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Autore: MadAka    01/12/2018    2 recensioni
Tutto ha inizio con un disegno. Perché è proprio un disegno quello che si trova Ewan, cantante degli Shards, nella tasca dei pantaloni al termine di un concerto. Due figure ben rappresentate su carta, lui e una ragazza e nessun indizio per risalire all'autrice.
Contro ogni previsione, il pensiero di individuare chiunque gli abbia dedicato quel piccolo bozzetto si appropria di lui, portandolo a incontrare una persona che sentiva già di conoscere.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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“‘Cause I’ve started falling apart I’m not savoring life | I’ve forgotten how good it could be to feel alive

Biffy Clyro. Machines

 

 

 

Appartamento di Amelia, St. Petersburgh Pl, Londra, 8 settembre

Ore 8:23 AM

 

La luce del mattino entrava intesa anche con le tende tirate. Amelia era distesa a pancia in su nel letto, coperta dalle  lenzuola nonostante il caldo. Era sveglia da più di due ore, più di due ore in cui era rimasta lì, ferma, a cercare di riordinare lo sconfinato caos che aveva dentro. Andare a letto presto le era sembrava l’idea migliore il giorno prima, ma quando il sonno l’aveva abbandonata, intorno alle sei di quella mattina, tutto ciò a cui non aveva fatto in tempo a pensare si era ripresentato da lei.

Ewan era quel pensiero, inutile anche solo ipotizzare il contrario. Amelia non riusciva a ignorare quanto accaduto nella sala prove della band. Aveva il fastidioso, fisso, pensiero che le cose fra di loro avessero preso una piega sbagliata all’improvviso. Aveva sperato che il ragazzo avrebbe affrontato l’argomento, dicendole perché l’aveva baciata, dicendole anche solo che era stata colpa dell’alcol; invece non aveva fatto nulla del genere ed era proprio questo che la faceva sentire peggio. Cominciava a provare dei sentimenti seri per lui. L’idea che si era fatta di Ewan, quella che aveva costruito giorno dopo giorno prima di conoscerlo, non era molto distante dalla realtà. Ed era proprio quello il problema maggiore, perché temeva ciò che sarebbe potuto accadere dopo.

Non si era neanche preoccupata di vestirsi. Quando scivolò fuori dal letto aveva indosso solo l’intimo, spaiato come sempre. Comprava bellissimi completi e  irrimediabilmente li indossava separati, per ragioni istintive a cui non avrebbe saputo dare una valida motivazione. In bagno si mise davanti allo specchio, posando entrambe le mani sul bordo del lavandino. Si guardò, pensando a cosa fare, a come affrontare quella situazione, consapevole che avrebbe dovuto fare qualcosa. Mosse la punta del naso a destra e a sinistra, osservando il suo riflesso rimandarle quello stesso gesto, guardando il sottile anello argentato che portava al setto. Si era fatta quel piercing a diciotto anni, dopo la rottura con il suo ragazzo di allora. La prima volta che si era innamorata, davvero innamorata, di qualcuno che le aveva detto di amarla a sua volta. Quando si erano conosciuti a un concerto lei frequentava ancora il liceo, aveva diciassette anni. Lui, invece, ventuno e faceva il college. Per lei era stata un’infatuazione immediata, irresistibile, di quel tipo che le diciassettenni possono arrivare a provare anche per colpa di libri e telefilm. Contro ogni previsione, il ragazzo – Eric – si era fatto avanti. Per sei mesi lui l’aveva trattata come una principessa, dedicandole attenzioni e facendola sentire protetta e coccolata, e Amelia si era innamorata. La sera del suo diciottesimo compleanno, cedendo alla richiesta di Eric, lei si era lasciata andare e le aveva concesso tutta se stessa. Dopo essersi donata a lui, però, tutto era esploso. Il loro rapporto era crollato. Eric aveva iniziato a diventare sempre più freddo, distaccato e voleva una cosa soltanto. Quella condizione non durò a lungo. Lui si stancò in fretta e la lasciò, causandole un dolore intenso come non ne aveva mai provati prima. Lo ricordava ancora; si era sentita schiacciare, svuotata di ogni emozione, un guscio senza anima. Si era sentita tradita e usata da qualcuno cui si era aperta, lasciando trapelare passioni e incertezze più profonde. Le era servito molto tempo prima di tornare a fidarsi di qualcuno, aveva avuto bisogno di anni.

I suoi occhi scesero lungo il proprio riflesso fino al costato. Ruotò appena il busto per vedere il tatuaggio nero che vi era impresso, il triangolo simbolo dell’acqua e della donna.  Se lo era fatta fare a venticinque anni, dopo la sua seconda rottura, forse più dolorosa della precedente, quella con Richard. Era uno sportivo, amico di sua cugina ed era proprio grazie a lei che si erano conosciuti. Richard aveva molti hobby e una visione unica della vita, quasi poetica. Lui e Amelia avevano approfondito la loro conoscenza, finché un giorno il giovane le aveva chiesto di uscire e lei aveva capito di non desiderare altro. Erano stati insieme tre anni, avevano detto di amarsi e per lei era vero. Finché non aveva scoperto che lui la tradiva. Il mondo che si ribaltava, era quella la sensazione che aveva provato quando lo aveva saputo, quando una loro amica aveva deciso di dirglielo. Appena ne avevano parlato, Amelia si era sentita ancora più umiliata. Lui non aveva neanche provato a negare la cosa. Aveva ammesso che, sì, quella era la verità, che si vedeva con un’altra, che aveva rapporti con un’altra, ma non voleva che le cose con Amelia finissero perché con lei ci stava bene. Solo non ne era più attratto fisicamente come all’inizio della loro storia. La ragazza si era sentita presa in giro e aveva eliminato ogni possibile ricordo legato a Richard, colui che era riuscito a farla sentire una nullità, una stupida e un’illusa per aver deciso di provare a innamorarsi di nuovo.

Come la volta prima, con la rottura con Eric e con la decisione di farsi il septum, anche dopo aver sentito il suo cuore spezzato per colpa di Richard, Amelia aveva deciso di fare qualcosa per riprendere il controllo di sé. Aveva usato il dolore come mezzo purificatore, un’incisione per ricordare a sé stessa che quel corpo apparteneva solo a lei, che esisteva sempre una via di uscita, che c’era altro oltre le delusioni.

Tuttavia era difficile trovare ancora la voglia di tentare, di provare a costruire qualcosa con qualcuno. Negli ultimi anni aveva conosciuto diversi ragazzi, perlopiù interessati al suo corpo anziché alla sua mente e ogni volta, anche quando sembrava esserci la possibilità di trovare qualcuno di buono, onesto, forse davvero interessato a lei, aveva mandato a monte tutto, per paura. Non era semplice aprirsi, provare a donarsi a una persona quando le ombre del passato continuavano a perseguitarla, ricordandole che il suo cuore si era spezzato per due volte, che per due volte si era sentita precipitare in un baratro dopo aver camminato a un palmo da terra accanto alla persona che amava. Innamorarsi le era diventato complicato, quasi minaccioso, per tale ragione la situazione con Ewan la preoccupava e rattristava al tempo stesso.

Tornò a scrutare il suo riflesso, seria. Si sentiva una donna fiera di ciò che era, non più disposta a lasciarsi andare con persone che non la meritavano. Al tempo stesso, però, cominciava a sentire una lieve angoscia invaderle lo stomaco. Qualcosa si smuoveva in lei, l’inizio di un sentimento forte, incontrollabile, che la portava a pensare con più frequenza e intensità del solito al cantante degli Shards. Cercò di scacciare quel pensiero, ma le fu chiaro che non ci sarebbe riuscita. Ewan le era sempre piaciuto, al punto che quando si erano baciati una parte di lei avrebbe ceduto subito ai sentimenti più impellenti, quel bisogno quasi viscerale di passare tutto il tempo del mondo insieme a lui. Tuttavia era la sua metà più spaventata quella che aveva preso il sopravvento dal giorno prima, quando il cantante l’aveva trattata come sempre, come se fra loro non fosse accaduto niente.

Non crearsi illusioni. Questo si disse allo specchio Amelia prima di imporre alla sua mente di smettere di rimuginare su tutta la faccenda. Era a Londra per lavoro e sarebbe stata il più professionale possibile fino alla fine. Poi, terminato il lavoro, sarebbe rientrata a Glasgow e tutto ciò si sarebbe tramutato in un bellissimo ricordo e una nota sul curriculum degna di lode. Se Ewan la voleva solo come amica, anche lei avrebbe visto il ragazzo allo stesso modo, per quanto la cosa potesse dispiacerle. Tuttavia, se l’alternativa era illudersi di avere delle possibilità o, peggio, innamorarsi di nuovo di un uomo che prima o poi le avrebbe spezzato il cuore, rimanere solo amica di Ewan sembrava senza dubbio l’opzione migliore.

Tornò in camera da letto, decidendo di vestirsi. Avviò una delle sue compilation di Spotify, che partì da Machines dei Biffy Clyro e tirò fuori dall’armadio dei vestiti puliti per affrontare quel nuovo giorno. La canzone si interruppe di colpo quando il telefono di Amelia cominciò a squillare. Guardò chi la stava chiamando, accorgendosi che era Pani. Si morse la lingua: la sera prima aveva dimenticato di chiamare l’amica. Rispose alla chiamata, già pronta a fare le sue scuse, ma il tono dell’altra sembrava piuttosto allegro e nient’affatto accusatorio.

«Ho pensato di chiamarti mentre vado verso il lavoro» esordì Pani. Amelia la immaginò lungo le vie di Glasgow, un sole alto in cielo e un vento frizzante a rendere mite la città.

«Trovo tu abbia avuto un’ottima idea.»

«Mi sono detta “lo faccio, visto che a quanto pare lei non è intenzionata a tenermi aggiornata”.»

Eccola, l’accusa. Amelia incassò, infossando la testa nelle spalle in modo pentito – gesto che, chiaramente, l’altra non avrebbe potuto vedere. «Scusami tantissimo. È che, beh...sono, successe un paio di cose, ecco» borbottò poi.

«Stai diventando una di quelle dive di città, per caso?»

L’altra spalancò gli occhi. «Cielo, no» esclamò.

«Allora cosa sarebbe successo?»

Amelia si immaginava benissimo l’espressione di Pani: scettica; un sopracciglio inarcato alla perfezione, le labbra tirate. Immaginava anche il mutamento che avrebbe subito il suo volto appena lei avesse smesso di pronunciare le prossime parole: «Io e Ewan ci siamo baciati» disse in un sol fiato.

Piombò il silenzio, al punto che la ragazza si convinse che la linea fosse caduta. «Pani, ci sei?» tentò dopo qualche istante di nulla.

La voce dell’amica sembrava distante. «Voi vi...Si può sapere perché non me l’hai detto? Questa cosa richiedeva una telefonata immediata» esclamò, scandendo con cura l’ultima parola.

Amelia sospirò. «Sì, hai ragione, ti chiedo scusa. Ma erano le due di notte passate quando è successo» esagerò, «e non volevo svegliarti.»

«Potevi chiamarmi lo stesso» replicò con fare ovvio l’amica.

L’altra si morse il labbro, facendosi forza per dire alla coinquilina ciò che era successo il mattino precedente, nella sala prove degli Shards. Sapeva che Pani l’avrebbe capita, che non le sarebbe servito rivangare sulla storia di Eric o su quella di Richard o di tutti quegli altri che avevano provato ad avere solo il suo corpo, perché  sapesse cosa la spaventava di quella storia. Quando terminò di raccontare l’accaduto ci fu un momento di silenzio. Pani stava di certo cercando le parole migliori e Amelia rimase in attesa.

«Beh,» esordì poi Pani, con fare titubante, «forse non voleva parlarne quando c’erano anche i suoi amici. Magari era imbarazzato.»

«Ci avevo pensato anche io» ammise la coinquilina. «Solo che non mi ha neanche scritto o qualcosa del genere.»

«Potresti provare tu a tirare in ballo la questione, allora.»

«Già, così mi gioco qualsiasi possibilità, incluso il lavoro.»

«Non esagerare» esclamò Pani. «In fondo la tua sarebbe una curiosità più che legittima.»

Amelia sospirò, consapevole che l’amica avesse ragione. Restava il fatto che l’idea di affrontare l’argomento con il diretto interessato la rendeva nervosa; e  spaventata. Si morse il labbro, sfiorando con l’indice il punto sulle costole in cui aveva il tatuaggio. «D’accordo. Forse hai ragione» rispose infine. «Questo pomeriggio dobbiamo vederci con Jacob. Magari dopo posso provare a parlargli.»

Sentì Pani lasciarsi sfuggire un leggero sbuffo d’aria. «Però fallo, eh. Mi raccomando.»

«Va bene, va bene» tagliò corto Amelia, che cominciava a sentirsi un po’sotto pressione. 

Pani aveva la sorprendente capacità di convincerla a fare cose che altrimenti avrebbe evitato di fare – per tutta una serie di motivi. L’amica si scusò con Amelia, dicendo che era arrivata al lavoro. Si raccomandò un’ultima volta di fare come le aveva detto, per poi farle i suoi migliori auguri.

Quando la telefonata finì la ragazza, di nuovo sola nel temporaneo appartamento londinese, si passò una mano fra i capelli. Sentì le ciocche lunghe solleticarle la schiena, mentre rifletteva su quanto le aveva appena detto l’amica. Pani aveva ragione, meritava delle risposte da parte di Ewan, almeno per non dover passare il resto della sua permanenza nella capitale divorata da dubbi e incertezze al solo sentire il nome del cantante – o al suo solo pensiero. L’ansia cominciò lentamente e inondarle lo stomaco, in quel caos emotivo che, purtroppo per lei, conosceva fin troppo bene. Chiuse i pugni e si colpì sulla gamba, costringendosi a riprendere il pieno controllo di sé. Non aveva senso il comportamento che stava avendo, specie perché non era motivato da una situazione reale, ma solo da una serie di sue supposizioni. Si alzò in piedi, mettendosi in cerca dei vestiti giusti per affrontare quella mattina. Avrebbe fatto qualcosa, indipendentemente da quello che le sensazioni le avrebbero provocato per il resto di quel giorno.

 

 

 

 

Ufficio di Jacob, Conduit St, Londra, 8 settembre

Ore 5:04 PM

 

Le grafiche andavano bene. Amelia cominciava ad avere fra le mani i primi definitivi e la cosa dava a quei lavori un alone d’importanza. Jacob aveva fatto una serie di osservazioni accorte sulle nuove bozze che la ragazza gli aveva mostrato e lei si era già premurata di segnarsi ogni commento, anche quello all’apparenza più insignificante. Anche Ewan di tanto in tanto faceva qualche piccola annotazione; perlopiù dava voce a sporadiche idee che gli comparivano lì, sul momento, a cui prima di allora non aveva ancora avuto modo di pensare.  Per Amelia era stimolante lavorare insieme a loro due e quel pomeriggio il lavoro le stava dando la giusta carica ad andare avanti e a farsi forza per quanto avrebbe fatto a breve. Non sarebbe tornata al suo appartamento senza aver prima chiesto a Ewan di poter parlare con lui, senza aver prima cercato di fare chiarezza su quel loro bacio. Solo così avrebbe potuto tornare a dedicarsi al lavoro.  A prescindere da quello che avrebbe scoperto, avrebbe trovato un po’ di pace, cosa che sembrava mancarle in quel momento a causa dell’ansia che l’accompagnava da quella mattina, come una vecchia amica. Proprio come il giorno precedente per Ewan sembrava quasi non fosse accaduto nulla fra lui e Amelia – nulla più del solito, almeno – ma lei continuò a farsi forza per tutto il tempo, motivata da una carica che sentiva provenire in buona parte da Pani.

Jacob controllò l’ora, dopodiché si rivolse ai due ragazzi: «Allora, io devo fare una chiamata piuttosto importante. E so che anche tu, Ewan, hai un impegno con Eddie.»

Il cantante annuì, mentre Amelia si voltava d’istinto a guardarlo. 

«Se siete d’accordo magari per oggi possiamo chiudere qui.»

Gli altri due risposero in modo affermativo e il gruppo si diede appuntamento a tre giorni dopo, lunedì. Mancava ormai solo una settimana alla fine del mese di permanenza a Londra di Amelia e lei non poteva credere che fosse già passato tanto. Aveva sentito i giorni scorrere con una fretta innaturale, regalandole ricordi ed emozioni, ma quasi scappando da lei. Mentre riordinava le sue cose capì che le dispiaceva di dover tornare a Glasgow per diversi motivi – sebbene la sua città le mancasse moltissimo. Per prima cosa, il suo periodo da grafica si sarebbe concluso. Tornata in Scozia non ci sarebbe stato il lavoro dei suoi sogni ad attenderla, anzi, non ci sarebbe stato alcun lavoro dal momento che aveva mollato anche l’unica occupazione che aveva. Qualche lavoretto di ripiego lo avrebbe trovato – le catene commerciali, poi, erano sempre in cerca di personale – ma aveva ormai capito che il clima e l’atmosfera che si respiravano a lavorare come grafica erano impareggiabili. Era quello ciò che voleva fare della sua vita, ormai lo sapeva con assoluta certezza e avrebbe davvero voluto rimanere insieme agli Shards per lavorare a tutte le loro grafiche, anche quelle future.

Proprio la band, infatti, era il secondo motivo per cui le dispiaceva andarsene. Quando avrebbe potuto incontrarli di nuovo e trascorrere con loro il tempo allo stesso modo in cui stava facendo ora? Forse mai più. Conservava ricordi stupendi di quella sua esperienza e l’ammirazione che provava per gli Shards non aveva fatto altro che aumentare in quelle settimane. Per questo era tanto difficile tornare a essere solo una loro fan, senza avere più la possibilità di prendere un caffè insieme o di uscire in loro compagnia. E poi c’era Ewan. Come poteva separarsi da lui senza sapere se il gesto che il cantante aveva compiuto avesse un significato profondo o meno? Si accorse che per lei, al momento, era quella la parte peggiore. Puntò lo sguardo verso di lui, finendo di riempire la borsa con i suoi effetti e il ragazzo la notò. Le sorrise e attese che si fu sistemata prima di alzarsi in piedi, imitato proprio da Amelia.

I due salutarono Jacob, rinnovando l’incontro di lunedì, dopodiché si avviarono verso l’uscita. Appena furono fuori Ewan infilò subito gli occhiali da sole, celando gli occhi blu dietro le lenti scure. Mise gli occhiali da vista nella tasca superiore dello zaino e si mise in spalla quest’ultimo. La ragazza rimase a guardarlo compiere quei gesti con il cuore che le martellava per colpa dell’agitazione.

Ewan slegò la bici, fissata a un palo proprio davanti alla porta del palazzo, infine si voltò verso Amelia. Alla ragazza parve quasi imbarazzato, come se non sapesse bene da che parte iniziare ad affrontare un argomento. Decise di prendere lei in mano la situazione, almeno per evitare di vederlo andare via senza aver provato a fare qualcosa. Dalla risposta che avrebbe ricevuto, inoltre, avrebbe anche capito in che direzione sarebbe potuto finire il loro rapporto. «Pensavo, se hai tempo, potremmo andare a prendere un caffè adesso. Prima che tu vada da Edward, intendo» tentò.

Lui sollevò le sopracciglia, come sorpreso da quell’invito. Amelia detestò di non potergli vedere gli occhi in quel preciso momento. Ewan abbozzò un sorriso prima di dire: «Sono già in ritardo, purtroppo.»

Lei capì che non avrebbe avuto il chiarimento che stava cercando e non poté negare a se stessa che la cosa le fece male. Era spaventata da ciò che avrebbe potuto scoprire, ma voleva sapere più di ogni altra cosa. Annuì appena con la testa, non riuscendo a mascherare la delusione. 

Ewan pensò in fretta a cosa fare e alla mente gli tornarono anche le parole degli amici. «Se ti va» iniziò. Amelia lo guardò e lui ebbe un attimo di esitazione, che per sua fortuna riuscì a ignorare. «Potremmo uscire questa sera. Ti devo ancora un giro per Londra.»

Amelia sorrise. «E l’altra sera, allora? Quello non valeva, forse?» chiese. Sperò che l’allusione facesse aggiungere qualcosa al cantante, ma lui parve non farci caso più del dovuto. Si strinse nelle spalle con fare divertito. «Mi sembrava di averti detto che una sola uscita a Londra non sarebbe stata sufficiente per ripagarti del tour di Glasgow.»

È vero, glielo aveva detto. Per la ragazza era bello vedere come lui si ricordasse tutto ciò, come sembrasse non ignorare nulla che la riguardasse. Allora perché continuava a girare intorno al loro bacio senza affrontare la questione? Davvero aveva bevuto così tanto da non ricordarsi più? Era impossibile.

Amelia decise di arrendersi all’andamento dei fatti. Forse non avrebbe fatto chiarezza con il cantante in quel momento, ma aveva comunque un appuntamento con lui ed era qualcosa di molto vicino a una vittoria – anzi, lo era. Finì con il lasciarsi sfuggire un sorriso al pensiero di poter trascorrere un’altra serata un compagnia di Ewan; tuttavia le venne spontaneo chiedersi se sarebbero stati soli. Anche quello avrebbe significato qualcosa. 

«Va bene. Usciamo» rispose infine la ragazza, cercando di rimanere il più calma possibile.

Il sorriso di Ewan si allargò. «Non ci saranno gli altri» le disse, quasi ad avvertirla.

Il cuore di Amelia ebbe un leggero mancamento: sarebbero stati solo loro due. 

«Va bene alle otto da te?» continuò il ragazzo, risvegliando Amelia dal suo improvviso torpore. Lei acconsentì con un leggero ritardo. «Va benissimo.»

«Ottimo. Allora a più tardi.»

Il cantante si avviò dopo aver atteso un cenno da parte della ragazza. Amelia avrebbe voluto salutarlo in un modo migliore che con un semplice gesto, tuttavia non ci riuscì. Il suo “a più tardi” le era morto sulle labbra senza che riuscisse a formularne anche solo l’inizio. Adesso sì che si sentiva nervosa.

 

 

 

  
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