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Autore: Sara_Biga    26/11/2018    1 recensioni
Post Carmilla Movie. Il quadretto di un'intensa serata di pioggia dai punti di vista di Laura, Carmilla, LaFontaine.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Carmilla Karnstein, Laura Hollis, Susan LaFontaine
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Carmilla-

L’acqua lava la città da ore, goccia dopo goccia dopo goccia di pioggia, e Carmilla l’ascolta volentieri, in tutti i riverberi dei suoi sensi affinati: l’ascolta lavare con costanza ogni anfratto e forse - pensa - pulirà anche lei, anima mente e corpo, se rimane immersa nel suo suono abbastanza a lungo. Un’abluzione, un lento rito di purificazione: cos’altro ha attraversato se non questo, da quando conosce quel piccolo scricciolo di Laura, sdraiata ora al suo fianco, che sta fingendo di dormire, sì, ma è invece da tempo occupata - lei lo sa - a escogitare chissà quale dannosissima cosa, di cui la farà inevitabilmente partecipe - nonché complice riluttante - all’alba o ad altro orario ugualmente inammissibile in ogni civile consesso umano. Il respiro tradisce la sua veglia. I battiti del cuore tradiscono il passaggio da un’idea all’altra.
E’ tutto così limpido ai suoi sensi da quando l’illusione della vita è del tutto scomparsa dal suo corpo. Il rumore di sottofondo delle proprie funzioni vitali, scomparendo in un silenzio fitto d’ovatta, ha spalancato le porte alla percezione acuta di troppe altre cose. Tutto ormai le sembra finto, di un nitore irreale, un’altissima definizione continua che le fa solo sentire una mancanza struggente di quel segnale analogico che è proprio della vita stessa e delle sue intrinseche imperfezioni.
Lo sguardo di Carmilla accarezza il corpo di Laura e rabbrividisce in qualche luogo della sua anima. Carmilla chiama questa sensazione la perdita dell’innocenza, e oh signore, se l’ha persa presto nella sua vita. È la coscienza lancinante della mortalità di tutto ciò che è vivo. È il vedere la perfezione del corpo accanto a lei e delle sue innumerevoli funzioni, la meraviglia e l’indicibile potenza di ogni suo minuscolo particolare, la sua bellezza da togliere il fiato, e sapere al tempo stesso tutto: tutto ciò che può succedere a quel corpo per spezzarlo, sciuparlo, renderlo un inutile ingombro di carne che più non contiene né la coscienza né la musica sottile dei pensieri, nulla di ciò che dovrebbe contenere e proteggere e alimentare il più a lungo possibile.
Laura ha perso la sua innocenza quando… oh, sa esattamente quando l’ha persa. Il corpo inerme e immobile di Danny fra le sue braccia, una pietà dolorosa senza promesse di resurrezione, Laura devastata nel profondo della sua capacità di affrontare il mondo. Così palese nel terrore successivo che succedesse la stessa cosa a Carmilla: quel suo tentare di fermarla a ogni iniziativa minimamente rischiosa. Quel suo tradire tutto e tutti affinché non succedesse più, non a lei.
Certo, pensava, ci sono gradi e gradi di perdita dell’innocenza. Quando le cose che possono succedere a un corpo, per esempio, sono le cose che sai far succedere tu.
E qualsiasi pioggia purificatrice non ti ridarà mai indietro lo sguardo innocente che vede solo vita là dove la vita c’è ancora.
Sa che Laura si preoccupa per ciò che inevitabilmente succederà col passare degli anni: si preoccupa per la loro vecchiaia perduta, il suo piccolo scricciolo ventenne; ma come definire questa sua angoscia se non un sintomo di innocenza residua? Non è forse una fantasia da innocente pensare che l’unico ostacolo fra loro e una vecchiaia insieme sia la sua immortalità? Come se ogni corpo arrivasse naturalmente alla vecchiaia: senza incidenti, senza malattie, senza i normali accidenti della vita. Senza un perdersi e un perdere continuo.
Un senso di perdita implacabile, rinnovato continuamente, volta dopo volta dopo volta, questo era stato il dono dell’immortalità alla sua un tempo giovane vita. Non era la mancata vecchiaia assieme che la preoccupava - per quanto non avrebbe desiderato nulla di più al mondo, non meno intensamente di quanto lo desiderasse Laura. Era sapere che c’è un punto oltrepassato il quale nessuna perdita può più essere accolta, una soglia oltre cui tutto tracima, crepa, collassa: una mancanza aggiunta a una mancanza, aggiunta a una mancanza ancora, un togliere alla vita finché non ha somma negativa - quindi non è.
Avrebbe saputo sopravvivere alla perdita di Laura? La risposta era semplice e non aveva nulla a che fare con la capacità innata della vita di sopravvivere alla morte, anche della persona amata, anche solo per amor suo. Aveva a che fare col fatto che troppo le era già stato tolto (corroso nei secoli o strappato in pochi secondi, per poi mancare per sempre) da poter credere che fosse possibile asportare quella vastità che era Laura dalla sua vita senza avere somma pienamente negativa - quindi non essere.

Eppure, nonostante la certezza della perdita futura che le sgretola i bordi dell’anima come una voragine, con l’unica incognita del tempo a disposizione, Carmilla non può evitare che un’onda di gratitudine salga, si gonfi e le crolli addosso, quando pensa a come sia solo per tutto ciò che è stato che ha potuto trovare Laura. Non il semplice miracolo di esistere nello stesso luogo e nello stesso tempo, impossibile coincidenza lungo i calendari dell’esistenza - per quanto incredibile esso sia.
Quanto sarebbe stato inutile incontrarla nelle vesti della giovane contessa che un tempo era stata: non per la morte, non per maman era diventata quella fine manipolatrice le cui vesti aveva a lungo indossato; non da loro aveva imparato a suonare le persone come strumenti musicali da cui trarre melodie facili e familiari; il suo dono, come lo chiamava maman, era sgorgato con tale naturalezza dalle profondità del suo essere da rendere palese che già abitava in lei da sempre. Come la violenza che già abitava sui fondali più profondi dell’anima di Danny, fra le sabbie fitte e le alghe spesse della sua sete di giustizia.
Laura non sarebbe mai potuta essere la compagna di quella versione di sé.
Elle. Elle sì che lo era stata. Quell’istinto a usare la persona davanti a lei per la soddisfazione dei propri bisogni: improrogabili, con precedenza assoluta sui bisogni degli altri, sempre e comunque; in un gioco di rimpiattino e manipolazioni reciproche che aveva occupato tutto il loro tempo. Elle era stata la persona perfetta, per lei, allora. Perciò aveva reagito con tanta freddezza al rivedersela improvvisamente davanti, mentre usava quegli stessi metodi che tanto avevano condiviso: le ricordava troppo la se stessa che era stata per non affrontarla con la medesima rabbia fredda con cui affrontava il ricordo di sé.
E Laura aveva visto tutto. Tutto. Era stata testimone di ogni cosa. Del prima. Del dopo. Del durante. Parte attiva. Sempre al suo fianco, anche quando non sembrava. Sempre. Un istante dopo l’altro, con costanza testarda.
L’onda della gratitudine le crollò infine addosso tutta assieme, con una forza fisica da toglierle il fiato - se solo avesse posseduto ancora una parvenza di respiro, certo.
In quel momento Laura si voltò nel letto. La guardava con occhi grandi e liquidi, di colore indefinito come il colore della notte - non il dorato acceso delle albe piene di sole o dei momenti lenti dopo l’amore.
Dopo pochissimo - o dopo tanto, tanto tempo - perché negli attimi infiniti la durata non è cosa misurabile, o che importi - Laura inspirò lentamente e disse:
“Grazie.”
Carmilla batté le palpebre una, due volte.
“Di nulla, pasticcino.”

Fuori cominciava a spiovere.
 
   
 
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