Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Nemesis01    21/11/2018    3 recensioni
Luca e Vittorio continuano a conoscersi in un viaggio on the road, tra radiatori surriscaldati, cibo e città italiane.
Dal testo:
- Cuori&Radiatori: la rubrica a cura di Vittorio Salvemini, pronto a sistemare qualsiasi tragica situazione che attanagli i vostri animi. –
- Ma… -
- No, no, ci sono. Cuori&Radiatori: se il tuo cuore perde, ci sarà sempre… -
- …qualcuno a reggerti una torcia? –
[Storia scritta per la challange "Freedom" del gruppo Boys Love.]
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'La vita mia per cambiare la storia'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

La dolce vita

Sento che non sono io a decidere cosa mi può accadere

e come mi dovrei spostare,

così mi fermo a caso in un punto qualsiasi e attendo,

forse è solo questo quello che devo fare,

fermarmi ad ascoltare e aspettare che le cose mi portino via

facendomi sentire che tutto è al proprio posto,

che tutto va bene.

(Tibe, Valido per due)

 

 

TERZA TAPPA

Vittorio guidava con la solita meticolosa attenzione ai dettagli mentre una vecchia canzone anni ’80 echeggiava nel cubicolo. Luca non aveva più proferito parola da quella mezza dichiarazione ricevuta sul bellissimo Ponte Vecchio di Firenze, se non per dire che andava bene proseguire quel viaggio quando l’altro gli aveva chiesto se preferisse, invece, tornare a Napoli.

La prossima città da visitare, secondo il piano originario di Vittorio, era Bologna: la colta, la rossa e la grassa. Il medico era realmente innamorato di Bologna e, infatti, avrebbe volentieri accettato un trasferimento in quella città anche solo per la pasta fresca e la mortadella di Tamburini.

Però quel silenzio rendeva tutto pesante e Vittorio portava sulle spalle il peso dell’inadeguatezza, che lo costrinse a svoltare e prendere la prima uscita disponibile.

 

Luca, come da prassi, non aveva emesso un singolo fiato né si era posto il problema che l’altro potesse tagliarlo a pezzettini e nasconderlo sotto un albero, per quanto appariva tranquillo.

 

I due erano finiti in un piccolo paesino nelle vicinanze di Bologna e Vittorio parcheggiò nel primo spiazzo disponibile; scese dall’auto senza staccare le chiavi dal quadro e iniziò a camminare. Aveva bisogno di prendere aria e sgranchirsi le gambe, inoltre stava accusando un malessere generale tale che era certo che se avesse continuato a guidare per qualche minuto in più avrebbe vomitato anche l’anima e, inoltre, voleva capire per quale motivo si era dichiarato all’altro ragazzo in maniera tanto impulsiva.

Perché Luca non aveva reagito?

Perché non gli aveva detto “che schifo” o “mi piaci anche tu” o “ho altri interessi”?

Quella totale indifferenza, seguita dal silenzio del ragazzo, stava iniziando a logorarlo dall’interno.

 

D’altro canto, Luca era rimasto in auto in preda alla confusione. Quando Vittorio scese dalla vettura assecondando quel silenzio rumoroso che si era insediato fra loro, il ragazzo aveva rilasciato il fiato in un sospiro lungo e triste.

Perché non riusciva a proferire parola?

Vittorio gli aveva detto un “mi piaci” quasi disperato quando erano su Ponte Vecchio e, nonostante il suo cuore fosse colmo di gioia, lui era rimasto spiazzato. Luca era a conoscenza della propria identità sessuale e, sebbene fosse chiara fin da subito una certa predisposizione ad amare il corpo maschile piuttosto che quello femminile, non aveva mai avuto qualcuno che gli piacesse sul serio. Solo una volta, all’inizio delle scuole superiori, aveva dato un bacio a un ragazzo. Quest’ultimo, Riccardo, aveva affermato di essere gay e quindi si erano scambiati quel gesto… niente di trascendentale, se non fosse che dopo Riccardo l’aveva respinto e aveva sparso strane voci nei corridoi della scuola. Per alcuni mesi aveva ricevuto degli strani messaggi di gente che chiedeva un pompino e Luca si era limitato a bloccarne l’id, conscio che doveva essere uno scherzo di Pietro.

Vittorio, però, non era Pietro e questo lui lo sapeva bene.

 

Luca fissò il portachiavi penzolare al di sotto del volante e fu tentato vivamente di abbandonarsi contro lo schienale del sedile, ma qualcosa glielo impedì. Forse si trattava del senso di colpa per aver lasciato l’altro in balia di pensieri poco chiari, o forse era il fatto che anche a lui piaceva Vittorio; fatto sta che afferrò quel coccodrillo di perline colorate e scese dall’auto con l’intento di raggiungerlo.

 

Vittorio si era fermato qualche metro più avanti e si era seduto su una panchina desolata e malridotta; stava rimuginando sull’atteggiamento assunto quando fu colpito improvvisamente da un dolore spastico acuto all’altezza dell’addome. Assunse un’espressione sorpresa e dolorante allo stesso tempo ma senza perdere neanche un attimo, e neanche l’autocontrollo, si stese sulla panchina e si sollevò la maglietta per tastarsi il ventre e visitarsi.

 

- Vittorio io… -

- Shhh! –

- Ma… -

- Shhh, - lo rimproverò nuovamente Vittorio, usando solo quel verso. Aveva bisogno di concentrarsi poiché non aveva con sé tutti gli strumenti necessari e non gli serviva una distrazione.

Luca sembrò mettere il broncio ma cambiò totalmente espressione quando l’altro emise un verso di dolore, - Che hai? –

- Una… colica, penso addominale e, cazzo, devi accompagnarmi in ospedale. –

Il tono che aveva usato Vittorio era stato fermo, quasi come se quello a sentirsi male non fosse lui; Luca, invece, sembrò andare nel panico e si portò le mani nei capelli, - Tu… cosa… dove…?! –

Vittorio strinse gli occhi poiché la fitta divenne sempre più forte; avrebbe voluto dire qualcosa a Luca, anche perché era a conoscenza della sua fobia per i medici e gli ospedali, ma in quel momento lui aveva bisogno di un’iniezione di antispasmodico e poteva ottenerla solo recandosi al pronto soccorso più vicino.

- Ho preso la patente da un mese, io non so neanche dov’è l’ospedale, chiamiamo l’ambulanza! –

- Non scomodiamoli per una colicahhh! – si lamentò Vittorio, stringendo nuovamente gli occhi; in seguito, cercò di combattere il dolore controllando il respiro, certo che se si fosse calmato si sarebbe quantomeno attenuato.

- No, dobbiamo correre lì assolutamente, - disse Luca, aiutando l’altro a rimettersi in piedi e a raggiungere l’auto.

 

Una volta sistemati in macchina Vittorio gli aveva dato dei consigli su come approcciarsi ad un veicolo tanto obsoleto rispetto a quello a cui era stato abituato alla scuola guida e si era abbandonato contro lo schienale del sediolino socchiudendo gli occhi.

Luca aveva farfugliato qualcosa, preoccupato sia per le condizioni fisiche dell’altro che per la propria incapacità alla guida; infatti, era rimasto con la schiena diritta e non era andato oltre la seconda marcia, sussultando ad ogni singhiozzo del motore o ad ogni fosso preso in pieno.

Con non poche difficoltà avevano raggiunto l’ospedale più vicino; una volta all’interno, Vittorio aveva confabulato con dei medici mostrando loro un tesserino universitario e, prima di entrare nella sala insieme a degli infermieri, gli raccomandò di restare in sala d’attesa al fine di non dover avere molto a che fare con i camici bianchi.

 

☆☆☆

 

Erano passate tre ore da quando gli infermieri avevano portato Vittorio all’interno della medicheria; lui aveva provato a chiedere notizie sistematicamente ogni mezz’ora ma gli era stato detto che non era un parente e che quindi doveva aspettare. Così, sconsolato e preoccupato, Luca si era accomodato su una di quelle scomodissime sedie di plastica dura e, con la testa poggiata sul muro, aveva rimesso in play il proprio iPod.

 

Dopo quasi un’altra ora, Vittorio uscì dalla medicheria con aria affaticata, quasi come se avesse corso una lunga maratona; lo vide portarsi una mano tra quei ricci scuri e indomabili, notò una macchia di sangue sulla t-shirt e un cerotto sulla flessura cubitale eppure, nonostante quel pallore, sembrava sorridente e i suoi occhi avevano acquisito brillantezza. Vittorio salutò il dottore con una stretta di mano e Luca balzò all’in piedi, togliendo le cuffie dalle orecchie.

 

- Come ti senti? – chiese nell’immediato.

- Sto meglio, mi hanno anche fatto le analisi! –

- Cos’era? –

- Una semplice colica… devo aver mangiato qualcosa che mi ha fatto male. –

- Forse stamattina non dovevamo fare colazione in quella bettola… -

- Probabile, ma non importa: sono vivo! –

 

Vittorio sorrise ancora, passandosi ancora una mano tra i capelli; Luca invidiava quella capacità di mostrarsi tanto imperturbabile e, in cuor suo, sapeva che la colazione alla locanda non era di certo l’unico motivo per quel dolore tanto forte. Preso, quindi, da un forte impeto, Luca si fiondò ad abbracciarlo senza aggiungere ulteriori suoni; Vittorio si sentì preso alla sprovvista e impiegò qualche secondo buono prima di reagire e abbracciarlo a sua volta.

 

Sebbene Luca ne avesse paura, erano proprio gli ospedali a continuare ad avvicinarli.

 

 

 

 

☆☆☆

 

 

BONUS TRACK: (LIKE A PIECE OF) BOLOGNA

 

- Io mi fermo qui, non ce la faccio. Troppi gradini. –

- Luca, non esiste. Siamo praticamente all’altezza della Torre di Pisa, vuol dire che la cima della Torre degli Asinelli è vicina: forza! Vedrai che bel panorama! –

 

Il più giovane aveva borbottato qualche imprecazione tra sé e sé che Vittorio aveva prontamente ignorato, tuttavia, si fece coraggio e riprese a salire quei gradini di legno e all’apparenza instabili.

Dopo aver salito quattrocento novantotto gradini, i due erano giunti in cima.

Il panorama era splendido: a nord si scorgeva la catena delle Alpi settentrionali, ancora avvolte nella nebbia; a ovest un orizzonte sconfinato; a est una pianura vastissima; a sud i primi colli dell'Appennino, gremiti di chiese, palazzi e di ville.

 

A quella vista Luca non resisté alla tentazione di scattare una fotografia e proprio per questo estrasse il cellulare dalla tasca; inquadrò parte della torre e del panorama, quando l’obiettivo gli fece notare la presenza di un Vittorio completamente rapito da quella cityview. Il ragazzo ebbe modo di ammirare le sue spalle larghe e i suoi capelli indomabili sotto al sole e, dopo essersi morso le labbra dall’interno, gli scattò una foto. Infine, deglutì, perché tra le tante cose belle che c’erano da guardare a quasi novantotto metri d’altezza, la più bella era proprio il suo compagno di viaggio.

 

- Vittorio… -

 

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Nemesis01