“‘Cause I’ve started
falling apart I’m not savoring
life | I’ve forgotten how good
it could be to feel alive”
Biffy Clyro. Machines
Appartamento
di Amelia, St. Petersburgh Pl,
Londra, 8 settembre
Ore
8:23 AM
La luce del mattino entrava intesa anche con le tende
tirate. Amelia era distesa a pancia in su nel letto, coperta dalle
lenzuola nonostante il caldo. Era sveglia da più di due ore, più di due
ore in cui era rimasta lì, ferma, a cercare di riordinare lo sconfinato caos
che aveva dentro. Andare a letto presto le era sembrava l’idea migliore il
giorno prima, ma quando il sonno l’aveva abbandonata, intorno alle sei di
quella mattina, tutto ciò a cui non aveva fatto in tempo a pensare si era
ripresentato da lei.
Ewan era quel
pensiero, inutile anche solo ipotizzare il contrario. Amelia non riusciva a
ignorare quanto accaduto nella sala prove della band. Aveva il fastidioso,
fisso, pensiero che le cose fra di loro avessero preso una piega sbagliata all’improvviso.
Aveva sperato che il ragazzo avrebbe affrontato l’argomento, dicendole perché l’aveva
baciata, dicendole anche solo che era stata colpa dell’alcol; invece non aveva
fatto nulla del genere ed era proprio questo che la faceva sentire peggio. Cominciava
a provare dei sentimenti seri per lui. L’idea che si era fatta di Ewan, quella
che aveva costruito giorno dopo giorno prima di conoscerlo, non era molto
distante dalla realtà. Ed era proprio quello il problema maggiore, perché
temeva ciò che sarebbe potuto accadere dopo.
Non si era
neanche preoccupata di vestirsi. Quando scivolò fuori dal letto aveva indosso
solo l’intimo, spaiato come sempre. Comprava bellissimi completi e
irrimediabilmente li indossava separati, per ragioni istintive a cui non
avrebbe saputo dare una valida motivazione. In bagno si mise davanti allo
specchio, posando entrambe le mani sul bordo del lavandino. Si guardò, pensando
a cosa fare, a come affrontare quella situazione, consapevole che avrebbe
dovuto fare qualcosa. Mosse la punta del naso a destra e a sinistra, osservando
il suo riflesso rimandarle quello stesso gesto, guardando il sottile anello
argentato che portava al setto. Si era fatta quel piercing a diciotto anni,
dopo la rottura con il suo ragazzo di allora. La prima volta che si era
innamorata, davvero innamorata, di qualcuno che le aveva detto di amarla a sua
volta. Quando si erano conosciuti a un concerto lei frequentava ancora il
liceo, aveva diciassette anni. Lui, invece, ventuno e faceva il college. Per
lei era stata un’infatuazione immediata, irresistibile, di quel tipo che le
diciassettenni possono arrivare a provare anche per colpa di libri e telefilm.
Contro ogni previsione, il ragazzo – Eric – si era fatto avanti. Per sei mesi
lui l’aveva trattata come una principessa, dedicandole attenzioni e facendola
sentire protetta e coccolata, e Amelia si era innamorata. La sera del suo
diciottesimo compleanno, cedendo alla richiesta di Eric, lei si era lasciata
andare e le aveva concesso tutta se stessa. Dopo essersi donata a lui, però,
tutto era esploso. Il loro rapporto era crollato. Eric aveva iniziato a
diventare sempre più freddo, distaccato e voleva una cosa soltanto. Quella
condizione non durò a lungo. Lui si stancò in fretta e la lasciò, causandole un
dolore intenso come non ne aveva mai provati prima. Lo ricordava ancora; si era
sentita schiacciare, svuotata di ogni emozione, un guscio senza anima. Si era
sentita tradita e usata da qualcuno cui si era aperta, lasciando trapelare
passioni e incertezze più profonde. Le era servito molto tempo prima di tornare
a fidarsi di qualcuno, aveva avuto bisogno di anni.
I suoi occhi
scesero lungo il proprio riflesso fino al costato. Ruotò appena il busto per
vedere il tatuaggio nero che vi era impresso, il triangolo simbolo dell’acqua e
della donna. Se lo era fatta fare a venticinque anni, dopo la sua seconda
rottura, forse più dolorosa della precedente, quella con Richard. Era uno
sportivo, amico di sua cugina ed era proprio grazie a lei che si erano
conosciuti. Richard aveva molti hobby e una visione unica della vita, quasi poetica.
Lui e Amelia avevano approfondito la loro conoscenza, finché un giorno il
giovane le aveva chiesto di uscire e lei aveva capito di non desiderare
altro. Erano stati insieme tre anni, avevano detto di amarsi e per lei era
vero. Finché non aveva scoperto che lui la tradiva. Il mondo che si ribaltava,
era quella la sensazione che aveva provato quando lo aveva saputo, quando una
loro amica aveva deciso di dirglielo. Appena ne avevano parlato, Amelia si
era sentita ancora più umiliata. Lui non aveva neanche provato a negare la
cosa. Aveva ammesso che, sì, quella era la verità, che si vedeva con un’altra,
che aveva rapporti con un’altra, ma non voleva che le cose con Amelia
finissero perché con lei ci stava bene. Solo non ne era più attratto
fisicamente come all’inizio della loro storia. La ragazza si era sentita presa
in giro e aveva eliminato ogni possibile ricordo legato a Richard, colui che
era riuscito a farla sentire una nullità, una stupida e un’illusa per aver
deciso di provare a innamorarsi di nuovo.
Come la
volta prima, con la rottura con Eric e con la decisione di farsi il septum, anche
dopo aver sentito il suo cuore spezzato per colpa di Richard, Amelia aveva
deciso di fare qualcosa per riprendere il controllo di sé. Aveva usato il
dolore come mezzo purificatore, un’incisione per ricordare a sé stessa che quel
corpo apparteneva solo a lei, che esisteva sempre una via di uscita, che c’era
altro oltre le delusioni.
Tuttavia era
difficile trovare ancora la voglia di tentare, di provare a costruire qualcosa
con qualcuno. Negli ultimi anni aveva conosciuto diversi ragazzi, perlopiù
interessati al suo corpo anziché alla sua mente e ogni volta, anche quando
sembrava esserci la possibilità di trovare qualcuno di buono, onesto, forse
davvero interessato a lei, aveva mandato a monte tutto, per paura. Non era
semplice aprirsi, provare a donarsi a una persona quando le ombre del passato
continuavano a perseguitarla, ricordandole che il suo cuore si era spezzato per
due volte, che per due volte si era sentita precipitare in un baratro dopo aver
camminato a un palmo da terra accanto alla persona che amava. Innamorarsi le
era diventato complicato, quasi minaccioso, per tale ragione la situazione con
Ewan la preoccupava e rattristava al tempo stesso.
Tornò a scrutare
il suo riflesso, seria. Si sentiva una donna fiera di ciò che era, non più
disposta a lasciarsi andare con persone che non la meritavano. Al tempo stesso,
però, cominciava a sentire una lieve angoscia invaderle lo stomaco. Qualcosa si
smuoveva in lei, l’inizio di un sentimento forte, incontrollabile, che la
portava a pensare con più frequenza e intensità del solito al cantante degli
Shards. Cercò di scacciare quel pensiero, ma le fu chiaro che non ci sarebbe
riuscita. Ewan le era sempre piaciuto, al punto che quando si erano baciati una
parte di lei avrebbe ceduto subito ai sentimenti più impellenti, quel bisogno
quasi viscerale di passare tutto il tempo del mondo insieme a lui. Tuttavia era
la sua metà più spaventata quella che aveva preso il sopravvento dal giorno
prima, quando il cantante l’aveva trattata come sempre, come se fra loro non fosse
accaduto niente.
Non crearsi
illusioni. Questo si disse allo specchio Amelia prima di imporre alla sua mente
di smettere di rimuginare su tutta la faccenda. Era a Londra per lavoro e
sarebbe stata il più professionale possibile fino alla fine. Poi, terminato il
lavoro, sarebbe rientrata a Glasgow e tutto ciò si sarebbe tramutato in un
bellissimo ricordo e una nota sul curriculum degna di lode. Se Ewan la voleva solo
come amica, anche lei avrebbe visto il ragazzo allo stesso modo, per quanto la
cosa potesse dispiacerle. Tuttavia, se l’alternativa era illudersi di avere
delle possibilità o, peggio, innamorarsi di nuovo di un uomo che prima o poi le
avrebbe spezzato il cuore, rimanere solo amica di Ewan sembrava senza dubbio l’opzione
migliore.
Tornò in camera
da letto, decidendo di vestirsi. Avviò una delle sue compilation di Spotify, che partì da Machines dei Biffy
Clyro e tirò fuori dall’armadio dei vestiti puliti per
affrontare quel nuovo giorno. La canzone si interruppe di colpo quando il
telefono di Amelia cominciò a squillare. Guardò chi la stava chiamando,
accorgendosi che era Pani. Si morse la lingua: la sera prima aveva dimenticato
di chiamare l’amica. Rispose alla chiamata, già pronta a fare le sue scuse, ma
il tono dell’altra sembrava piuttosto allegro e nient’affatto accusatorio.
«Ho pensato di
chiamarti mentre vado verso il lavoro» esordì Pani. Amelia la immaginò lungo le
vie di Glasgow, un sole alto in cielo e un vento frizzante a rendere mite la
città.
«Trovo tu abbia
avuto un’ottima idea.»
«Mi sono detta
“lo faccio, visto che a quanto pare lei non è intenzionata a tenermi
aggiornata”.»
Eccola, l’accusa.
Amelia incassò, infossando la testa nelle spalle in modo pentito – gesto che,
chiaramente, l’altra non avrebbe potuto vedere. «Scusami tantissimo. È che,
beh...sono, successe un paio di cose, ecco» borbottò poi.
«Stai diventando
una di quelle dive di città, per caso?»
L’altra spalancò
gli occhi. «Cielo, no» esclamò.
«Allora cosa
sarebbe successo?»
Amelia si
immaginava benissimo l’espressione di Pani: scettica; un sopracciglio inarcato
alla perfezione, le labbra tirate. Immaginava anche il mutamento che avrebbe
subito il suo volto appena lei avesse smesso di pronunciare le prossime parole:
«Io e Ewan ci siamo baciati» disse in un sol fiato.
Piombò il
silenzio, al punto che la ragazza si convinse che la linea fosse caduta. «Pani,
ci sei?» tentò dopo qualche istante di nulla.
La voce dell’amica
sembrava distante. «Voi vi...Si può sapere perché non me l’hai detto? Questa
cosa richiedeva una telefonata immediata»
esclamò, scandendo con cura l’ultima parola.
Amelia sospirò.
«Sì, hai ragione, ti chiedo scusa. Ma erano le due di notte passate quando è
successo» esagerò, «e non volevo svegliarti.»
«Potevi
chiamarmi lo stesso» replicò con fare ovvio l’amica.
L’altra si morse
il labbro, facendosi forza per dire alla coinquilina ciò che era successo il
mattino precedente, nella sala prove degli Shards. Sapeva che Pani l’avrebbe
capita, che non le sarebbe servito rivangare sulla storia di Eric o su quella
di Richard o di tutti quegli altri che avevano provato ad avere solo il suo
corpo, perché sapesse cosa la spaventava di quella storia. Quando
terminò di raccontare l’accaduto ci fu un momento di silenzio. Pani stava di
certo cercando le parole migliori e Amelia rimase in attesa.
«Beh,» esordì
poi Pani, con fare titubante, «forse non voleva parlarne quando c’erano anche i
suoi amici. Magari era imbarazzato.»
«Ci avevo pensato
anche io» ammise la coinquilina. «Solo che non mi ha neanche scritto o qualcosa
del genere.»
«Potresti
provare tu a tirare in ballo la questione, allora.»
«Già, così mi
gioco qualsiasi possibilità, incluso il lavoro.»
«Non esagerare»
esclamò Pani. «In fondo la tua sarebbe una curiosità più che legittima.»
Amelia sospirò,
consapevole che l’amica avesse ragione. Restava il fatto che l’idea di
affrontare l’argomento con il diretto interessato la rendeva nervosa; e
spaventata. Si morse il labbro, sfiorando con l’indice il punto sulle
costole in cui aveva il tatuaggio. «D’accordo. Forse hai ragione» rispose
infine. «Questo pomeriggio dobbiamo vederci con Jacob. Magari dopo posso
provare a parlargli.»
Sentì Pani
lasciarsi sfuggire un leggero sbuffo d’aria. «Però fallo, eh. Mi raccomando.»
«Va bene, va
bene» tagliò corto Amelia, che cominciava a sentirsi un po’sotto
pressione.
Pani aveva la
sorprendente capacità di convincerla a fare cose che altrimenti avrebbe evitato
di fare – per tutta una serie di motivi. L’amica si scusò con Amelia,
dicendo che era arrivata al lavoro. Si raccomandò un’ultima volta di fare come
le aveva detto, per poi farle i suoi migliori auguri.
Quando la
telefonata finì la ragazza, di nuovo sola nel temporaneo appartamento
londinese, si passò una mano fra i capelli. Sentì le ciocche lunghe
solleticarle la schiena, mentre rifletteva su quanto le aveva appena detto l’amica.
Pani aveva ragione, meritava delle risposte da parte di Ewan, almeno per non
dover passare il resto della sua permanenza nella capitale divorata da dubbi e
incertezze al solo sentire il nome del cantante – o al suo solo pensiero. L’ansia
cominciò lentamente e inondarle lo stomaco, in quel caos emotivo che, purtroppo
per lei, conosceva fin troppo bene. Chiuse i pugni e si colpì sulla gamba,
costringendosi a riprendere il pieno controllo di sé. Non aveva senso il
comportamento che stava avendo, specie perché non era motivato da una
situazione reale, ma solo da una serie di sue supposizioni. Si alzò in piedi,
mettendosi in cerca dei vestiti giusti per affrontare quella mattina. Avrebbe
fatto qualcosa, indipendentemente da quello che le sensazioni le avrebbero
provocato per il resto di quel giorno.
Ufficio di Jacob, Conduit St,
Londra, 8 settembre
Ore
5:04 PM
Le grafiche andavano
bene. Amelia cominciava ad avere fra le mani i primi definitivi e la cosa dava
a quei lavori un alone d’importanza. Jacob aveva fatto una serie di
osservazioni accorte sulle nuove bozze che la ragazza gli aveva mostrato e lei
si era già premurata di segnarsi ogni commento, anche quello all’apparenza più
insignificante. Anche Ewan di tanto in tanto faceva qualche piccola annotazione;
perlopiù dava voce a sporadiche idee che gli comparivano lì, sul momento, a cui
prima di allora non aveva ancora avuto modo di pensare. Per Amelia era
stimolante lavorare insieme a loro due e quel pomeriggio il lavoro le stava
dando la giusta carica ad andare avanti e a farsi forza per quanto avrebbe
fatto a breve. Non sarebbe tornata al suo appartamento senza aver prima chiesto
a Ewan di poter parlare con lui, senza aver prima cercato di fare chiarezza su
quel loro bacio. Solo così avrebbe potuto tornare a dedicarsi al lavoro. A
prescindere da quello che avrebbe scoperto, avrebbe trovato un po’ di pace,
cosa che sembrava mancarle in quel momento a causa dell’ansia che l’accompagnava
da quella mattina, come una vecchia amica. Proprio come il giorno precedente
per Ewan sembrava quasi non fosse accaduto nulla fra lui e Amelia – nulla più
del solito, almeno – ma lei continuò a farsi forza per tutto il tempo, motivata
da una carica che sentiva provenire in buona parte da Pani.
Jacob controllò
l’ora, dopodiché si rivolse ai due ragazzi: «Allora, io devo fare una chiamata piuttosto
importante. E so che anche tu, Ewan, hai un impegno con Eddie.»
Il cantante
annuì, mentre Amelia si voltava d’istinto a guardarlo.
«Se siete d’accordo magari
per oggi possiamo chiudere qui.»
Gli altri due risposero in modo
affermativo e il gruppo si diede appuntamento a tre giorni dopo, lunedì.
Mancava ormai solo una settimana alla fine del mese di permanenza a Londra di
Amelia e lei non poteva credere che fosse già passato tanto. Aveva sentito i
giorni scorrere con una fretta innaturale, regalandole ricordi ed
emozioni, ma quasi scappando da lei. Mentre riordinava le sue cose capì che le
dispiaceva di dover tornare a Glasgow per diversi motivi – sebbene la sua città
le mancasse moltissimo. Per prima cosa, il suo periodo da grafica si sarebbe
concluso. Tornata in Scozia non ci sarebbe stato il lavoro dei suoi sogni ad
attenderla, anzi, non ci sarebbe stato alcun lavoro dal momento che aveva
mollato anche l’unica occupazione che aveva. Qualche lavoretto di ripiego lo
avrebbe trovato – le catene commerciali, poi, erano sempre in cerca di
personale – ma aveva ormai capito che il clima e l’atmosfera che si respiravano
a lavorare come grafica erano impareggiabili. Era quello ciò che voleva
fare della sua vita, ormai lo sapeva con assoluta certezza e avrebbe davvero
voluto rimanere insieme agli Shards per lavorare a tutte le loro grafiche,
anche quelle future.
Proprio la band, infatti,
era il secondo motivo per cui le dispiaceva andarsene. Quando avrebbe potuto
incontrarli di nuovo e trascorrere con loro il tempo allo stesso modo in cui
stava facendo ora? Forse mai più. Conservava ricordi stupendi di quella sua
esperienza e l’ammirazione che provava per gli Shards non aveva fatto altro che
aumentare in quelle settimane. Per questo era tanto difficile tornare a
essere solo una loro fan, senza avere più la possibilità di prendere un caffè
insieme o di uscire in loro compagnia. E poi c’era Ewan. Come poteva separarsi
da lui senza sapere se il gesto che il cantante aveva compiuto avesse un
significato profondo o meno? Si accorse che per lei, al momento, era quella la
parte peggiore. Puntò lo sguardo verso di lui, finendo di riempire la borsa con
i suoi effetti e il ragazzo la notò. Le sorrise e attese che si fu
sistemata prima di alzarsi in piedi, imitato proprio da Amelia.
I due salutarono Jacob,
rinnovando l’incontro di lunedì, dopodiché si avviarono verso l’uscita.
Appena furono fuori Ewan infilò subito gli occhiali da sole, celando gli occhi
blu dietro le lenti scure. Mise gli occhiali da vista nella tasca superiore
dello zaino e si mise in spalla quest’ultimo. La ragazza rimase a guardarlo
compiere quei gesti con il cuore che le martellava per colpa dell’agitazione.
Ewan slegò la bici, fissata
a un palo proprio davanti alla porta del palazzo, infine si voltò verso Amelia.
Alla ragazza parve quasi imbarazzato, come se non sapesse bene da che parte
iniziare ad affrontare un argomento. Decise di prendere lei in mano la
situazione, almeno per evitare di vederlo andare via senza aver provato a fare
qualcosa. Dalla risposta che avrebbe ricevuto, inoltre, avrebbe anche capito in
che direzione sarebbe potuto finire il loro rapporto. «Pensavo, se hai
tempo, potremmo andare a prendere un caffè adesso. Prima che tu vada da Edward,
intendo» tentò.
Lui sollevò le sopracciglia,
come sorpreso da quell’invito. Amelia detestò di non potergli vedere gli occhi
in quel preciso momento. Ewan abbozzò un sorriso prima di dire: «Sono già
in ritardo, purtroppo.»
Lei capì che non avrebbe
avuto il chiarimento che stava cercando e non poté negare a se stessa che la cosa
le fece male. Era spaventata da ciò che avrebbe potuto scoprire, ma voleva
sapere più di ogni altra cosa. Annuì
appena con la testa, non riuscendo a mascherare la delusione.
Ewan pensò in
fretta a cosa fare e alla mente gli tornarono anche le parole degli amici. «Se
ti va» iniziò. Amelia lo guardò e lui ebbe un attimo di esitazione, che per sua
fortuna riuscì a ignorare. «Potremmo uscire questa sera. Ti devo ancora un giro
per Londra.»
Amelia sorrise. «E
l’altra sera, allora? Quello non valeva, forse?» chiese. Sperò che l’allusione
facesse aggiungere qualcosa al cantante, ma lui parve non farci caso più del
dovuto. Si strinse nelle spalle con fare divertito. «Mi sembrava di averti
detto che una sola uscita a Londra non sarebbe stata sufficiente per ripagarti
del tour di Glasgow.»
È vero, glielo
aveva detto. Per la ragazza era bello vedere come lui si ricordasse tutto ciò,
come sembrasse non ignorare nulla che la riguardasse. Allora perché continuava
a girare intorno al loro bacio senza affrontare la questione? Davvero aveva
bevuto così tanto da non ricordarsi più? Era impossibile.
Amelia decise di
arrendersi all’andamento dei fatti. Forse non avrebbe fatto chiarezza con il
cantante in quel momento, ma aveva comunque un appuntamento con lui ed era
qualcosa di molto vicino a una vittoria – anzi, lo era. Finì con il lasciarsi
sfuggire un sorriso al pensiero di poter trascorrere un’altra serata un
compagnia di Ewan; tuttavia le venne spontaneo chiedersi se sarebbero stati
soli. Anche quello avrebbe significato qualcosa.
«Va bene.
Usciamo» rispose infine la ragazza, cercando di rimanere il più calma
possibile.
Il sorriso di
Ewan si allargò. «Non ci saranno gli altri» le disse, quasi ad avvertirla.
Il cuore di
Amelia ebbe un leggero mancamento: sarebbero stati solo loro due.
«Va bene alle
otto da te?» continuò il ragazzo, risvegliando Amelia dal suo improvviso
torpore. Lei acconsentì con un leggero ritardo. «Va benissimo.»
«Ottimo. Allora
a più tardi.»
Il cantante si
avviò dopo aver atteso un cenno da parte della ragazza. Amelia avrebbe voluto
salutarlo in un modo migliore che con un semplice gesto, tuttavia non ci
riuscì. Il suo “a più tardi” le era morto sulle labbra senza che riuscisse a
formularne anche solo l’inizio. Adesso sì che si sentiva nervosa.