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Autore: Ness by Moon    08/11/2018    1 recensioni
Si era innamorata di lei da quel giorno al Rabbit Hole, quando si era soffermata ad ascoltarla andando oltre ciò che la città le chiedeva di essere. Si era innamorata di lei per il modo in cui la faceva sentire, viva più che mai e immersa in un bagno di lava che le faceva bruciare il cuore. Si era innamorata dei suoi occhi, così maledetti scuri e sporchi, che la stendevano al tappeto al primo sguardo.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Nuovo personaggio, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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*Inizio con lo scusarmi di questo mostruoso ritardo! Sarò sincera, non so esattamente perché, ma è stato estremamente complicato scrivere questo capitolo. Ci ho messo mesi e mesi per buttarlo giù! Fortuna che ne avevo altri pronti. Detto questo, spero davvero vi piaccia (fosse solo per la faticaccia XD)
Fatemi sapere che ne pensate e grazie per essere qui
NbM*
 
Henry aveva fatto tutto quello che un ragazzino di undici anni avrebbe potuto per aiutare Alexis, ma la ragazza non aveva fatto altro che piangere e vomitare. Non aveva mai visto qualcuno tanto disperato nemmeno nel suo libro. Le aveva carezzato i capelli, cercato di parlarle, ma lei era su un pianeta fin troppo lontano, aggrappata alla sua collana come se fosse l’unica ancora di salvezza nella sua vita.
Ma Henry non poteva capire, non poteva nemmeno lontanamente immaginare il dolore che stava attanagliando il cuore di Alexis in quel momento. Cosa avesse significato vedere Laya per quei pochi attimi e poi perderla ancora nonostante tutti gli sforzi. L’aveva avuta tra le sue braccia, aveva stretto i suoi fianchi e poi l’aveva abbandonata dietro un angolo. Ed era colpa sua ancora una volta. Ovunque sarebbe andata, una parte di sé sarebbe rimasta sempre al fianco di Laya, lì dove l’aveva obbligata a vivere. Lì lontano dall’amore.
Solo dopo diverso tempo, come se l’avesse investita di colpo una scarica elettrica, era scattata in piedi e aveva preso ad infilare le sue cose nello zaino. Il tutto senza dire una sola parola. Aveva preso un pezzo di carta, scarabocchiandoci sopra qualcosa e poi ci aveva avvolto la gemella della sua arpa all’interno. Si era piazzata di fronte ad Henry spaventandolo a morte, con gli occhi rossi sgranati e lo sguardo inesistente. Gli aveva messo il pacchetto tra le mani ed il ragazzino aveva capito, tra i singhiozzi, di doverlo consegnare ad Hannah non appena la maledizione si fosse spezzata.
-Perché, dove vai? –
-Io non posso restare, nanerottolo. Se non vado via prima di Emma, non potrò più tornare a casa-
Henry ci rifletté giusto qualche attimo, poi comprese. Era così elementare; la magia era tornata a Storybrooke grazie a lei e se abbandonava la città anche la magia stessa lo avrebbe fatto. Guardò la ragazza con le lacrime agli occhi, sarebbe rimasto l’unico in grado di portare Emma a salvare la città e di nuovo solo. Aveva trovato un’amica in lei, qualcuno con cui condividere gli stessi interessi e soprattutto il forte desiderio di salvare Storybrooke.
Aveva trovato una sorella.
-Non voglio che tu vada via- singhiozzò.
Alexis fece uno slancio verso di lui abbracciandolo e tenendolo stretto contro la pancia. Provò a ricacciare indietro le sue lacrime, ma il dolore di quel momento era troppo forte. Il bambino si avvinghiò ai suoi fianchi, incapace di lasciarla andare e di controllare le proprie emozioni.
-Non te ne andare anche tu, dopotutto sei mia sorella-
La ragazza fu particolarmente scossa da quelle parole, sentendole fin troppo vicina al suo stato d’animo. Pensava la stessa cosa, infondo era così. Il loro legame andava oltre gli stessi geni, la stessa casa, le stesse prese in giro. In poco tempo si era così affezionata al ragazzino, che le risultava davvero difficile lasciarlo andare.
-Mi dispiace, nanerottolo, mi dispiace davvero. Ma non posso restare, devo tornare a casa mia prima che sia troppo tardi-
Henry alzò lo sguardo verso di lei e vi trovò lo stesso dolore in quegli occhi verdi. Ci vide sé stesso riflesso come se guardasse in uno specchio. Senza dire una sola parola, recuperò la sua sciarpa grigia e rossa dal letto e si alzò sulle punte per mettergliela attorno al collo.
-Non ti dimenticare di me- singhiozzò.
Alexis lo abbracciò ancora una volta tenendogli stretto il capo contro il proprio petto. Fu difficile lasciarlo andare, ma aveva ancora troppe cose da fare e pochissimo tempo. Dedicò al bambino un ultimo sguardo.
-Addio, Henry-
-Addio, Alexis-
Ruotò il polso per teletrasportarsi, non aveva tempo per correre fino al negozio dei pegni del Signor Gold.
L’atterraggio fu brusco, segno che la sua magia iniziava a scarseggiare. Picchiò con i pugni contro la porta, provò ad aprirla con la magia, ma fu tutto inutile.
-Signor Gold! Signor Gold, mi apra ! –
L’uomo si degnò di assecondare alle sue richieste solo dopo diversi minuti, sul suo viso l’espressione maligna che Alexis conosceva bene.
-Cosa posso fare per lei, Signorina? –
La ragazza si precipitò nel negozio, il cuore la batteva così tanto da toglierle il fiato.
-Mi serve il suo aiuto-
Rumpelstiltskin sollevò un sopracciglio, ponendo una silenziosa domanda che non ebbe risposta. Fece segno alla ragazza di avvicinarsi al bancone e con un gesto della mano la invitò a spigare.
-Ho bisogno di qualcosa che imprigioni una strega potente-
-Cosa ha da offrirmi in cambio? –
Alexis sgranò gli occhi, non aveva tempo per simili giochi con lui. E cosa peggiore, non aveva nulla da offrirgli. Sapeva che il Signore Oscuro era un abile stratega e che non sarebbe stato facile raggirarlo. Aveva già puntato ogni cosa su Belle, non c’era altro a cui quell’uomo tenesse.
-La prego, mi aiuti-
-Lei non mi sembra una stolta, sa benissimo che non sono una persona caritatevole. Ma sarò ben lieto di aiutarla se risponderà alle mie domande-
Alexis si morse le labbra, sapeva fin troppo bene che non poteva dire una sola parola del mondo dal quale veniva. Avrebbe rischiato di causare una lista di problemi così lunga da non vederne la fine.
-Non posso- sussurrò.
-Allora mi spiace, ma mi permetta di darle un consiglio: Emma è quasi fuori città, le conviene pensare in fretta-
Sgranò gli occhi, conscia del fatto che Gold sapesse molto più di quanto immaginasse.
-La prego, Signor Gold, la prego! -
Nuove lacrime presero a scendere sulle sue guance, nelle vene il timore di non riuscire a risolvere nemmeno uno degli enormi problemi che aveva causato.
-Le dirò di suo figlio! –
Si morse la lingua, ma vide come il volto dell’uomo cambiò di colpo.
-Cosa sa di mio figlio? –
La ragazza tirò un sospiro di sollievo, forse aveva una possibilità.
-Lui è fantastico. È potente e… le vuole molto bene-
Ripensare a Gideon le fece male, ma almeno lui lo avrebbe di certo rivisto. Laya invece…
Si aggrappò all’arpa, non poteva vomitare in quel momento.
-Sta mentendo- ringhiò l’uomo.
Alexis fu invasa dal panico, non avrebbe avuto modo di dimostrare che ciò che asseriva era il vero. Ulteriori lacrime le solcarono le guance, il cuore batteva sempre più forte.
-NO! Non lo sto facendo, glielo giuro! La imploro Signor Gold, mi aiuti. Se non vuole farlo per me, lo faccia per suo figlio! È in pericolo anche lui e se non trovo un modo per fermare quella strega, ci ucciderà tutti! -
La vista le si appannò, gli occhi parevano sul punto di sciogliersi sotto il colpo delle lacrime. L’uomo rimase impassibile, incapace di decidere se credere alle parole di quella straniera o restare fedele a ciò che lui conosceva; Belfire era sparito in un portale. Ma la ragazza che gli parlava disperata, proveniva da un altro mondo, un'altra dimensione e forse, lì in quel mondo, Bay era vivo. Voltò le spalle alla ragazza, aprì un cassettino al di sotto del bancone e ne estrasse una scatolina tonda argentata.
-La usi con cautela, è molto potente-
Alexis prese la scatola tra le mani come fosse un cimelio di incredibile valore.
-Grazie, Signor Gold-
La infilò nella tasca del giubbotto e corse fuori dal negozio, doveva aprire il portale il prima possibile.
-Saluti mio figlio, Signorina Swan-
La ragazza si voltò verso di lui con gli occhi sgranati, sul viso l’espressione di chi è consapevole di aver fatto un grosso errore. Gold la guardò, lieto di comprendere dall’espressione facciale della giovane, quanto i suoi sospetti fossero reali. Aveva compreso che quella ragazza fosse parente della Salvatrice dalla prima volta che aveva messo piede nel negozio. L’indistinguibile firma non era tanto la somiglianza fisica, quanto la traccia magica che si portava dietro. Non era riuscito ad identificare l’altra metà del suo patrimonio genetico, ma era certo di conoscerlo.
-Come…?  –
-Sbaglio o non aveva tempo? –
Alexis fu costretta a lasciar perdere, i minuti le correvano contro e anche un solo secondo sarebbe stato fatale. Corse fuori, si rifugiò in un viale ignorando la neve ed il freddo e ruppe il fagiolo sperando che la magia bastasse. Il portale si aprì e nello stesso momento la paura e il senso di colpa l’investirono come un’auto a tutta velocità. Non riusciva a spingere i piedi all’interno del cerchio magico, nella sua mente non faceva che vedere un paio di profondi occhi scuri che la fissavano speranzosi. Aveva versato così tante lacrime ormai, che le sembrava assurdo averne ancora di nuove. Impose il comando ai piedi, impose loro di riportarla a casa e di lasciare Laya lì, dove non si sarebbe ricordata di lei e del loro amore.
-Alexis! –
Si voltò di scatto verso la voce che la chiamava e voltò appena il capo verso il bambino che correva nella sua direzione. Henry correva a perdifiato verso di lei, incurante di scivolare e di bagnarsi. Corse fino a quando non andò a sbattere contro lo stomaco della ragazza tenendola stretta.
-Henry devo andare, se il portale si chiude resterò qui-
Quelle parole erano più per se stessa per il piccolo Mills, doveva autoconvincersi e trovare la forza di lasciare andare ogni cosa c’era in quel mondo. Henry strusciò il viso contro la stoffa della maglia della ragazza, stringendo gli occhi e sforzandosi di essere più maturo. Alle loro spalle il portale sprigionava magia, minacciando di chiudersi rimpicciolendosi sempre più.
-Vai, penserò io a Laya. Ti prometto che me ne prenderò cura-
Alexis abbracciò Henry per l’ennesima volta, cadendo in ginocchio e ringraziandolo silenziosamente per la sua promessa. Anche se si trattava solo di un ragazzino, si sentiva rincuorata al pensiero che qualcuno, prima o poi, si sarebbe preso cura di Laya quando Hannah l’avrebbe liberata.
Il portale ebbe un ulteriore sbalzo di magia, minacciando di chiudersi a breve.
-Vai, sbrigati! –
La ragazza lo guardò per un ultimo istante, poi gli diede le spalle e obbligò i propri piedi a passare il portale. Fu un attimo e di colpo l’enorme villa bianca apparve nel suo campo visivo.
 
Regina non aveva notizie di Emma da quando avevano discusso al molo. Era in pensiero per lei, preoccupata e terribilmente infuriata. Quando aveva visto sua moglie nel ventre della Jolly Roger, aveva provato così tanta rabbia da credere di veder spuntare fuori la Evil Queen da un momento all’altro. Non avrebbe saputo dire se fosse gelosia la sua, o semplicemente non sopportava l’idea che avesse preferito Capitan Eyeliner a lei. Quel maledetto pirata erano troppi anni che tentava di mettere la sua lurida mano su Emma, ma la donna lo aveva sempre respinto, fino a quel momento. Voltò il capo verso il proprio comodino, andando a sbattere gli occhi contro lo sguardo felice di sua moglie al proprio matrimonio. Nessuna delle due aveva desiderato una festa in grande stile, ma Snow White non era riuscita a trattenersi. Prese la foto tra le dita sfiorando il viso di Emma e lasciando che un sorriso triste le viaggiasse tra le labbra. Riposò la cornice e scattò via dal letto come se avesse preso la scossa, correndo al piano di sotto alla ricerca del proprio cellulare. Non perse tempo a cercare il suo numero, lo compose a memoria e attese. La voce di sua moglie annunciò che non era disponibile al momento e di riprovare a telefonare in un secondo momento. Lo gettò via con rabbia, passandosi più volte le mani tra i capelli.
-Dove diavolo sei, Emma? –
Non sapeva cosa fare, o chi contattare. Di certo non sarebbe andata a piangere da Snow White e tantomeno avrebbe invocato il suo aiuto, nonostante fossero passati gli anni ancora non sopportava il costante vittimismo che risiedeva nella sua voce. Si avvicinò alla finestra del salotto, sperando quasi che Emma fossi lì in attesa di essere richiamata all’interno. Ma sua moglie non c’era, nel suo campo visivo appariva solo la sua auto e quella della figlia. Sorrise nel guardare la vettura bianca, non era mai stata d’accordo a quell’acquisto, ma Emma aveva così tanto insisto che l’aveva avuta vinta. Uno strano senso di calore l’avvolse lo stomaco, come se una mano invisibile la stesse consolando e sussurrando all’orecchio che sarebbe andato tutto bene. Spostò lo sguardo verso il vialetto di casa e sentì il cuore piantarsi nel petto. Senza riuscire realmente a respirare, si precipitò fuori di casa certa che quella spettacolare visione che aveva avuto fosse già sparita.
Ma non fu così.
Di fronte ai suoi occhi scuri, sua figlia la guardava con sguardo carico di lacrime. Nessuna delle due riuscì a muoversi per un solo secondo, poi si corsero incontro gettandosi l’una nelle braccia dell’altra.
-Mamma! –
Alexis si rifugiò nel suo collo lasciando andare tutte le lacrime che aveva tenuto in serbo per lei. Regina la tenne stretta, tastandola ovunque le proprie mani arrivassero per accertarsi che fosse vera.
-Amore, amore mio! Sei tornata! –
La ragazza si limitò ad annuire, incapace di proferire parola.
-Dov’è Laya? –
Sua figlia fece una smorfia, tentò in ogni modo possibile a trattenere quelle ulteriori lacrime, ma non vi riuscì. Scoppiò in un pianto disperato gettandosi contro il petto della donna. E Regina non riuscì a far nulla se non stringerla più forte che poté e scortarla in casa. Solo una volta all’interno le concesse di camminare con le proprie gambe.
-Alexis che è successo? –
La ragazza tentò di asciugarsi il viso con la sciarpa di Henry, lasciò cadere il proprio zaino al centro dell’ingresso e si coprì il volto con le mani. Sapeva perfettamente che avrebbe dovuto rivivere ogni singolo giorno passato lontano dalla sua Storybrooke, ogni singolo respiro fatto lontano da casa. Ma sentiva già lo stomaco minacciare di rivoltarsi contro di lei, perché avrebbe dovuto confessare di non essere stata in grado di salvare Laya, di averla lasciata lì ed essere scappata come una codarda alla prima difficoltà. Si aggrappò all’arpa che ormai non avrebbe più brillato di nessun tipo di luce.
-Dov’è mamma? – chiese con voce spezzata.
Se proprio doveva gettarsi a capofitto nel dolore, almeno lo avrebbe fatto una sola volta. Eppure lo sguardo che Regina le rimandò, le fece gelare il sangue nelle vene.
-Io… non ne ho idea-
Alexis granò gli occhi, incredula.
-Che significa? Dov’è mia madre! –
Le mani scossero le spalle della donna che non compresa il perché di tanta paura.
-È stato un periodo difficile, Alexis. Abbiamo avuto una brutta discussione e lei è … - si prese un attimo prima di completare la frase, incapace di accettarlo- andata via-
La ragazza afferrò le proprie ciocche di capelli come fossero l’unica ancora di salvezza in un enorme oceano. La Emma del passato aveva lasciato Storybrooke e sua madre era dispersa. La magia aveva sempre un prezzo.
-Dobbiamo trovarla, mamma! Dobbiamo trovarla subito! –
-Tesoro calmati-
Regina non comprendeva cosa terrorizzasse la figlia fino a quel punto, non riusciva a leggere oltre il suo sguardo. E fu di fronte a quella maschera di preoccupazione che Alexis comprese che avrebbe dovuto fornire delle spiegazioni. Si accomodò sul divano prendendo un profondo respiro e cercando di fermare il tremolio delle mani.
-Siediti, mamma-
Raccontò a Regina tutto ciò che le era accaduto, tutto ciò che aveva visto e che aveva sopportato. Raccontò di Hannah, di Henry, del suo accordo con il Signor Gold e di come Emma fosse scappata da Storybrooke dopo che la maledizione di era spezzata per soli pochi attimi. Impose a se stessa di non piangere, di non versare una lacrime, ma le fu impossibile. Le sue ferite erano ancora troppo fresche per poterle leccare senza sentire dolore. La donna prestò attenzione ad ogni parola, inorridendo di tanto in tanto e portandosi una mano al petto quando sua figlia parlava di Hannah e Jonas. Comprese quanto fosse stato difficile per lei affrontare quel viaggio e quanto male le avesse fatto. Quando la ragazza terminò il suo resoconto, l’abbraccio più forte che poté.
-Riporteremo a casa Emma, amore. Sta tranquilla-
Si alzò dal divano e infilò il cappotto scuro, Alexis la seguì senza comprendere dove stesse andando.
-Andiamo a cercarla-
La ragazza la guardò. Non sapeva ancora cosa fosse accaduto tra le due durante il suo periodo di assenza, ma doveva essere stato qualcosa di profondamente duro.
-Mamma, che diavolo è successo tra di voi? –
Regina la guardò per un solo istante, poi abbassò lo sguardo. Era troppo difficile spiegarglielo.
-Riportiamo tua madre a casa, poi ne discutiamo-
Si infilarono nell’elegante vettura della donna senza più pronunciare una singola parola. Viaggiarono tra le strada della città e se Regina desiderava dialogare con sua figlia, la ragazza non riusciva a staccare gli occhi dalla strada. Solo quella mattina la biblioteca era sbarrata, la scuola ancora troppo piccola, la bottega di Marco ancora aperta. Osservò con attenzione ogni singolo dettaglio di quella città che conosceva dannatamente bene e che al tempo stesso era stata così estranea, in quei giorni precedenti. Si aspettò quasi di vedere Hannah camminare sotto braccio con Jonas ed Henry trottare dietro ad una giovane Emma. Solo in quel momento si rese conto di quanto le fosse realmente mancata casa sua, di quanto fosse grata per essere riuscita a tornarvi. Ma mentre Regina girava in torno per tutta la città sperando di vedere la chioma bionda o il maggiolino giallo della donna, Alexis non vedeva altro che ricordi. L’assalivano come un’onda il bagnasciuga, senza lasciarle via di scampo. Tentò con ogni sua forza di staccare gli occhi dall’ingresso del Rabbit Hole, ma le fu impossibile. Ogni primo ricordo bello con Laya, ogni inizio, ogni nuova sensazione, era partita da quel posto. Da quel bancone. Nella testa era ancora troppo nitido il loro primo bacio, quel momento in cui era riuscita a rispondere agli scherni della bruna solo tappandole la bocca con un bacio. Lo stomaco le saltò in gola, obbligandola a portarsi una mano alle labbra e chiudere gli occhi.
-Tesoro, stai male? –
-Fermati mamma –
Regina ci rifletté un attimo sulla richiesta della figlia, sul perché di colpo avesse avuto quella reazione.
-Mamma, ti ho detto di fermarti! –
La donna stava ancora rallentando quando Alexis saltò giù dalla vettura accasciandosi sull’asfalto e iniziando a vomitare. Regina le fu alle spalle in un secondo, scostandole i capelli dalla fronte e massaggiandole la schiena.
-Alexis che ti succede? –
Si guardò intorno preoccupata, cercando qualcosa che potesse aiutare la figlia. E fu allora che comprese cosa fosse accaduto; la sua auto era ferma di fronte il locale.
-Tesoro, andiamo via. Forza-
Tentò di farla alzare da terra, ma Alexis era scoppiata in un pianto disperato che non vedeva soluzione. E Regina imprecò contro se stessa per non essere abbastanza forte da aiutarla e contro Emma per non essere al suo fianco. Maledisse tutto ciò che aveva ferito la sua bambina a tal punto da costringerla con le ginocchia sull’asfalto in un mare di lacrime e la magia che l’aveva costretta a tutto quel dolore.
-Alexis, per favore sali in macchina-
Riuscì a convincerla ed aiutandola a tornare al suo posto, la guardò davvero per la prima volta da quanto era tornata. Vide nei suoi occhi verdi, un tempo così luminosi da competere con quelli di Emma, e ci vide solo disperazione. Era dimagrita troppo e sul suo viso pesanti occhiaie la facevano da padrone.
-Io devo tornare da lei, mamma. Non posso lasciarla lì, non posso! –
Altre lacrime scesero sul suo viso e Regina fu certa che il proprio cuore stesse scricchiolando, perché lei conosceva una verità che l’avrebbe distrutta. Sua figlia non sarebbe potuta tornare in quella realtà, almeno non avrebbe potuto fino a quando Emma non fosse tornata a Storybrooke. La magia che viveva nella città, tutto ciò che di incantato ci fosse, era collegato alla salvatrice e senza Emma, non si sarebbe mai aperto alcun portale.
-Facciamo un passo per volta, va bene? Troviamo tua madre e poi ci occupiamo di Laya-
Le sorrise nel modo più dolce e rassicurante che trovò, anche se si sentiva un mostro a mentirle a quel modo. Non poteva infierire ancora su di lei, era fin troppo debole per poterlo sopportare in quel momento. In più era abbastanza certa che sconvolta com’era, sua figlia l’avrebbe presa come una questione personale. Laya non le era stata molto simpatica, all’inizio. Non solo era la prima relazione della sua bambina, ma era anche un persona con un certo caratterino. Senza considerare che non la reputava al livello di Alexis. Al contrario invece, sua moglie l’adorava, trovandola spiritosa, bella ed intelligente. Su una cosa concordavano entrambe, amava follemente la loro principessina.
 
Sapeva che Alexis non stava più nella pelle all’idea di presentarle finalmente la sua famiglia, per davvero e non con mezzi incontri. Aveva insistito così a lungo, che alla fine la ragazza aveva ceduto per sfinimento. Laya non era entusiasta come lei, aveva sempre rimandato in quanto terrorizzata all’idea di incontrare Regina Mills. Dopo la lite avuta nel bosco e ciò che ne era conseguito, si era sforzata davvero tanto di assecondare il pensiero della sua ragazza e credere alla redenzione della donna. Ma nonostante tutto, temeva ancora troppo ciò che era stata. Ed era a questo che pensava mentre si preparava nella sua piccola stanza. Si era guardata allo specchio più volte negli ultimi venti minuti che in tutta la sua vita, ma ogni volta che lo faceva trovava un nuovo difetto che l’obbligava a svestirsi e ricominciare tutto da capo. Aveva impiegato un tempo indefinito a scegliere cosa indossare, finché aveva optato per un maglioncino rosso su un paio di jeans scuri. Era stata attenta ad osservare il capo da ogni angolatura, accertandosi che non avesse fili tirati o segni di usura troppo evidenti. Poi, dopo aver controllato l’orologio ed essersi accorta di essere mostruosamente in ritardo, si decise a lasciare la propria stanza. Passò per la cucina per salutare Fleur-de-Lys e Phoebus. I due le fecero i complimenti per l’abbigliamento e per la strana attenzione che aveva utilizzato nel prepararsi.
-Scappo, sono in ritardo! –
-Torna viva, scoiattolina-
La donna tirò una sberla al compagno accompagnata da un’occhiataccia.
-Grazie, papà. Sei veramente d’aiuto-
-Sta tranquilla, Laya. Andrà tutto bene- la rassicurò la bionda.
La ragazza tirò un ultimo respiro profondo, poi si decise ad uscire di casa. Avrebbe preferito di gran lunga camminare, ma era in ritardo e Alexis le aveva già inviato diversi messaggi, ai quali non si era degnata di rispondere, per chiederle dove fosse. Salì nel suo pick-up, mise in moto e guidò distratta fino alla villa Swan-Mills. Non riusciva a levarsi di dosso quell’assurda sensazione di disagio, come se fosse certa che si sarebbe trovata nel posto sbagliato. Ci teneva davvero a far bella figura con la famiglia di Alexis e a mostrare tutti, e solo, i suoi pregi. Impose a se stessa di essere meno acida e di evitare qualsiasi tipo di battuta idiota, sia nei confronti dell’altra ragazza, sia nei confronti della sua famiglia. Stava costruendo qualcosa di vero con Alexis, qualcosa che andava ben oltre l’attrazione fisica o mentale. Aveva imparato a riconoscere i battiti accelerati del suo cuore quando la vedeva entrare al Rabbit Hole, i brividi che le solcavano la schiena quando la baciava e il cuore andare a nascondersi nei calzini ogni qual volta la fissava con quei suoi occhi verdi. La faceva impazzire il modo in cui si perdeva nella sua oscurità, la facilità con la quale si lasciava andare fino a costringerla a riportarla alla superfice. Era solo una ragazzina di appena diciassette anni, eppure le aveva fatto completamente perdere la testa. Non avrebbe ancora saputo dire se l’amasse, o magari semplicemente non se ne rendeva conto, ma di certo era sulla buona strada.
Parcheggiò nel viale dietro il maggiolino giallo di Emma e accanto ad un secondo pick-up nero lucido. Ingoiò un groppo di saliva, Alexis non le aveva detto che ci sarebbe stato qualcun altro a cena con loro. Si fissò un’ultima volta nello specchietto retrovisore e si costrinse a scendere. Camminò lenta verso la porta, tentando di comprendere chi altri fosse presente, ma proprio mentre stava tendendo le orecchie, la porta di casa si spalancò. Alzò appena lo sguardo e non poté evitare di sorridere quando andò a sbattere contro un paio di luminosissimi smeraldi. La raggiunse con una gran voglia di baciarla, ma la sua razionalità le urlò di evitarlo, almeno in quel momento.
-Mi stavi spiando? – le chiese.
-Ho solo sentito il casino che fa il tuo pick-up-
Laya fece roteare gli occhi e l’altra ridacchiò. Alexis le prese i polsi per tirarla a sé, stava per baciarla quando Mary Margaret le richiamò all’interno.
-Non mi avevi detto ci fossero anche i tuoi nonni! – le ringhiò all’orecchio.
-Stanno per andar via, tranquilla. Volevano solo salutarti-
Trascinò la ragazza nel salotto di casa, non mollando le sue dita di un solo millimetro. Laya poté avvertire subito il buonissimo odore che veniva dalla cucina, Alexis aveva sempre elogiato le doti culinarie di sua madre. Ebbe appena il tempo di voltare il capo verso i divani che si ritrovò avvolta da un abbraccio stritolante. Non le servì nemmeno vedere chi fosse, una sola persona la stringeva a quel modo oltre la sua ragazza.
-Che bello vederti, Laya! –
-Buonasera, Signora Nolan-
-Ma quale Signora Nolan! Mary Margaret va benissimo! -
Quando si staccò dalla donna, vide i volti di Alexis ed Emma sgranare gli occhi e guardare Snow White come fosse una sorta di mostro pluritesta, e suo marito scuotere il capo sorridendo. Tentò di capire cosa stesse accadendo, ma proprio non ci riusciva.
-Sempre la solita- ridacchiò David.
Emma le si avvicinò con aria minacciosa, tirandola via dal corpo della ragazza.
-Che ti avevo detto circa la conoscenza di Laya, mamma? –
La donna sembrò ricordarsi solo in quel frangente delle mille raccomandazioni che figlia e nipote le avessero fatto. Regina aveva solo sentito parlare di Laya, ma non era ancora stata pronta a volerla incontrare e non avrebbe tollerato che invece la sua ex nemica avesse già quel tipo di confidenza.
-Scusa- sussurrò come una bambina beccata con le mani nella marmellata.
-Forse è meglio se andiamo, Snow-
David le fu alle spalle circondandogliele con fare protettivo.
-Sicuri di non voler rimanere? - chiese Alexis.
I coniugi annuirono e mentre loro si avviavano verso la porta, Emma chiamava a gran voce Regina. E Laya tremò. Era finalmente arrivato il momento di incontrare la donna che aveva temuto e odiato per così tanto tempo. Eppure, quando arrivò, non riuscì a pensare a nulla che non fosse la sua eleganza e la sua bellezza.
-Oh, lei deve essere la Signorina Agnès-
Laya si mosse come un automa, le strinse la mano e si sforzò di sorridere, ma tremava come una foglia. Alexis non aveva mai visto la ragazza tanto agitata e nervosa, lei che era sempre padrona del mondo e di ogni minima situazione.
-Si mamma, lei è Laya-
Regina notò come il tono della figlia si fosse addolcito mentre sfiorava il nome della ragazza e come i suoi occhi brillassero di una sincera felicità.
-L’adorerai! – esordì Mary Margaret mentre lasciava la casa.
Emma si passò una mano sul viso, rassegnata all’idea che sua madre non fosse proprio in grado di tenere la bocca chiusa. Era già stato un miracolo non avesse detto nulla a Regina di Laya per ben sei mesi e mezzo.
-Vogliamo proseguire le nostre conoscenze a tavola? –
Regina, da perfetta padrona di casa quale sapeva essere, scortò la famiglia verso la tavola perfettamente imbandita. Laya non aveva mai visto così tanta cura e così tanto cibo tutto insieme; sulla tovaglia inamidata c’erano piatti di porcellana e bicchieri di cristallo, le posate disposte nel modo corretto e nel giusto ordine, al centro della tavola la sua meravigliosa lasagna fumava ancora calda nella sua pirofila e vari contenitori di pane. Nel forno invece cuoceva del pollo sommerso di patate, sul piano cottura l’impasto pronto per essere infornato di una torta di mele.
-Prego, si accomodi pure-
Laya seguì ogni singolo movimento di Alexis, occupò la sedia accanto a lei osservando come la scostasse dal tavolo e come ci si sedesse. Stette ben attenta a quale posata prendesse per prima e in quale dei due calici versasse l’acqua. Emma prese posto di fronte alla figlia, lasciando a Regina quello opposto alla ragazza. Laya osservò quanto portamento avesse anche solo nel tagliare la lasagna e disporla nei piatti. Un’eleganza che a casa sua era sempre mancata, suo padre era la persona più goffa che avesse mai conosciuto. Attese che la donna completasse tutte le porzioni, mangiando già con gli occhi la pietanza. Vide Emma infilzare la sua porzione e poi tirare fuori la forchetta di fronte allo sguardo fermo della moglie. Non proferì parola e tanto bastò per farla fermare. Alexis rise sotto i baffi, coprendosi la bocca con la mano, guadagnandosi la stessa occhiataccia.
-Scusa, mamma-
-Allora, ci parli di lei. Cosa ha fatto nella sua vita prima del Rabbit Hole? –
Laya avvertì l’ansia schizzare alle stelle e per di più tutta quella formalità la metteva incredibilmente a disagio. Lanciò una singola occhiata rapida ad Alexis che le rispose con un sorriso rincuorante e un occhiolino, per poi iniziare a mangiare.
-Appena finito il liceo sono partita per New York, lì ho frequentato l’università-
Regina parve piacevolmente sorpresa da quella notizia, non se lo sarebbe mai aspettato. Guardò sua figlia, sul suo volto era presente un enorme e fiero sorriso.
-E cosa ha studiato? –
-Economia. Speravo di riuscire ad aiutare mio padre con il suo lavoro-
Alexis conosceva bene quella parte della vita di Laya, sapeva quanti sacrifici avessero fatto Fleur e Phoebus affinchè avesse ciò che desiderava. E fu proprio quello che la ragazza raccontò; i suoi lavori part time per mantenersi gli studi, gli straordinari di Phoebus e di Fleur, il loro costante sostegno.
-Come ci è finita in un locale come quello? –
-Mamma! –
La ragazza aveva perfettamente compreso cosa intendesse la madre con quella domanda, la conosceva.
-Ho solo posto una domanda, Alexis-
Da sotto il tavolo, Laya poggiò una mano sulla gamba dell’altra per intimarla alla tranquillità. Si era preparata per simili domande e poteva comprenderle, dopotutto usciva con la principessa di Storybrooke.
-Semplicemente mio padre ha preferito mi facessi una vita con le mie mani. Non che non mi abbia aiutata o sostenuta, ma mi ha sempre detto che il suo lavoro non andava bene per me. Non volevo gravare ulteriormente sulle sue spalle e sono finita al Rabbit Hole-
Regina aveva ascoltato con attenzione, provando in minima parte ammirazione. Lei non avrebbe mai permesso ad Alexis di svolgere un simile lavoro.
-Fred ti tratta bene, Laya? – chiese Emma.
-Si certo, è un brav’uomo. Burbero e scorbutico, ma un brav’uomo-
Emma scoppiò a ridere, trovandosi perfettamente d’accordo con la descrizione che aveva fatto la ragazza. Regina si alzò per sparecchiare e Laya scattò in piedi con lei.
-Ci penso io- si intromise Alexis sfilandole il piatto di mano.
La ragazza tornò a sedere osservando madre e figlia allontanarsi verso la cucina.
-Direi che sta andando bene- asserì la bionda.
Laya sospirò, liberando di poco la tensione che le attanagliava i polmoni. Sperava davvero andasse bene, sapeva fin troppo bene quanto fosse importante per Alexis. Si voltò verso di lei e la trovò a parlottare con Regina. Non riuscì a capire cosa si stessero dicendo.
Il resto della cena si svolse con Regina che bombardò di domande Laya su ogni cosa le venisse in mente. Si informò su quali fossero stati i suoi voti durante gli studi, sulle sue origini inorridendo alla scoperta del ramo gitano, su quali fossero i suoi piani per il futuro e se il catorcio sul quale portava in giro sua figlia fosse realmente sicuro.
-Andiamo Regina, era il pick-up di mio padre. È solo vecchio-
-Reputo sia una trappola mor… -
-… mortale peggiore di quel dannato maggiolino che ti ostini a guidare- conclusero per lei moglie e figlia.
Laya rise sommessamente, non le pareva educato farsi vedere da Regina. La donna guardò esterrefatta le due, pensando a fin troppe cose da dire una volta finita quella cena.
-Ti assicuro che nonostante i rumori strani che fa, è perfetto mamma-
Sapeva quanto Laya fosse attaccata al suo furgone, quasi quanto Emma lo fosse al maggiolino. Le aveva raccontato più volte di quanti pomeriggi passava alla concessionaria sognando il vecchio pick-up di David, fino a quando non aveva messo abbastanza soldi da parte per poterlo comprare con le sue sole forze. Alexis le ripeteva sempre che era destino il fatto che avesse acquistato la vecchia vettura di suo nonno.
-Voi e questa passione per il vecchio- controbatté Regina.
-Vintage- risposero in coro, ancora una volta, madre e figlia dandosi poi un cinque.
-Anche a casa sua c’è questa poca eleganza, Signorina Agnès? –
-Diciamo che non siamo proprio dei principi-
Sorrise guardando Alexis e ricordando la prima volta che l’altra era stata sua ospite.
-Desidera una fatta di torta? –
-Io si! –
Regina roteò gli occhi di fronte all’ennesima sovrapposizione di voci delle altre due.
-Se vuoi due non la smettete di parlare come dei pappagalli, non avrete proprio nulla-
Le due si guardarono sghignazzando e Laya comprese quanto fossero legate. Alexis non aveva mai espresso una preferenza per una delle sue madri, ma aveva sempre ammesso di sentire un legame leggermente più forte con Emma. Nonostante amasse alla follia Regina, si giustificava asserendo che la bionda l’aveva portata in grembo. Dovette distogliere lo sguardo dalla ragazza quando il piatto con la torta di mele invase il suo campo visivo. Tentennò diverso tempo di fronte alla porzione.
-Non le piacciono le mele, Signorina Agnès? –
La verità era che temeva di essere avvelenata. Guardò ancora Alexis che le regalò oltre ad uno sguardo assassino, un calcio sul polpaccio da sotto il tavolo.
-No, le adoro! – esclamò con finzione.
Ne prese un pezzo e si rese conto di quanto fosse stata stupida; era la cosa più buona che avesse mai mangiato in vita sua. Era stato tutto perfetto, ogni singolo dettaglio. E quando si voltò ancora una volta verso Alexis, si rese conto che soprattutto lei lo era. Lei e tutto ciò che era capace di emanare e trasmetterle. E comprese in quel momento che si, amava Alexis Swan-Mills
 
-Grazie di tutto Signor Sindaco-
Sul ciglio della porta, Laya si prostrava in mille ringraziamenti e complimento verso la cucina e tutto il resto. Regina sorrideva soddisfatta, affiancata da Emma che le fece l’occhiolino.
-Torna quando vuoi, Laya – disse la bionda.
-Grazie-
Le donne tornarono in casa mentre la figlia accompagnava la ragazza verso la vettura.
-Allora, è stato terribile come pensavi? – le chiese gettandole le braccia al collo.
-Ancora non lo so, almeno non sono morta a causa di una mela –
Alexis la guardò truce e l’altra sollevò le mani in segno di scherzo. Poi si avvicinò a lei lasciandole un leggero bacio sulle labbra, non si sarebbe spinta oltre per quella sera.
-Ci vediamo domani? –
-Lavoro tutto il giorno, principessina. Lo sai-
La minore mostrò un broncio adorabile che non ci mise molto a diventare nuovamente un sorriso.
-Passo al Rabbit Hole-
Le lasciò un bacio a stampo sulle labbra e scappò verso la porta d’ingresso. Laya la osservò fin quando non la vide sparire all’interno, poi salì sul furgone.
Diamine se l’amava.
E Alexis, poggiata alla porta di casa, pensava la stessa cosa.
-Sei felice, vero? – le chiese Emma.
Annuì con vigore, regalando alla madre un sorriso stupendo.
-Mamma che ne pensa? –
-Indagherò. Tu fila a letto che domani hai scuola-
La ragazza le si avvicinò per lasciarle un bacio su una guancia e poi corse per le scale salutando anche Regina. Emma la guardò trottare felice verso la sua stanza e un sorriso nacque anche sulle sue labbra. Tornò in cucina per aiutare sua moglie, si era data davvero da fare per quella cena. Era di fronte il piano cottura, intenta a far sì che ogni centimetro brillasse. La strinse da dietro baciandole il collo e annusando il suo buon odore.
-Siamo state brave, non trovi? Hai visto quanto era felice Lex? –
Regina si voltò tra le braccia della moglie guardandola dritta negli occhi.
-Sai chi è stata davvero brava? Tua madre-
Emma la guardò confusa.
-Non credevo che Snow White potesse imparare a mantenere così bene i segreti-
La bionda fu sorpresa per un solo istante, era impossibile che Regina non avesse compreso la realtà dei fatti. Rise e strinse più forte la donna.
-Beccate-
Regina si liberò dalla sua presa riprendendo il suo operato.
-Ero praticamente l’unica a non conoscere la fidanzata di nostra figlia, è umiliante-
-E ora che l’hai conosciuta, che ne pensi di Laya? –
Alla bruna bastò uno sguardo per comprendere che sua moglie l’adorava già.
-Io non saprei, Emma. È troppo grande per Alexis, lavoro in quel lurido posto ed è figlia di una vagabonda! –
-Gitana- precisò Emma- E vorrei ricordarti che io e te ci portiamo quasi dieci anni. Infine il Rabbit Hole non è più la bettola di una volta-
Regina sospirò, poi rispose.
-Non sono convinta, Emma. Avrei sperato in qualcosa di meglio per lei-
-Secondo i tuoi canoni nessuno sarà mai all’altezza di Lex, Regina. Dalle una seconda possibilità-
La donna annuì ed Emma la baciò infilando le dita sotto la sua camicia.
Dopotutto anche la loro era stata era relazione mal vista da tutti, forse avrebbe dovuto dare a Laya un’altra chance. Fosse anche solo per la felicità di sua figlia.
  
 
  
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