Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
Segui la storia  |       
Autore: Feisty Pants    01/12/2018    1 recensioni
Seguito di "High School Holmes".
Anna, Kristoff, Judy, Nick, Elsa, Jack e amici hanno ognuno la propria vita. Lavoro, amicizia, famiglia, felicità ma anche tante difficoltà quotidiane. Ora, come protagonisti, ci sono i loro figli immersi nella scuola e in tutte le sue avventure. La ribelle Emma, la dolce Ariel, la calma Aurora, il musicista Michele e tanti altri vivranno dei momenti significativi per ogni adolescente. Anna, Kristoff e company riusciranno ad affrontare la missione più difficile di tutte, ovvero essere dei buoni genitori?
Genere: Avventura, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna, Elsa, Kristoff, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO VI

MICHELE

 

“Mamma, potrò scegliere io il nome del mio fratellino/sorellina?” domandò Michele di punto in bianco mentre giocava con delle costruzioni in soggiorno.
Judy, invece, era in cucina intenta ad asciugare i piatti.

“Sì tesoro, lo sceglieremo insieme! Hai già qualche idea?” domandò la madre avvicinandosi a lui con un piatto in mano.

“No, no… i nomi sono come la musica: serve l’ispirazione per deciderli! Come ha fatto la nonna, che ha scelto il mio nome quando sono nato” rispose lui saggio continuando a costruire un’intera città di lego.

Judy si limitò a sorridere ritornando, con la mente, al giorno in cui Michele venne al mondo.

Anni prima…


Judy, un’affascinante poliziotta, era in caserma a risolvere un caso nonostante l’enorme pancione. La donna non ne voleva proprio sapere di riposare e di questo Nick la rimproverava. Quel giorno, però, Nick era in servizio in un’altra città e Judy pensò bene di aiutarlo nel lavoro portandosi avanti.
La donna stava frugando tra le carte della scrivania e parlando con un collega quando avvertì delle fitte spaventose.

“Agente Hopps, tutto bene?” domandò il collega preoccupato.

“Ci siamo già?! E’ in anticipo!” disse fra sé e sé la donna piegata in due dal male.

“Agente?!” continuò il poliziotto cercando di avvicinarsi.

“Per la miseria chiamami Judy in questo momento! Rossi, chiama mio marito e mio fratello, Lupi tu invece avverti mia suocera e la mia amica Elsa, ci penseranno loro a contattare gli altri… e tu Tritacarne…” cominciò lei in preda alle contrazioni.

“E’ Tritapepe!” corresse il poliziotto infastidito.

“Fa lo stesso! Tu devi…ahhh” urlò la donna non riuscendo a terminare la frase scossa dalle fitte.

“Portarla in Ospedale, ho capito” intuì l’uomo correndo fuori a prendere la macchina mentre gli altri aiutavano Judy ad uscire.

Una volta in macchina l’aiutante attivò le sirene ricevendo subito l’occhiataccia del capo.

“Addirittura le sirene?! Tutta la città deve sapere che sto per partorire?! Ahhhhhh” un altro urlo uscì dalla bocca della donna che corresse all’istante la sua precedente affermazione: “Hai fatto bene ad attivarle…non ce la faccio già più, sbrighiamoci”

Il povero poliziotto Tritapepe schiacciò a fondo l’acceleratore e si ripromise di aspettare un bel po’ ad avere figli con sua moglie.

La donna venne trasportata in ospedale, visitata e adagiata su un lettino di una stanza dove iniziò il travaglio.

Judy rimase abbandonata ai suoi dolori quando, finalmente, qualcuno entrò nella camera pronto a darle sostegno e compagnia.

“Judy! Sempre a farci sorprese tu eh?!” disse il ragazzo dai capelli neri e gli occhi violacei avvicinandosi a lei e stringendole la mano.

“Oliver! Hai visto che tempismo?” rise lei ansimante.

I due fratelli trascorsero insieme un’ora in cui il più piccolo raccontò alla maggiore tutte le novità amorose e lavorative.

“Oliver, ti do il cambio io…vai a bere un caffè” si intromise una donna magra e con i capelli corti dietro alle loro spalle.

Il ragazzo si allontanò dalla stanza e lasciò le due donne da sole: sapeva che Judy era in buone mani.

“Che fatica” sospirò Judy rivolta alla suocera che le si sedette accanto stringendole la mano.

“Lo so cara, ci siamo passate tutti” constatò l’adulta sorridendole e ricordando quel dolore atroce.

“Come hai fatto tu? Hai avuto due figli e poi la malattia… hai sofferto tanto eppure sei sempre positiva!” disse Judy iniziando ad essere stanca di quella situazione.

La donna aspettò a rispondere perché notò l’arrivo di una contrazione più dolorosa delle altre motivo per cui afferrò saldamente la mano della nuora e la invitò a respirare profondamente.

Judy non si aspettava una fitta acuta come quella in grado di farla piegare in due ed urlare.

“E’ quasi finita, ancora qualche secondo e avrai tregua” disse la donna tranquilla e in grado di gestire il momento.

Judy si fidò dell’altra e, una volta finita la contrazione, si accasciò ancora contro il cuscino e si lasciò asciugare il sudore dalla fronte.

“La sofferenza la si riesce sempre a combattere Judy! E’ proprio come una contrazione. Quando la stai vivendo ti pare interminabile ma poi capisci che, in realtà, tutto passa e svanisce. E sai qual è la cosa bella? E’ che, anche se non vedi più la luce in fondo al tunnel, il mondo non ti crollerà mai addosso perché arriverà qualche sorpresa in grado di rimetterti in piedi ed affrontare la prossima contrazione. La cosa bella poi è che si lotta sempre per uno scopo, un obbiettivo! Proprio come sta succedendo a te! Stai soffrendo tantissimo figlia mia, ma entro al massimo qualche ora stringerai tra le braccia il tuo bambino e tutto avrà senso.”

Judy rimase di sasso. Quasi non sentiva più il dolore perché ammaliata dalla voce di quella donna che ammirava e che ascoltava proprio come un nipote si lascia stupire dalle favole del nonno.

“Ricordati anche che nella vita bisogna avere Fede. Io ce l’ho fatta perché so che Dio, i santi e il mio angelo del coraggio Michele sono sempre con me. Mi sono stati vicini durante tutte le prove della vita e soprattutto lungo il corso della mia brutta malattia. Sono vicini anche a te ora” continuò la donna con serenità mostrando la sua Fede e il suo coraggio.

Il travaglio, proseguì per altre due ore quando, finalmente, arrivò il momento di far nascere il bambino.

Judy ringraziò la suocera, Oliver e l’amica per averla aiutata e si lasciò trasportare verso la sala parto. La ragazza, però, si sentì improvvisamente triste e smarrita: Nick non era ancora riuscito ad arrivare e lei avrebbe dovuto mettere al mondo il bambino da sola.

“Tutto bene signora?” disse un infermiere vedendola nervosa e in cerca di qualcosa.

“Non voglio partorire! Non senza mio marito!” spiegò lei con gli occhi inumiditi di lacrime.

“Fermi! Aspettate!” urlò una voce da lontano avvicinandosi a loro.

“Nick?! Ce l’hai fatta?!” esultò Judy incredula vedendosi comparire il marito davanti agli occhi.

“Ovvio! Non me lo sarei perso per nulla al mondo! Probabilmente ci arriveranno a casa un sacco di multe visto che sono passato con il rosso e ho superato 3 volte i limiti di velocità ma dovevo volare” rise lui riprendendo fiato e accarezzando il volto della moglie per poi darle un leggero bacio sudato sulle labbra e accompagnarla dentro la sala parto.

Il bimbo arrivò pochi minuti dopo. Judy, nonostante il dolore del travaglio, partorì in poco tempo, senza soffrire troppo e senza problemi.

Il bambino che stringeva tra le braccia era sano, con un bel colorito e una miriade di capelli neri come la pece sulla testa. Judy e Nick gioirono e rimasero per alcuni secondi a contemplare il frutto del loro amore.

“Mi dispiace interrompere questo momento ma dobbiamo registrare il nome del nascituro” disse l’ostetrica avvicinandosi alla famiglia.

“Certo, allora Judy… si chiamerà Francesco come stabilito no?” disse Nick sicuro e pronto a dare conferma.

Judy attese un attimo e osservò il bimbo. Quel piccino era fragile, aveva bisogno di cure e affetto, eppure sua madre capì all’istante che sarebbe diventato grande e tenace. In un attimo ricordò il travaglio e la conversazione con la suocera alla quale doveva tanto. Ed ecco balenarne in testa la soluzione.

“No! Si chiama Michele” corresse Judy accarezzando le guance di suo figlio.

“Michele? Perché?!” domandò confuso il marito non capendo la scelta dell’ultimo minuto.

“E’ il nome preferito di tua madre. Michele è un nome forte, coraggioso proprio come è stata tua mamma. Anche lui dovrà essere così”

“E Michele sia!” sussurrò emozionato Nick grato alla moglie per la scelta.
Non voleva sapere altro, non voleva chiedere nulla, non gli interessavano le ragioni: quel nome era la benedizione di sua mamma: una donna con la D maiuscola che rappresentava un vero e proprio esempio di vita da seguire.

Presente…


I giorni passarono e si avvicinò l’arrivo di novembre caratterizzato dal primo gelo, dal cielo sempre grigio e le foglie sempre più colorate dalle tinte autunnali.

Emma non aveva vissuto niente di particolarmente trasgressivo a parte incontrare ogni tanto Biff e il gruppo nel loro putrido covo.

Ariel, invece, dopo l’intervento di Emma, aveva ricevuto tregua da bulli che la lasciarono stare. Alla ragazza sembrava di respirare dopo una lunga apnea e si sentiva bene. Una sera si recò a casa di una compagna di classe che avrebbe festeggiato il suo compleanno e la cosa bella stava nel fatto che, per la prima volta, i gruppi di bulli non erano stati invitati.

Ariel trascorse la serata osservando gli altri ragazzi della sua età giocare e mangiare e si divertì con loro anche se non si azzardava a chiamarli ancora amici.

“Io propongo di fare il gioco della bottiglia” disse la festeggiata invitando tutti gli amichetti a sedersi in cerchio attorno a lei. Ariel si agitò. Non aveva mai fatto una cosa del genere ma aveva voglia di provare e comportarsi esattamente come tutti loro.

Le regole erano semplici: la bottiglia sceglieva le persone che si dovevano baciare. Ariel osservò i vari giri e, addirittura, c’erano persone che si baciavano due, tre, quattro volte di fila finché…

“Ariel! La bottiglia ha scelto te!” constatò una ragazza facendo girare di nuovo il contenitore per vedere chi le sarebbe capitato.

Ad Ariel iniziò a battere forte il cuore. Tu, tum, tu, tum, tu, tum… giro nullo… tu, tum, tu, tum, tu, tum…no non era possibile!... tu, tum, tu, tum, tu, tum… proprio lui?!...

Eh sì, la sorte aveva stabilito proprio il bacio con Giacomo. Giacomo era un ragazzino dai capelli castani e gli occhi verdi, uno dei più carini della scuola. Era in terza media e tutti cercavano di mettersi con lui. Ariel lo osservava sempre di nascosto durante gli intervalli e sperava che lui, un giorno, potesse accorgersi di lei.

Giacomo si avvicinò alla ragazza con sicurezza e le posò un velocissimo bacio a stampo sulle labbra.

Ariel era diventata tutta rossa e quel bacio fu quasi impercettibile, però era successo veramente! Giacomo l’aveva baciata a stampo!

La serata continuò con lo stesso andazzo quando arrivarono i primi genitori pronti a ritirare i figli per tornare a casa.

Ariel si era finalmente calmata, stava per uscire di casa e dirigersi verso papà Kristoff quando qualcuno la bloccò e la immobilizzò al muro.

“Scusami Ariel, prima non abbiamo avuto occasione di approfondire… vorrei poterti baciare meglio, sei molto carina!” spiegò il ragazzo che l’aveva fermata.

Ariel non riuscì a rispondere e Giacomo ne approfittò per appoggiare di nuovo le labbra a quelle della tredicenne. Fu un bacio casto, ma più vissuto e lungo. Le loro lingue si sfiorarono appena e le gote di entrambi si tinsero di rosso.

“Allora, ci vediamo a scuola!” concluse il playboy facendole l’occhiolino per poi staccarsi ed allontanarsi.

Ariel era in crisi. Le guance sembravano due pomodori maturi e si sentiva scottare. La giovane si appoggiò al muro ed espirò profondamente: quello era stato il suo primo bacio e Giacomo la sua prima cotta.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio / Vai alla pagina dell'autore: Feisty Pants