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Autore: Lost In Donbass    14/11/2018    1 recensioni
Denis è arrogante, spaccone e attaccabrighe, ma in realtà cerca solo qualcuno da amare. E che lo ami a sua volta.
Valentina è depressa e devastata, ma riesce sempre a dipingersi un sorriso sulle labbra. Per ora.
Ylja ha una famiglia distrutta, un fidanzato disturbato e gli occhi più belli di tutta la Russia. Però è tremendamente stanco.
Valerya ha tanti demoni, lo sanno tutti. Nessuno però ha mai tentato di esorcizzarla.
Aleksandra sembra essere la ragazza perfetta, anche se nasconde un segreto che non la farebbe più sembrare tale.
Kuzma tira le fila e li tiene tutti uniti, è quello che li salva. Eppure sa che non farà una bella fine.
Sono arrabbiati e distrutti. Sono orgogliosi e violenti. Amano, odiano, bevono e si sballano.
Sono i ragazzi del Blocco di Ekaterimburg e questa è la loro storia.
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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CAPITOLO DODICI: L’APOTEOSI DELLA SFIGA

Больно не будет, с неба - вода.
Мы счастливые люди.
Под дождём без зонта.
Нас не отпустит.
Я с тобой навсегда.
Навсегда...
 
(L’acqua dal cielo non farà del male.
Siamo persone felici,
Sotto la pioggia, senza ombrello
Non ci lascerà andare
Starò con te per sempre.
Per sempre … )
[Alekseev – Навсегда]
 
Quando Valerya uscì da scuola, era semplicemente raggiante. Non era facile vederla con quel sorriso entusiasta, le lentiggini frementi e gli occhi luccicanti, ma quel pomeriggio non c’era nulla che avrebbe potuto scalfire il suo entusiasmo. Perché quando avevi vinto un posto per partecipare a un esclusivo stage in una delle più rinomate università di tutta la Russia, beh, allora dovevi essere felice per forza. Lera aveva lavorato così duramente per conquistarsi quel posto, in barba ai suoi squilibri e al suo leggero autismo, e ce l’aveva fatta. La preside del Liceo Tolstoj, la sgangherata scuola superiore del Blocco, le aveva appena consegnato il tanto agognato premio – e ora Lera era pronta a godersi la meritata vittoria. Ce l’aveva fatta, dannazione. E che la gente smettesse di guardarla con sorrisi di condiscendenza solamente perché veniva considerata fuori di testa. Era in gamba, la giovane Lera Tugusheva, e aveva abbastanza cervello da poter divorare tutto il Blocco, se avesse voluto. Ma come contrappeso c’erano i demoni che la angustiavano da quando aveva spalancato i suoi strani occhi sul mondo. C’era qualcosa che non andava, dentro di lei, ma non avrebbe saputo dire cosa succedeva quando i mostri prendevano il soppravvento, quando si sentiva strozzare dall’interno, quando vedeva tutto nero e sprofondava in incubi ad occhi aperti. Conviveva con quel secondo mondo da quelli che erano anni, oramai, e si era creata una seconda casa nell’inferno che la perseguitava, un posticino confortevole tra demoni, voci e visioni inspiegabili che la piagavano.
Appena uscita, scosse i lunghi codini rossi e cercò con lo sguardo i suoi amici. Non ci mise molto a individuarli, appoggiati al muretto, cappucci tirati su, sigarette in bocca, fiaschetta da passarsi di mano in mano e una canzone dei Louna sparata a tutto volume. Sorrise, e strillò a squarciagola
-Banda del Blocco, tutti a rapporto!
Come tirati su da un filo invisibile, i ragazzi alzarono le teste e si precipitarono letteralmente da lei urlando frasi sconnesse
-Leroch’ka! Com’è andata?!
-Dov’è la mia rossa preferita?
-Hai vinto?! Eh, eh, hai vinto? Hai vinto?
-Principessa, vieni dal tuo Denisoch’ka!
-Dio, Lera, siamo troppo sulle spine!
Valerya li guardò uno per uno negli occhi, le guance teneramente rosse e gli occhi luccicanti. Si godette silenziosamente quel momento di trepidante attesa per poi annunciare, quasi tremando di eccitazione
-Ce l’ho fatta. Vado all’Università di Stato di San Pietroburgo!
Ci fu un secondo di silenzio incredulo, prima che lo strillo di Sasha risvegliasse tutti dallo sbigottimento generale e un coro di urla scomposte e di abbracci non travolsero Lera. La ragazza rise, tra i baci e le urla dei suoi amici, e pensò di essere veramente fortunata. Nel Blocco, per gente come lei, fuori fase e fuori di testa, non c’era posto, e non era una novità. Il Blocco era un posto violento, feroce, non c’era posto per nessuno che non fosse in grado di lottare con le unghie e i denti per il suo posto nel branco. Una come Valerya sarebbe rimasta sotto la marea se la Banda non l’avesse presa sotto la propria protezione, e lei non poteva essere loro più grata. L’avevano salvata, amata, protetta con tutte le loro forze, avevano dato tutto per la loro principessa coi capelli scarlatti, avevano permesso che diventasse rispettata da tutto il Blocco, e lei si era ripromessa di non deluderli mai. Aveva messo il suo genio al servizio della Banda, e non se ne sarebbe mai pentita, perché amici come i suoi non li avrebbe trovati da nessun’altra parte.
Eppure, quel giorno, nonostante tutti le stessero facendo festa, Lera si accorse che qualcosa non andava tra di loro. Non avrebbe saputo dire bene cosa, ma lo percepiva nello sguardo distratto di Ylja, in quello vagamente colpevole di Kuzma, in quello troppo eccitato di Denis, in quello perso di Valentina, in quello stravolto di Aleksandra. Sì, c’era qualcosa che angustiava la Banda del Blocco, e lei avrebbe tanto voluto scoprire cosa – se c’era qualcosa che non andava, Lera era la prima a risentirne, perché la sua iper sensibilità veniva urtata da qualunque situazione appena fuori dalla norma. Spesso non capiva tutti i passaggi delle trivialità dei suoi amici, ma soffriva lo stesso a vederli arrabbiati, tristi, disturbati.
-Ho vinto la borsa di studio.- continuò, sistemandosi la gonna rosa confetto con i volant bianchi  - Ma c’è un problema. Devo andare a San Pietroburgo.
Tutti sapevano quanto Lera avesse fondamentalmente dei problemi a stare da sola. Quanto potesse essere pericoloso lasciarla a sé stessa, con le sue paure, i suoi disturbi, i suoi demoni che potevano prendere il sopravvento da un momento all’altro, e nessuno era contento di vederla senza nessuno, in terra straniera. Si guardarono tutti negli occhi, l’esaltazione spentasi di colpo
-Ah … ma sei sola? Proprio sola?- tentò Denis, grattandosi il retro del collo.
-Sono l’unica della scuola, anzi, della città, ad aver vinto.- rispose Lera, chinando il capo, improvvisamente mogia.
-Lera, amore, non disperare. Troveremo una soluzione.- disse Sasha, accarezzandole la schiena come movimenti circolari, come piaceva a lei.
-Siamo la Banda del Blocco, non c’è niente che non possiamo risolvere.- continuò Valya, stampandole un umido bacino sulla guancia lentigginosa.
-Adesso pensiamo a festeggiare, sì?- concluse Kuzma, e se la fece saltare in spalla, scatenandone il riso allegro e felice.
Certo, ci sarebbe stato tutto il tempo per ragionare su come mandare Lera a San Pietroburgo, pensò il biondo, incamminandosi con gli altri sulle note delle Blackpink, messe in esclusiva per la rossa. Ci sarebbe stato se non fossero stati tutti dannatamente a pezzi. Kuzma era disturbato profondamente da tutti i problemi che si stavano riversando sulla banda in quel momento, e non ultima la storia di Valerya. Come avrebbero fatto a spedirla dall’altra parte della Russia da sola, senza nessuno che la supportasse e che la abbracciasse nel caso avesse paura? E soprattutto, perché tutti i problemi dovevano investire sempre e solo lui?
I ragazzi si stavano dirigendo rumoreggiando lungo le strade, come erano soliti fare, tra urla, risate sguaiate, una bottiglia di Stolichnaya da bere a garganella e musica a un volume inimmaginabile, ma Kuzma aveva occhi solamente per la loro situazione disperata. Guardava Sasha e Valya e capiva perfettamente che tra le due ci fosse qualcosa di più, lo intravedeva nel modo in cui si tenevano la mano e in cui si scambiavano occhiate di fuoco. Guardava Ylja e soffriva, perché era palese che tentasse di nascondere il disagio con sorrisi di circostanza e risatine isteriche. Guardava Lera, che rideva di cuore e si sentiva inutile per non poterla aiutare. Era compito della Banda riuscire a trovare un modo per farla andare a quello stage universitario, ma sapeva quanto potesse essere difficile: erano un gruppo di spiantati incredibili, e la famiglia della rossa era modesta, e sempre sull’orlo del collasso, visto che dovevano pagare tutte le cure per Lyosha, il fratello minore gravemente malato. Pensò che avrebbe potuto chiedere un prestito a suo padre, ma poi si rimproverò da solo: certo, quel bastardo non gli avrebbe mai allungato nemmeno uno spicciolo. Kuzma odiava suo padre, lo aveva sempre fatto, anche quando viveva a casa con loro, ma l’odio si era acuito da quando era fuggito con l’amante a Kazan’, abbandonando lui, sua madre e sua sorella – un uomo che non meritava nulla, che se ne fregava dei figli come fossero stati solo che brutti ricordi. A stento mandava loro qualche rublo per Natale, quando il ragazzo sapeva benissimo che aveva più di una risorsa economica e che se avesse voluto li avrebbe potuti mantenere tutti e tre come zar. Ma erano i Lukjanen’ko, una famiglia infame e maledetta, che il biondo aborriva con tutto il suo cuore. E il problema di Lera rimaneva, in tutti i casi. Bevve un sorso di vodka, con aria pensosa, e accarezzò distrattamente i capelli rossi dell’amica, impegnata a raccontare ad una Sasha incredula tutti i dettagli dell’esame che aveva brillantemente passato. Era la loro stella, e lo sarebbe rimasta per sempre. La piccola, geniale, Lera Tugusheva che da sola poteva tranquillamente competere con tutti loro cinque messi insieme.
Fu solo in quel momento che Kuzma voltò finalmente lo sguardo su Denis. E fu anche lì che, come al solito, il cuore perse un battito. Rideva, col capo rovesciato all’indietro, i capelli ribelli e le collane volgari sulla camicia slacciata – era bellissimo, come al solito. Kuzma si chiese come mai avesse dovuto proprio innamorarsi del suo migliore amico, perché andarsi a incasinare così tanto la vita, ma poi pensò a quanto fosse bello amare un ragazzo speciale come Denis. Era dolce, era stupido ma era anche il migliore amico che uno potesse desiderare, perché era presente, anche se era avventato e non particolarmente intelligente.
Erano anni che provava verso di lui quel sentimento tenero e un poco malinconico, anni che languiva in silenzio nel timore di dichiararsi e di venire rifiutato. Kuzma non era il tipo che faceva le cose senza avere la certezza di vincere, e quell’amore lo disturbava nel profondo perché sapeva quanto fosse a senso unico. Sicuramente Denis non l’avrebbe mai guardato come lui desiderava, e lui si sarebbe ridotto a soffrire per quella passione racchiusa sotto strati di freddezza e gelo. Anche solo vederlo così gli scaldava un angolo di cuore e si vergognava da solo di quel sentimento. Non era un ragazzo che si innamorava facilmente e fondamentalmente trovava l’amore una cosa stupida, ma quando si parlava di Denis allora tutto cambiava. Quante notti insonni aveva passato a guardarlo dormire, sistemandogli le coperte quando si agitava, quante volte aveva sentito l’impulso irrefrenabile di baciarlo, quante volte si erano ritrovati stravaccati sul pavimento insieme, mano nella mano e qualche canzone rock sparata nelle casse, quante volte avevano lottato insieme, fianco a fianco sino alla fine – lui e Denis avevano una storia che pochi potevano vantare. Erano fratelli, commilitoni, costantemente pronti a guardare la schiena all’altro, e forse era proprio per questo che non c’era spazio per una relazione. Avevano troppo, per poter stare insieme, non c’erano segreti, non c’era vergogna. Era il primo a rifiutare sempre quelle semi dichiarazioni idiote dell’amico, sempre nel terrore di perdere il controllo e posare finalmente le proprie labbra sulle sue. Sapeva che non se lo sarebbe mai perdonato, perché un’amicizia è molto più di una storia d’amore, su un’amicizia si fondano segreti e condivisioni che superano qualunque cosa e Kuzma non era pronto a giocarsi la loro storia per uno stupido errore di giudizio. Era perseguitato da domande come “e se ci mollassimo?”, “e se lui mi tradisse?”, “e se …”, ed erano proprio quelle domande a non farlo dormire la notte e a tormentarlo. Quanto ci era rimasto male quando Denis gli aveva rivelato di essersi innamorato di quell’uomo, Yurij. Aveva sorriso, aveva abilmente dissimulato il suo dolore, ma la notte l’aveva passata a guardare la luna, tentando di arginare le lacrime, una sigaretta in bocca e ballate metal per soffocare l’ennesima stilettata al cuore. Non era bravo a passare sopra le cose, ma si obbligava a farlo per il bene di Denis. Se lui era contento, allora lo sarebbe stato anche lui. Ci voleva una forza di carattere mica da ridere, ma Kuzma ce l’aveva, era d’acciaio, lo era sempre stato, e avrebbe retto anche a quell’urto osceno. Si chiese pigramente quanto ancora avrebbe potuto resistere così, quanto il suo acciaio avrebbe resisito a botte e sollecitazioni sempre più forti, ma si ripromise che sarebbe stato forte per la Banda. Aveva devoluto tutto sé stesso al bene dei suoi amici storici, e avrebbe retto ancora, non esisteva che il giovane Lukjanen’ko si spezzasse per cose simili. Anche se, a pensarci bene, quanto ancora avrebbe riuscito a reggere, senza potersi confidare con nessuno, rimanendo a guardare passivamente cose gli divoravano il cuore? Quello non lo sapeva e forse non voleva nemmeno saperlo.
-Kuzja, sei sicuro di stare bene?- Lera lo prese a braccetto, sfarfallando le ciglia.
-Certo, Lera, va tutto bene.- si costrinse a dire, quando avrebbe voluto solamente urlare dalla frustrazione – Ti prometto che troverò un modo per mandarti a San Pietroburgo con qualcuno.
Valerya annuì, piegando il capo da una parte e poi dall’altra
-Stavo pensando che, visto che sicuramente i miei genitori non possono e nemmeno voi della Banda, potrei chiedere a Marina.
-Marina? La dottoressa?!
-Esatto. Sono sicura che riuscirà a trovare una soluzione.
Kuzma si strinse nelle spalle
-Non so, fai come pensi. Non ti starai mica affezionando troppo a quella donna?
-Piantala, sei solo geloso!- Lera rise, e lo abbracciò – Non ti devi preoccupare sempre così tanto, Kuzjen’ka. Andrà tutto bene.
“Sì, certo” pensò amaramente il ragazzo “Peccato che ogni volta che qualcuno mi dice che va tutto bene mi ritrovo sempre nei guai sino al collo.”
-Non mi perderai mai, anche se adesso voglio andare a San Pietroburgo con Marina.- continuò Lera, stritolandogli la mano.
-Certo, Leroch’ka, lo so.- mormorò lui – Dai, vieni in spalla!
Mentre la prendeva in spalla e raggiungeva gli altri, pensò a quanto schifo facesse la sua vita. Con una madre alcolizzata che lo ignorava, una sorella che pensava solo a sé stessa, un padre assente, un amico inguaiato col capo del Blocco, un’altra nelle mani di una strana dottoressa di quartiere, due che nascondevano sicuramente dei segreti malsani e il ragazzo che amava innamorato di un uomo sicuramente più bello e interessante di lui. Cristo, Kuzjen’ka, sei messo malissimo, si disse. Sei veramente l’apoteosi della sfiga.


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Heyaaaa! Ciao gente, qui è Charlie che vi parla!
Siamo arrivati al dodicesimo capitolo ... woah ... lo so che questo capitolo fa schifo ma volevo aggiornare, farvi sapere che non ero morta, e indagare un po' meglio su Kuzma. Colpo di scena, è innamorato di Denis! Chi l'avrà vinta tra Kuzma e Yurij? Si accettano scommesse!
Fatemi sapere assolutamente cosa ne pensate della storia :D Volevo anche sapere, qualcuna/o di voi ieri sera (13 novembre) era mica a Milano al concerto dei Bring Me The Horizon? Io ci sono stata ed è stato SPAZIALE. Sono una loro grande fan, se qualcuno c'era me lo dica ahaha
Niente, la pianto con gli scleri che domani abbiamo scuola
Baci, 

Charlie

 
  
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