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Autore: Sparrowhawk    22/11/2018    1 recensioni
Cosa sarebbe successo, se...?
In un mondo divorato da una guerra lunga cento anni in cui la figura dell'Avatar è diventata mistica, una sola città rimane in piedi per offrire un opponente alla Nazione del Fuoco: da una parte abbiamo Zuko, il giovane ed intraprendente Signore del Fuoco che da solo ha conquistato quasi ogni terra libera; dall'altra abbiamo Toph, Regina della città stato di Ba Sing-Se e temeraria condottiera del proprio esercito. Dopo mesi di stallo, finalmente i due avranno modo di incontrarsi e dal loro confronto si svilupperà la nostra storia.
N.B.: I personaggi e le ambientazioni riportate in questa storia non appartengono a me, ma ai creatori di Avatar - The Last Airbender. Ringrazio la creatrice del fumetto che mi ha ispirato a scrivere questa storia e che mi ha permesso di reinventare il tutto: (deviantart) Minari-hanul
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aang, Katara, Sokka, Toph, Zuko
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Book One: Earth

Chapter ten: Long time no see



Stando ai conti che aveva fatto mentalmente, non dovevano essere passati che pochi giorni dalla sua cattura ed imprigionamento. Se non aveva errato di molto, aveva passato in quella cella all'incirca novantasei ore, che a loro volta si traducevano in quattro giorni. Quattro. Lunghissimi. Giorni.

Non era mai stata una figlia ubbidiente. O meglio, se di fronte ai genitori aveva sempre mantenuto una maschera di finta compostezza e fragilità, alle loro spalle era sempre stata solita fare qualsiasi cosa le venisse in testa. Anche la più pericolosa. Lei era nata con una chiara incapacità nel seguire le regole, fossero queste sensate o meno: voleva vivere libera, al proprio passo, facendo le cose come e quando riteneva giusto che venissero fatte. Perfino come Regina di Ba Sing-Se non aveva mai piegato il capo di fronte a quelle discipline che imponevano da parte sua un comportamento altezzoso, rispettabile e privo di volgarità. Dal momento in cui era salita al potere – e per volere del popolo, non certo perché lo aveva chiesto personalmente – aveva messo bene in chiaro che avrebbe ricoperto quel ruolo a modo suo. Se la cosa andava bene ok, altrimenti... Tanti cari saluti!

Perfino ora che si ritrovava con i polsi e le caviglie incatenate, le veniva difficile accettare la propria posizione. Orgogliosa come nessun'altra persona al mondo, in quelle novantasei ore passate nelle segrete del Palazzo della Nazione del Fuoco era stata capace non solo di ingaggiare più volte in discussioni con i suoi aguzzini, ma anche di diventare soggetto di non proprio simpatiche attenzioni da parte di questi ultimi. A tal proposito, anche se l'occhio nero che si era guadagnata il primo giorno ed il labbro spaccato del secondo avevano smesso di farle male, doveva ammettere che le costole incrinate del terzo ora come ora le stavano dando non pochi problemi.

Avrebbe fatto qualsiasi cosa per poter pensare ad altro, lasciando da una parte il dolore, ma ancora di più avrebbe fatto qualsiasi cosa per potersi dimenticare della situazione in cui si trovava. Se si muoveva un poco forse le fitte alla gabbia toracica mettevano a tacere per qualche secondo i suoi pensieri, tuttavia quelle erano fitte che duravano appunto poco più di un attimo e che quindi non persistevano abbastanza dal portare altrove – e a lungo – la sua mente. Come smetteva di agitarsi, il dolore diminuiva e via via veniva lasciata nuovamente sola con se stessa.

Se almeno avesse potuto “vedere” ciò che la circondava, forse tutto le sarebbe apparso meno intricato e spaventoso. Ancora non si capacitava della furbizia di colui o colei che aveva ideato quella gabbia, fatta su misura per le sue capacità oramai ben note all'esercito nemico. Se anche si fosse tolta di dosso quelle catene adoperando l'abilità del Dominio del Metallo, la sua fuga avrebbe avuto vita breve poiché la sua intera cella era costituita da legno. Un materiale, insomma, che nemmeno la grande Morte dell'Est poteva piegare alla propria volontà.

Un materiale che oltre ad impedirle di scappare, le precludeva ogni chance di guardarsi attorno.

Si sentiva come un pesciolino rinchiuso in una boccia, anche se perfino quel pesciolino nel suo piccolo aveva pur minima visione del mondo che gli stava attorno. Tutto ciò che percepiva lei invece era buio. Un abissale, costante e terrorizzante buio.

Quasi aveva scordato come ci si sentiva quando non si poteva vedere niente. Era passato così tanto tempo dall'ultima volta, che il ritrovarsi ancora in quella situazione l'aveva quasi fatta impazzire. Se era stata capace di trattenersi dal dare di matto, urlando e piangendo come una bambina, lo doveva solo alla sua forza di volontà quasi infinita e al desiderio di non dare nemmeno un contentino agli infami che le facevano da carcerieri.

Fingere di essere tranquilla ed esserlo per davvero però, erano due cose completamente differenti.

La cosa peggiore era riuscire a percepire solamente gli spostamenti d'aria e immaginare che, quella cella, andasse avanti all'infinito.

Non era forse quella una delle paure più ancestrali dell'uomo? L'infinito?

Ebbene, per lei non era molto diverso. L'essere totalmente incapace di sapere cosa la aspettava anche ad un passo di distanza, era un qualcosa di talmente tanto spaventoso per Toph che alle volte arrivava perfino a sperare che una guardia entrasse nella sua gabbia a “tenerle compagnia”. Le andava bene discutere, fare a botte, lanciare morsi e improperi se tanto bastava a farle sapere di non essere completamente sola. Quella era la forza delle sue paure.

- Mi basta solamente un'ora. Non chiedo molto.

La voce che udì provenire dall'esterno, le giunse attutita e lontana. Le ci volle un grande sforzo per capire cosa, le persone che si stavano avvicinando alla sua cella, si stessero dicendo. Fu quasi sorpresa d'aver saputo comprendere all'istante la prima frase che aveva sentito, nonostante fosse stata detta sicuramente a più distanza da lei.

- Non lo so... - Disse una seconda voce. Entrambi erano uomini. - Se poi il capo lo viene a sapere?

- Nessuno lo verrà a sapere fino a che farai il palo e terrai la bocca chiusa.

Il sesto senso di Toph la convinse subito del fatto che ciò che stava ascoltando non fossero principio di buone notizie per lei. Essendo praticamente la sola prigioniera tenuta in quella sezione delle segrete, non era sciocco immaginare che chiunque avesse parlato per primo, fosse deciso a fare quattro chiacchiere da solo con sua Maestà la sovrana del Regno della Terra.

Tese maggiormente le orecchie, impossibilitata a fare dell'altro. Nella posizione in cui si trovava – sia figuratamente che fisicamente – aveva decisamente poche altre opzioni.

- Avanti. Ti ho pagato bene per questo, no?

L'altra persona non gli rispose, tuttavia Toph intuì che la guardia doveva aver annuito visto che, dopo qualche secondo, i passi che si erano fermati ripresero ad avvicinarsi alla sua porta.

Strinse di più le ginocchia al petto, preparandosi al peggio.

- Vedi di fare presto.

Per via del silenzio che seguì quelle parole, il rumore della chiave che apriva la serratura quasi le parve assordante. Se ne rimase in silenzio, gli occhi chiari puntati dritti davanti a sé, come se con quelli avesse potuto vedere chi si stava apprestando ad entrare nella sua cella. Sapeva di essere cieca, era una realtà con cui conviveva dalla nascita, ma al tempo stesso era anche consapevole che spesso e volentieri era l'atteggiamento giusto a darti un anticipo sulle mosse di un tuo avversario. Se fosse stata capace di dimostrarsi risoluta e combattiva, priva insomma di turbe, allora chi la fronteggiava avrebbe comunque conservato del timore nell'avvicinarlesi.

- ...quindi tu sei lei. La Morte dell'Est.

Rimase impassibile, il corpo come fossilizzato in quella posizione. Schiena contro al muro e gambe strette fra le braccia.

- A meno che non ne esista un'altra e io non ne sia stata messa a conoscenza, direi che sì. Sono proprio quella Morte dell'Est.

La porta alle spalle del nuovo venuto si chiuse e lui, facendo qualche passo avanti, prese ad osservarla con estrema attenzione. Toph sentiva il peso del suo sguardo addosso, come se le stesse bruciando la pelle.

Non era una sensazione piacevole.

- Ti avevo immaginata diversa.

Ecco un altro componente dell'esercito del Fuoco totalmente privo di immaginazione. Davvero non capiva come mai tutti gli uomini non riuscissero a fare a meno di immaginarsi una donna guerriera che non assumesse, nelle loro menti, le sembianze di uno scimmione peloso e che comunque condivideva più tratti con un maschio che con una femmina.

- Mi dispiace di aver deluso le tue aspettative. - Rispose seccamente lei.

Detto sinceramente non sapeva neanche più come reagire di fronte a quell'asserzione. Aveva esaurito tutta la voglia di scherzare dopo il suo terzo giorno di prigionia ed ora le rimaneva solamente il suo orgoglio: fare battute solo con quello era difficile.

- Lo sai chi sono io?

- Dovrei?

- Dovresti, sì. Considerato che hai ucciso mio padre sul campo di battaglia, avresti dovuto immaginare che un giorno o l'altro qualcuno sarebbe venuto a chiedere vendetta.

Probabilmente dicendo quelle cose il giovane che aveva davanti credeva di essersi ampiamente spiegato, ma purtroppo non era affatto così. Se Toph avesse dovuto tenere conto di tutte le persone che aveva ucciso fra le fila nemiche, allora il senso di colpa per le sue azioni sarebbe di certo stato abbastanza da spingerla al suicidio. Lei non si divertiva a recidere vite. Lo faceva per una causa ben precisa e, quando un giorno tutto avrebbe trovato una conclusione, non si sarebbe tirata indietro dal ricevere una giusta punizione per ciò che aveva fatto.

Ora però non era il momento adatto. Specie se per mano di un montato che presumibilmente non avrebbe nemmeno dovuto trovarsi là con lei.

- Vendetta. - Mormorò Toph. - Hai intenzione di prenderti la rivincita sulla persona che ti ha privato di un padre, approfittandoti delle sue attuali condizioni sfavorevoli?

Sorrise, alquanto sorpresa a dire il vero.

Mai avrebbe potuto credere che la meschinità del Popolo del Fuoco fosse tanto profonda e radicata.

- Spero vivamente che tuo padre, chiunque egli sia stato, ora si stia rivoltando nella tomba nel constatare che il proprio figlio non ha neanche un briciolo d'onore in corpo.

Lo schiaffone arrivò inatteso, complice il fatto che al momento le sue capacità sensoriali erano drasticamente ridotte. Ritrovandosi d'improvviso a faccia a terra, riprese fiato facendo del proprio meglio per ricomporsi: con entrambi i palmi posati sul pavimento, fece leva sulle braccia esili per rimettersi seduta.

Non appena riuscì nell'intento, lanciò al ragazzo un'occhiata omicida.

- Pensi di spaventarmi? Sei qui, legata come un salame, e pensi davvero che un solo sguardo basti a farmi accapponare la pelle? - Lui si accovacciò, finendole a pochi centimetri di distanza. Sentì il suo alito caldo contro alla pelle fredda. - Qua dentro non sei più la Signora di Ba Sing-Se. Qua dentro sei solamente l'ennesima prigioniera di guerra che, fra le altre cose, ha la sfortuna di essere donna e pure cieca.

Udì la sua lingua a schioccare contro al palato, segno forse che la sua espressione stava diventando sempre più interessata.

- ...oh beh, la tua sfortuna è la mia fortuna immagino.

Senza alcun preavviso le mani di quel tizio le si avventarono contro, costringendola ad indietreggiare di qualche centimetro fino a ritrovarsi totalmente schiacciata contro al muro che delimitava la parte più posteriore della cella. Toph reagì d'istinto, intuendo che se avesse lasciato andare le cose per conto loro, avrebbe fatto una fine poco felice: raccolto un po' di coraggio, prese un respiro profondo e tirò indietro il capo solo per riportarlo avanti con tutta la forza di cui disponeva per colpire il viso del suo avversario. A giudicare dal rumore e dalla sensazione che l'urto le aveva dato, doveva averlo preso in pieno nel naso.

Toccò all'altro indietreggiare, le mani sul viso ed un lamento trattenuto a stento in gola.

- Merda. Merda merda merda merda merda...!

Il giovane cominciò a lanciare verso di lei diversi improperi, palesando a gran voce quanto, a suo avviso, quella mossa fosse stata del tutto scorretta.

Ironico che lo dicesse proprio lui, considerato che era Toph quella legata e priva di vista rinchiusa nella base nemica.

- Come osi colpirmi?! - Esclamò ancora il suo oppositore. - Tu, dannata bestia...! Per forza che sei la condottiera di quel popolo di ignoranti, che altro avresti mai potuto essere?!

- Suppongo che il tuo voglia essere un insulto, ma sappi che vado piuttosto fiera della mia posizione di “Condottiera di un popolo di ignoranti”. - Rispose lei risoluta. - In fondo rende le nostre vittorie contro di voi ancora più difficili da digerire, dico bene? Chi potrebbe mai prendervi sul serio, visto che non avete fatto altro che perdere contro a qualcuno che reputate più stupido di voi...

Le sue parole lo colpirono abbastanza da farlo rimanere zitto per una buona manciata di minuti. Mentre Toph riprendeva il controllo del proprio battito cardiaco, lui usò quel tempo utile per formulare nuovi metodi d'attacco o, più che altro, di persuasione.

Dopo essersi pulito il rivolo di sangue che gli usciva dal naso con la manica del soprabito, tornò sui propri passi e le finì nuovamente di fronte, a poca distanza.

- Allora il mio amico aveva ragione. Nonostante tu sia in gabbia hai ancora forza da vendere. - Si mise a ridere. - Ammetto che la testata non me l'ero aspettata.

- Giudicando da quel poco che ho potuto sentire, non sei una persona che ragiona a fondo sulle cose in ogni caso.

- Quanto sei testarda. - Il suo interlocutore adoperò un tono rassegnato, quasi come se gli fosse toccato interpretare la parte del genitore sconfortato dinanzi all'ennesima marachella sciocca del figlio. - Rifletti sulla tua situazione. Non sei nessuno senza il tuo Dominio, senza la tua gente, senza il tuo esercito. Sei solamente una normale ragazzina con un viso piacevole.

Ancora una volta, dovette sentire la mano di lui sul corpo. Le scompiglio i capelli, neanche fosse una marmocchia o, ancora peggio, un animale.

- Perché non... - La pausa che fece ebbe modo di farle salire la nausea. Pur non potendolo vedere, le bastava ripensare a ciò che aveva appena detto per farle capire a cosa, la sua mente malata, stesse pensando in quel preciso istante. - Perché non usi il tuo charme? Ti renderebbe la vita molto più semplice.

Scostò immediatamente la testa a sentirlo. Si sentiva sporca solo a starlo ad ascoltare, figuriamoci se avrebbe mai potuto sopportare oltre quel contatto.

- Preferirei di gran lunga mordermi la lingua ed annegare nel mio stesso sangue, anziché abbassarmi ad ubbidire a qualcuno come te. E lo sai perché? - Ancora una volta parlò con assoluta fermezza.

Era cosa nota che Toph Bei Fong non si piegasse di fronte a niente e a nessuno.

- Semplicemente perché anche se mi trovo qui dentro io sono e rimarrò sempre una guerriera, una condottiera, una regina, e cosa ancora più importante una cittadina del Regno della Terra. Noi non ci spezziamo. Noi non scendiamo a compromessi.

Le parve di aver detto abbastanza.

In quel frangente riteneva che fosse inutile aggiungere altro poiché a prescindere da tutto era stata capace di dare voce ai propri pensieri senza alcuna complicazione. Il suo orgoglio di Dominatrice della Terra aveva parlato per lei, spingendola a rendere ben note le sue origini. Non aveva timore di morire, fintanto che era consapevole di essere nel giusto. Anche se le fosse toccata in sorte una fine scellerata come quella che l'altro le stava proponendo, mai e poi mai si sarebbe sottomessa.

- Ah, è così...?

Toph si irrigidì nell'udire quel tono di voce tanto freddo, impersonale.

Deglutendo cercò di prepararsi a ciò che stava per accadere.

- Se la metti in questi termini, credo proprio che non mi resti altro da fare se non assaggiare un po' del tuo nobile sangue!

Afferratola per i capelli, il ragazzo estrasse quella che dal rumore le parve essere una spada o comunque una lama di qualche sorta. Non avendo alcuna intenzione di morire pugnalata in una fredda prigione, Toph si mosse ancora prima di formulare nella mente un piano ben architettato: fu l'istinto a guidarla, spingendola ad abbassarsi con tutto il corpo per trascinare con sé anche il nemico che aveva di fronte. Quando si ritrovò con la schiena a terra, sentì il rumore tipico di uno schianto e, di tutta fretta, rotolò di lato attorcigliando le catene che aveva ai polsi sul braccio che riteneva essere quello con l'arma in mano.

Fortunatamente nel suo tirare ad indovinare non andò a vuoto.

Lo costrinse a lasciar andare l'arma e anche se dopo poco l'altro fu già in piedi, pronto a caricarla, si rallegrò del fatto di averlo se non altro disarmato. Ora per lo meno erano ad armi pari. O quasi.

In fondo lei era ancora cieca, mentre l'altro ci vedeva benissimo e non era nemmeno legato.

- Ora ti ammazzo.

Toph soffiò verso l'alto, così da poter scostare una ciocca di capelli che le era finita sugli occhi. Sorrise, alzandosi a sua volta ed assumendo una posizione di difesa. Era vero, in quella situazione era in totale svantaggio, ma se proprio doveva passare a miglior vita lo avrebbe fatto coi suoi termini, uscendo di scena col botto.

- Ci puoi provare.

Le fu addosso nel giro di qualche secondo. Con tutto il suo peso la sbatté ancora una volta a terra e, le mani strette attorno al suo collo, parve prendere subito la meglio su di lei. Faceva fatica a respirare e ad ogni tentativo di divincolarsi, l'altro le rifilava un pugno nello stomaco o la sollevava quel tanto che bastava per farle battere la nuca contro al suolo in legno della cella. Sempre più inerme e con il fiato corto, Toph cominciò a rantolare sotto alla sua presa.

- Ecco vedi? Te lo avevo detto. - Cominciò a dire lui. - Sei solo una stupida ragazzina! È giunto il momento che qualcuno ti insegni a stare al tuo posto...!

Tolse una delle mani dal collo della sua preda, portandola più giù, sul laccio che tenevano su i suoi pantaloni.

- Vedrai, alla fine ti piacerà. Finalmente verrai trattata come una vera donna!

Già in procinto di arrendersi, nell'udire questa minaccia qualcosa dentro di lei si riscosse e, non appena l'altro fece tanto di avvicinarsi al suo viso, Toph aprì la bocca mordendogli con forza la vena giugulare. Colpì lì andando a tentoni, incapace per via della sua cecità di colpire volontariamente proprio quel punto: aveva aperto le fauci per disperazione e con quello stesso spirito aveva afferrato coi denti la prima cosa che le era capitata a tiro.

Quando lo lasciò andare, alcune gocce di sangue le colpirono il volto facendole capire cosa era stata capace di fare.

Rimase ferma sdraiata sul pavimento, ansante, mentre al suo fianco la persona che un secondo prima era stata pronta a violarla finiva lungo distesa con la mano intenta a tamponare – inutilmente – la ferita che lei gli aveva appena inferto.

Qualche minuto dopo, nell'attimo in cui il cambio guardia entrò nella sua cella per vedere come andavano le cose, la trovarono ancora lì. Letteralmente immobile. Il giovane a pochi centimetri di distanza dal suo corpo, bianco come un lenzuolo.

◇♦◇

- Da questa parte, prego.

Nuove voci la riportarono coi piedi per terra.

Da quando aveva ucciso quell'uomo a mani nude, non aveva chiuso occhio nemmeno per un attimo. Era rimasta sveglia, in qualche modo terrorizzata al pensiero che nel sonno qualcuno avrebbe potuto entrare per provare a farle del male. Stare in allerta era un modo come un altro per dire a chi aveva brutte intenzione “ehi, avvicinati pure, ma fallo a tuo rischio e pericolo!”.

- Mi raccomando. Stiate il più lontano possibile da lei.

Si chiese a chi stesse parlando questa volta il secondino.

- Molti soldati sono stati feriti gravemente, quando hanno provato a divertirsi con la prigioniera. Uno è morto dissanguato.

Sentì la chiave entrare nella serratura, facendola scattare.

- Vi prego di essere prudente.

Toph finalmente alzò gli occhi dal pavimento.







Spazio all'autrice: Mi inserisco giusto un secondo per controllare (anche se non so in che modo) che nessuno abbia preso a male ciò che è successo in questo capitolo. L'avvertimento alla possibile comparsa di temi non proprio simpatici c'è nella descrizione di questa storia, ma penso sia sempre giusto assicurarsi che ciò che ho scritto non abbia lasciato danni. Sin da principio volevo rendere questa storia più adulta rispetto all'opera originale, e considerando in che universo è ambientata capirete anche perché: sono stati cento anni duri senza l'Avatar, cento anni in cui la guerra è stata pesante e ha cambiato molto le persone che l'hanno vissuta; come avete visto e come vedrete più avanti sono tipo da lasciare sempre spazio alla battuta (perché non riesco a vivere senza farne almeno una al giorno, capitemi), tuttavia nel complesso questo rimane un racconto giusto un peletto più "da grandi". Ecco tutto. Volevo dire solo questo. A presto!
  
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