Come non avrebbe potuto dimenticare
nemmeno l’amicizia di
Verity: la giovane Poldark si era dimostrata alla stregua di una
sorella,
sempre pronta ad accogliere le sue confidenze e a tirale su il morale
nei
momenti di forte stress e malinconia. Anche Francis aveva dato sfoggio
di una
particolare simpatia nei confronti del suo carattere, così
lontano da quello
della maggior parte delle persone con cui era entrato a contatto sin
dall’infanzia
e in particolare di Elizabeth. Forse era per via della sua
capacità di non
arrendersi mai, di non perdersi di fronte alle difficoltà e
di sapersi
adattare, ritrovando sempre se stessa e facendo di tutto per non
fingere di
essere una persona diversa da quella che era realmente, che Demelza era
riuscita a far breccia nel suo cuore. Una persona rara, dunque preziosa
e
necessaria per cercare di migliorarsi, guardando a lei come un esempio
di grande
virtù morale.
Il giorno della festa di fidanzamento
tra Francis ed
Elizabeth coincideva con il suo primo weekend
libero, perciò Demelza si concesse il lusso di
dormire fino a tardi,
recuperando tutte le ore di sonno perse a causa del lavoro in ospedale
e dell’impegno
extra che si sentiva in obbligo di mettere studiando intensamente anche
a casa, persino la notte.
Non conosceva i dettegli precisi del
ricevimento che era
stato organizzato a Trenwith, ma non aveva osato neanche pensare di
chiedere
maggiori informazioni a Verity o a Ross, perché avrebbero
potuto scambiare facilmente la
sua curiosità per invadenza. No, i Poldark avevano fatto
già fin troppo per lei
e non intendeva chiedere loro nulla di più del dovuto,
perché persino la loro
presenza nella sua vita era tutt’altro che scontata e, pur
desiderando
avidamente di partecipare alla festa, il suo cuore non poteva essere
più
appagato di così. Presto si sarebbe messa l’anima
in pace.
Scese di sotto per fare colazione,
stringendosi nella sua
vestaglia color ametista, quando vide Garrick curiosare insistentemente
nei
pressi della soglia d’ingresso. Si accorse subito di una
busta infilata a metà
nella fessura della porta, ancora integra nonostante
l’umidità della giornata.
“Quale messaggio segreto ci
sarà scritto qui dentro per noi, lo
scopriamo insieme Garrick?”
Il cane si limitò a
scodinzolarle e a guardarla con un’espressione
confusa, inclinando leggermente la testa di lato. A primo acchito,
Demelza
pensò che fosse posta per Ross, magari qualche bolletta non
pagata oppure avvisi
simili a quelli che aveva trovato il primissimo giorno in cui si era
trasferita a Nampara: si trattava di vecchi telegrammi spediti da amici
e
colleghi di Ross in occasione della morte di suo padre Joshua. Ma,
questa
volta, l’indirizzo sulla busta era rivolto proprio a lei,
ragion per cui decise
subito di leggerne il contenuto, placare la sua ansia e scoprire chi
mai
avesse potuto apprendere così presto del suo trasferimento.
Prima di entrare nel vivo della
lettera, Demelza prese un
profondo respiro e cercò con tutte le sue forze di
allontanare la paura che
suo padre fosse riuscito a rintracciarla e avesse scritto intimandole di tornare
immediatamente a
casa dai suoi fratelli. Non era difficile comprendere quante
difficoltà la sua
assenza gli avesse comportato, soprattutto perché il vecchio
Carne era stato
costretto ad abbandonare momentaneamente il suo maledetto vizio di
libertà, per
quel minimo di responsabilità richiesta nel prendersi cura
dei suoi figli
e non lasciarli in balìa di se stessi.
Quando lesse il primo rigo,
sentì la tensione alleggerirsi e
tutta l’adrenalina trasformarsi rapidamente in eccitazione
per la sorpresa di quello che i suoi occhi stavano leggendo. Quella
calligrafia
non le era per nulla nuova, dal momento che ricordava di averla vista a
Trenwith
sulla partecipazione di nozze dei futuri coniugi Poldark. La lettera
che aveva
davanti non era altro che un invito, da parte di Francis, a unirsi al
resto
della famiglia e degli amici nella celebrazione del loro fidanzamento.
“Oh Dio, Garrick!!! Siamo
stati invitati, ci credi?” Demelza
prese il muso del cane tra le sue mani e lo riempì di baci e
di carezze, mentre
stava inginocchiata alla sua altezza, con il peso del suo corpo sulle
gambe. Una
volta messo da parte l’entusiasmo, però, non
tardò ad arrivare il senso di
inadeguatezza rispetto alla crème della crème di
invitati che senza dubbio avrebbe
omaggiato Francis ed Eilzabeth della propria esclusiva presenza a
Trenwith, e allora tutta
la magia si disperse intorno a lei, come un profumo ormai lontano e
irraggiungibile.
Chi
era lei, se non
una povera disgraziata salvata, servita e riverita dai Poldark in ogni
suo bisogno,
quasi si sentisse già la scroccona desiderosa di
accalappiarsi lo scapolo della
famiglia che tutti avrebbero avuto modo di considerare, ascoltando la
storia rocambolesca della sua vita.
Eppure quest’immagine era ciò che più
di lontano potesse esserci dalla verità,
dal suo modo di essere e di concepire certe cose.
Smarrita nei meandri di
quest’altalena di emozioni, si
dimenticò completamente del suo aspetto arruffato e
aprì la porta
distrattamente, ritrovandosi un Ross con le lacrime agli occhi per le
risate.
“Sembro uno
spaventapasseri, lo so!” Anche Demelza scoppiò a
ridere, facendogli segno di entrare.
“In realtà
sembri più una bambola spettinata, ma pur sempre
una bambola…” Appoggiò sul tavolo un
vassoio pieno di manicaretti, in modo da risollevarle
l’umore, “Credo di aver fatto
l’investimento migliore, dandoti in custodia la
mia casa. E’ incredibile il lavoro che hai fatto in una sola
settimana per
riportarla in auge!”
“Mi dispiace che tu non
possa godertela. Spesso mi sono
sentita sola e ti confesso che avrei gradito molto la tua presenza
qui…Scusa, è
stata la parte più egoista di me a parlare!”
Si sedettero uno di fronte
all’altra, vicino al camino
ancora spento. Demelza divenne rossa come un peperone, ma dentro
sentiva di aver
detto la verità, senza nessuna malizia o provocazione. Era
esattamente ciò che
le diceva il cuore. Ross andò ad accendere il fuoco,
passandole velocemente
davanti con la speranza di riuscire a nascondere la sua reazione alla
confessione appena fattagli.
Non poteva certo dirsi felice quel
giorno, tanto atteso da
Francis quanto temuto dalla sua speranza di assistere
all’annullamento della
nozze. Evidentemente Elizabeth aveva preso la sua decisione oppure era
così
debole da non riuscire a non soccombere al peso del senso di colpa,
dimostrandosi incapace di porre un freno alla catena di eventi che lei
stessa
aveva messo in moto.
Questo, Demelza lo intuì
quasi immediatamente. Gli occhi
dell’uomo che contemplava erano più moggi del
solito, attraversati da un inedito
riflesso malinconico.
“Quindi, questa sera sarai
impegnato a festeggiare. Immagino
che tu non veda l’ora…”
“Come no! Di sicuro, non
vedo l’ora di ritrovarmi circondato
da gente che farà di tutto per ostentare il suo potere e la
sua ricchezza. Spero
che il sarcasmo possa aiutarmi a superare la
serata, oltre ai fiumi di champagne che verranno gentilmente offerti da
Francis.”
“Ed Elizabeth?”
Ross si alzò per andare a
guardare il panorama fuori dalla finestra,
“Dovrei smetterla di continuare ad urtare la testa contro lo
stesso muro. Ma, è
un movimento automatico che non mi concede tregua. Lei ha scelto mio
cugino,
questa è la realtà.”
“Non
c’è cosa più difficile che accettare la
realtà. E’ un
processo che può apparire innaturale, se considerato con il
cuore, ma indispensabile per trasformare il dolore in
apprendimento. Forse è stato un bene
che Elizabeth abbia scelto di sposare Francis, perché se non
fosse funzionata
tra di voi le conseguenze sarebbero state ben peggiori di quello che
immagini e uno dei due avrebbe
sofferto atrocemente.”
Ross annuì, volgendosi
verso di lei con gli occhi lucidi ma
decisi a fidarsi delle sue parole. Demelza lo raggiunse,
sventolandogli l’invito
sotto al naso, “Allora saremo
in due a sentirci a disagio, Ross. Non ho la più pallida
idea di cosa indossare,
di come comportarmi e di cosa dire agli altri ospiti per non apparire
ridicola:
sono questi i veri problemi della vita, credimi!”
“Ti avrei portata con me ugualmente, anche se non avessi ricevuto l’invito ufficiale. Tu sei la mia bussola, Demelza, e non posso permettermi di perderti se non voglio rischiare di perdere anche me.”
"Oh, che belle parole! Sarei anche disposta a crederci, ma per il momento preferisco non affezionarmici troppo."
Ross le accarezzò il mento, in un gesto di grandissima tenerezza.
"Dirò a Verity di portarti con lei a ritirare il suo vestito. Scegli ciò che ti piace e ti basti sapere che non accetterò repliche da parte tua."
"In questo modo sarò di nuovo in debito con te, però ti prometto che presto lascerò questa casa. Spero solamente di non..."
"Affezionartici troppo? Qualcosa mi dice che non ce n'è bisogno. E' già abbastanza chiaro per me e, checché tu ne dica, sono sicuro che non ci vorrà molto affinché tu inizi a fidarti anche del contenuto dei miei stentati discorsi romantici." Le stampò un bacio sulla guancia, poi la salutò frettolosamente e si richiuse la porta alle spalle, appoggiandosi per un istante sul battente di legno per rimettere in ordine i suoi pensieri, ancora più confusi del solito.