Fanfic su artisti musicali > Michael Jackson
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Autore: Susanna_Scrive    11/11/2018    0 recensioni
Stati Uniti d'America, anno 2000.
Da quando l'ho conosciuto non mi sono mai sentita giudicata, la sua spontaneità, la sua dolcezza e il suo altruismo mi hanno fatto cambiare completamente la visione delle cose. Però ho l'impressione che ci sia un tassello mancante nella sua vita, c'è qualcosa che solo attraverso i suoi occhi si può vedere ma che è difficile da interpretare. Possibile che ha capito il mio bisogno di aiuto?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Michael Jackson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 39

 

Non so esattamente cosa volevo dirgli quella sera, possibile che mi stia fondendo il cervello? La situazione forse, il fatto che quel momento si avvicinava moltissimo al concetto di "famiglia" che da tanto tempo sognavo. Sta di fatto che una chiamata della signora Jackson ha rotto la conversazione e con un "ne riparleremo" il signor Jackson ha abbandonato la stanza lasciando i suoi figli dormienti con me. La loro babysitter è arrivata circa un'oretta dopo a prenderli mentre mi rivolgeva continuamente uno sguardo storto, come se fosse infastidita dalla mia sola presenza. Sono rimasta nuovamente sola immersa nel silenzio della mia camera da letto con ancora addosso il profumo di borotalco e il calore dei due corpicini che, fino a poco fa, mi stavano riscaldando non solo il corpo ma anche l'anima. Mi sono svegliata in questo modo stamattina, con la stanza ancora avvolta dall'oscurità e il calore del piumone che mi avvolge. Quando alzo lo sguardo verso il comodino noto che sono solamente le 5 del mattino, con uno sbuffo mi alzo dal letto per poi dirigermi verso la finestra. Scosto la tenda e noto che, effettivamente, è ancora completamente buio a parte i vari lampioni che illuminano la strada e i dintorni della casa. In quel momento mi viene la malsana idea di farmi una passeggiata, di certo non mi potrà far male. Lascio andare la tenda e mi siedo nel bordo del letto cercando di mettermi le scarpe. La mia pancia mi impedisce di abbassarmi così, dopo l'ennesimo tentativo fallito, prendo una sedia posizionandola davanti al letto. Recupero le scarpe da ginnastica allacciandole larghe per poi infilarle ai piedi, facendo non poca fatica, come se fossero delle ciabatte. Recupero un cappotto pesante insieme ad una sciarpa e un cappello di lana completamente a caso per poi uscire dalla stanza il più silenziosamente possibile. Con lentezza scendo le scale e, stranamente, nell'atrio non trovo nessuno. Non mi faccio molte domande così esco definitivamente dall'abitazione lasciandomi alle spalle il calore confortante dell'interno per sostituirlo al freddo pungente dell'esterno. Respiro a pieni polmoni quell'aria così fresca ma allo stesso tempo rigeneratrice per i miei polmoni. Cammino lentamente per poter uscire fuori dal piccolo sentiero in pietruzze calciandone qualcuna di tanto in tempo facendole andare nelle aiuole. Una volta fuori mi trovo sulla strada asfaltata e, senza alzare minimamente lo sguardo, comincio a camminare senza una meta ben precisa. Percorro la strada asfaltata mentre tengo le mani ben dentro le tasche del cappotto per tenerle al caldo. Ad un certo punto alzo la testa e mi accorgo di essere arrivata al piccolo parco divertimenti che il signor Jackson mi ha fatto visitare tempo fa, solo che questa volta non si sente alcun tipo di musica e le luci sono tutte spente. Senza pensarci più di tanto inizio ad incamminarmi in direzione delle giostre passando sull'erba morbida per tagliare un po' il tragitto. Una volta arrivata sul grande piazzale chiudo gli occhi lasciando che una folata di vento mi scompigli i capelli. Sembra quasi di sentire la melodia del carosello nel vento, questo luogo è impregnato di magia e gioia. Una gioia che mi fa sorridere spontaneamente senza una vera e propria motivazione, è proprio l'aria che si respira qui che mette tranquillità. Raggiungo una panchina e decido di sedermi lì, in un secondo momento capisco che sono seduta davanti al carosello. Flashback dell'ultima volta che sono stata qui mi ritornano alla mente, la risata felice del signor Jackson, noi che guardiamo le stelle, la musica del carosello in sottofondo e il suo sguardo magnetico rivolto alla mia figura. Sorrido e mi imbarazzo a quei ricordi ancora così chiari nella mia mente e un brivido percorre la mia schiena. Alzo lo sguardo trovandomi davanti il carosello, così fermo, così triste senza quella musichetta e così nostalgico. Quella giostra di venta una calamita per me nell'esatto momento in cui mi rendo conto di essermi alzata e di aver cominciato a camminare lentamente verso essa. Salgo sulla piattaforma rialzata e con lentezza accarezzo quei cavalli come se stessi toccando un sogno.  Un leggero sorriso compare sul mio viso e non esiste più ne freddo ne preoccupazioni inutili, esiste solo me stessa e la mia fantasia che viaggia verso un'infanzia che non ho mai vissuto. Una lacrima cade lentamente sulla mia guancia, una lacrima che racchiude tante, forse troppe cose. Mi appoggio ad un cavallino bianco con la criniera e la sella dorata contemplando il prato verde perfettamente tagliato e l'alba che sta per sorgere, uno spettacolo inimmaginabile. In questo sono nella piena pace dei sensi ma niente può essere perfetto, giusto? Un strano dolore alla pancia mi distrae da tutto quanto.

- Che sta succedendo? - mi domando ad alta voce mentre una mia mano finisce automaticamente sul mio basso ventre.

Sospiro per poi rimettermi dritta, respiro lentamente un paio di volte e mi rilasso quando non sento più quella strana sensazione. Il tempo di fare un passo che il dolore di prima ritorna ma venti volte più forte di quello precedente. Mi aggrappo alla giostra mentre cerco di capire che diamine sta succedendo. Faccio il grande errore di guardare in basso e quello che riesco a vedere attraverso la fioca luce dell'alba mi fa gelare le vene.

Quello è sangue.

I miei occhi sono spalancati e il mio respiro accelerato a causa dell'ansia. 

- Maledizione! - mi lascio andare a un'imprecazione, cosa così poco da me che mi sorprendo da sola.

Mi lascio andare sedendomi sulla piattaforma del carosello presa improvvisamente da un'anormale stanchezza. Le mie mani viaggiano freneticamente alla ricerca del mio cellulare nelle tasche del cappotto ma urlo di frustrazione quando mi rendo conto che non ho nulla in tasca. Lo sconforto inizia a invadere la mia mente ma quando inizio a guardarmi attorno noto qualcosa che attira la mia attenzione. 

- Le telecamere! Certo questo posto è pieno di telecamere di sorveglianza, devo solamente cercare di farmi notare - penso ad alta voce.

Prontamente una mano sventolandola freneticamente in direzione della telecamere, continuo a fare così pregando Dio che o il signor Whitfield o il signor Beard mi noti. Un altro dolore impressionante mi invade i sensi lasciandomi sfuggire l'ennesimo urlo e la chiazza di sangue aumenta visibilmente.

- E' troppo presto - è l'unica che penso guardando il mio ventre.

Comincio a chiedere aiuto a squarciagola sperando che qualche giardiniere sia nei paraggi e possa soccorrermi.

- Ti prego resisti amore mio, resisti! - dico al mio ventre gonfio mentre mi sbraccio cercando di attirare l'attenzione delle guardie che probabilmente stanno controllando le telecamere di video sorveglianza.


Javon beve il suo caffè lungo ben accomodato su una delle sedie della stanza mentre osserva ogni singolo schermo per  vedere se ci sono anomalie.

- Javon hai notato qualcosa di strano? - domanda Bill dall'auricolare.

- Per il momento niente - risponde prontamente la guardia più giovane per poi bere un altro sorso del suo caffè.

- Va bene tienimi aggiornato - continua l'uomo dall'altra parte dell'auricolare per poi chiudere la conversazione.

Il signor Beard appoggia la tazza semi vuota sul tavolo di fronte a se e decide di accendere i microfoni delle camere per captare rumori sospetti. Una volta fatto si accomoda appoggiandosi allo schienale della sedia. All'inizio non sente nulla ma dopo pochi secondi sente delle urla e un "aiuto" urlato a squarciagola. L'uomo si solleva dalla sedia di scatto riconoscendo la voce della ragazza e i suoi occhi iniziano a saettare da una parte all'altra delle varie telecamere cercando di  trovarla. Il suo sguardo si posa sulla telecamere 674 che riprende una giovane seduta sulla piattaforma del carosello mentre si sbraccia e implora aiuto.

- Bill! Prendi una macchina e andiamo al carosello immediatamente! - esclama la guardia mentre indossa la giacca velocemente.

- Che succede Javon? - domanda l'uomo dall'altra parte confuso.

- Sembra che Madeleine stia male - dice solamente prima di uscire dalla stanza lasciando la porta aperta per la fretta.

   
 
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