trovava. Si mosse tra i giochi di ombre e luci creati dai pochi fuochi ancora accesi, percependo il freddo penetrarle sempre più nelle ossa e congelarle il respiro.

Quando fu abbastanza vicina all'entrata iniziò a sentire delle voci e si bloccò, immobile, non riuscendo però a capire ciò che veniva detto. Percepiva i propri muscoli tesi come la corda di un violino e il cuore batterle all'impazzata nel petto tanto da farle male.

-Merda.- Cercò di sporgersi per vedere all'interno senza farsi vedere e restò imbambolata. Sbatté le palpebre un paio di volte, per capire se stesse sognando, mentre la paura iniziò a diffondersi in lei esattamente come il ghiaccio congelava sempre di più l'ambiente.

-...Jadis.-




































































































Ciao a tutti e ben ritrovati!
In anticipo di qualche giorno vi porto questo capitolo. Avrebbe dovuto essere di passaggio, ma in realtà ci sono dentro anche qui tante cosine carine.
Evelyn l'ho lasciata un po' da parte, cosa che succederà anche in alcuni punti dei prossimi capitoli, dando modo di uscire anche ad altri personaggi - Dhemetrya si è praticamente presa da sola gran parte della scena, maledetta -, anche se il fatto che fosse lei ad accorgersi di Jadis era una cosa che da anni aspettava di venire scritta.
Nel prossimo capitolo capirete perché io non sono adatta a scrivere dei combattimenti xD Anche se giuro ci ho messo il massimo impegno!
Sperando che nel frattempo questo sia stato di vostro gradimento e magari di sapere che ne pensate, vi ringrazio immensamente per tutto (recensioni, seguite, preferite, ricordate) e vi do appuntamento a fine mese per il prossimo capitolo. :)
Baci
D <3

PS: D
al momento che i primi 28 capitoli di questa li sto mano a mano rivedendo tutti sottoponendoli a una ristesura abbastanza profonda - e non sommaria come quella di qualche mese fa -, potete sapere a che punto sono nella mia pagina autore, dove sono presenti anche le notizie riguardanti le altre mie storie.

   
 
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