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Autore: WhiteLight Girl    01/12/2018    4 recensioni
Marinette strinse la presa sulla camicetta che aveva tra le mani e sospirò, mentre la sagoma di Chat Noir svaniva nell’oscurità. Aveva Tikki al suo fianco, ben nascosta tra le spolette colorate della sua scatola di cucito, ma la sua presenza non la tranquillizzava come avrebbe sperato.
«Si prenderà di certo un raffreddore, questa volta.» borbottò.
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Praticamente una semplice Marichat. Un po' un esperimento; niente programmazione ossessiva di quel che deve accadere nei vari capitoli (potrebbero saltarsi addosso nel terzo, tipo).
Quel che è certo è che di sicuro è una fic fatta per vedere Marinette e Chat Noir che si rivalutano a vicenda, mentre si innamorano dell'altro anche dall'altra parte della maschera.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DUE FARFALLE INNAMORATE

Era da tempo che gli abitanti di Parigi avevano smesso di soffermarsi ad ammirare le farfalle. Chat Noir l’aveva notato da alcuni mesi, quando, durante uno dei suoi giri della città, aveva visto alcuni ragazzi sobbalzare ed allontanarsi nel momento in cui una di esse era volata loro accanto. Pochi giorni dopo, in un parco, aveva sentito un ragazzino piangere e chiamare la madre perché convinto che un’Akuma stesse per aggredirlo e, quando era accorso per risolvere il problema, aveva scoperto che si trattava di una semplice farfalla impegnata a volare da un fiore all’altro.
Ne aveva contati a decine, di casi come quelli, dagli adolescenti che prendevano in giro i loro coetanei per essere sobbalzati una volta di troppo nel cortile della scuola a bambini spauriti che correvano a nascondersi dietro i genitori perché Papillon non li trovasse.
Chat Noir capiva bene perché l’idea di essere posseduti li spaventasse tanto, tra il timore di fare del male alle persone care e l’idea di non poter più controllare il proprio corpo e le proprie azioni. Lo aveva provato sulla propria pelle fin troppe volte e aveva sentito subito quanto fosse facile arrendersi e lasciarsi controllare, smettere di combattere finché non fosse stato qualcun altro a liberare la sua mente e riportarlo alla ragione.
A volte la consapevolezza di avere sempre qualcuno pronto a riportarlo alla realtà lo consolava, ma altre desiderava ardentemente poter essere in grado di fare da sé, di non dover aspettare che Ladybug sconfiggesse l’Akuma per riportarlo alla realtà, e quel desiderio era come un macigno legato al suo piede e lo trascinava a fondo, rendendolo pesante e schiacciando ogni suo pensiero.
Adrien Agreste avrebbe voluto essere leggero come una di quelle farfalle che in quel periodo gettavano tanto, inutile scompiglio a Parigi, e poteva esserlo nei panni di Chat Noir, ma solo fino a quando quei pensieri non tornavano a tormentarlo, lasciandolo immobile sui tetti, impigliandolo come in una ragnatela. Allora il ragazzo non poteva fare altro che restare a guardare la vita che scorreva sotto di lui, ascoltare le risate della gente, le loro voci ed i loro nomi liberati nel vento mentre si chiamavano a vicenda, chiedendosi come sarebbe stato essere tra loro con qualcuno di speciale e camminare per strada pur sentendosi sospeso a un metro da terra.
Era un bel controsenso, se ci pensava, pensare che stando sul marciapiede e non dovendosi nascondere si sarebbe sentito leggero e invece in piedi sui tetti, a diversi metri da terra, avrebbe continuato ad avvertire quel peso che lo trascinava giù. Sollevando lo sguardo su uno dei manifesti provenienti dall’ultima campagna promozionale rivide se stesso, quel falso sorriso che non riusciva quasi più a distinguere da quello vero e quegli occhi resi troppo languidi da un esagerato intervento di Photoshop. Fu come se quella parte di lui volesse ribadirgli ancora una volta che era lì, che ciò che suo padre voleva che fosse avrebbe potuto schiacciare il suo vero io in un istante, se solo ne avesse avuto l’occasione. Chat Noir arretrò ed uscì dal cono d’ombra, non avrebbe permesso che questo pensiero lo rabbuiasse ulteriormente. Il cielo azzurro era chiazzato di nuvole bianche, avrebbe potuto essere una giornata perfetta per un pic-nic, una delle ultime prima dell’arrivo dell’inverno, se solo lui avesse avuto qualcuno con cui andare al parco, ma finché suo padre non avesse accettato di lasciarlo uscire non avrebbe potuto permettersi di farsi vedere in giro con uno dei suoi amici, ed anche solo restando fuori come Chat Noir rischiava tanto.
Lasciò il cartellone pubblicitario dietro di sé e sedette sul bordo del tetto, la scuola era proprio davanti a lui e la fontana scrosciava rumorosamente al centro del parco, il venticello che gli scuoteva i capelli andava rinfrescandosi sempre di più, ma lui aveva tutta l’intenzione di godere di quell’atmosfera finché avesse potuto. Da qualche parte, pensò, Nino ed Alya stavano passeggiando mano nella mano, felici e innamorati, e a lui non restava che osservare la Senna e domandarsi quando sarebbe finalmente toccato a lui. Chat Noir si domandò come sarebbe stato sentire il palmo di Ladybug premuto contro il suo senza nessun costume magico in mezzo, se davvero baciarla sarebbe stato come volare, come aveva immaginato numerose volte. Qualcosa si agitò nella sua pancia: una sensazione piacevole e sfarfallante che gli era ormai familiare, assieme a quella vertigine che lo coglieva ogni volta che si trovava a pensare così intensamente a lei. Due farfalle gli passarono davanti agli occhi rincorrendosi, sbattevano le ali così velocemente che il ragazzo non riusciva a distinguerne i colori. Sorrise loro, immaginando le decine di modi in cui avrebbe voluto sentirsi come loro, anche se questo avrebbe significato vivere solo per qualche giorno. Se lo sarebbe fatto bastare, pensò.
Poco distante, sul balcone della panetteria, Marinette Dupain-Cheng emerse dalla botola con l’annaffiatoio pieno d’acqua e un piatto stretti tra le mani; lasciò quest’ultimo sul tavolino e si occupò prima dei vasi.
Lei non lo vide, ma Chat Noir la notò subito e si alzò sorridendo. Si trattenne dal correre a salutarla, sopprimendo la felicità di aver trovato finalmente qualcuno con cui avrebbe potuto parlare, poiché sapeva bene che non sarebbe stata una buona idea e che Marinette avrebbe potuto trovare strano il fatto che un supereroe andasse a farle visita.
Le farfalle si incalzarono e ondeggiarono in aria, riempiendo lo spazio che lo separava dalla ragazza, Chat Noir sperò che lei non le vedesse; non voleva che anche lei ne fosse spaventata. Strinse il bastone tra le dita, domandandosi se usarlo per mandarle via fosse una buona idea, ma durante la sua esitazione loro raggiunsero il balcone e sfiorarono una delle mani di Marinette, che si immobilizzò all’istante, con l’annaffiatoio inclinato e l’acqua che gocciolava ancora dentro al vaso. Chat Noir si preparò a raggiungerla e a rassicurarla, ma lei sorrideva e quando lui se ne accorse fu come se parte di quel peso che fino a quel momento l’aveva incatenato si alleviasse.
Marinette sollevò un dito, le farfalle vi volarono attorno e Chat Noir quasi pensò che vi si sarebbero poggiate sopra, invece una di loro vi passò accanto e si posò contro uno dei fiori davanti alla ragazza. Marinette cambiò vaso, in silenzio, e lasciò che le due riposassero su due petali vicini mentre innaffiava gli anemoni. Fu allora che lei lo vide e, quando alzò lo sguardo, sgranò gli occhi ed inclinò il capo, Chat Noir sentì ancora una volta lo stomaco agitarsi ed il sorriso spuntare incontrollato. Non riuscì a trattenersi e si sentì stupido finché Marinette iniziò a sorridergli a sua volta, allora sospirò e si rilassò.
Quando Marinette distolse lo sguardo e si voltò, pensò che il mondo fosse diventato un po’ meno luminoso, ma poi lei tornò a guardarlo e gli sorrise ancora, sollevò il piatto e gli fece cenno di raggiungerla.
Chat Noir si morse il labbro, non aveva motivi per rifiutare, anche se era certo che fosse ciò che Ladybug gli avrebbe detto di fare. Era sicuro che non le sarebbe piaciuto vederlo mettere a rischio la sua identità in quel modo, ma anche che finché non l’avesse scoperto non avrebbe avuto problemi. Quando atterrò sul balcone e il profumo dei biscotti appena sfornati raggiunse le sue narici, le farfalle si alzarono ancora in volo e, volteggiando, si allontanarono perdendosi lungo la Senna. Per un momento ebbe l’impressione che il suo cuore fosse leggero come loro.


***

Un ringraziamento particolare a Florence Maxwell per aver betato questo capitolo.
Se siete arrivati fin qui e leggerete questo appunto, mi sento in dovere di dirvi che, finalmente, nel prossimo capitolo si parleranno.
   
 
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