Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: ineedofthem    19/11/2018    4 recensioni
Anita, un metro e sessanta di dolcezza e allegria, è una specializzanda in pediatria. Adora il suo lavoro, sa che è quello che deve fare perché ci crede da sempre e, spinta dalla passione per questo lavoro, comincia a passare le sue giornate in ospedale.
Qui conosce Lucia: una bambina rimasta orfana, con una grave disfunzione cardiaca, ricoverata nel reparto di pediatria.
Anita sente di provare per lei un affetto profondo e il loro diventa un rapporto viscerale.
Tutto procede bene, finché non arriva lui: Luca Franzese, il nuovo cardiochirurgo dell'ospedale, e Anita capisce che la sua vita non sarà più la stessa. Riconoscerebbe quella zazzera di capelli castani e quei lucenti occhi verdi tra mille. Sa che il ritorno in città del ragazzo porterà solo guai per lei. Il rapporto con Lucia li accomuna entrambi e la piccola sembra l'unica in grado di sciogliere il suo sguardo da duro e quel carattere burbero che lui si porta dietro.
Anita crede di averci messo una parola fine su quel capitolo, ci ha avuto a che fare in passato e non intende ripetere lo stesso errore. Ma se Lucia ci mettesse il suo zampino, cosa potrebbe succedere?
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Ricominciare'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 41
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 41



Lucia non ne vuole sapere di andare via, ha preso già la sua decisione: non uscirà dall'ospedale a meno che non lo faccia in mia compagnia. Come posso solo pensare di dirle che dovrò venire meno alla promessa che le ho fatto? Perché lo so, Lucia si arrabbierà così tanto che temo possa rivolgersi a me in modo cattivo. Ho avuto modo di appurare nel tempo e oggi quanto possano ferire le cose dette in un momento di rabbia. E sapere che lei possa andarsene di qua, dopo aver asserito che mi odi, mi spaventa tantissimo.
Ma, nonostante manchino pochi giorni alla sua uscita, voglio cercare di tentare il tutto per tutto.
Quindi, quando vedo Luca allontanarsi per il corridoio, lo seguo, cercando di raggiungerlo e stare al suo passo. Perché prima, in quella stanza, la speranza di potergli parlare mi è scivolata dalle mani, ma non posso permettere che accada. Per una volta, se è necessario, metterò da parte il mio orgoglio e farò il primo passo verso di lui.
Luca, però, non è intenzionato a permettermi di parlargli e, quasi come se si fosse accorto che io gli sia dietro, accellera in modo che mi sia difficile continuare a sostenere il suo ritmo. Ok che non sia così allenata, ma le sue gambe sono molto più lunghe delle mie!.
Ma dico, lo stai facendo di proposito? Perché non vuoi ascoltarmi?
"Luca" lo richiamo, mentre avverto un filo di affanno macchiare il mio respiro per questa estanuante corsa contro il tempo e altrettanto strano tentativo di giocare a rincorrerlo.
Lui, allora, prosegue silenzioso e veloce senza badare a me che tento di afferrarlo.
Così, innervosita che lui mi stia ignorando, torno a chiamare il suo nome a gran voce. Luca sembra destarsi all'improvviso, come preoccupato che possa fargli una scenata davanti a tutti. Ma non c'è nessuno.
Questo, però, mi fa modo di raggiungerlo senza problemi perché lui, distratto, ha ripreso un'andatura regolare.
Quando, a quel punto, gli sono di fianco, mi paro di fronte a lui, ostacolandogli con austizia la strada. Sono determinata a catturare la sua attenzione affinché mi ascolti.
"Anita, ho da fare" replica stizzito, cercando di sorpassarmi.
Ma io, più veloce di lui, faccio in modo che non mi scappi, allargando le braccia per limitare il suo spazio di movimento il più possibile.
Luca deve considerare la mia mossa alquanto infantile perché contrae le labbra in una smorfia, ma arrendendosi all'idea che non lascerò se ne vada.
Io, allora, lo guardo e devo reprimere un sorriso, soddisfatta per questa piccola vittoria personale.
"Avanti, che devi dirmi?" mi domanda, con un tono sostenuto, le braccia portate al petto in un chiaro segno di superiorità. Poi, come a dimostrare sia infastidito, sbuffa sonoramente.
Assottiglio leggermente gli occhi davanti al suo atteggiamento, poi lo imito, incrociando le braccia come in un segno di affronto.
"Si tratta di Lucia, io ti posso assicurare che  non volesse dire quelle cose. Lei non vuole andarsene, Luca, soprattutto adesso  che il pensiero di poter essere adottata da quella famiglia la spaventa tantissimo".
Lui sostiene a lungo il mio sguardo, ascoltando con interesse le mie parole. Poi, però, sul suo volto impenetrabile sembra insinuarsi un ghigno.
"Ora come ora, per quello che mi riguarda, Lucia è solo una bambina che fa i capricci" ribatte lapidario e gelido. "Non mi preoccupa quello che ha detto, la rabbia le sarà passata prima di quanto pensi" aggiunge, rincarando la dose.
Le sue parole mi lasciano con un grande senso di amaro in bocca. Non è il vero Luca a parlare, lo è solo una sua brutta copia, quella ferita e arrabbiata. Ho visto Luca affezionarsi a Lucia, emozionarsi per la complicità che li univa ed essere spaventato all'idea che potesse succederle qualcosa, non posso credere che possa usare termini così duri riferendosi a lei. Non lo accetto.
"Perché ti comporti così, Luca?" gli domando, confusa e delusa. "Io comprendo che le sue parole ti abbiano potuto ferire, ma questo non sei tu, come puoi solo pensare che Lucia sia solo una bambina capricciosa!".
Luca si sporge verso di me, come in un affronto e io mi ritrovo ad arretrare davanti alla sua iniziativa.
"Sei tu a non capire, Anita" replica con un tono basso e roco. "E adesso, se non ti dispiace, ho cose più importanti di cui occuparmi" mi fa presente, irriverente.
Contraggo la mascella duramente, seccata dal suo modo di mentire davanti all'evidenza. È chiaro che la sua sia solo una sorta di autodifesa.
Perché io lo so Luca, io ti conosco, so che il pensiero che Lucia possa pensare quelle cose ti ha fatto accaponare la pelle. Ma se non sei disposto ad abbassare la guardia, chiudendoti nel tuo stupido orgoglio, c'è qualcosa che io possa fare?.
Così, quando lui mi sorpassa, svincolandosi dal mio tentativo di fermarlo, mi rendo conto che non può pensare di trattarmi così e aspettarsi che lo lasci andare senza avergliene prima dette quattro.
Ah l'orgoglio, questo maledetto...
"Sai Luca" gli urlo dietro, sperando che le mie parole possano farlo tornare sui suoi passi.
"Io credo che tu sia un vigliacco, sì. Smettila di nasconderti dietro questa facciata da duro, come se ne niente possa scalfirti. Non sei onnipotente e commetti tanti errori, ultimamente fin troppi. Lucia non vuole andarsene veramente da questo ospedale, speravo che tu potessi aiutarmi a trovare una soluzione. Ma..." mi interrompo per riprendere fiato e stringere i pugni per trattenere  la rabbia che sento invadermi, "dato che sei così cieco davanti all'evidenza, puoi anche andartene al diavolo!". Le mie parole sono dettate dalla pura voglia di scuotere una reazione in lui. Così, mi aspetto che lui ribatta pesantemente, rendendomi conto che vorrei anche e solo discutere con lui, pur di non saperlo tanto distante da me. Perché io sto solo cercando un confronto, sperando di trovare in lui l'unico appiglio per rendere questa situazione meno dolorosa.
E, allora, quando lui si ferma a metà del corridoio, voltandosi a mezzo busto verso di me, io mi auguro che i miei occhi, tristi e socchiusi, siano capaci di trasmettergli quello che le mie parole non sono state in grado di fare.
Perché io e Luca siamo più simili di quanto pensiamo e riconoscendo nel suo sguardo la stessa espressione mortificata e ferita, mi rendo conto che vorrei correre da lui, adesso, in questo preciso istante, e appianare tutte le nostre divergenze.
Ma io il primo passo, verso di te, l'ho già compiuto e, mentre aspetto impaziente che tu mi dica qualcosa, qualsiasi cosa, mi viene da pensare che il tuo silenzio sia la risposta peggiore tu potessi darmi.
Perché io lo osservo, con le spalle un po' ricurve e scruto la porzione di viso che ha deciso di mostrarmi, contratta in una smorfia dura e sono costretta ad arrendermi davanti all'improvviso mutismo che sembra averlo colpito.
E allora mi volto, senza più speranza e insoddisfatta, pronta a lasciarmelo alle spalle.
Però passa solo un minuto prima che avverti la sua voce richiamarmi a sé. Avverto stia compiando dei passi e non mi ci vuole molto per rendermi conto si stia avvicinando a me.
Mi volto verso di lui speranzosa di poter ottenere la reazione che ho desiderato dal primo momento in cui abbia deciso di scagliarmi contro lui.
Luca è una furia e me ne rendo conto da come a grandi falcate prenda a raggiungermi.
"Vuoi dirmi qualc..." le mie parole si perdono sulle sue labbra. Il modo in cui si avventa su di me è così disperato da farmi tremare dal piacere. Sembra che voglia scaricare tutta la rabbia in questo bacio.
Così, lui mi morde le labbra, approfondendo il contatto e lo lascio fare, stupendomi del grande tasso di passione che siamo in grado di accendere.
Star lontani tanto tempo ha creato una sorta di astinenza che, adesso, ha bisogno di essere colmata.
E, allora, mi rendo conto che non fosse proprio questa la reazione che pensavo di ottenere in lui, però forse, mi viene da pensare che questo superi di molto le mie aspettative.
Le mie mani rimaste in sospeso, quando lui, a sorpresa, si è fiondato su di me, corrono, allora, ad aggrapparsi al suo collo, insinuandosi sotto il tessuto della sua camica e riversando nel mio gesto tutta la volontà di sentirlo più vicino.
Avverto il cuore martellarmi nel petto e mi sento così assuefatta dalle emozioni che provo da pensare che se qualcuno ci vedesse non me ne importerebbe niente.
Luca, però, non deve pensarla allo stesso modo; è cosciente che con questo gesto possa andarne della sua professionalità.
Quindi, tenendomi per i fianchi, e senza smettere di baciarmi, fa in modo che io cominci a muovermi all'indietro, alla ricerca di un posto appartato. Non ho idea di dove mi stia portando, ma aspetto che sia lui a guidare me.
Nel frattempo, nessuno dei due ha intenzione di lasciare l'altro, ci baciamo, ma sentiamo che questo non basti a colmare un vuoto.
La porta di uno stanzino buio si chiude dietro di me, spegnendo quello spiraglio di luce che proveniva da fuori, ma ci tiene ben lontani da occhi indiscreti.
Il contatto con il muro dietro di me, mi fa gemere di dolore.
"Scusa..." sussurra lui, sulle mie labbra, premurandosi che non mi sia fatta male, scendendo ad apporre una dolce carezza sul punto dietro la nuca con cui ho battuto.
Abbiamo entrambi il respiro corto e ansante, ma nonostante siamo al buio, riesco a distinguere in qualsiasi nostro gesto, la stessa voglia di non fermarci.
Così, mi alzo sulle punte e imprimo un bacio sulle sue labbra, piccolo e casto, che non ha niente a che fare con quello che ci siamo scambiati, ma è un modo per ringraziarlo della sua premura di poco fa. Lui mi tiene per i fianchi, accompagnando i miei movimenti, e facendomi finire irremediabilmente addosso al suo corpo. Il solo contatto è capace di farci rabbrividire, e ringrazio il buio di nascondere le mie gote arrossate.
Allora gli sfioro le labbra, di nuovo, come se non potessi farne a meno, e chiudendo gli occhi come a voler imprimere questo momento nella mia mente per sente.
Luca fa risalire le sue mani lungo le mie braccia, fermandole sulle mie guance.
"Anita, aspetta..."
Ma ho ritrovato il lume della ragione: per quanto mi sia piaciuto, mi sono resa conto che questo non abbia risolto pronto niente, anzi, forse ha solo peggiorato le cose.
Così, torno al mio posto, appoggiandomi al muro e tirando un sospiro.
Luca muove a tentoni una mano dietro di me, alla ricerca di un'interruttore e, quando si illumina la stanza, mi rendo conto che un po' faccia fatica a sopportare la luce.
Luca è davanti a me, con le labbra invitanti e rosse per i miei baci. Osservo che nella foga gli ho sbottonato due bottoni della camicia, che mi riservano la vista di una leggera peluria sul suo petto.
Lui, allora, lascia scontrare la mia fronte con la sua, respirando vicino al mio viso.
"Anita, io non sto evitando il problema e non sto nemmeno sottovalutando la gravità della situazione" mi fa notare, a bassa voce.
Mi viene da pensare che, dopo aver scaricato la tensione, gli sia venuta voglia di parlare.
Mi porto una mano alle labbra, pensierosa.
"Sei sicuro?" gli domando.
"Sì" ribatte, serio.
"Bene" gli faccio notare, spintonandolo leggermente, "dimostramelo."
Luca si apre in un piccolo e divertito sorriso.
"Lo farò" ammette come a volermi sfidare. Attento Luca che io poi ci credo.
"Ok"
"Ok".
Poi, ricomponendosi, fa un passo indietro, pronto a lasciare per primo la stanza.
Però, un po' prima che lui possa andarsene, lo richiamo, facendo in modo che si volti verso di me, incuriosito.
Così, mi avvicino a lui, fingendo non curanza, ma nel momento in cui le mie mani si posano sul suo petto, noto che Luca sia impaziente di sapere cosa abbia in mente.
Allora lascio che le mie dita si muovano lentamente, raggiungendo il colletto della sua camicia, accarezzandolo lievemente, senza mai distogliere lo sguardo dal suo. Passo ad abbottonargli i due bottoni lasciati aperti, sfiorando puntualmente la porzione di pelle lasciata scoperta. Luca, a sua volta, non riesce a smettere di mettermi gli occhi addosso, e dal modo in cui il suo pomo d'Adamo faccia su e giù, mi viene da pensare che io stia mettendo il suo autocontrollo a dura prova. Mi ritrovo ad esserne soddisfatta, perché mi piace penare che non sia solo lui ad avere un certo effetto su di me, ma è un qualcosa di reciproco.
"Ecco, adesso puoi andare" annuncio, battendo le mani sulle sue spalle.
Luca si allontana, deglutendo a fatica.
"Sì, devo andare. Assolutamente." ammette teso.
Beccati questa, Luchino.
E, mentre lo lascio andare, vedendolo chiudersi la porta alle spalle, da solo, per non destare sospetti, mi viene da pensare che in un altro contesto mi verrebbe da ridere per questo, per l'effetto che siamo capaci di provocarci a vicenda, ma mi rendo che, data la situazione, adesso non ci possa essere niente capace di farmi sorridere.


...tre giorni dopo

Il solo pensiero che tra due giorni Lucia debba andare via senza che io sia riuscita a fare nulla, mi fa impazzire. Così, mi sono presa una pausa dal lavoro, rifugiandomi nella caffetteria dell'ospedale con la sola intenzione di stare lontana da visite, analisi, scartoffie. Per di più, il ruolo del capo specializzando ha reso la vita in reparto estenuante. Mi sento come messa sotto pressione.
Torturo il mio labbro inferiore a lungo, è solo la sensazione ferrosa di sangue in bocca a farmi desistere dal continuare.

Abbasso, allora, lo sguardo al mio bicchere ancora pieno di cioccolata calda. Un piccolo peccato di gola che mi sono concessa per appianare questo forte senso di tristezza.
"Riesco a vedere tutti gli ingranaggi della tua mente vorticare come impazziti. Devo proprio presupporre che il tuo cervello non smetta un attimo di pensare".
Alzo gli occhi per incrociare quelli di Arianna che, dall'alto della sua posizione, mi scruta divertita. 
"Ah-ah, che simpatica" le faccio notare, aprendomi in una linguaccia.
Arianna prende posto al mio fianco, facendo tintinnare tutti i braccialetti al suo braccio, al contatto con il tavolo. Ammetto che sia parecchio esuberante e rumorosa, ma forse, al momento, ho bisogno di qualcuno che ravvivi questo assordante silenzio.
"Scommetto che stessi pensando al dottor Franzese" pronuncia con un sorriso maliziosa.
"Aria', non è che la mia giornata giri intorno a lui, eh" le replico, con una smorfia. Non è vero, perché ultimamente non faccio che pensare a quello che saremmo potuti essere se le cose fossero andate diversemente, soprattutto dopo quel bacio, ma la situazione di Lucia occupa sicuramente la mia mente in una percentuale maggiore.
Lei lascia ondeggiare la sua chioma riccia e indomabile, aprendosi in una risata chiassosa. "Ti aspetti che ti creda?" mi fa notare con un cipiglio. "Beh, non riesco a farlo, ma sai, io ti capisco Anita, è davvero difficile non pensarlo. Soprattutto quando la vostra è una storia incasinata, da telenovelas".
"Oh andiamo!" le faccio notare, indispettita. "Smettila di prendermi in giro. Potrei seriamente rivalutare la mia idea di raccontarti come sia iniziata questa "telenovelas" come la chiami tu e non rivelarti un solo particolare".
Arianna placa la sua risata e noto il suo viso assumere un certo pallore, preoccupata che la sua sete di curiosità non possa essere soddisfatta. Potrei seriamente mettermi a sogghignare di soddisfazione.
"No, Anita. Ti prego, ti pregoooo!" cantilena, giungendo le mani tra di loro e mettendo su un' espressione da cucciolo bastonato.
Sopprimo un risolino, prendendo ad accarezzarle il capo come se fosse una bambina. "E va bene, sorvolerò, per questa volta. Quindi su, cosa vuoi sapere?" le domando, arrendendomi.
Lei, alle mie parole, non riesce a trattenere l'emozione, illuminandosi come se fosse un albero di Natale. Osservo i suoi occhi, grandi e verdi, nascosti sotto un paio di occhiali rotondi dalla montatura sottile e trasparente, guardarmi con un alto tasso di eccitazione.
Assumo un'espressione preoccupata a tutte le domande che sento voglia pormi.
"Quando vi siete conosciuti? Era già bello da ragazzo? Come hai capito fossi innamorata di lui?" comincia a chiedermi a raffica.
"Ehi, ehi" alzo una mano nella sua direzione come a voler placare il suo flusso di parole. "Con calma". Che io abbia deciso di raccontarle come sia iniziato tutto, non significa possa prendersi tutte queste libertà. Lo farò ma a modo mio, decidendo cosa rivelarle e cosa no.
Arianna sopprime un risolino, costernata. "Hai ragione".
"Allora?Come vi siete conosciuti?" domanda, però, sùbito dopo, battendo le mani, eccitata.
"Beh..." cerco di nascondere un'espressione imbarazzata al ricordo. "È stato in un giorno della prima superiore: uscivo dal bagno delle ragazze, e la sua classe era proprio di fronte. L'ho notato sull'uscio e sì, lui era tanto bello già allora" ammetto con un sorriso nostalgico.
"Mio Dio, sono così curiosa" replica, divertita. "E poi che è successo? Come vi siete parlati per la prima volta?".
Annuisco, prendendo una pausa prima di ricominciare a parlare.
"In verità da quel giorno non l'ho più visto, ci è voluto quasi un anno prima che lo rincontrassi, ad una festa, dove entrambi eravamo invitati" le rivelo.
"Wow!" esclama, sorpresa. "Un anno è davvero tanto tempo. Come è stato rivederlo dopo così tanti mesi?" chiede, sognante.
"È stato bello..."
"Ma come vi siete parlati?"
"A dire il vero, quello è stato davvero un momento imbarazzante. Le mie amiche mi avevano lasciato sola per andare a ballare, così quando lui è arrivato alla festa, una mia compagna di classe, sai una di quelle che si crede la reginetta del ballo, mi ha notato mettergli gli occhi addosso. Io pensavo di non aver mai visto un ragazzo più bello, ne ero rimasta imbambolata" soffoco una risatina, vergognandomi della scena che mi è ritornata in mente. "È stata lei a presentarmelo, quasi come a volermi mettere a disagio, e io davanti a lui sono riuscita a biascicare solo un misero ciao, intimidita. Avrei voluto sotterrarmi" mi copro il viso con le mani, scuotendo il capo.
Arianna mi accarezza un braccio, comprensiva. "Se questo ti può far sentire meno male, ti posso assicurare che io abbia fatto figure peggiori".
"E poi? Come continua?" aggiunge, confusa.
"E poi, niente" replico con un sorriso soddisfatta. "Dovrai attendere la prossima puntata".
"Ma daai, Anita" protesta, sbuffando. "Mi hai rivelato poco e niente."
Sogghigno divertita, alzandomi. "Devo tornare al lavoro e dovresti farlo anche tu. La nostra pausa è durata fin troppo" le faccio presente, allontanandomi per buttare il mio bicchiere nel cestino più vicino.
Sopprimo una risata, sentendola lamentarsi alle mie spalle, mentre prende a seguirmi per il corridoio che ci condurrà al nostro reparto. La guardo e mi viene da pensare che vorrei che anche i miei peggiori problemi si riducessero al solo non voler tornare al lavoro.

Le nostre strade si dividono e mi rendo che nemmeno io sia così contenta di tornare al lavoro. Non mi piace l'aria che si respira qui dentro, la situazione in reparto si è fatta competitiva: l'idea di poter diventare capo specializzando, ha innescato una reazione a catena, in cui ognuno di noi è sicuro di avere la meglio.
Riconosco di essere brava, sono sempre stata cosciente delle mie capacità, e questo è stato un bene perché essendone consapevole, ho saputo sfruttare le mie potenzialità per dare il massimo.
Eppure, non ho la presunzione di essere la migliore; ci sono tanti aspetti di me che credo debbano essere smussati e pensare di dover coordinare degli specializzandi, proprio come me, non mi spaventa, di più.
Per quanto ambire a quel posto, al momento, possa risultare essere la massima aspirazione, combatterò a mani basse, come ho sempre fatto, dandogli la giusta importanza, certo, ma con la consapevolezza che se dovessi ottenere un tale riconoscimento, lo avrò fatto senza beneficiare di aiuto alcuno o, peggio ,usare sotterfugi.
Giorgio, però, non è dello stesso avviso e, quando lo vedo dirigersi verso di me, con un sorriso sardonico a nascondere un ghigno malefico, mi viene da pensare che sia un bene il nostro incontro, questa volta, non avvenga in un bagno silenzioso e isolato.
"Ma guarda un po' chi si rivede, la mia collega preferita" mi fa presente, arrivandomi vicino.
Roteo gli occhi, senza mai arrestare il mio cammino. Così, notando che io non abbia intenzione di fermarmi, Giorgio mi cammina di fianco, sostenendo la mia andatura.
Nessuno sembra fare caso a noi, ma d'altronde, la nostra potrebbe benissimo apparire come un'amichevole chiacchierata tra colleghi. Siamo in un luogo pubblico e Giorgio è costretto a dover ponderare le sue azioni.
"Io avrò quel posto, Anita" ammette, a bassa voce, ma sono a conoscenza di quanto suoni come una minaccia. Dopo la sua assenza di questi giorni, lui sembra tornare a ricordarmi quali siano i suoi loschi piani.
"Per ottenerlo, devi guadagnartelo. Invece di pensare a tallonare me, dovresti concentrarti solo su questo" gli faccio notare, indispettita.
Giorgio, al mio fianco, mi scruta con la coda dell'occhio, contraendo le labbra in una smorfia derisoria. "Impegnarsi? Come fai tu, giusto?" replica, facendo assumere alle sue parole un disgustoso doppio senso.
Mi fermo, infastidita dalla sua accusa e ho l'istinto di voltarmi verso di lui e sferrargli uno schiaffo, ma la mia mano rimane sospesa a mezz'aria quando mi rendo conto che non possa colpirlo qui, davanti a tutti.
Lui sorride soddisfatto: il suo intento di farmi arrivare al limite è subdolo. Non riesco a pensare che una persona così debba lavorare a contatto con dei bambini.
Così, mentre sono costretta ad abbassare la mano, stringendo le mie dita in pugno, mi rendo conto che sì, questa situazione rischia di diventare sfiancante.
"Non ti permettere..." digrigno tra i denti.
Lui, allora, fa un passo in avanti, sorpassandomi. Il nostro scambio di battute prevedo sia finito qui, abbiamo già dato troppo nell'occhio e lui, prima di andarsene, si volta a guardami fingendosi mortificato.
"Rilassati Anita, sei troppo agitata. Eppure dicono che "rotolarsi tra le lenzuola" sia un ottimo modo per scaricare la tensione" mima tra le dita.
Rischio che del fumo mi esca dal naso e dalle orecchie,il mio autocontrollo sembra essere svanito nel nulla.
Quindi Giorgio si allontana, senza aspettare una mia reale risposta e non si risparmia di ridere, in modo forte e chiassoso, mentre cammina disinvolto per il corridoio.
Ma io dico, perché? Perché sembra che, ultimamente, non me ne vada una giusta?.

                                               ...due giorni dopo

Vorrei dire di aver passato questi ultimi giorni in modo normale, ma mentirei. Mi sono alternata tra lavoro e casa come un automa, compiendo ogni mia azione con la voglia e l'umore pari a zero. Credo che l'unico sprazzo di normalità sia arrivato quando, l'altro ieri sera, per disperazione, le ragazze si siano presentate a casa mia. Chiassose, hanno invaso la mia tranquillità, vestendomi di tutto punto e trascinandomi fuori dal mio appartamento. Avevano tutta la voglia di passare una serata insieme a spettegolare del ritorno di Nicola. Per loro questa rappresentava la notizia più allettante del momento, e nonostante la pensassi uguale, non ero riuscita a esprimere nemmeno un briciolo della mia felicità. Avevo risposto alle loro domande su cosa ci fossimo detti, se avessimo fatto pace, a monosillabi, ritrovandomi a dovermi accasciare con la testa sul tavolo di quel locale tanto chic che avevano scelto.
Non avevo fatto altro che pensare a Luca e Lucia, ininterrottamente, torturandomi a fondo sul problema.
Le ragazze si erano ritrovate a guardarmi rammaricate e mortificate, consapevoli che il mio umore non fosse dovuto solo a una brutta giornata. Perché per primo c'era il turbamento che amare Luca e non poterlo avere mi procurasse e, dall'altra, l'idea di una famiglia con Lucia che vedevo scivolare sempre di più dalla mia mente e dalle mie mani.
Così, quando avevo chiesto di riaccompagnarmi a casa, non avevano obiettato in alcun modo.
E adesso che sono in ospedale non faccio che sentirmi peggio, perché dopo questi mesi che Lucia sia stata qui, è impossibile lasciarla andare tanto facilmente. Io e la piccola non abbiamo aperto più il discorso da quel giorno, quando lei rivolse quelle parole così dure nei confronti di Luca, ma quando entro nella sua stanza, sono preparata a qualsiasi reazione avrà non appena le riferirò che manca poco prima che la vengano a prendere.
"Ciao, Lucia" la saluto, avvicinandomi all'armadietto della sua stanza. Le do le spalle perciò non mi è possibile scrutare la sua reazione, ma sono sicura che sia rimasta sconvolta dalla mia scarsa attenzione nei suoi confronti.
"Avanti, alzati."
Spalanco le ante, osservando quello che Lucia ha da portare con sé. Pochi cambi, un paio di scarpe, un pupazzo, niente che non si possa mettere in una sola borsa. E mentre, con cura, lo faccio, mi viene da pensare che non sarà questo che lei porterà via di questa degenza qui.
Lucia andrà via con un bagaglio carico d'amore e affetto perché non c'è persona qui dentro che non le sia affezionata. Lucia è una forza, una piccola guerriera da cui ognuno di noi ha avuto da imparare ogni giorno e sarà difficile affezionarsi così tanto a qualcuno che non sia lei.
Avverto i suoi passi, piccoli ma veloci, dietro di me, ma non mi volto, perché stringo tra le mani quel vestito che lei indossò quando io e Luca le facemmo trascorrere una giornata fuori dall'ospedale e, improvvisamente, mi sono salite le lacrime agli occhi.
Lucia picchietta le sue dita dietro le mie gambe per richiamare la mia attenzione.
Prendo un respiro profondo, trattenendo le lacrime che minacciano di uscire e mi volto di lei, abbassando gli occhi per incrociare il suo sguardo.
"Anita" pronuncia, speranzosa. "Dove andiamo? Mi porti con te, vero?" domanda, dondolandosi sul posto.
Sì, amore, se potessi, lo farei...
"Indossa questo, ok? È il mio preferito" lascio cadere l'abito tra le sue mani, accennando un piccolo sorriso.
"Sì, ma dove andiamo?"ritorna a domandarmi.
Porto il pollice e l'indice a stringere l'apice del mio naso, cercando di trattenermi, poi distolgo lo sguardo, appoggiando la borsa e il suo pupazzo sul suo letto.
"Anita..."
E, allora, mi volto verso di lei, abbassandomi alla sua altezza. Lucia incrocia il mio sguardo senza capire, un cipiglio così tenero a formarsi sulla sua fronte.
Così, appoggio le mani sulle sue spalle, stringendole lievemente.
"Lucia" pronuncio il suo nome in una muta richiesta "qualsiasi cosa accada, ti prego, promettimi che mi vorrai sempre bene".
Lei allarga le braccia come ad enfatizzare il concetto, non cogliendo il vero senso delle mie parole.
"Certo che ti voglio bene, Anita" ammette, con un tono dolce. Poi una sua mano va a posarsi sulla mia guancia, in una carezza, come a voler cancellare una lacrima silenziosa che è sfuggita al mio controllo.
Mi godo il suo tocco che ha un agro sapore dell'addio e mi rendo conto che questi ultimi minuti passati con lei non sono abbastanza per colmare il vuoto che la sua assenza lascerà nel mio cuore e nella mia vita.
Così la stringo a me, socchiudendo gli occhi, al modo in cui Lucia sembra incastrarsi perfettamente al mio corpo.
"Te ne voglio anche io, Lucia..."

Luca e il dottor Visconti entrano nella stanza, e la loro presenza arriva a rovinare l'idillio del momento. Il mio tutor si dimostra sorpreso di vedermi lì, abbracciata a Lucia e me ne rendo conto dal modo in cui prende a guardarmi, salutandomi in modo sostenuto.
Incrocio, invece, lo sguardo di Luca e dai suoi occhi su di me, mi viene da pensare che lui, a differenza, sia solo molto mortificato dalla situazione.

"Lucia, non sei ancora pronta?" le domanda il dottor Visconti, notandola ancora in pigiama.
Allora, la piccola scioglie il nostro abbraccio, ma rimanendo comunque ancorata alle mie spalle.
"Per andare dove?" domanda, ingenuamente.
Luca incrocia il mio sguardo, indeciso sul da farsi, ma nemmeno io saprei come comportarmi in questo momento, quindi scuoto il capo, distogliendo gli occhi da lui.
Lucia sa che debba andare via, ma sembra che la sua mente lo abbia cancellato come a volersi proteggere dalla tristezza che il pensiero le provoca.
"Non ricordi che giorno sia oggi?" le domanda, cauto. E, mentre lei scuote il capo, abbassando lo sguardo, la signorina Berardi e Maurizio Accorsi entrano nella stanza, dimostrando di avere un tempismo perfetto.

Lucia si volta verso di loro e in lei si fa spazio la consapevolezza che sia costretta ad andare via.

Anche Luca si volta verso di loro e, dal modo in cui i suoi occhi sembrano velarsi di rimprovero, mi viene da pensare che i piani non fossero questi.

"Dottor Franzese, ci hanno detto che lei e il dottor Visconti foste già qui, abbiamo pensato di raggiungervi".
La prima a parlare è proprio la signorina Berardi con un tono colmo di rammarico. Maurizio Accorsi, al suo fianco, sembra solo una comparsa silenziosa.

"Avete fatto bene" replica il dottor Visconti, cordialmente. "La piccola Lucia è quasi pronta. Vero?". Non so perché ma nel dirlo il suo sguardo si posa su di me in modo rimproverevole. 
Poi, però, la risposta mi appare chiara: Sono io l'intralcio in questa situazione.

Lucia non riesce a smettere di osservarli con il terrore ad invadere i suoi occhi. Così, si aggrappa alle mie gambe, spaventata all'idea che loro la possano mandar via da me.

"Avanti Lucia, indossa il tuo vestitino".

Irene si sporge verso di lei, cercando di sorriderle.

Alla sua vicinanza, Lucia, però, si ritrae inevitabilmente, scuotendo il capo e nascondendosi.
"Vattene, brutta strega!" le urla contro.
Lei rimane ferma al suo posto, fingendosi poco scalfita dalle sue parole piene di odio. Ma guardandola mi sembra quasi di sentirla ribollire dentro, perché lei i rifiuti di Lucia non li ha mai saputi digerire.

"Lucia..." è il turno di Luca di parlare e le sue parole fanno percepire un inevitabile richiamo.

Mi rendo conto che, mentre mi volto ad incrociare i suoi occhi, vorrei poter dire la mia e prendere le difese di Lucia. Perché lei, di essere arrabbiata, ne ha tutto il diritto.

"Non si preoccupi, dottor Franzese. Lucia è solo arrabbiata, ma non lo posso davvero. Non è vero?" replica Irene, cercando di stemperare la situazione con una risatina isterica.
Poi, torna a sporgersi verso Lucia, per incrociare il suo sguardo.
"Su, da brava, Lucia. Vieni qua...è ora di andare" le fa presente, tendendo una mano verso di lei.

Lucia si volta verso di lei, tenendomi sempre stretta a sé, e la sua linguaccia dimostra quanto sia grande il suo disappunto.

"No!" ammette, puntando i piedi a terra. "Io voglio stare qua, voglio rimanere con Anita".

Improvvisamente, tutti gli sguardi dei presenti si posano su di me e riesco a scorgere negli occhi dell'assistente sociale una sorta di sfida. Perché io e lei non ci siamo state simpatiche dal primo giorno e io, adesso, rappresento un ostacolo al compimento del suo lavoro.

Maurizio Accorsi pare, però, rendersi conto della gravità della situazione perché osservo il suo sguardo velarsi di sorpresa. Così fa un passo avanti, posando una mano sulla spalla di Irene. Il suo gesto sembra quasi dirle di lasciar far a lui e silenziosamente mi viene da chiedermi se lui abbia modi migliori per rendere meno doloroso questo distacco.

Così, si abbassa all'altezza di Lucia, sedendosi sui talloni, e porge una mano verso il suo braccio, per accarezzarlo lievemente.

"Lucia..."pronuncia, con dolcezza. "Mi rendo conto che ti sia affezionata alla tua dottoressa, e mi dispiace che tu debba lasciarla, sul serio, ma noi andiamo andare, lo sai. Però la tua dottoressa potrà venirti a trovare tutte le volte che vuoi" le fa presente, speranzoso di ottenere un riscontro positivo. Dalla sua voce riesco a percepire quanto sia davvero costernato per la situazione e
alle sue parole mi rendo conto che senta di volermi mettere a piangere. Perché se lei dovesse avere una famiglia, non ci potrà essere niente a permettermi di andarla a trovare. E anche se fosse, sento che non basterebbe, perché Lucia non è mai stata solo una semplice paziente; lei si è conquistata il mio affetto dal primo giorno che ha messo piede qui dentro.
Lucia, allora, alza lo sguardo verso di me con il labbro tremolante, come a chiedermi di fare qualcosa, poi si volta a guardare Maurizio, e nel momento in cui sembra voler muovere un passo verso di lui, mi rendo conto che forse la sua iniziativa ha smosso un senso di consolazione dentro di lei. Però, che possa essere riuscita a convincerla così facilmente non mi fa stare affatto bene.
Io non voglio che lei se ne vada.

Un attimo dopo, però, quando Maurizio allunga una mano verso Lucia, come ad invitarla a seguirlo, lei si ritrae, tornando a nascondersi vicino a me e inizia a singhiozzare in modo convulso. Il suo pianto sembra fin da subito difficile da calmare.
Mi sento impossibilitata a fare qualsiasi cosa, come spettatrice di una scena in cui non posso intervenire.

"No, no!" strepita tra le lacrime. "Non me ne voglio andare."

Poi, come a rimarcare il concetto, mi stringe più forte a sé e in quel momento mi rendo conto di sentirmi mancare l'equilibrio. Lucia mette a dura prova, così, non solo la mia stabilità fisica ma anche quella emotiva.

Luca appoggia una mano sulla mia spalla come a voler evitare che io possa cadere e, quando sorpresa incrocio i suoi occhi, riesco a scorgere nel suo sguardo lo stesso turbamento da cui sento invadermi. E mi viene da pensare, mentre lui sembra qui venuto come a sostenermi, se sia davvero vero che non possiamo fare più niente.

Irene, però, comincia ad essere spazientita dalla situazione, e me ne rendo conto mentre guardo il suo piede battere ritmicamente a terra. Per lei, tutto questo, deve rappresentare una inutile perdita di tempo. Mi viene, quindi, da pensare se le sia mai interessato qualcosa del benessere di Lucia.

Il dottor Visconti, invece, è solo molto confuso, ma i suoi occhi che si alternano da me a Luca, come in cerca di risposte a riguardo, non mi lasciano ben presagire.

"Oh, andiamo. Adesso basta!" Irene comincia a vacillare, abbassando la maschera della persona paziente e gentile che si è calata addosso per tutto questo tempo.

"Lucia vieni subito qui!" le fa notare, allargando le braccia, infastidita.

Maurizio Accorsi, allora, si volta verso di lei, come ad intimarle di non fare sciocchezze. E mi viene da chiedermi se sia delusione quella che scorgo nei suoi occhi.

"No, Maurizio, abbiamo già perso parecchio tempo. Lucia deve venire con noi, è ora di smetterla con i capricci!" ribatte, ferma sulle sue convinzioni.

Mi chiedo come possa comportarsi così quando Lucia è qui, stretta a me che piange. E mi rendo conto che vorrei far qualcosa, qualsiasi cosa per calmarla ma non riesco a compiere nemmeno un passo o a dire una parola.

Prima che però io possa prendere l'iniziativa, Irene si avvicina, sorpassando Maurizio e arriva al mio fianco, così vicina a me e Lucia.

Appoggio le mie mani sulle spalle della piccola come a rassicurla che non la lascerò andare e rivolgo a lei uno sguardo astiosa, ora più che mai convinta a sfidarla.Perché in questo momento sto rischiando davvero di perdere tutto.

Irene non si risparmia di fare lo stesso, sporgendosi leggermente verso di me come in un affronto. La nostra diventa quasi una lotta a voler dimostrare di avere la meglio sull'altra. Nonostante riconosca di essere riuscita a conquistarmi l'affetto di Lucia come Irene non ma hai saputo fare in questi anni, adesso è con lei che la piccola andrà. E, mentre tutti gli altri sembrano osservare interessati il nostro scambio di sguardi, lei approfittando di una mia distrazione, riesce a portare Lucia via da me.

Il suo braccio stringe quello della piccola mentre Lucia si dimena, cercando di liberarsi dalla sua stretta.

"Anita!" urla nella mia direzione, con gli occhi ad implorarmi.

Così, mentre Luca sembra stringere di più la presa sulla mia spalla, come ad intimarmi di non dare spettacolo, faccio un passo nella loro   direzione, infischiandome del suo giudizio e di quello del mio superiore.

"Le sta facendo male, non la tocchi!" sbotto, arrabbiata.

Perché nessuno se ne rende conto, ma Irene Berardi sta portando via Lucia e con lei sta andando via anche un pezzo del mio cuore.

E allora io non posso ragionare lucidamente, non quando si tratta della mia piccola e io ho con lei un legame viscerale.

La voce del dottor Visconti mi arriva forte e chiara: "Dottoressa!".

Ma, in questo momento, non mi importa della sua opinione, sono cieca a qualsiasi richiamo.
"Non mi deve dire cosa fare!" ribatte lei, allo stesso modo, strattonando Lucia per  tenerla ferma accanto a sé.
"Credo che la situazione stia degenerando" ammette Maurizio, frapponendosi tra di noi e cercando di placare gli animi. "Diamoci una calmata, tutti quanti".
Ma, nel frattempo, Lucia fa un balzo all'indietro, riuscendo a liberarsi dalla presa di Irene, e scappando verso il corridoio, allarmata.
Scattiamo tutti in attimo, in una corsa contro il tempo per raggiungerla.
Escogito un piano affinché io possa essere la prima a prenderla, ma mentre tutto un reparto si volta a guardare la scena.
Intanto Lucia corre e io l'avverto allontanarsi sempre di più da me.
Quindi mi spingo al limite, cercando di raggiungerla il più possibile, ma le mie gambe sembrano essere diventate di gelatina.
"Lucia...aspetta!"la richiamo, cercando di controllare il mio respiro. Ma lei sembra sorda a qualsiasi mia richiesta di tornare indietro. Sa che tornare sui suoi passi significherebbe lasciare che la portino via.
Lucia, non te ne andare...
Poi, però, mentre cerco di riprendere fiato, constato tristemente che Maurizio domini la fila, e mentre riesce a prenderla al volo, tra le sue braccia, mi rendo conto che io non possa, davvero, fare più niente.

Irene mi sorpassa trafelata, la borsa di Lucia tra le mani, e voltandosi a guardarmi, sorride soddisfatta, allontanandosi. Senza che, però, se ne renda conto, il pupazzetto a cui la bambina è tanto affezionata, scivola giù, finendo sul pavimento.
Così, mentre Maurizio cerca di tenere a bada Lucia tra le sue braccia, lei li raggiunge facendo in modo che si affrettino ad andare via. Se pensa di aver avuto la meglio, con assoluta tristezza mi viene da pensare che, in questa situazione, non ci siano né vinti né vincitori.
Lucia scalcia e si dimena, colpendo, Maurizio, di schiaffi sulle braccia.
Allungo una mano verso di lei. Nel mio gesto, come se potessi prenderla, è riversata tutta la disperazione del momento, ma lei è già troppo lontana affinché io possa raggiungerla. La stanno portando via con l'inganno e io, impotente, non posso fare niente per fermarli.
"Anita!" urla, allora, nella mia direzione, spingendosi oltre la spalla dell'uomo. "Non mi lasciare, tu l'avevi promesso. L'avevi promesso, Anitaaa!"
"Lucia..." 
Poi, mentre la guardo allontanarsi per sempre da me, mi rendo conto che mi manchino le forze e mi porto una mano alle labbra cercando di calmare i singhiozzi da cui sento pervadermi. Allora abbasso lo sguardo ai miei piedi, dove adesso giace il suo pupazzo, e mi appresto a raccoglierlo. Mi viene da pensare che questa sia davvero l'unica cosa che mi sia rimasta di lei. E, mentre lo stringo con forza al petto, scosso dai miei singhozzi, mi rendo conto che il dolore che avverto in questo momento sia troppo grande per essere assuefatto.
Perché io, Lucia, ti ho vista andartene e con te hai portato via anche il mio cuore...
Visconti e Luca sopraggiungono, poco dopo, accanto a me. Avverto la loro silenziosa presenza alle mie spalle, ma non mi volto a guardarli, sono troppo scossa per farlo. E poi non riesco a non pensare che Luca non abbia fatto niente per evitare tutto questo.
"Dottoressa...Castaldo" mi richiama il mio superiore. Però, notando che non abbia intenzione di ascoltarlo, prende a rivolgersi a me con un tono più forte, di rimprovero.
"Dottoressa Castaldo!"
So cosa voglia dirmi, è chiaro che voglia reguardirmi sul mio comportamento, ma non ho intenzione di stare a sentirlo.
Allora, mi volto nella sua direzione,cercando di armarmi del tono più duro possibile, ma la mia voce esce fioca, distorta dal pianto.
"La prego...non ci si metta anche lei"
Ma mi viene da pensare al perché mentre lo faccia, i miei occhi incrociano quelli di Luca al suo fianco. Lui mi guarda a sua volta, contraendo le labbra in una smorfia seria.
Poi, decisa a non rivolgere più parola a nessuno dei due, volto loro le spalle, prendendo a camminare a passo veloce verso il mio studio, non prima di aver sentito Visconti urlare dietro di me.
"Dottoressa torni qui, non mi costringa ad avviare un procedimento disciplinare contro di lei!".
Al momento, però, questo è proprio l'ultimo dei miei problemi.
Non mi accorgo, sùbito, che Luca abbia preso a seguirmi, e vorrei solo che mi lasciasse in pace, da sola, a fare i conti con un dolore troppo grande. Così, mentre prendo ad acquistare sempre più velocità, non mi aspetto che lungo il mio cammino sia proprio Giorgio a fermarmi.
La sua mano artiglia con forza il mio polso, strattonandomi verso di sé.
Sussulto al contatto, cercando di ritrarmi spaventata.
Giorgio sogghigna, avvicinandomi pericolosamente al mio viso, in modo da sussurrare le sue parole al mio orecchio.
"Mi hai appena spianato la strada, Anita cara. Adesso, prendermi quel posto, sarà più facile del previsto".
Il suo è un chiaro riferimento a quello che è successo poco fa, al mio aver fatto una scenata e sorpassato il volere di un mio superiore.
E sono costretta ad ammettere che lui abbia ragione. Perché Visconti non perdonerà tanto facilmente il mio comportamento.
"Anita!" Luca arriva a liberarmi dalle grinfie di Giorgio che si allontana, di fretta.
Forse, mi rendo conto che io debba essergli grata per averlo fatto, ma sono troppo accecata dalla rabbia nei suoi confronti di non aver mosso un dito e aver lasciato che Lucia se ne andasse, per poterlo anche solo ringraziare.
Quindi, mossa da un grande voglia di scappare da lui e dai suoi occhi inquisitori, gli volto le spalle, pronta a raggiungere il mio studio e rimanere chiusa lì, lontana da tutto.
Mancano solo pochi passi prima che possa lasciarmelo alle spalle, così appoggio con foga una mano sulla maniglia, spingendo con forza per aprire la porta. Luca, però, mi raggiunge a grandi falcate, annullando la distanza che ci divideva e incollandosi con il suo petto alla mia schiena.
Avverto il suo respiro sul mio collo e socchiudo gli occhi al modo in cui la sua vicinanza mi faccia sentire.
Così mi volto, cercando di chiudergli la porta in faccia, ma Luca, protestando, riesce ad infilarsi nella stanza, facendo pressione per entrare.
Sono costretta ad arrendermi, vedendolo farsi spazio nello studio e chiudere, con una spalla, la porta dietro di sé.
Gli do volutamente le spalle, portandomi una mano al petto come a voler calmare il cuore che sembra battermi tanto forte.
Respiro forte e a lungo cercando di controllare il principio di attacco di panico che sento mi stia colpendo. Non posso permettere che accada di nuovo, soprattutto ora che c'è lui, qui.
Luca arriva alle mie spalle, poggiando una mano sul mio braccio, costringendomi a voltarmi verso di lui.
Tremo al solo pensiero di dover far i conti con il suo sguardo. 
Luca si accorge sùbito delle mie condizioni, così mentre io cerco, invano di placare questo turbinio di emozioni, lui mi scuote per le spalle, mantenendo la sua presa, forte, su di me.
"Anita, calmati! Va tutto bene, ok? Respira così...molto lentamente".
Mi dimeno tra le sue braccia, annaspando alla ricerca di aria.
"Hei" le sue mani salgono alle mie guance, le posa lì, cercando di incrociare il mio sguardo. "Anita...respira"ripete. La foga che, all'inizio, aveva accompagnato i suoi gesti, adesso, lascia spazio solo ad un profondo senso di apprensione nei miei confronti.
E mi rendo conto che, mentre io cerca di allontanarlo, sono cosciente che, in questo momento, abbia allo stesso tempo bisogno di lui.
"Vattene, Luca!" gli urlo contro, mentre cerco di regolizzare il mio respiro.
Rimani qui con me...
Al mio rifiuto, Luca allenta la presa su di me, come se ne fosse scottato, e si ritrae lasciando che una scintilla rabbiosa invada i suoi occhi.
"Ma proprio non lo capisci, Anita?! Sto solo cercando di aiutarti e tu non fai che peggiorare la tua posizione!" mi fa presente, puntando un dito contro di me. "L'hai sentito Visconti? Vuole farti un ordine di servizio..."

Allora scatto in difensiva, spintonandolo leggermente: "E invece tu, Luca? Cosa mi dici di te? È questo il tuo modo di dimostrare che tu non sottovaluti la situazione, eh!". 
Le mie parole si macchiano di delusione e ferimento."Perché non hai fatto niente, Luca! Perché?"
Luca, allora, mi guarda contraendo le labbra in una smorfia dura. Le mie parole lo hanno colpito nel vivo."Tu devi smetterla, Anita!
Devi smetterla di pensare che Lucia sia qualcosa di tua proprietà, non puoi giocare a fare la sua mamma, quando noi non abbiamo nessun diritto su di lei. Lei doveva lasciare questo ospedale e io non potevo impedirlo!" mi fa notare, sporgendosi verso di me; il suo tono è lapidario, gelido. Luca rimane fermo su una convinzione che io non condivido e questo se è possibile mi rende ancora più vulnerabile.
Perché io da te, Luca, adesso cerco rassicurazione e, invece guardaci, siamo qui ad urlarci contro e farci la guerra.

Quello che lui dice non è vero, io non gioco a fare la mamma di Lucia, perché quello che ci ha legato non è mai stato dettato dal desiderio infantile di una bambina. Lucia è rimasta orfana troppo presto e ha scelto me affinché io colmassi la figura che, brutalmente, le è stata tolta. Lei mi ha permesso di farmi spazio nel suo cuore e nella sua vita, rendendomi partecipe delle sue gioie e delle sue paure, e permettendomi di starle accanto per prendermi cura di lei, proprio come farebbe una mamma. E il nostro è stato sempre un rapporto di dare e ricevere, dove ognuna di noi ha lasciato una parte di sé nell'altra. Non riesco a credere che lui possa pensare questo, non dopo che tempo addietro avesse ammesso io avessi dato a Lucia la forza di vivere.
"Perché non capisci, Luca? Come puoi solo pensare che questo sia stato un gioco!" lo accuso, sfogando la mia rabbia addosso a lui.
Così, mentre prendo a battere i pugni sul suo petto, lui non fa niente per fermarmi. Forse comprende che adesso io abbia bisogno di scaricare la mia tensione su qualcuno. I suoi occhi rimangono fissi su di me,  poi però un mio colpo si infrange in una sua mano, e Luca torna ad afferrarmi quando un singhiozzo più forte degli altri mi scuote il petto. Socchiudo gli occhi, cercando di evitare il suo sguardo accusatorio su di me.
"Anita, ti prego, guardami..."la sua voce, ora, è ridotta ad un sussurro, "mi dispiace, non è questo quello che intendevo, ma, davvero, è difficile anche per me. Io sono dalla tua parte, Anita, e credimi quando ti dico che sia stato difficile anche per me vedere Lucia andarsene"
Allora, sorpresa dal suo tono, mi costringo ad aprire gli occhi ed incrociare i suoi, stanchi e mortificati.
Mi torturo un labbro per evitare che tremi mentre gli parli. "Luca..."
Lui sospira così vicino al mio viso e quando lascia scontrare le nostre fronti, accarezzandomi le guance, mi rendo conto di non voler ammettere la sua presenza mi infonda un senso di sicurezza.
Le sue dita si muovono, allora, sulle mie guance in dolci carezze e quando con il pollice della mano destra lui sembra voler cancellare una lacrima che mi è sfuggita, abbasso lo sguardo, frastornata.
"Non è giusto, non è giusto..."
Luca rilascia un respiro profondo, faticoso. Dal suo gesto traspare tutta la tensione che questa situazione provochi anche a lui; riesco a leggerlo nei suoi occhi che anche lui soffra. E mentre ci guardo non posso che abbandonarmi alla scarica di elettricità che la sua vicinanza provochi in me. 
"Dobbiamo accettarlo Anita, Lucia starà bene..." ammette, arreso.
La sua frase arriva a spezzare l'idillio del momento, perché io sono troppo acceccata dal dolore per poter solo pensare che Lucia possa stare bene lontana da me, da noi. 
Il terrore invade i miei occhi, mentre con un spintone lo allontano, scottata. Scuoto il capo, implorandolo di non dire una parola.
Così Luca arretra, desistendo al mio rifiuto.
"Vattene, Luca..." mormoro, sorda a qualsiasi suo richiamo.
E lui lo fa, allontanandosi e abbassando lo sguardo, ferito dalla mia freddezza.
"Tanto per fartelo presente, ho chiesto al dottor Visconti di essere paziente con te, ma credo sia meglio che tu per qualche giorno te ne stia a casa, sei troppo scossa..." mi fa presente, voltandosi per rivolgermi un ultimo sguardo, già con una mano sul pomello.
Annuisco, appoggiandomi alla scrivania dietro di me, con un gran senso di freddo ad invadermi. Perché le sue parole sono state la goccia a far traboccare il vaso.
Avverto il suo sguardo rimanere a lungo sulla mia figura, mi accorgo che muova un passo nella mia direzione, incerto sul da farsi. So di averlo allontanato io stessa ma, fino all'ultimo, spero che lui ci ripensi e torni da me a colmare il vuoto che mi ha pervaso alla sua distanza. Allo stesso tempo, so che Luca non lo farà, lui ha già abbassato la guardia prima con me e, sentirsi rifiutato, ha ferito il suo orgoglio. Così, mi rendo conto che non mi importi la mia dignità possa essere messa sotto ai piedi, perché adesso il bisogno di lui è più impellente.
E, mentre mi do mentalmente della stupida per il mio comportamento incoerente, lo richiamo un po' prima che lui possa chiudersi la porta alle spalle.
Perché io, Luca, oggi ho già perso Lucia e sto male alla sola idea che anche tu possa lasciarmi sola.
"Luca..." sussurro, "resta qui. Non andartene, ti prego..."
Lui si volta e riesco a notare la sorpresa invadere i suoi occhi e rilassare i suoi tratti. Come se non aspettasse altro che sentirsi dire questo.
Così, io aspetto impaziente e spaventata che lui non possa accogliere la mia richiesta. E, forse, mi dico, io lo capirei, perché sono stata io a fargli presente di andarsene.
Ma Luca fa un passo in avanti, rendendomi inquieta. Così, quando lui viene verso di me, io lo accolgo tra le mie braccia, smaniosa di colmare la distanza che ci aveva tenuti lontani. Lui mi stringe a sè, premendo il mio viso sul suo petto, e nel suo gesto riesco a percepire tutta la rassicurazione e il conforto che avevo sperato lui mi dedicasse fin dall'inizio, lo stesso che io gli ho negato di darmi, innalzando un muro tra noi. Ormai, però, arresa e spoglia di ogni tipo di orgoglio, lascio che siano le emozioni a parlare e agire per me, libera di non dover ponderare le mie azioni. Perché, adesso, ho bisogno di questo, di qualcuno che si prenda i miei problemi e li faccio anche suoi e, ora più che mai, capisco che questo sia un compito che solo lui possa assolvere. Perché il dolore è più facile da sopportare se condiviso.

ANGOLO AUTRICE:
Buonasera a tutti! Come state?
Sono passati pochi giorni dal mio ultimo aggiornamento ma vi avevo già fatto presente che il capitolo fosse in stesura. L'ho concluso proprio pochi minuti fa e, non resistendo, alla voglia di farvelo leggere, l'ho postato. Non sono molto sicura di aver fatto un buon lavoro, ma posso assicurarvi di averci messo il cuore. Scriverlo è stato difficile e non vi nascondo che, in alcuni momenti, mi sia fatta prendere dalle emozioni. Raccontare di Lucia e della sua uscita dall'ospedale è stata dura perché sembra scontato ma, quando scrivi da così tempo di qualcosa, i personaggi cominci a sentirli un po' tuoi, soffrendo e gioiendo con loro. Quindi, mi auguro che voi possiate apprezzarlo e che io sia riuscita a trasmettere le emozioni provate.
Per il resto non ho molto da dire, perché lascio tutti i commenti a voi, ma ci tengo a ringraziare le ragazze che hanno commentato lo scorso capitolo e continuano a seguire questa storia con entusiasmo. Un grazie anche a chiunque l'abbia aggiunta tra le liste e a voi lettori silenziosi.
Non vi nascondo che mi piacerebbe, qualche volta, ricevere qualche parere in più, ma questa storia ha già raggiunto di per sé dei traguardi molto alti e questo, vi assicuro, mi spinge a fare sempre meglio.
Detto questo, vi faccio presente, per chi non l'avesse letto e magari ne fosse curioso, tempo fa ho scritto una one shot che racconti del primo incontro di Luca e Anita, proprio quello di cui la nostra dottoressina parla in questo capitolo ad Arianna. Qui il link:First Love- Dove tutto ebbe inizio
Adesso vi saluto, ansiosa di sapere cosa ne pensiate e vi aspetto alla prossima, sperando che tutta questa ispirazione non mi abbandoni.

Un abbraccio!❤
















  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: ineedofthem