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Autore: Uptrand    19/11/2018    5 recensioni
In questa raccolta di one shot si vedrà come la vita è proseguita e cambiata per Olivia Williams Shepard, ora al comando dei reggimenti I.D.G. dal II° al VII°, e per altre vecchie conoscenze della squadra della Normandy SR3. Per quanto sia seguita la pace alla guerra contro i grigi, vi è sempre qualcuno pronto ad approfittatore della debolezza momentanea in cui si trova la comunità galattica.
Sono presenti descrizioni prese dal codex del gioco.
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Ashley Williams, Comandante Shepard Uomo, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un cubo perfetto si ergeva al centro della base militare dell'esercito di Iniziativa di Difesa Galattica.
Fort Hanshan era situata sottoterra, nell'ampio spazio dove una volte sorgeva la vecchia capitale di Noveria. Funzione ormai sostituita da Caninea. 
Le sue facciate in metallo erano prive di qualsiasi apertura, per entravi l'unico modo era dalla porta principale e unico ingresso. 
Sopra di essa una targa dava finalmente un nome all'anonimo edificio: Carcere di massima sicurezza Tartarus. Al suo interno centocinquantatré detenuti e una cinquantina di guardie. 
Decidere il nome era stata tra le cose più difficili che Arturus si ritrovò a fare, alla fine l'unico modo fu ricorrere a una scelta per sorteggio. Come futuro direttore sembrava che certe incombenze ricadessero su di lui, riuniti tutti i suoi futuri collaboratori e messi i nomi in un casco estrasse il biglietto vincitore davanti a tutti. 
Altri nomi proposti erano stati: Black Gate, Lostcell, No Escape, Golgota, Ade ma uno in particolare  aveva attirato la sua attenzione e prima di iniziare chiese « Angust? Sembra più un nome di persona. »
« È una mia idea, è il nome di mio fratello. » disse un altro turian alzandosi.
« Vuoi dare al carcere il nome di tuo fratello? » 
« Si, perché è uno stronzo figlio di puttana. » 
Arturus lo fissò un secondo in silenzio, chiedendosi se fargli notare o no l'insulto che così rivolgeva alla propria madre e a se stesso. Non disse niente, ma quello che pensò fra se fu “Cominciamo bene.”
Un campo di forza a cupola e una recinzione di metallo tenevano lontani chiunque non fosse autorizzato dal perimetro più esterno. 
Quelli imprigionati al suo interno non erano però criminali normali, tutti i suoi detenuti erano scienziati colpevoli di aver compiuto ricerche sull'eezo 19. 
Era una questione di prospettiva quella che faceva si che questi individui fossero considerati più pericolosi del peggior criminale. 
Un assassino avrebbe ucciso qualche individuo e tutto sarebbe andato avanti. 
Questi scienziati con le loro ricerche potevano potenzialmente rompere gli equilibri di potere che mantenevano la pace, se una delle sei potenze del Consiglio avesse pensato di poter vincere una guerra c'era davvero la possibilità che essa scoppiasse. 
A quel punto il numero di morti avrebbe fatto impallidire qualsiasi assassino. 
Per tale ragione il Consiglio della Cittadina aveva bandito ogni ricerca su questo raro e ancora poco conosciuto isotopo dell'eezo, autorizzando Olivia W. Shepard ad arrestare quegli scienziati che compivano tali ricerche supportati in segreto proprio da quei governi che ufficialmente le vietavano. 
Era in corso una segreta corsa per dotarsi di un armamento al 19, ma almeno per adesso tale minaccia pareva essere stata disinnescata. 
Aiutati in questo da quello che poteva sembrare il più strano degli alleati: la Noveria Corps, la più grande industria di armi della galassia. 
Attualmente le migliori menti di questo gigante economico erano impiegate anch'esse in uno stratagemma per bloccare questa corsa al 19. 
La soluzione era semplice: ideare fin da subito contromisure per annullare ogni vantaggio militare del 19. Chi avrebbe investito milioni in un armamento di ultima generazione che poteva essere reso inutile?
Proprio per questo la questo la multiplanetaria era la sola autorizzata a tali ricerche. 
Tale decisione non era certo dettata per senso di responsabilità o altro. 
Dasha Weaver, la signora di Noveria, presidente della Noveria Corps aveva motivi personali per tale decisione. 
La donna di cui era innamorata, Isabella Noveria, i tre cloni di lei e sue figlie adottive, Alexya, Trish e Diana erano i primi e unici biotici ad eezo 19. 
Il 19 era letale, ancora non si sapeva bene quale segreto permetteva ai loro corpi di resistere all'affetto delle radiazioni. 
L'unica scoperta in tal senso era che il loro DNA veniva riparato più velocemente di quanto le radiazioni lo danneggiassero. 
Allo stato attuale, usare armamento al 19 significava avvelenare i propri soldati.
Per questo loro risultavano così importanti, materiale di studio di prima scelta per quegli scienziati. 
Comprensibili che Dasha Weaver volesse quegli individui morti. 
Per questo il carcere era stato costruito su Noveria, un pianeta già in precedenza al di fuori dello spazio di ciascun governo ma allo stesso tempo sotto l'influenza del Consiglio della Cittadella per le importanti ricerche che vi si erano sempre compiute. 
In caso di qualche disastro il Consiglio avrebbe negato ogni cosa, sostenendo che il pianeta era al di fuori dello spazio sotto il loro controllo. 
Così era stato prima della Weaver, lo era dopo e anche adesso che ospitava la base centrale dell'esercito comunitario con il carcere e il Consiglio della Cittadella possedeva il dieci percento della multiplanetaria. 
Dettaglio che permetteva al Consiglio una certa indipendenza economica dai propri governi che rappresentava. 
Su Noveria le leggi del Consiglio continuavano a non aver valore, perché un posto dove poter condurre ogni tipo di ricerca senza dovessi preoccupare dell'opinione pubblica faceva comodo a tutti.  

Nella sala di controllo del carcere e nel resto della struttura regnava la solita tranquillità. Gli scienziati erano dei prigionieri molto più tranquilli dei soliti criminali.  
Non erano persone violente e non scatenavano nemmeno rivolte. 
Il massimo della ribellione consisteva nell'inviare lettere di protesta per il trattamento subito. 
Solitamente il mal contento era dovuto alla loro convinzione di essere troppo importanti per quel trattamento. 
Chiusi in celle di due metri per quattro e mezzo, dove passano ventitré ore al giorno, ricevendo i loro pasti attraverso piccole aperture nelle porte, senza luce naturale. 
Nelle loro celle era presente un bagno, un televisore e potevano aver da leggere ma solo su vecchi supporti cartacei. Non si voleva rischiare di dar loro qualcosa che potesse fungere da computer. 
Proprio per prevenire una fuga, dovuta alla manomissione di qualche sofisticato allarme, le loro porte erano bloccate anche da una rudimentale sbarra in metallo che necessitava di due persone adulte per essere sollevata. Non solo per il peso, ma per una forma pensata per essere impossibile da afferrare saldamente per un singolo individuo. 
Potevano anche essere dei geni capaci di sbloccare con strumenti di fortuna gli allarmi, ma davanti a quel rozzo trucco tutta la loro intelligenza non serviva a niente. 
Dopotutto erano stati abituati a essere trattati in un certo modo, perfino quando venivano arrestati. 
Quando accadeva un misterioso inviato di qualche governo si presentava allo scienziato con la proposta di continuare le sue ricerche, solo che lo avrebbe fatto per conto di qualcun altro. 
Solo che questa volta non era andata come al solito. 
Olivia non poteva essere corrotta, i Consiglieri erano fermamente convinti della loro decisione.
Fino alla morte, nessuno sarebbe uscito da quel carcere. 
Quel pensiero fece sorridere Arturus “Anche scappassero fuori gli attendono chilometri di neve in qualsiasi direzione a meno cinquanta gradi, bufere e le guardie delle Weaver. Scappate pure, poi paghereste per tornare qui.” 
Seduto in posizione centrale, dato il suo ruolo di direttore del carcere, guardava i vari schermi che inquadravano di nascosto i prigionieri tramite telecamere. 
Un essere umano attirava l'attenzione del turian: tratti nella media, bianco, un inizio di calvizie, cinquantasei anni di età, rispondeva al nome di Ames Hessel.
Quando l'avevano arrestato in un laboratorio clandestino in Australia, aprendo una porta avevano trovato un bambino umano di dieci anni che sarebbe diventato il suo figlio adottivo: Dante, il primo potenziale portatore maschio dell'isotopo 19.   
Hesel aveva tenuto Dante rinchiuso in una cella dalla nascita, il motivo l'aveva spiegato lo stesso scienziato.
« Se non sanno che c'è un posto dove andare, nessuno ha un motivo per ribellarsi e fuggire. » 
Infatti Dante non si era mai ribellato, nessun tentativo di fuga. La sua stanza o cella era il suo mondo, ed era contento. Ogni tanto entrava qualcuno, gli prelevava un campione di sangue e usciva senza una parola. Senza nessun tipo di affetto la vita del bambino andava avanti. 
L'idea era che senza stimoli il suo comportamento sarebbe stato più facile da controllare. 
Tuttavia ancora non si sapeva come e quando avesse trovato Dante, su quello lo scienziato taceva sapendo che erano quelle informazione a dargli valore. 
Il solito senso di disagio invase il turian, quell'individuo e suo figlio distavano tra loro poco più di un chilometro. Era strano sapere che quel criminale fosse tenuto così vicino a Dante, dettaglio che  Arturus e Olivia preferirono non dire mai al bambino. 
Voleva che si sentisse al sicuro. Il turian ogni tanto fantasticava all'idea di farlo evadere, solo per ritrovare il suo cadavere qualche ora dopo. 
Una banale e “casuale” distrazione e...il problema si sarebbe risolto. 
Scosse la testa, sapeva di non essere così bastardo. 
« Signore, sono arrivate. L'auto ha parcheggiato adesso davanti al carcere. » gli annunciò un salarian dalla pelle marrone. 
« Grazie, vado ad accoglierle. »
« Una squadra di sicurezza vi aspetta già all'ingresso. »
Lui annuì in risposta. 

Dasha Weaver e Olivia W. Shepard scesero dall'auto, per quello che era diventato un incontro settimanale che vedeva riunite le due massime cariche del pianeta. 
Procedettero fino all'ingresso, dove attesero un attimo prima che la porte blindata si aprisse.
« Ammiraglio, signora Weaver. » le salutò Arturus, gli sembrava sempre strano essere formale con la moglie ma entrambi erano dell'idea fosse meglio usarlo in situazioni di lavoro. 
Olivia lo salutò chiamandolo per nome, Dasha non si prese neanche questo disturbo. 
Come tutte le volte precedenti era terribilmente seria e torva, era evidente che essere lì e il motivo per cui vi si recava non le piacevano. 
Avrebbe voluto essere da qualsiasi altra parte, ma continuava con quelle visite. 
Le due donne procedevano in testa, Arturus e quattro guardie dietro di loro. In quei due anni aveva visto molte volte la schiena della Weaver, quella visione gli aveva fatto capire un dettaglio importante. 
Durante quegli incontri, Dasha Weaver aveva paura. Qualcosa nella sua postura, un qualche impercettibile cambiamento gli aveva suggerito quell'idea che subito seppe essere esatta. 
La signora di Noveria lasciva che fosse Olivia a porre le domande, mentre alla vista di quel carcerato sembrava piegarsi su se stessa per farsi piccola.
Le due donne entrarono nella stanza degli interrogatori, lui in quella degli “spettatori”. Da dietro un vetro finto vedeva e sentiva tutto quello che veniva fatto o detto. 
Seduto dietro un tavolo di metallo, ammanettato gamba e braccia, vi era un umano di settantanni, esile nel corpo, la pelle cascante, capelli bianchi e profondi occhi grigi.
Le manette erano usate solo per regolamento, non per reale necessità. 
Olivia gli sedette davanti, Dasha passeggiava avanti e indietro tenendosi sul fondo. Sembrava un animale in gabbia. 
« Nome ? » cominciò Olivia, fatalmente seria. 
Arturus uscì, quella scena lo annoiava per quante volte l'aveva vista. Si sedete su delle sedie poste davanti alla sala interrogatori. Rimanendo pazientemente in attesa, non si aspettava problemi ma non per questo ci si poteva permettere di rischiare. 
« Nome... » mormorò a denti stretti. Perché di quel suo ospite forzato non si sapeva niente, tranne il crimine per cui si trovava lì. 
Il destino doveva essersi divertito a intrecciare in quel modo il destino di così tante persone. 
Alla morte di Hannah Shepard, Olivia aveva ricevuto dei documenti privati da lei. In essi le prove che l'Alleanza dei Sistemi supportava col proprio silenzio gruppi estremisti pro umani interessanti a sviluppare nuovi biotici, questo voleva dire eezo 19. 
Mentre chi sapeva faceva finta di niente, questi criminali sperimentavano su cavie umane le loro scoperte. 
Tra queste organizzazioni vi era stata, a suo tempo, anche Neo-Cerberus. Sgominata da John Shepard, con l'aiuto anche di suo padre. 
Sorrise all'idea che proprio i loro figli adesso si trovassero davanti a quell'avanzo del passato. 
Scienziato di punta di tale organizzazione fu il dott. Gaz Al-Asad, ufficialmente morto durante un incursione dell'Alleanza in una base dei terroristi. 
Per questo quando Olivia trovò, tra i documenti che l'ammiraglio le aveva lasciato, le prove che era vivo e detenuto in un carcere terrestre ne fu sorpresa. 
Non poteva credere che fosse vero, ma c'era un solo modo per fugare ogni dubbio ed era far incontrare il presunto detenuto con Dasha Weaver. 
Perché fu questo detenuto a rendere Dasha Weaver e Isabella tali, loro erano tra le sue cavie. Fu lui a indottrinarle e il processo sarebbe stato completo se l'Alleanza non fosse intervenuta. 
Quel fatidico incontrò riservava ben altre sorprese, perché la Weaver lo riconobbe ma non come il presunto dottor Gaz Al-Asad. 
Ignorava il nome della persona ma sapeva chi era, colui da cui il dottore prendeva ordini. Il resto si era scoperto facilmente una volta svelato l'inganno, il misterioso individuo si era sostituito al dottore sulle cui ricerche era perfettamente informato. Presentandosi come tale e centellinando le sue informazioni trovò un accordo con chi lo prese in custodia per l'Alleanza dei Sistemi. 
Avrebbero dichiarato Al-Asad morto, senza sapere che lo era veramente e di star parlando con un impostore, mettendolo sotto falso nome in qualche carcere confortevole.   
Arturus rimuginò sugli ultimi pensieri. Era troppo abituato a Dasha Weaver, era tremendamente facile dimenticare che Dasha poteva essere una personalità artificiale. 
Qualsiasi ricordo era stato cancellato dal programma nemesis, come un programma per computer. Prima disinstalli e poi reinstalli. 
Nel corso della recente guerra i danni cerebrali subiti dalla Weaver avevano comportato la completa eliminazione dell'indottrinamento, non per questo qualcosa era cambiato o ricordi si erano sbloccati. 
Quella donna agiva, pensava e vedeva se stessa come Dasha Weaver da troppo tempo perché qualcosa potesse cambiare. 
Non c'era da stupirsi se la signora di Noveria era agitata. Chiunque lo sarebbe stato a trovarsi davanti qualcuno che poteva sconvolgergli la vita. Se il vecchio si fosse deciso a parlare, rilevando chi erano i genitori di Dasha, o magari di Isabella, lei cosa avrebbe fatto? 
Magari la fuori, una delle due donne o entrambe, aveva dei parenti? Ma se anche questo incontro fatidico fosse avvenuto, chi si sarebbero trovati davanti?
Delle persone autentiche o due essere umani con delle personalità artificiali?
Non c'era da stupirsi che Dasha temesse quegli incontri, qualsiasi cosa scoprisse avrebbe potuto rovinarle la vita. 
Una volta le chiese perché non la smetteva di venire, se anche il suo vecchio aguzzino avesse parlato c'era la buona possibilità che mentisse. 
« Tapparsi le orecchie non serve, se la fuori ho nemici che ancora non conosco devo trovali quanto prima. Lo stesso se si tratta di informazioni che possono danneggiarmi. In più non posso fidarmi...già una volta ho creduto che lui fosse morto. Ho bisogno di vederlo qui con i miei occhi, devo avere la certezza che non possa nuocere o non possano farlo le informazioni che possiede. »
« In particolare a Isabella e figlie? » chiese lui sospettoso, la reazione di lei gli fece capire di aver indovinato. 
« Stai al tuo posto. » gli sibilò contro e a denti stretti la Weaver. Isabella, la miglior assassina della galassia e il biotico più forte. Se Dasha voleva avere la certezza della morte di qualcuno doveva solo chiederlo alla sua compagna. 
Eppure era l'ultima persona da usare in questo caso. Da pochi anni quel phantom psicopatico aveva cominciato a comportarsi da persona quasi normale, almeno una frazione della sua umanità era in qualche modo stata recuperata. 
Cosa sarebbe successo a farle incontrare quella persona? Nessuno lo sapeva, nemmeno la Weaver che per il momento teneva segreta la sua esistenza perfino a lei.
Isabella non avrebbe mai dovuto sapere che era vivo e incontrarlo. Per questo alla fine di ogni incontro Dasha faceva una cosa insolita, accompagnata da Olivia si recava a casa loro dove avrebbe fatto una doccia. 
Non voleva portare niente con se, neanche l'odore di quel posto addosso. 
I sensi da animale di Isabella avrebbero potuto scattare per un non nulla, per qualcosa che nessun altro essere umano avrebbe percepito. Niente di quell'individuo sarebbe dovuto arrivare al phantom.
Queste cose le sapeva in parte grazie alle spiegazioni della moglie. 
La porta si aprì e ne uscì una Dasha sconvolta. Quasi tremante si sedette accanto a lui accedendosi una sigaretta. 
« Fumi? » chiese sorpreso.
« A volte, molto poco. Una volta di più, ma Alexya mi ha sgridato dicendo che non le piacciono le persone che non sanno controllare i propri vizi. Così le poche volte sono diventate le rare volte. » 
« Lui...? »
« Silenzioso come sempre. » 
Silenzio che scese anche tra loro, mentre Dasha cercava di calmarsi. 
« La mia proposta rimane sempre valida. » esordì all'improvviso. 
Lui fece finta di non aver sentito, ma sapeva bene a cosa si riferiva. Un assegno in bianco che lei le aveva lasciato, poteva scriverci qualsiasi cifra. 
In cambio doveva fare solo una cosa, consegnarle il misterioso prigioniero. 
Preso da Divisione N, l'esercito privato di Dasha, avrebbero cercato di farlo parlare in tutti i modi. 
Non poteva darle torto se si fosse vendicata torturandolo, ma non poteva farlo e l'assegno rimaneva a prendere polvere nella cassaforte del suo ufficio. 
La porta si aprì, lui fece cenno alle guardie di avvicinarsi prendendo in custodia il carcerato. 
In quel momento il vecchio alzò la testa mostrando un sorriso maligno e dicendo divertito « Dasha cara, spero che la prossima volta porterai le mie nipotine. Sono impaziente di conoscere Alexya, Diana e Trish. »
Lo scatto di Dasha fu fulmineo e feroce, riuscì a colpire in viso l'uomo con un pugno gridando « Non sono tue! Stai lontano! Stai lontano! » 
Ci vollero Arturus e altre due guardie per bloccarla, il viso era arrossato dalla furia. L'espressione deformata dalla rabbia.  
Bloccate lei, gridò a chi tra i suoi sottoposti non era impegnato a fermarla « Portatelo via! » 
Un paio di braccia forti presero il carcerato che tranquillamente si lasciò condurre nuovamente alla propria cella. 
Intanto la Weaver pareva essersi calmata. Sembrava sfinita. 
Senza dire altro si avviò verso l'uscita, seguita da Olivia, Arturus e un altro paio di sorveglianti. 

 
***** 
 
« La base è parecchio vuota. » commentò Dasha, in auto con Olivia. Sedeva nel posto del passeggero.
« Vero, ho quai tutti gli uomini impegnati a causa degli Yahg. Tra due giorni verrà firmata la pace, decidendo come suddividersi il pianeta. » ammise la rossa. 
« Non dovrà mai farlo, non dovrà mai uscire da lì o incontrare le mie figlie. » dichiarò la mora voltandosi  verso Olivia. 
Quello che vide la turbo, Dasha Weaver aveva gli occhi lucidi. L'ultima frase sembrava più una preghiera. Si sentì strana, non aveva idea di cosa fare. 
Sentiva la mancanza della solita signoria di Noveria, quella che si divertiva a fare la stronza prepotente quando qualcosa la intralciava. 
« Non uscirà, sarebbe una minaccia per te ma potenzialmente anche per me. » rispose Olivia, pensando a Dante. 
Dasha guardo davanti a se per niente convinta « Gli interessi su quello che sa sono enormi, prima o poi ti faranno pressioni per farlo uscire. Saranno gli stessi interessi che l'hanno nascosto fino adesso. » 
Olivia annuì « Forse... o magari sai che non sono così facile da corrompere. » 
Una risatina in risposta « Già, la cosa che più mi ha creato problemi di te. » 
L'altra sorrise a quella frase a cui seguì un profondo silenzio. 
« Consegnamelo, pagherò quello che chiedi. » affermò seria Dasha.
« Sai già la mia risposta. »
Scocciata la Weaver si voltò a guardare fuori dal finestrino. 
« Hai le tue ragioni, è un bastardo ma tutti hanno dei diritti. » 
Dasha si voltò di scatto verso di lei, trasudando rabbia ad ogni parola « Fanculo i diritti dell'intera galassia. A quella roba credono solo gli idioti. » disse tornando repentinamente al proprio posto. 
Con un certo sollievo per Olivia erano arrivati davanti casa.

 
*****

Arturus si accomodò nel proprio ufficio, sentiva il bisogno di un attimo di riposo dopo quegli intensi momenti. Istintivamente gli cadde l'occhio su un quadro, dietro di esso la cassaforte. 
Al suo interno l'assegno. 
A volte sentiva il bisogno di parlarne con Olivia, ma decideva sempre di mantenere quel piccolo segreto. Sapeva bene che una parte di lui avrebbe accettato quella proposta, ma non per soldi. 
Avrebbe consegnato a Dasha il suo ex aguzzino se si fosse presa anche quello di Dante, quella era un'idea che lo tentava molto. 
Ma non l'avrebbe mai fatto perché amava Olivia, non sarebbe riuscito a mentirle rovinando la fiducia che aveva in lui. 
« Qui dentro non possono far male a nessuno. » disse tra se, concentrandosi e trovando pace al pensiero che tutti erano al sicuro. 

 
*****

Nella sua sua cella, il prigioniero alzò la testa e sorrise. 
Un espressione di divertimento.
« Dasha, sempre la solita ribelle. » 
   
 
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